Maria José cap.4 - I vicini di camera d'albergo
di
FrancoT
genere
masturbazione
Erano passati quattro mesi da quando era finita a letto, peraltro nel proprio, con Michel e da allora non si erano più avvicinati. Lui aveva tentato di corteggiarla continuamente e si era proposto più volte per qualche cena, un aperitivo o altro, ma non era riuscito a strapparle un sì.
Maria Jose sapeva che il suo matrimonio non andava a gonfie vele. Le voci giravano e si diceva che spesso egli dormisse fuori casa. Lui stesso glielo aveva detto. Ma lei sotto sotto non si fidava di quell’uomo bello, ricco ed affascinante, verso cui molte dipendenti della loro azienda dimostravano di avere un debole. Sia lei che lui avevano la possibilità di avere chiunque, questo era chiaro, ma lei aveva deciso di non essere così e non era sicura che per Michel fosse lo stesso. Lui le aveva chiesto se avesse sbagliato qualcosa quella notte e lei ovviamente gli aveva detto di no, perché era la verità. Lui era stato fantastico e non aveva avuto nulla da obbiettare, ma per ora voleva mantenere le distanze.
Quel mercoledì aveva viaggiato fino a Marsiglia nel pomeriggio e la sera si era concessa una cena in solitaria presso uno dei ristoranti di lusso al porto. Il giorno successivo avrebbero incontrato una coppia di avvocati spagnoli, marito e moglie, con i quali lei e Michel avrebbero dovuto discutere di una espansione della azienda nella Spagna del Nord.
Maria Jose trascorse la cena del mercoledì sera leggendo gli appunti che si era fatta per quella serie di incontri del giorno successivo, che sarebbe poi finiti con una cena. Il venerdì mattino lei avrebbe avuto una riunione con il cda della azienda nel corso del quale avrebbe dettato la strategia anche per il nord della Spagna e tutti avrebbero accettato la sua posizione. L’azienda andava alla grande, gli introiti erano in aumento ed ella aveva carta bianca per fare ciò che voleva.
Quando ritornò nella propria suite in albergo, attorno alle 22.30, ricevette una telefonata di Michel. Le chiese come stesse ed ella rispose che era tutto ok.
“Sei certa che non vuoi che ci incontriamo?”.
“Certissima. Sai che non è il caso e certamente non lo è la sera prima di una giornata come quella di domani”, gli rispose.
“Potevamo trascorrere un po’ di tempo insieme, cenare e bere qualcosa”.
“Ti ringrazio, ma sarà per un’altra volta”, gli disse lei. Sapeva cosa sarebbe avvenuto se avesse ceduto e non aveva intenzione di farlo.
La telefonata si concluse di lì a poco. Michel gli disse di avere prenotato una seconda suite a partire da quella sera stessa per gli avvocati spagnoli nello stesso albergo di Maria Jose.
“Se gli hai prenotato una suite, sarà certamente quella vicina alla mia”, gli disse lei.
“Non saprei”, concluse Michel “Ha fatto tutto Ester dell’ufficio marketing”.
Maria Jose sapeva che le suite in quell’albergo erano tre. La sua era la più lussuosa, poi ce n’erano altre due ma in una c’era in quelle giornate la figlia di un imprenditore tedesco e quindi la suite che avevano prenotato per i coniugi spagnoli era quella attigua alla sua.
Magari li avrebbe incontrati per la colazione, ma lei era abituata a farla molto presto e gli spagnoli non erano di certo rinomati come gran mattinieri.
Diede la buonanotte a Michel, il quale contraccambiò dicendole quanto la volesse ed allora ella chiuse la conversazione. Anche la voce di quell’uomo la eccitava e già mentre parlavano al telefono si era già sfilata la gonna, restando con le sole autoreggenti e la camicetta bianca. Poi si era versata un whiskey con ghiaccio e si era seduta sul letto, accavallando le gambe e sorseggiandolo.
Il mega specchio posto davanti al letto, le diede l’occasione di osservarsi. Aveva delle gambe da urlo, questo era vero, ma anche fisicamente non era messa male. Una dieta ferrea e parecchia attività fisica, contribuivano a mantenerla in forma. Peccato per il seno, leggermente piccolo, ma aveva sentito parlare di una clinica negli Stati Uniti in cui avevano iniziato con un certo livello di risultati positivi ad iniettare una sostanza alternativa al silicone e ad aumentare il seno delle donne. Erano passati dieci anni dalle prime protesi al silicone degli anni 80 e magari un giorno ci avrebbe pensato ed avrebbe aumentato le sue tette di una misura. Non che volesse diventare come una di quelle di Baywatch, ma una o due misure in più non le sarebbero dispiaciute.
