Maria José cap.5 - Al tavolo del ristorante
di
FrancoT
genere
masturbazione
Quando quella mattina Maria Jose si risvegliò sola, come sempre, nella camera dell’albergo di Marsiglia si sentì depressa. Era sabato e si sentiva depressa per la solitudine che provava, accentuata dalla incapacità personale di trovare un compagno adatto. Quel giovedì e quel venerdì a Marsiglia l'avevano messa a dura prova. Sapeva di avere delle mire per se stessa troppo alte e sapeva che alla sua età trovare la persona giusta era straordinariamente difficile, ma sapeva anche che la cosa poteva accadere.
Nonostante riuscisse a mantenere le distanze da Michel sapeva che ci sarebbe ricascata. Lo aveva rischiato anche due giorni prima, in uno dei tanti giovedì che ella trascorreva nella città francese ed uno dei tanti pomeriggi di lavoro nei quali doveva lavorare a stretto contatto con lui. Michel era ancora fuori casa, separato dalla moglie. Diceva che non aveva la benché minima intenzione di rientrare, ma lei li sentiva i commenti piccanti delle donne dell’azienda e sapeva quanto Michel fosse un bocconcino appetitoso per tutte. Era certa che prima o poi sarebbe cascato tra le lenzuola di qualche impiegata o dirigente dell’azienda. Erano belle donne, spesso single, ma anche maritate e non c’era alcun motivo del perché non dovessero divertirsi nella propria vita privata. Michel le diceva in continuazione di essere votato a lei, di desiderarla e di volerla rendere felice, ma Maria Jose non era convinta lo fosse a fondo. Temeva che lui l'avrebbe fatta soffrire e per quel motivo cercava di mantenere le distanze.
“Prendiamoci dieci minuti di pausa e parliamo un po'”, le aveva chiesto lui sottovoce, mentre due delle assistenti che partecipavano alla riunione di lavoro si erano allontanate per andare a prendere dei documenti. Ponendogli la domanda le aveva poggiato la mano sulla sua ed ella aveva sentito un calore percorrerle il corpo.
“No. Non è il caso”, gli aveva risposto seccamente.
“Un aperitivo prima di cena? Oppure ceniamo insieme?”.
“No”, aveva risposto con un tono che aveva decretato la chiusura definitiva di quella conversazione. Poi erano tornate le assistenti ed ella aveva notato come loro la trattassero con sudditanza, mentre nei confronti di Michel provavano una vera e propria attrazione fisica. Si vedeva ed era anche ovvio.
Terminata la giornata di lavoro Maria Jose era rientrata in albergo e dopo essersi cambiata era uscita per una corsetta rigenerante. Le piaceva correre, le liberava la mente e le faceva bene. Durante il suo tragitto era passata vicina ad una serie di locali del centro ed in uno di questi aveva visto una delle due assistenti, notando immediatamente come non si fosse cambiata d'abito. Si era chiesta dove fosse l'altra e si era risposta da sola decidendo che sarebbe certamente stata con Michel. Era la più bella delle due ed aveva buon gusto, così come Michel per le donne. Era rientrata in albergo di cattivo umore, con quel pensiero che le ronzava nella testa. Sotto la doccia si era masturbata, ma non era rimasta soddisfatta. Ci aveva messo un sacco di tempo per godere, quasi come se le sue abili dita non fossero più capaci di farla rilassare. Aveva anche pianto, lasciando che l’acqua calda della doccia portasse via le sue lacrime, pensando alla propria condizione. Si era fatta portare la cena in camera ed aveva mangiato sola, bevendo anche un po' troppo, restando davanti alla tv e facendo uno zapping compulsivo.
Era certa che lui fosse con quella assistente. Aveva preso il telefono per chiamarlo, poi lo aveva riappoggiato dandosi della stupida. Poi lo aveva ripreso e fatto il numero. Lui aveva risposto subito, con voce tranquilla, così Maria José aveva riattaccato. Era solo, aveva pensato. Sarebbe bastato chiamarlo e lui sarebbe venuto. Sarebbero finiti a letto ed entrambi sarebbero stato contenti. Poi le era apparsa davanti l'immagine dell'uomo che si scopava l'assistente. Era stata indecisa sul da farsi per qualche attimo ma dopo aver trangugiato l'ennesimo bicchiere di vino, aveva ripreso il telefono e lo aveva chiamato.
