Olimpiadi

di
genere
sentimentali

Faceva veramente freddo in quel dannato spogliatoio. Sempre la solita storia nelle piscine di domenica mattina, non accendono i riscaldamenti per risparmiare, anche se c’è un’importantissima gara da disputarsi. I soliti stronzi, pensò Elisa mentre si infilava il costume. Il freddo le aveva irrigidito i capezzoli che ora, premevano sul costume dandole un certo fastidio, ma si sa, le donne sono condannate a soffrire in questo mondo. Almeno non aveva il ciclo del resto, quindi si riteneva alquanto fortunata.
Davanti allo specchio, si esaminò in volto per qualche secondo prima di infilarsi la cuffia di lattice che le avrebbe tenuto fermi i capelli recentemente tagliati a caschetto per l’occasione. I suoi grossi occhi neri trasparivano non solo tristezza, ma anche dolore. Lei non era mai stata la tipa che si piangeva addosso, in realtà, non era nemmeno la tipa che piangeva in generale. Ma la sera precedente un bel pianto con la testa immersa nel cuscino non glielo aveva potuto impedire nessuno. Né suo padre che da fuori dalla porta chiusa a chiave cercava di consolarla, né l’allenatrice che l’aveva chiamata per un ultimo incoraggiamento la sera prima della gara. Certe cose, le lacrime le fanno uscire automaticamente. Salate, aspre e ben diverse dalla falsa dolcezza dell’acqua clorata della piscina che era abituata a sentire sulle guance candide da giovane donna.
Francesco era stato il suo ragazzo da quando avevano 14 anni e nuotavano insieme alla piscina comunale del paesello dove erano nati e cresciuti. Ai tempi lui era molto più veloce, ma la scarsa perseveranza negli allenamenti lo avevano impigrito e rallentato mentre lei aveva cominciato a sembrare sempre più una barca a vela quando nuotava. Così la chiamava Francesco del resto, proprio perché lei sull’acqua sembrava essere leggera , veloce e sospinta dal vento più che da quelle braccia che non aveva mai smesso di allenare in quegli anni. Una sessione di allenamento dalle 6 fino alle 7:30 e una sessione dalle 18 alle 19:30, per cinque giorni a settimana, l’avevano resa tra le più forti nuotatrici italiane mentre chiunque incontrava finiva in un modo o nell’altro per essergli secondo. Ora di anni ne aveva 18 e sentiva la forma fisica al massimo delle proprie potenzialità, nel pieno di una potenza esplosiva. Quando arrivi a quell’età con quelle potenzialità, sembra proprio che niente e nessuno possa portarti via ciò che più desideri e forse, questo, è il peccato dei giovani: si credono invincibili anche quando sono fragili come una sottile teca di vetro.
Francesco quella teca di vetro forse voleva romperla, o forse, più semplicemente, era un coglione patentato. Chissà da quanto tempo la cornificava con una sua vecchia compagna di allenamenti. Forse da quando Elisa aveva gareggiato nel suo ultimo campionato di nuoto nazionale? O forse addirittura da prima, quando andarono in trasferta per il suo primo campionato e il suo ragazzo passò troppo tempo con quell’altra stronza? Elisa non riusciva proprio a capirlo ma a rifletterci, gli uscirono altre due lacrimucce che ricacciò indietro con uno sguardo guerriero prima di infilarsi definitivamente la cuffia e di uscire dagli spogliatoi per andare in vasca.
I suoi genitori erano lì sugli spalti ma non li guardò per non voler immaginare anche Francesco lì con loro come faceva per ogni gara. Ma come aveva potuto tradirla? Lei gli aveva dato proprio tutto. Il suo primo bacio, il suo primo rapporto sessuale… e poi, diceva di amarla così tanto, diceva che lei era la più bella e la più forte di tutte.
Bella lo era davvero, Elisa. Anche in costume intero e in cuffia, con quelle due spalle larghe da nuotatrice, sembrava una principessa giù dal trono. Era elegante, sensuale, bilanciata nel corpo funzionale di una vera e propria atleta che non per questo perdeva di formosità o curve. Certo, il suo fisico era quasi scolpito nel marmo e plasmato sulla sua carriera da nuotatrice, ma nessuno avrebbe sindacato sulla sua bellezza. A far l’amore poi, Francesco le faceva ogni sorta di complimento. Le diceva che era dolce, intrigante… magica. Un’altra lacrima rischiò di uscire, ma ancora una volta la rispedì al mittente. Non era quello il momento giusto.
Il cloro dell’acqua lo si percepiva già nell’aria e quell’odore familiare la confortò, le diede una forza indescrivibile. D’altronde, se lei era una principessa, quello era il suo regno. Se lei era una guerriera, quella era la sua arena.