Trangugiò il whiskey d’un colpo e si sdraiò sul letto, lasciando che il calore di quel liquido torbato eccezionale le scorresse lungo il corpo. Incrociò i piedi accorgendosi di indossare ancora le scarpe nere dal tacco alto e socchiuse gli occhi, puntandoli al soffitto. Ci volle qualche secondo perché l’alcool svolgesse il proprio compito e la scaldasse. Allora si sbottonò la camicetta e si ricordò di quando in quel letto era entrato Michel, ma anche di quante volte in quel letto ed in quella stanza, quasi in ogni angolo, si era soddisfatta da sé e quanto piacere aveva provato. Cominciò ad avvertire un piacevole formicolio al pube ed allora si infilò le mani nelle coppe del reggiseno, stringendosi i capezzoli con le dita.
“Cazzo, quanto sono eccitata”, pensò tra sé, mugugnando, senza smettere di dedicarsi alle sue tette che in pochi attimi divennero durissime.
Si accorse di aver bevuto un po’ troppo tra la cena ed il dopocena. Le scappava di urinare e fu indecisa tra soddisfare questo bisogno per primo o per lasciarlo a dopo la soddisfazione di quello sessuale. Il problema fisico però venne per primo e fu costretta ad alzarsi per recarsi in bagno. Gettò le scarpe lontano, maledicendosi per non aver pisciato prima e si diresse verso il grande bagno con Jacuzzi e doccia, i cui spazi in una casa normale sarebbero stati dedicati alla zona giorno.
Si sfilò gli slip gettandoli lontano e si sedette sulla tazza, liberando la vescica.
“Certe volte è proprio un piacere pisciare”, pensò tra sé. Poi, mentre si allungò per prendere la carta igienica ed asciugarsi, sentì le voci che provenivano dalla stanza attigua. Dovevano essere certamente gli avvocati che avrebbero incontrato l’indomani, non c’era dubbio. Non li conosceva, se non per contatti telefonici e sapeva solo i loro nomi: Ana e Julio. I due bagni erano attigui, ma anche le pareti perimetrali della stanza. Maria Jose si stupì di come udisse bene le loro voci, evidentemente nei precedenti casi in cui aveva alloggiato in quella stanza, quella attigua doveva essere rimasta vuota. Pensò alla notte trascorsa con Michel e si chiese se quella stanza vicina fosse stata abitata o meno. Li avrebbero certamente sentiti. Quella questione acustica andava certamente segnalata al gestore dell’albergo. Ed al più presto.
“Dai, fatti vedere. Sai quanto mi piace”, sentì dire all’uomo. Erano entrambi nel bagno, parlavano spagnolo ed ella non aveva alcun problema a capire quella lingua, che parlava piuttosto bene. Dovevano essere per forza gli avvocati che avrebbe incontrato al mattino successivo in azienda, ritornati da poco dalla loro serata in centro o chissà dove.
La cosa la incuriosì immediatamente. Restò immobile sulla tazza, senza proferire parola e senza nemmeno pulirsi, con la carta igienica in mano e con le orecchie tese verso la stanza vicina.
“Un attimo Julio! Non riesco a farla a comando!”.
“Dai, sforzati! Ecco! Ecco!”, sentì dire all’uomo con tono eccitato.
Si chiese cosa stessero facendo quei due ma non le ci volle molto per capire. Pochi attimi dopo infatti sentì l’uomo dire: ”Apri le cosce Ana, dai! Sai quanto mi eccita vederti mentre pisci!”.
“Vuoi cominciare a toccarti mentre mi guardi?”, gli chiese allora lei.
Maria Jose sobbalzò sulla tazza e rimase sbalordita da questa situazione. Due soci di uno degli studi di avvocatura più importanti della Spagna, marito e moglie, che avrebbe incontrato di lì a qualche ora presso la propria azienda, stavano facendo porcate nella stanza attigua alla sua, pochi metri lontano da lei. Considerando che l’audio non era perfetto ma quasi, ella catalogò quella situazione come surreale ma anche estremamente eccitante.
A quel punto corse con l’immaginazione a quanto stesse accadendo in quella stanza. Aveva visto una volta sola, per pochi minuti, quella coppia, ma li ricordava alla perfezione: lei piccola, bionda, piuttosto carina con dei capelli lunghissimi e lui moro, non troppo alto, con i capelli mossi. Erano una bella coppia, molto eleganti entrambi e parevano affiatati. Evidentemente lo erano anche nella vita privata, pensò Maria Jose, sentendoli attraverso la parete del bagno. Pensò a quanto fosse bella una storia simile: affiatati nel lavoro ma anche nella vita privata e sessuale.
