La bagnante agli scogli
di
scopertaeros69
genere
etero
Un recente scambio di battute tra utenti di questo sito, mi ha motivato a nuove curiosità artistiche, ed allora sfogliando immagini di dipinti, uno in particolare mi ha ispirato quanto segue, spero sarà di vostro gradimento:
Gli occhi socchiusi a schermare il sole lo stesso che arroventa la pietra circostante, il caldo mitigato dalla leggera brezza che sa di sale, che profuma di vita pulsante.
L’acqua è là invitante, mi giro a guardarla, e sta guardando me… “allora smetti di fare la lucertola?”
Mi tende la mano in un evidente invito, a tuffarmi in questo specchio vivente, padrone di tutte le tinte del verde e del blu, l’afferro e lascio che tiri, so che se non l’aiuto non riuscirà mai a spostarmi, rido e lei finge di arrabbiasi, tira più forte ed alla fine cedo.
L’abbraccio improvviso dell’acqua fresca, percorre ed eletrizza, donandomi un brivido temporaneo che però ha vita breve, nuotiamo li intorno per qualche bracciata.
Ci abbracciamo finendo sotto, la tenuta stagna garantita dalle nostre labbra che ci sigillano vicendevolmente, il calore dei seni appena coperti dai triangoli di stoffa contro il petto, le gambe che si intersecano, prima di separarci nuovamente.
Sorride, di quel sorriso che non è fuor di posto tra questi scogli, quest’acqua, questo sole, poi semplicemente si gira per uscire cautamente, saggiando con i piedi nudi gli spuntoni sommersi, evitando i possibili ricci.
Ed è allora che la vedo, non vedo più soltanto lei, la mente mi porta indietro; altra luce, altri odori, altra temperatura ed atmosfera, il silenzio e un muro rischiarato da una figura.
Rimiro rapito le forme generose, la dolcezza delle curve, la spassionata spudorata ed innocente carnalità dell’immagine.
“La bagnante alla sorgente”, Courbet, genio visionario della pittura dell’800 francese, all’improvviso è lei, è dinanzi a me.
Mi ero innamorato di quella donna, com’è possibile innamorarsi solo della perfezione sognata e che sai essere irraggiungibile, non la perfezione estetica soggetta alle mutevoli peripezie del gusto del momento, ma quella dell’unicità con cui un desiderio può aderire al sogno.
La vedo, certo ora non del tutto nuda, “non ancora” penso … ed allora eccomi dietro di lei, cingerne i fianchi senza stringere con le mani, quasi a fermarla in posa, come una modella, solo per me.
Mi è impossibile pensare a lei come a quella donna ora, un sogno che chiede spazio alla realtà non può godere di un approccio distaccato, né negare la sua confidenza al suo creatore.
Povero mentecatto, a sentirmi un artista, paragonando il mio spogliarti, all’atto creativo di un pennello, quanto ne sono apparentemente lontano.
Eppure, anche Gustave Coubert, deve aver creato quell’immagine nella sua mente prima di donarla a noi, usando poi le sue mani e i suoi occhi.
Ed allora “Tu” divieni quella donna, mentre immobile lasci che ti privi degli scampoli di stoffa, i soli che m’impediscano di renderti quello che ho atteso per tanto diventasse mio.
Eri certo la mia donna anche prima di questo momento, ora sei anche il sogno stesso di quella donna.
Mentre qualche onda un po’ più vigorosa arriva a schizzarti fin sulla schiena, lasciando che fresche lacrime saltate te la solchino cercando la strada tra incavo del tuo culo, ti guardo e ti desidero.
Immobile permetti alle mie mani di solcarti, sincerarsi che non sei un illusione creata soltanto dal mio desiderio, oppure semplicemente hai intuito quello che ho visto e nutri la mia fantasia per nutrire la tua.
La bocca cerca la tua pelle, risalendo in rapida golosità le gambe, costringendoti a cercare con le mani appigli più solidi ai fremiti che verranno quando mi avventurerò dentro di te.
Uno sguardo appena ai due scampoli di stoffa, gettati oltre il limitare dell’azione delle onde, gli occhi socchiusi al sole, immobilmente protesa ad essere il mio sogno ad occhi aperti.
Ancora qualche minuto, prima di costringerci a cercare più spazio, a permetterti di essere tu a spogliarmi, ad appropriarti della mia carne.
Guardo i tuoi capelli ancora bagnati disperdere goccioline sulle spalle, mentre la tua bocca muta, parla e geme attraverso la mia, mentre la tua mano corre tra le mie cosce sino a risalire, carezzarmi, impugnarmi , saggiarmi e andare oltre violandomi.
Reclinarti per prenderti, è un atto dovuto, consequenziale, un mio privilegio.
Attirarmi, stringermi, intrappolandomi tra le tue cosce, fameliche, dopo avermi guidato dentro, il tuo.