Lui aveva risposto subito. Era calmo e tranquillo.
“A cosa devo il piacere?”.
“Volevo sapere che facevi”, gli aveva detto ella tentando di mascherare il suo non esser troppo sobria. Lui le aveva raccontato che stava guardando la tv e dalla descrizione che fece ella aveva capito che era sincero. Ella stessa aveva visto, facendo zapping, gli stessi programmi.
“Vuoi che beviamo qualcosa insieme?”, le aveva chiesto allora lui.
“No, grazie”.
“Sai che non ti capisco, Maria Jose? Non capisco cosa vuoi”.
“Certe volte nemmeno io”, gli aveva risposto, poi gli aveva dato la buonanotte ed aveva chiuso la conversazione.
Nel corso della notte si erano susseguiti i pensieri ed erano certamente stati quelli, insieme ai vapori dell'alcool, a farla sentire depressa anche al mattino successivo. Era un venerdì ed ella sarebbe tornata in Italia il sabato mattina.
La giornata era complicata. C'erano delle banche da incontrare ed un paio di amministratori di aziende locali da acquisire. A metà pomeriggio era esausta e Michel se ne era accorto
“Sei stanca?”, le aveva chiesto una volta che le assistenti si furono allontanate.
“Abbastanza. Non appena arrivo in albergo mi infilo nel letto e voglio dormire fino a domattina”.
“Posso venire a dormire da te?”.
“Perché non vai a dormire con Annie?”.
Annie era l'assistente bionda.
“E perché dovrei farlo?”.
“Hai visto come ti guarda?”.
“No. Ma comunque non mi interessa. Sei tu quella che voglio. Non so come fare a dirtelo”.
A quel punto la stanchezza e la depressione avevano avuto il sopravvento. Non era più riuscita a trattenersi e quando lui le si era avvicinato per baciarla, Maria Jose non era riuscita a tirarsi indietro. Avevano chiuso la porta a chiave dell'ufficio ed i loro vestiti erano volati lontano. Lei si era trovata in ginocchio davanti a lui con il suo uccello in bocca e le ginocchia, coperte dalle sue costosissime autoreggenti, che sfregavano sul tappeto persiano che era steso davanti alla sua scrivania. Sotto si sentiva secca e così si era portata una mano dentro allo slip carezzandosi il sesso.
Quando l'erezione di Michel si era fatta seria ed il suo sesso umido, Maria Jose si era alzata, si era sfilata lo slip e si era sdraiata sulla scrivania, aprendo le gambe e chiedendo a Michel di possederla. Lui lo aveva fatto. Si era spinto dentro di lei e l'aveva scopata, con forza e desiderio, dicendole più volte quanto l'amasse e quanto volesse che fosse solo ed esclusivamente sua. Il tutto era durato circa mezz'ora. Alla fine lui l’aveva riempita del suo seme ed ella aveva pensato di raggiungere il suo orgasmo quando aveva sentito il liquido caldo dell'uomo entrarle nel corpo, ma la cosa non era avvenuta e Maria Jose era rimasta con quella eccitazione non soddisfatta per tutto il pomeriggio.
Si erano ricomposti in fretta e quando erano tornate le assistenti non si erano accorte di nulla, nonostante l’umore di Maria Jose fosse peggiorato. In un paio di occasioni si era dovuta addirittura trattenere dal non mandare via tutti, sdraiarsi sul divano, prendere il proprio vibratore e raggiungere quell’orgasmo che l’eiaculazione di Michel aveva impedito.
Quando si era recata in albergo, il suo umore era ancora peggio del mattino.
