Lea

di
genere
etero

La giornata andava malissimo, niente lavoro e crisi esistenziale post-nichilista di quelle violente. Su Skype arriva un messaggio, l’unica persona al mondo con cui posso parlare in questo momento, una ex rimasta molto amica. Dice che una sua amica ha chiesto di me e vorrebbe il mio contatto, mi faccio convincere a dire di sì anche se non vorrei. Intanto verso un altro goccio di whisky e accendo. Neanche due minuti dopo, altro messaggio, è l’amica. Ciaociaoblablablablabla beviamo qualcosa? Sarei già a posto ma dico ok, mi lavo, vesto e vado al bar dove ci incontriamo. A pelle non mi piace, non mi piace il tono della sua voce, non mi piace com’è vestita, non mi piace come si atteggia. Iniziamo a parlare, cosa fai, chi sei, anche il mio ex era musicista (“ha studiato per un anno chitarra”, se questo lo chiami essere un musicista non arrivo nemmeno alla seconda birra), inizio a innervosirmi e rispondo a monosillabi. Tra l’altro il bar è in zona fighetta e sono circondato da incravattati e gente col mercedes, mi sento come Peter Sellers in “Hollywood party”, vorrei andarmene e lei mi serve l’opportunità su un piatto d’argento: “Il mio ex era ossessionato coi Sonic Youth ma a me fanno cagare”. Come osi. Con quale coraggio. Da dove ti viene. Esagero, lei legge l’odio nei miei occhi e blatera qualcosa sul doversi vedere con un’amica, mi lascia 5 euro per il conto estraendoli dal suo portafogli da mille euro estratto a sua volta da una borsetta da 3000 euro, mi saluta e se ne va. Sollievo, ma questa la mia ex me la paga.

Mi alzo e vado alla cassa per pagare dove vengo accolto da una signora sulla cinquantina abbondante che ha assistito alla scena. Mi racconta che quando ha aperto il bar quella zona non era così, capisco che quel tipo di personaggi le danno fastidio quanto a me, per questo ha preso ragazzi per servire ai tavoli, così può averci a che fare il meno possibile. Trovare qualcuno che mi faccia da sponda mi sveglia un po’, chiedo che whisky abbia, vado per un Lagavulin e resto al banco a parlare con la signora Lea. Lavora in quel bar da quando io sono nato, mi faccio raccontare un po’ di storie della vecchia Milano mentre prepara caffè e aperitivi. Forse per l’alcol, forse perché alla fine sono uomo come tutti gli altri, mentre è alla macchinetta del caffè mi cade l’occhio sul fondoschiena molto in forma della signora, distolgo lo sguardo un attimo troppo tardi, lei se ne accorge e mi sorride. Mi chiede perché non mi piacesse la ragazza con cui ero al tavolo, non arrivo a spiegarle dei Sonic Youth ma le faccio capire che le ragazzine non fanno per me, tantomeno quelle con la testa su per il culo. Lei sorride ancora e non risponde, finisce di fare due caffè e chiama due ragazzi mentre io sorseggio il mio whisky. Sento che a uno dice dove portare i caffè mentre all’altro chiede di sostituirla un attimo mentre si prende una pausa. Gira dietro al bancone e mi dice di seguirla a fumare una sigaretta, le dico che ho smesso ma l’accompagno volentieri, poco dopo mi sento molto fiero di questa decisione.

Appena arriviamo in una stanza chiusa nel retro del locale, Lea si gira e dal nulla mi mostra le tette. Non sono affatto male, l’età si vede ma le rende affascinanti. La situazione ha del surreale e resto un attimo stordito, lei mi chiede se non mi piacciano, rispondo che sono molto belle, mi chiede perché non ci abbia ancora messo la faccia, me lo chiedo anch’io. Prendo un respiro e mi tuffo, Intanto la sua mano mi massaggia sopra i pantaloni e lentamente slaccia la cintura. Ci spostiamo contro una parete dove mi mette spalle al muro e mi mostra anni di esperienza concentrati in un soffocone da applausi, una strabiliante tecnica linguistica, la giuria si esprime con un 9+. Io tra whisky ed altro sono completamente perso in quel momento, con un paio di raggi del tramonto che filtrano dalle persiane chiuse e creano lame di luce sul muro in maniera poco originale ma molto efficace. Mi dice che mi farebbe ricambiare ma lavora da stamattina e forse non è il caso, apprezzo l’onestà e passiamo direttamente a lei faccia contro il muro, pantaloni abbassati e io che entro da dietro, con poca delicatezza, come esplicitamente richiesto dalla signora Lea. La cosa purtroppo non può durare troppo, si chiama ‘sveltina’ per un motivo, per cui appena mi accorgo che ha goduto un paio di volte esco e finisco gioiosamente sul quel culo che ammiravo dietro al bancone.

Ci puliamo, ci rivestiamo e torniamo nel bar dove mi rendo conto che non ho ancora pagato nulla, guardo Lea e faccio per prendere il portafogli, mi ferma e mi dice che offre la casa. Penso che questo bar non è male, d’ora in poi potrei sempre fare qui i primi incontri, non mi andrà mai male.
scritto il
2019-03-31
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