Era solo questo?
di
scopertaeros69
genere
etero
Era lì, inseguendo i suoi pensieri contro il soffitto bianco di una camera disadorna, disadorna pur oltre le intenzioni minimaliste di chi l’aveva spartanamente arredata.
Una scelta di solitudine, per mettersi alla prova forse, per lasciare sedimentare gli scampoli di una vita confusa...no incompleta sopratutto… questo era?
Stava imparando ad essere felice, una chimera per molti di noi, stava insegnando a sé stessa a rimuovere quegli inutili sensi di colpa, instillati più da un educazione tradizionalista, da un quieto vivere imposto da una società nella quale non riusciva più a riconoscersi.
Aveva scelto di isolarsi per qualche giorno da sola, a vedere se quei pensieri che si erano costruiti dentro di lei, fortificandola da una parte e spogliandola da certezze che credeva inamovibili, sarebbero sbiaditi, o al contrario avrebbero acquisito nitidezza… questo era?
Poi era stata riscossa, dal ronzio del cellulare sul comodino, Whattapp e quel nome sul display, un sorriso e quel desiderio di rispondere subito, frenato dapprima e poi condisceso.
“Io sono qui fuori, se ho ragione… sono poco lontano da te… posso salire?”
L’aveva cercata, l’aveva cercata e trovata, ebbe un tuffo al cuore, non di paura, neppure di vanità, una sensazione di calore, di rossore che le avvampava le guance.
Qualche secondo prima di scrivere la risposta, mentre fuori, lui, attendeva a tre gradi sotto zero, qualche secondo in più per sentire il delicato bussare alla porta, nessuna esitazione nell’aprila.
Eccolo dinanzi a lei, il suo sguardo, devoto, adorante, desideroso e nel contempo ansioso di una risposta…
In t-shirt e maglietta nel tepore della camera, lo abbracciò rabbrividendo per il contato con le mani ed il viso gelato di lui, della stoffa del suo giaccone
Si guardarono ancora prima di unire le labbra, di cibarsi di quel contatto
Come altre decine di volte i vestiti finirono a terra, mentre si spogliavano del tutto, rimanendo in una inerme nudità.
Lei calda e lui ancora freddo, le mani gelate che iniziarono a percorrerle la pelle dando inizio ad una serie di brividi e di eccitazione, che le faceva emettere gridolini di piacere.
Quel letto minuscolo da una piazza, divenne enorme nel contenerli, avvinghiati com’erano, stretti in un abbraccio, a godere semplicemente del reciproco tepore.
Le mani di lui, animate di una volontà propria, ne percorrevano la schiena sino a digradare sul culo, per poi indugiare con indecisa golosità da un seno all’altro, da un capezzolo all’altro.
Nel contempo mentre con una mano ne cingeva il collo, lei con l’altra ne aveva afferrato asta e scroto, a metà di una voglia di semplice, rapace possesso e di desiderio di guardarne nel viso la reazione.
Sarebbe stato difficile per loro capire quando erano terminate le carezze, le coccole e quando invece la bestia del loro desiderio li aveva presi, in fondo non aveva importanza per loro.
Il loro bisogno di darsi più ancora che di prendere offuscava ogni cronologia, proposito o ragione, dovevano esserci e godere per l’altro con l’altro.
Fecero l’amore con gli occhi aperti, godendo di ogni contrazione delle pupille dell’altro, di ogni richiesta muta d’aria dalle bocche spalancate, di ogni gemito strozzato, in ogni sussulto della carne scossa da una spinta, da una pretesa di piacere.
La prepotenza dell’irrompere nella sua carne di lei, la temperatura più fresca sulla pelle data dalle coltri a terra, che acuiva il bollore epidermico, la dolcezza del peso di lui indosso a vestirla con solo sé stesso.
Ancora suppliche perse nel vuoto, mentre bocche voraci divoravano i sessi… nessuna pietà, remora o indulgenza, nell’esagire quel piacere a lungo agognato, per nessuno dei due.
Due anime, prim’ancora di due corpi che nulla riusciva a dividere…
Ed in quella solitudine spezzata seppe che non sarebbe rimasta sola, che non lo era … che semplicemente era la sua donna...e non solo questo.