Sentì lei complimentarsi per l’erezione del marito e poi dirgli di essere eccitatissima. Anche Maria Jose lo era. Nonostante si sentisse come una adolescente quando sbircia gli adulti fare qualcosa di proibito, quella situazione la eccitava incredibilmente. Non le ci volle molto perché la sua mano destra scendesse tra le sue cosce e si portasse sul suo sesso, scoprendosi ancora bagnata di urina ma già calda ed eccitata. Non si pulì nemmeno e restò seduta sulla tazza, aprendo le cosce al massimo ed accarezzandosi il pelo.
Nel bagno vicino Ana chiese a Julio di inginocchiarsi lì davanti e leccarla. La immaginò seduta sul water a sua volta, sollevare le gambe facendosi leccare la passera dal marito. Si chiese se lui non provasse schifo a leccarla subito dopo avere urinato, ma fu Julio stesso a smentire questo pensiero.
“Quanto mi piace leccarti la fica che sa ancora di urina”, le disse proprio in quel momento.
Maria Jose sorrise. Erano davvero incredibili quei due, pensò mentre il suo dito medio si fece strada tra le sue morbide labbra, senza trovare resistenza alcuna. Si lasciò andare all’indietro, mettendosi più comoda e per qualche attimo non giunse alcun rumore dall’altra stanza, poi però cominciò a sentire i mugugni della donna, che incitava l’uomo a leccarla più forte. Lentamente Maria Jose si accorse di seguire il ritmo dell’altra donna che cominciava a mugugnare di piacere ed a respirare affannosamente. Cercò nella sua mente di ricreare una immagine di quanto stesse accadendo, dando per scontato che il bagno fosse simile al suo, se non identico ed attribuendo anche delle espressioni e un abbigliamento alla coppia di legali. Ecco quindi che nella sua mente Ana indossava delle autoreggenti nere, un reggiseno anch’esso nero e delle scarpe con il tacco altissimo colorate. Le sembrava di ricordarsela sempre con dei tacchi vertiginosi. Nella sua immaginazione invece Julio indossava ancora la camicia e la cravatta ma aveva i pantaloni che si erano afflosciati alle caviglie mentre, in ginocchio, leccava la passera della moglie che stava seduta sul water con le gambe sollevate.
Mentre le sue abili dita si accarezzavano la passera, sentì il primo orgasmo di Ana ed il suo urletto liberatorio. Poi sentì Julio che, dopo essersi evidentemente alzato, le chiedeva di succhiargli il cazzo. A quel punto Maria Jose non sentì più nulla per alcuni minuti che dedicò solo ed esclusivamente al suo personale piacere. La sua fica era in fiamme e non le ci volle molto perché giungesse al suo primo orgasmo di quella giornata. Sobbalzò sulla tazza e si lasciò andare all’indietro, ascoltando il piacere percorrerle il corpo.
Dal bagno attiguo non provenivano altri rumori. Sembrava che i due in qualche modo avessero terminato la loro avventura serale, allora si fece un veloce bidet e poi tornò in camera da letto per prepararsi ad andare a letto. Fu in quel momento che capì che l’avventura serale dei due non si era per nulla conclusa in bagno, ma era semplicemente proseguita in camera da letto.
“Scopami, dai”, sentì dire alla donna e poi udì il classico rumore del letto che cigolava. Da quello che udì, i due sembravano parecchio su di giri. Si sedette sul letto e restò ad origliare un attimo, sentendosi comunque imbarazzata.
Si sfilò le autoreggenti e si spogliò, cercando di evitare di ascoltare i rumori ed i brusii provenienti dall’altra parte del muto. Indossò un pigiama di seta e si versò ancora un goccio di whiskey che trangugiò tutto d’un fiato. Poi si infilò sotto alle coperte, sperando di addormentarsi in fretta, grazie anche all’alcool che aveva in corpo. Il suo però fu un tentativo disperato poiché dalla stanza attigua i rumori non smisero, né tanto meno si attenuarono ed andarono avanti per circa un’ora.
Origliando, pur senza volerlo direttamente, scoprì che i due erano piuttosto triviali e volgari nel loro modo di accoppiarsi, decisamente diversi dall’immagine che davano di loro durante i rapporti professionali. A Julio piaceva rivolgersi alla moglie con epiteti volgari e ad Ana piaceva invece incitarlo all’azione con vere e proprie frasi da film pornografico.