Pretendi i miei occhi mentre godi di me, cerco i tuoi mentre sprofondo in te; le unghie disegnano piccole mezzelune rosse che bruciano di sudore e sale.
Gli occhi socchiusi a schermare il sole lo stesso che arroventa la pietra circostante, il caldo mitigato dalla leggera brezza che sa di sale, che profuma di vita pulsante.
L’acqua è là invitante, mi giro a guardarla, e sta guardando me… “allora smetti di fare la lucertola?”
Mi tende la mano in un evidente invito, a tuffarmi in questo specchio vivente, padrone di tutte le tinte del verde e del blu, l’afferro e lascio che tiri, so che se non l’aiuto non riuscirà mai a spostarmi, rido e lei finge di arrabbiasi, tira più forte ed alla fine cedo.
L’abbraccio improvviso dell’acqua fresca, percorre ed eletrizza, donandomi un brivido temporaneo che però ha vita breve, nuotiamo li intorno per qualche bracciata.
Ci abbracciamo finendo sotto, la tenuta stagna garantita dalle nostre labbra che ci sigillano vicendevolmente, il calore dei seni appena coperti dai triangoli di stoffa contro il petto, le gambe che si intersecano, prima di separarci nuovamente.
Sorride, di quel sorriso che non è fuor di posto tra questi scogli, quest’acqua, questo sole, poi semplicemente si gira per uscire cautamente, saggiando con i piedi nudi gli spuntoni sommersi, evitando i possibili ricci.
Ed è allora che la vedo, non vedo più soltanto lei, la mente mi porta indietro; altra luce, altri odori, altra temperatura ed atmosfera, il silenzio e un muro rischiarato da una figura.
Rimiro rapito le forme generose, la dolcezza delle curve, la spassionata spudorata ed innocente carnalità dell’immagine.
“La bagnante alla sorgente”, Courbet, genio visionario della pittura dell’800 francese, all’improvviso è lei, è dinanzi a me.
Mi ero innamorato di quella donna, com’è possibile innamorarsi solo della perfezione sognata e che sai essere irraggiungibile, non la perfezione estetica soggetta alle mutevoli peripezie del gusto del momento, ma quella dell’unicità con cui un desiderio può aderire al sogno.
La vedo, certo ora non del tutto nuda, “non ancora” penso … ed allora eccomi dietro di lei, cingerne i fianchi senza stringere con le mani, quasi a fermarla in posa, come una modella, solo per me.
Mi è impossibile pensare a lei come a quella donna ora, un sogno che chiede spazio alla realtà non può godere di un approccio distaccato, né negare la sua confidenza al suo creatore.
Povero mentecatto, a sentirmi un artista, paragonando il mio spogliarti, all’atto creativo di un pennello, quanto ne sono apparentemente lontano.
Eppure, anche Gustave Coubert, deve aver creato quell’immagine nella sua mente prima di donarla a noi, usando poi le sue mani e i suoi occhi.
Ed allora “Tu” divieni quella donna, mentre immobile lasci che ti privi degli scampoli di stoffa, i soli che m’impediscano di renderti quello che ho atteso per tanto diventasse mio.
Eri certo la mia donna anche prima di questo momento, ora sei anche il sogno stesso di quella donna.
Mentre qualche onda un po’ più vigorosa arriva a schizzarti fin sulla schiena, lasciando che fresche lacrime saltate te la solchino cercando la strada tra incavo del tuo culo, ti guardo e ti desidero.
Immobile permetti alle mie mani di solcarti, sincerarsi che non sei un illusione creata soltanto dal mio desiderio, oppure semplicemente hai intuito quello che ho visto e nutri la mia fantasia per nutrire la tua.
La bocca cerca la tua pelle, risalendo in rapida golosità le gambe, costringendoti a cercare con le mani appigli più solidi ai fremiti che verranno quando mi avventurerò dentro di te.
Uno sguardo appena ai due scampoli di stoffa, gettati oltre il limitare dell’azione delle onde, gli occhi socchiusi al sole, immobilmente protesa ad essere il mio sogno ad occhi aperti.
Ancora qualche minuto, prima di costringerci a cercare più spazio, a permetterti di essere tu a spogliarmi, ad appropriarti della mia carne.
Guardo i tuoi capelli ancora bagnati disperdere goccioline sulle spalle, mentre la tua bocca muta, parla e geme attraverso la mia, mentre la tua mano corre tra le mie cosce sino a risalire, carezzarmi, impugnarmi , saggiarmi e andare oltre violandomi.
Reclinarti per prenderti, è un atto dovuto, consequenziale, un mio privilegio.
Attirarmi, stringermi, intrappolandomi tra le tue cosce, fameliche, dopo avermi guidato dentro, il tuo.
Pretendi i miei occhi mentre godi di me, cerco i tuoi mentre sprofondo in te; le unghie disegnano piccole mezzelune rosse che bruciano di sudore e sale.
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