Una scelta di solitudine, per mettersi alla prova forse, per lasciare sedimentare gli scampoli di una vita confusa...no incompleta sopratutto… questo era?
Stava imparando ad essere felice, una chimera per molti di noi, stava insegnando a sé stessa a rimuovere quegli inutili sensi di colpa, instillati più da un educazione tradizionalista, da un quieto vivere imposto da una società nella quale non riusciva più a riconoscersi.
Aveva scelto di isolarsi per qualche giorno da sola, a vedere se quei pensieri che si erano costruiti dentro di lei, fortificandola da una parte e spogliandola da certezze che credeva inamovibili, sarebbero sbiaditi, o al contrario avrebbero acquisito nitidezza… questo era?
Poi era stata riscossa, dal ronzio del cellulare sul comodino, Whattapp e quel nome sul display, un sorriso e quel desiderio di rispondere subito, frenato dapprima e poi condisceso.
“Io sono qui fuori, se ho ragione… sono poco lontano da te… posso salire?”
L’aveva cercata, l’aveva cercata e trovata, ebbe un tuffo al cuore, non di paura, neppure di vanità, una sensazione di calore, di rossore che le avvampava le guance.
Qualche secondo prima di scrivere la risposta, mentre fuori, lui, attendeva a tre gradi sotto zero, qualche secondo in più per sentire il delicato bussare alla porta, nessuna esitazione nell’aprila.
Eccolo dinanzi a lei, il suo sguardo, devoto, adorante, desideroso e nel contempo ansioso di una risposta…
In t-shirt e maglietta nel tepore della camera, lo abbracciò rabbrividendo per il contato con le mani ed il viso gelato di lui, della stoffa del suo giaccone
Si guardarono ancora prima di unire le labbra, di cibarsi di quel contatto
Come altre decine di volte i vestiti finirono a terra, mentre si spogliavano del tutto, rimanendo in una inerme nudità.
Lei calda e lui ancora freddo, le mani gelate che iniziarono a percorrerle la pelle dando inizio ad una serie di brividi e di eccitazione, che le faceva emettere gridolini di piacere.
Quel letto minuscolo da una piazza, divenne enorme nel contenerli, avvinghiati com’erano, stretti in un abbraccio, a godere semplicemente del reciproco tepore.
Le mani di lui, animate di una volontà propria, ne percorrevano la schiena sino a digradare sul culo, per poi indugiare con indecisa golosità da un seno all’altro, da un capezzolo all’altro.
Nel contempo mentre con una mano ne cingeva il collo, lei con l’altra ne aveva afferrato asta e scroto, a metà di una voglia di semplice, rapace possesso e di desiderio di guardarne nel viso la reazione.
Sarebbe stato difficile per loro capire quando erano terminate le carezze, le coccole e quando invece la bestia del loro desiderio li aveva presi, in fondo non aveva importanza per loro.
Il loro bisogno di darsi più ancora che di prendere offuscava ogni cronologia, proposito o ragione, dovevano esserci e godere per l’altro con l’altro.
Fecero l’amore con gli occhi aperti, godendo di ogni contrazione delle pupille dell’altro, di ogni richiesta muta d’aria dalle bocche spalancate, di ogni gemito strozzato, in ogni sussulto della carne scossa da una spinta, da una pretesa di piacere.
La prepotenza dell’irrompere nella sua carne di lei, la temperatura più fresca sulla pelle data dalle coltri a terra, che acuiva il bollore epidermico, la dolcezza del peso di lui indosso a vestirla con solo sé stesso.
Ancora suppliche perse nel vuoto, mentre bocche voraci divoravano i sessi… nessuna pietà, remora o indulgenza, nell’esagire quel piacere a lungo agognato, per nessuno dei due.
Due anime, prim’ancora di due corpi che nulla riusciva a dividere…
Ed in quella solitudine spezzata seppe che non sarebbe rimasta sola, che non lo era … che semplicemente era la sua donna...e non solo questo.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Cibo per te...racconto sucessivo
Il fiore
Commenti dei lettori al racconto erotico