Quello che accadde fu che dopo dieci minuti, Maria Jose non riuscì a trattenersi dal toccarsi. Quella situazione che ella stava vivendo, mescolata alla solitudine ed all’alcool bevuto, generarono nel suo corpo un desiderio che ella dovette soddisfare immediatamente. Cominciò infilando la mano nel pantalone del pigiama e, dopo aver scostato di lato il perizoma che indossava, accarezzandosi il sesso. Si aprì subito ed infilò nel suo corpo dapprima un dito, poi due, infine tre dita. Scoprì di avere una incredibile voglia di cazzo e se in quel preciso momento avesse telefonato Michel, lo avrebbe implorato di raggiungerla subito. Ma lui non c’era in quel momento ed ella aveva a disposizione solo la propria bravura ad autosoddisfarsi. Scostò le coperte e si mise in ginocchio poggiando la mano contro alla parete dietro al letto, dietro alla quale c’erano gli avvocati che stavano scopando. Si sentiva tutto benissimo ed in quel momento ella capì che Ana stava cavalcando Julio. Se la immaginò anche, piccola e bionda, mentre si spingeva avanti ed indietro agevolando il movimento del cazzo del marito dentro al suo corpo.
Tra il suo secondo orgasmo di quella sera ed il terzo, ella scoprì anche che i due non disdegnavano il sesso anal. Sentì Ana dire a Julio: ”Fai piano quando mi entri nel culo. Domani dovrò stare seduta e non voglio che mi faccia male”.
“Ok”, le disse allora lui “Inginocchiati e tieniti larghe le chiappe”.
Mentre se li immaginò, lei a pecorina e lui dietro di lei, Maria Jose aveva recuperato il suo fedele vibratore e senza allontanarsi dalla parete dietro la quale c'era la coppia spagnola, se lo era già infilato nella passera.
Sentì la donna spagnola mugugnare di piacere ma al tempo stesso anche di dolore e si chiese come fosse la penetrazione anale, attività alla quale non aveva mai ceduto nel corso delle proprie esperienze amorose. Si portò quindi un dito sull'orifizio e lo spinse leggermente dentro, senza sentire nulla di particolare e senza provare alcun tipo di piacere. Si chiese come potesse la donna spagnola provare piacere ed incitare il marito a penetrarla, cosa che stava accadendo proprio in quel momento.
“Spingi! Spingi!”, diceva Ana al marito.
A quel punto Maria Jose si sdraiò sul letto, sollevò le gambe, poi si sfilò il vibratore dalla fica e posizionò la punta contro al suo buchino posteriore. Lo spinse dentro lentamente sentendo la carne avvolgere quell'oggetto metallico precedentemente lubrificato dal suo sesso e con l'altra mano si strinse tra le dita il clitoride. Cominciò poi a muovere quell'oggetto lentamente ed allo stesso tempo a sferzarsi il clitoride con dei piccoli colpetti. Quando sentì Jorge dire alla moglie che le avrebbe riempito il culo, i piccoli colpetti al clitoride erano diventati dei veri e propri colpi. Quando accese il vibratore ed esso cominciò a vibrare tra le sue chiappe, fu un momento incredibile. Il medio e l'anulare della mano destra si fecero strada dentro al suo sesso ed in pochi secondi ella raggiunse un orgasmo incredibile che la fece sobbalzare ed alla fine del quale il suo culo espulse il vibratore che, senza spegnersi, rotolò a terra.
Cinque minuti dopo dalla stanza attigua non proveniva più alcun rumore e dopo aver raccolto il vibratore da terra, Maria Jose si era rannicchiata al caldo, sotto alle coperte. Il suo respiro era ancora affannato, ma il suo cuore stava progressivamente rallentando.
Mentre ella stessa godeva, aveva sentito lo stesso godimento esplodere anche dietro alla parete.
“Vienimi dentro”, gli aveva detto lei, volgarmente, senza mezzi termini.
Quella notte, nel raggio di qualche metro, seppur in stanza diverse, tre persone che il giorno successivo si sarebbero incontrate per lavoro, avevano dato libero sfogo alle proprie fantasie.
Al mattino seguente i tre non si incontrarono per colazione, poiché scelsero orari diversi. Quando si incontrarono in azienda e si presentarono, Maria Jose si accorse di aver dato loro un volto leggermente diverso da quello che avevano in realtà. Chiese loro se la serata e la nottata fossero state ok ed essi risposero, senza particolare entusiasmo, che era andato tutto bene e che l'albergo era ottimo. Non diedero il minimo segno di intesa tra loro e mantennero, come lei e Michel, un atteggiamento estremamente professionale.
Questo nell'immaginario di Maria Jose fu un punto a loro favore.