“Forza Elisa, ti sei allenata bene quest’anno e sai che puoi qualificarti per le olimpiadi di Tokyo. Ti bastano 24 secondi e 77 millesimi. In allenamento la settimana scorsa hai fatto 23 e 89. Sei già dentro! Pensa solo a questo, a nient’altro! Mi hai capito?” Fece la sua allenatrice tentando di spronarla. “Tu non sei e non sarai mai una perdente!”
Elisa era contratta come una corda di violino e credeva fermamente nelle parole della sua allenatrice. No, non era una perdente, non poteva permettersi di esserlo. Fanculo a Francesco, pensò con rabbia. Se ne sarebbe pentito quello stronzo. L’avrebbe rivista in tv alle olimpiadi e si sarebbe reso conto del suo errore. Tutto quello che la separava dal suo riscatto erano quei 50 metri d’acqua che doveva attraversare a stile libero. Diede un’occhiata alle sue rivali e le riconobbe quasi tutte, sapeva più o meno i tempi di quelle più forti e non si era sforzata nemmeno a memorizzare quelli delle nuotatrici più scarse. C’era solo un’anomalia: una nuova nuotatrice che non aveva mai visto prima. Poco male, pensò, sarebbe stata più veloce anche di quella.
Dopo un veloce riscaldamento le atlete erano già pronte . Si schierarono tutte al posto di partenza e in concomitanza con i vari fischi degli arbitri di gara, assunsero la posizione di partenza. Il cuore di Elisa pulsava senza sosta nella sua gabbia toracica. Si sentiva già affaticata, ma sapeva che il tutto era normale. 50 metri non erano nulla per lei, abituata a macinare 5 o 6 km ad allenamento. Eppure in quei 50 metri non c’erano solo le qualificazioni alle olimpiadi, c’erano un riscatto amoroso, una vendetta, una dimostrazione di quanto valeva come persona, come donna. Voleva gridare al mondo che lei esisteva, era lì e non era intenzionata a perdere, nel nuoto come nella vita.
Un fischio ed Elisa insieme alle altre sfidanti si lanciarono in acqua rompendo la calma che aveva contraddistinto la superficie del liquido fino a quel momento.
Schiuma e schizzi, poi, di nuovo quiete. La fase di apnea era magica dal di fuori, dal di dentro era un inferno. Elisa trattenne l’aria, poi la sbuffò fuori. L’acqua era fredda e il suo corpo di donna poteva ben percepirlo di nuovo nei capezzoli e nell’interno coscia. Tutti i suoi muscoli si contrassero e le sue braccia cominciarono a vorticare senza sosta supportata dalla battuta di gambe. Lì sotto, nell’acqua, una lacrima le scese nuovamente e stavolta non riuscì a ricacciarla dentro.
L’amore non si dimentica così facilmente e scoprire di essere traditi prima di una gara era per lei un incubo che si avverava. Elisa singhiozzò a metà vasca e, nel farlo, bevve un sorso d’acqua facendole fare un colpo di tosse. Era una nuotatrice abbastanza esperta da non avere il bisogno di fermarsi per una sciocchezza del genere, ma era comunque umana e aveva sprecato dell’ossigeno troppo importante, quindi, dovette girare la testa per respirare. Nello stile libero, soprattutto su 50 metri, respirare rompe la compostezza della bracciata causando un naturale rallentamento che invece le sue compagne non avevano accusato. Elisa lo sapeva bene e, continuando a piangere allungò il più possibile il braccio cercando di spostare ancora più acqua per essere ancora più veloce. Il pianto però le faceva perdere troppo ossigeno, quindi dovette respirare ancora una volta. Riuscì a fermarlo giusto in tempo per non essere costretta a respirare una volta di troppo e alla fine dopo quella ventina di secondi toccò il muro.
Aveva attraversato quei 50 metri e per non perdere tempo non aveva guardato le sue avversarie nemmeno per un istante, quindi, insieme a tutta la piscina, si girò a guardare il tabellone dove veniva visualizzato il ranking.
Dopo anni di allenamento, sofferenze, impegno, dedizione, passione, diete stringenti, orari severi, stanchezze fisiche esasperanti e persino un amore tradito, gettato la cesso da un tradimento squallido con un ragazzo dimostratosi di quanto più squallido potesse esistere, Elisa desiderava con tutta se stessa di poter vincere quella gara di qualificarsi.
Qualificarsi non solo nel senso di essere ammessa alle olimpiadi, ma di qualificarsi nel senso di mostrare le qualità che aveva, a se stessa, a Francesco e al mondo intero.
I suoi due occhioni neri indugiarono sul tabellone pieni di speranza per il suo futuro da campionessa.

24 e 80. Terza classificata.

Aveva perso la gara della vita.

Immerse il volto nell’acqua e urlò come mai aveva fatto prima.
scritto il
2018-11-29
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