Si chiese se avrebbe raccontato a Michel l'accaduto e se un giorno avrebbe avuto con lui o con qualche altro uomo la stessa intesa che avevano quei due, senza ovviamente trovare risposta a questa domanda.
Maria Jose sapeva che il suo matrimonio non andava a gonfie vele. Le voci giravano e si diceva che spesso egli dormisse fuori casa. Lui stesso glielo aveva detto. Ma lei sotto sotto non si fidava di quell’uomo bello, ricco ed affascinante, verso cui molte dipendenti della loro azienda dimostravano di avere un debole. Sia lei che lui avevano la possibilità di avere chiunque, questo era chiaro, ma lei aveva deciso di non essere così e non era sicura che per Michel fosse lo stesso. Lui le aveva chiesto se avesse sbagliato qualcosa quella notte e lei ovviamente gli aveva detto di no, perché era la verità. Lui era stato fantastico e non aveva avuto nulla da obbiettare, ma per ora voleva mantenere le distanze.
Quel mercoledì aveva viaggiato fino a Marsiglia nel pomeriggio e la sera si era concessa una cena in solitaria presso uno dei ristoranti di lusso al porto. Il giorno successivo avrebbero incontrato una coppia di avvocati spagnoli, marito e moglie, con i quali lei e Michel avrebbero dovuto discutere di una espansione della azienda nella Spagna del Nord.
Maria Jose trascorse la cena del mercoledì sera leggendo gli appunti che si era fatta per quella serie di incontri del giorno successivo, che sarebbe poi finiti con una cena. Il venerdì mattino lei avrebbe avuto una riunione con il cda della azienda nel corso del quale avrebbe dettato la strategia anche per il nord della Spagna e tutti avrebbero accettato la sua posizione. L’azienda andava alla grande, gli introiti erano in aumento ed ella aveva carta bianca per fare ciò che voleva.
Quando ritornò nella propria suite in albergo, attorno alle 22.30, ricevette una telefonata di Michel. Le chiese come stesse ed ella rispose che era tutto ok.
“Sei certa che non vuoi che ci incontriamo?”.
“Certissima. Sai che non è il caso e certamente non lo è la sera prima di una giornata come quella di domani”, gli rispose.
“Potevamo trascorrere un po’ di tempo insieme, cenare e bere qualcosa”.
“Ti ringrazio, ma sarà per un’altra volta”, gli disse lei. Sapeva cosa sarebbe avvenuto se avesse ceduto e non aveva intenzione di farlo.
La telefonata si concluse di lì a poco. Michel gli disse di avere prenotato una seconda suite a partire da quella sera stessa per gli avvocati spagnoli nello stesso albergo di Maria Jose.
“Se gli hai prenotato una suite, sarà certamente quella vicina alla mia”, gli disse lei.
“Non saprei”, concluse Michel “Ha fatto tutto Ester dell’ufficio marketing”.
Maria Jose sapeva che le suite in quell’albergo erano tre. La sua era la più lussuosa, poi ce n’erano altre due ma in una c’era in quelle giornate la figlia di un imprenditore tedesco e quindi la suite che avevano prenotato per i coniugi spagnoli era quella attigua alla sua.
Magari li avrebbe incontrati per la colazione, ma lei era abituata a farla molto presto e gli spagnoli non erano di certo rinomati come gran mattinieri.
Diede la buonanotte a Michel, il quale contraccambiò dicendole quanto la volesse ed allora ella chiuse la conversazione. Anche la voce di quell’uomo la eccitava e già mentre parlavano al telefono si era già sfilata la gonna, restando con le sole autoreggenti e la camicetta bianca. Poi si era versata un whiskey con ghiaccio e si era seduta sul letto, accavallando le gambe e sorseggiandolo.
Il mega specchio posto davanti al letto, le diede l’occasione di osservarsi. Aveva delle gambe da urlo, questo era vero, ma anche fisicamente non era messa male. Una dieta ferrea e parecchia attività fisica, contribuivano a mantenerla in forma. Peccato per il seno, leggermente piccolo, ma aveva sentito parlare di una clinica negli Stati Uniti in cui avevano iniziato con un certo livello di risultati positivi ad iniettare una sostanza alternativa al silicone e ad aumentare il seno delle donne. Erano passati dieci anni dalle prime protesi al silicone degli anni 80 e magari un giorno ci avrebbe pensato ed avrebbe aumentato le sue tette di una misura. Non che volesse diventare come una di quelle di Baywatch, ma una o due misure in più non le sarebbero dispiaciute.
Trangugiò il whiskey d’un colpo e si sdraiò sul letto, lasciando che il calore di quel liquido torbato eccezionale le scorresse lungo il corpo. Incrociò i piedi accorgendosi di indossare ancora le scarpe nere dal tacco alto e socchiuse gli occhi, puntandoli al soffitto. Ci volle qualche secondo perché l’alcool svolgesse il proprio compito e la scaldasse. Allora si sbottonò la camicetta e si ricordò di quando in quel letto era entrato Michel, ma anche di quante volte in quel letto ed in quella stanza, quasi in ogni angolo, si era soddisfatta da sé e quanto piacere aveva provato. Cominciò ad avvertire un piacevole formicolio al pube ed allora si infilò le mani nelle coppe del reggiseno, stringendosi i capezzoli con le dita.
“Cazzo, quanto sono eccitata”, pensò tra sé, mugugnando, senza smettere di dedicarsi alle sue tette che in pochi attimi divennero durissime.
Si accorse di aver bevuto un po’ troppo tra la cena ed il dopocena. Le scappava di urinare e fu indecisa tra soddisfare questo bisogno per primo o per lasciarlo a dopo la soddisfazione di quello sessuale. Il problema fisico però venne per primo e fu costretta ad alzarsi per recarsi in bagno. Gettò le scarpe lontano, maledicendosi per non aver pisciato prima e si diresse verso il grande bagno con Jacuzzi e doccia, i cui spazi in una casa normale sarebbero stati dedicati alla zona giorno.
Si sfilò gli slip gettandoli lontano e si sedette sulla tazza, liberando la vescica.
“Certe volte è proprio un piacere pisciare”, pensò tra sé. Poi, mentre si allungò per prendere la carta igienica ed asciugarsi, sentì le voci che provenivano dalla stanza attigua. Dovevano essere certamente gli avvocati che avrebbero incontrato l’indomani, non c’era dubbio. Non li conosceva, se non per contatti telefonici e sapeva solo i loro nomi: Ana e Julio. I due bagni erano attigui, ma anche le pareti perimetrali della stanza. Maria Jose si stupì di come udisse bene le loro voci, evidentemente nei precedenti casi in cui aveva alloggiato in quella stanza, quella attigua doveva essere rimasta vuota. Pensò alla notte trascorsa con Michel e si chiese se quella stanza vicina fosse stata abitata o meno. Li avrebbero certamente sentiti. Quella questione acustica andava certamente segnalata al gestore dell’albergo. Ed al più presto.
“Dai, fatti vedere. Sai quanto mi piace”, sentì dire all’uomo. Erano entrambi nel bagno, parlavano spagnolo ed ella non aveva alcun problema a capire quella lingua, che parlava piuttosto bene. Dovevano essere per forza gli avvocati che avrebbe incontrato al mattino successivo in azienda, ritornati da poco dalla loro serata in centro o chissà dove.
La cosa la incuriosì immediatamente. Restò immobile sulla tazza, senza proferire parola e senza nemmeno pulirsi, con la carta igienica in mano e con le orecchie tese verso la stanza vicina.
“Un attimo Julio! Non riesco a farla a comando!”.
“Dai, sforzati! Ecco! Ecco!”, sentì dire all’uomo con tono eccitato.
Si chiese cosa stessero facendo quei due ma non le ci volle molto per capire. Pochi attimi dopo infatti sentì l’uomo dire: ”Apri le cosce Ana, dai! Sai quanto mi eccita vederti mentre pisci!”.
“Vuoi cominciare a toccarti mentre mi guardi?”, gli chiese allora lei.
Maria Jose sobbalzò sulla tazza e rimase sbalordita da questa situazione. Due soci di uno degli studi di avvocatura più importanti della Spagna, marito e moglie, che avrebbe incontrato di lì a qualche ora presso la propria azienda, stavano facendo porcate nella stanza attigua alla sua, pochi metri lontano da lei. Considerando che l’audio non era perfetto ma quasi, ella catalogò quella situazione come surreale ma anche estremamente eccitante.
A quel punto corse con l’immaginazione a quanto stesse accadendo in quella stanza. Aveva visto una volta sola, per pochi minuti, quella coppia, ma li ricordava alla perfezione: lei piccola, bionda, piuttosto carina con dei capelli lunghissimi e lui moro, non troppo alto, con i capelli mossi. Erano una bella coppia, molto eleganti entrambi e parevano affiatati. Evidentemente lo erano anche nella vita privata, pensò Maria Jose, sentendoli attraverso la parete del bagno. Pensò a quanto fosse bella una storia simile: affiatati nel lavoro ma anche nella vita privata e sessuale.
Sentì lei complimentarsi per l’erezione del marito e poi dirgli di essere eccitatissima. Anche Maria Jose lo era. Nonostante si sentisse come una adolescente quando sbircia gli adulti fare qualcosa di proibito, quella situazione la eccitava incredibilmente. Non le ci volle molto perché la sua mano destra scendesse tra le sue cosce e si portasse sul suo sesso, scoprendosi ancora bagnata di urina ma già calda ed eccitata. Non si pulì nemmeno e restò seduta sulla tazza, aprendo le cosce al massimo ed accarezzandosi il pelo.
Nel bagno vicino Ana chiese a Julio di inginocchiarsi lì davanti e leccarla. La immaginò seduta sul water a sua volta, sollevare le gambe facendosi leccare la passera dal marito. Si chiese se lui non provasse schifo a leccarla subito dopo avere urinato, ma fu Julio stesso a smentire questo pensiero.
“Quanto mi piace leccarti la fica che sa ancora di urina”, le disse proprio in quel momento.
Maria Jose sorrise. Erano davvero incredibili quei due, pensò mentre il suo dito medio si fece strada tra le sue morbide labbra, senza trovare resistenza alcuna. Si lasciò andare all’indietro, mettendosi più comoda e per qualche attimo non giunse alcun rumore dall’altra stanza, poi però cominciò a sentire i mugugni della donna, che incitava l’uomo a leccarla più forte. Lentamente Maria Jose si accorse di seguire il ritmo dell’altra donna che cominciava a mugugnare di piacere ed a respirare affannosamente. Cercò nella sua mente di ricreare una immagine di quanto stesse accadendo, dando per scontato che il bagno fosse simile al suo, se non identico ed attribuendo anche delle espressioni e un abbigliamento alla coppia di legali. Ecco quindi che nella sua mente Ana indossava delle autoreggenti nere, un reggiseno anch’esso nero e delle scarpe con il tacco altissimo colorate. Le sembrava di ricordarsela sempre con dei tacchi vertiginosi. Nella sua immaginazione invece Julio indossava ancora la camicia e la cravatta ma aveva i pantaloni che si erano afflosciati alle caviglie mentre, in ginocchio, leccava la passera della moglie che stava seduta sul water con le gambe sollevate.
Mentre le sue abili dita si accarezzavano la passera, sentì il primo orgasmo di Ana ed il suo urletto liberatorio. Poi sentì Julio che, dopo essersi evidentemente alzato, le chiedeva di succhiargli il cazzo. A quel punto Maria Jose non sentì più nulla per alcuni minuti che dedicò solo ed esclusivamente al suo personale piacere. La sua fica era in fiamme e non le ci volle molto perché giungesse al suo primo orgasmo di quella giornata. Sobbalzò sulla tazza e si lasciò andare all’indietro, ascoltando il piacere percorrerle il corpo.
Dal bagno attiguo non provenivano altri rumori. Sembrava che i due in qualche modo avessero terminato la loro avventura serale, allora si fece un veloce bidet e poi tornò in camera da letto per prepararsi ad andare a letto. Fu in quel momento che capì che l’avventura serale dei due non si era per nulla conclusa in bagno, ma era semplicemente proseguita in camera da letto.
“Scopami, dai”, sentì dire alla donna e poi udì il classico rumore del letto che cigolava. Da quello che udì, i due sembravano parecchio su di giri. Si sedette sul letto e restò ad origliare un attimo, sentendosi comunque imbarazzata.
Si sfilò le autoreggenti e si spogliò, cercando di evitare di ascoltare i rumori ed i brusii provenienti dall’altra parte del muto. Indossò un pigiama di seta e si versò ancora un goccio di whiskey che trangugiò tutto d’un fiato. Poi si infilò sotto alle coperte, sperando di addormentarsi in fretta, grazie anche all’alcool che aveva in corpo. Il suo però fu un tentativo disperato poiché dalla stanza attigua i rumori non smisero, né tanto meno si attenuarono ed andarono avanti per circa un’ora.
Origliando, pur senza volerlo direttamente, scoprì che i due erano piuttosto triviali e volgari nel loro modo di accoppiarsi, decisamente diversi dall’immagine che davano di loro durante i rapporti professionali. A Julio piaceva rivolgersi alla moglie con epiteti volgari e ad Ana piaceva invece incitarlo all’azione con vere e proprie frasi da film pornografico.
Quello che accadde fu che dopo dieci minuti, Maria Jose non riuscì a trattenersi dal toccarsi. Quella situazione che ella stava vivendo, mescolata alla solitudine ed all’alcool bevuto, generarono nel suo corpo un desiderio che ella dovette soddisfare immediatamente. Cominciò infilando la mano nel pantalone del pigiama e, dopo aver scostato di lato il perizoma che indossava, accarezzandosi il sesso. Si aprì subito ed infilò nel suo corpo dapprima un dito, poi due, infine tre dita. Scoprì di avere una incredibile voglia di cazzo e se in quel preciso momento avesse telefonato Michel, lo avrebbe implorato di raggiungerla subito. Ma lui non c’era in quel momento ed ella aveva a disposizione solo la propria bravura ad autosoddisfarsi. Scostò le coperte e si mise in ginocchio poggiando la mano contro alla parete dietro al letto, dietro alla quale c’erano gli avvocati che stavano scopando. Si sentiva tutto benissimo ed in quel momento ella capì che Ana stava cavalcando Julio. Se la immaginò anche, piccola e bionda, mentre si spingeva avanti ed indietro agevolando il movimento del cazzo del marito dentro al suo corpo.
Tra il suo secondo orgasmo di quella sera ed il terzo, ella scoprì anche che i due non disdegnavano il sesso anal. Sentì Ana dire a Julio: ”Fai piano quando mi entri nel culo. Domani dovrò stare seduta e non voglio che mi faccia male”.
“Ok”, le disse allora lui “Inginocchiati e tieniti larghe le chiappe”.
Mentre se li immaginò, lei a pecorina e lui dietro di lei, Maria Jose aveva recuperato il suo fedele vibratore e senza allontanarsi dalla parete dietro la quale c'era la coppia spagnola, se lo era già infilato nella passera.
Sentì la donna spagnola mugugnare di piacere ma al tempo stesso anche di dolore e si chiese come fosse la penetrazione anale, attività alla quale non aveva mai ceduto nel corso delle proprie esperienze amorose. Si portò quindi un dito sull'orifizio e lo spinse leggermente dentro, senza sentire nulla di particolare e senza provare alcun tipo di piacere. Si chiese come potesse la donna spagnola provare piacere ed incitare il marito a penetrarla, cosa che stava accadendo proprio in quel momento.
“Spingi! Spingi!”, diceva Ana al marito.
A quel punto Maria Jose si sdraiò sul letto, sollevò le gambe, poi si sfilò il vibratore dalla fica e posizionò la punta contro al suo buchino posteriore. Lo spinse dentro lentamente sentendo la carne avvolgere quell'oggetto metallico precedentemente lubrificato dal suo sesso e con l'altra mano si strinse tra le dita il clitoride. Cominciò poi a muovere quell'oggetto lentamente ed allo stesso tempo a sferzarsi il clitoride con dei piccoli colpetti. Quando sentì Jorge dire alla moglie che le avrebbe riempito il culo, i piccoli colpetti al clitoride erano diventati dei veri e propri colpi. Quando accese il vibratore ed esso cominciò a vibrare tra le sue chiappe, fu un momento incredibile. Il medio e l'anulare della mano destra si fecero strada dentro al suo sesso ed in pochi secondi ella raggiunse un orgasmo incredibile che la fece sobbalzare ed alla fine del quale il suo culo espulse il vibratore che, senza spegnersi, rotolò a terra.
Cinque minuti dopo dalla stanza attigua non proveniva più alcun rumore e dopo aver raccolto il vibratore da terra, Maria Jose si era rannicchiata al caldo, sotto alle coperte. Il suo respiro era ancora affannato, ma il suo cuore stava progressivamente rallentando.
Mentre ella stessa godeva, aveva sentito lo stesso godimento esplodere anche dietro alla parete.
“Vienimi dentro”, gli aveva detto lei, volgarmente, senza mezzi termini.
Quella notte, nel raggio di qualche metro, seppur in stanza diverse, tre persone che il giorno successivo si sarebbero incontrate per lavoro, avevano dato libero sfogo alle proprie fantasie.
Al mattino seguente i tre non si incontrarono per colazione, poiché scelsero orari diversi. Quando si incontrarono in azienda e si presentarono, Maria Jose si accorse di aver dato loro un volto leggermente diverso da quello che avevano in realtà. Chiese loro se la serata e la nottata fossero state ok ed essi risposero, senza particolare entusiasmo, che era andato tutto bene e che l'albergo era ottimo. Non diedero il minimo segno di intesa tra loro e mantennero, come lei e Michel, un atteggiamento estremamente professionale.
Questo nell'immaginario di Maria Jose fu un punto a loro favore.
Si chiese se avrebbe raccontato a Michel l'accaduto e se un giorno avrebbe avuto con lui o con qualche altro uomo la stessa intesa che avevano quei due, senza ovviamente trovare risposta a questa domanda.
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