Michel le aveva telefonato e le aveva chiesto nuovamente di incontrarsi ed ella aveva rifiutato, adducendo la scusa della stanchezza. Lui l’aveva accusata dicendo che sapeva che fosse una scusa ed avevano finito per litigare. Alla fine lui aveva chiuso la conversazione, con stizza, dicendole che se era quello ciò che ella voleva, lui non avrebbe atteso in eterno. Era rimasta con il telefono in mano, sentendo il vuoto dall’altra parte ed anche dentro di sé.
Lo avrebbe voluto ancora, fisicamente, dentro di sé, ma a livello sentimentale non se la sentiva proprio.
Quando si era alzata, alcuni minuti dopo, si era accorta di non avere ancora cenato. Allora si era fatta una doccia veloce e si era vestita, elegantemente come suo solito. Aveva preso le chiavi dell’auto e guidando con il solito ritmo, aveva raggiunto un ristorante di classe poco fuori città dove un parcheggiatore aveva preso le chiavi dell’auto, ammirandola mentre scendeva ed un cameriere l’aveva accompagnata ad un tavolo con vista mare, preparato per una persona sola. Aveva ordinato velocemente un’insalata, un pesce alla griglia ed una bottiglia di Chablis.
A metà cena lo aveva notato. Un uomo sui cinquant’anni, che mangiava solo come lei, sul lato opposto del ristorante e che non le staccava gli occhi di dosso. Sapeva di essere attraente ma non fece nulla per provocarlo, semplicemente lasciò che lui la guardasse. Era alto, moro con qualche striatura grigia ed una leggera barbetta curata. Aveva notato come fosse elegante e come la osservasse. Maria Jose aveva capito subito quanto lui fosse attratto da lei, la cosa era evidente. Alla fine non si dissero nulla per tutta la cena, ma quel gioco di sguardi aveva generato nella donna una certa eccitazione che, forse anche a causa della mezza bottiglia di vino bianco consumata, aveva bisogno di essere soddisfatta.
Le grandi tovaglie eleganti del ristorante, nascondevano la parte inferiore del corpo di Maria Jose e le sue gambe, sensualmente accavallate sotto al tavolo. Quella sera ella indossava una gonna con lo spacco sulla gamba destra che nel corso della cena era pian piano risalita. Se qualcuno avesse scostato la tovaglia avrebbe visto l’orlo delle sue autoreggenti color carne lucide ed anche un piccolo triangolo del suo slip in seta bianco.
Continuando a mangiare con la forchetta nella mano sinistra, aveva infilato la mano destra tra le gambe, dopo aver sollevato leggermente la sinistra che teneva accavallata sopra all’altra. Il suo dito indice aveva sfiorato immediatamente il suo sesso e lei si era sentita le guance divampare. Era riuscita comunque a non dare segni della sua eccitazione crescente nonostante il suo dito indice si fosse infilato sotto al suo slip. In pochi attimi aveva scoperto di essere bagnata ed aveva lasciato che il suo dito facesse ciò che sapeva fare, lentamente ma sapientemente. Per almeno un quarto d'ora con quel dito si era accarezzata la fichetta, mangiando un boccone ogni tanto, bevendo un sorso di Chablis ghiacciato e lanciando ogni tanto una sguardo all'uomo che la osservava dal tavolo vicino.
Non era riuscita a restare seduta fino all'orgasmo, perché temeva di non riuscire a nascondere quel momento. Si era alzata normalmente e si era diretta alla toilette delle signore che era grande quasi come la sua camera d'albergo. Si era chiusa dentro e poi si era diretta subito verso la poltrona in pelle rossa che era posizionata in un angolo e sulla quale di solito posava la borsa mentre si rifaceva il trucco.
Il tutto era durato non più di sette, otto minuti. Si era abbassata gli slip ed alzata la gonna e poi si era toccata finché il suo corpo non aveva sussultato. Aveva spalancato le cosce, incurante delle sue chiappe che sfregavano contro la pelle fredda di quella poltrona sulla quale chissà quante donne si erano sedute rifacendosi il trucco, poi si era infilata due dita nella passera ed aveva raggiunto quell'orgasmo che non era riuscita a raggiungere con Michel quel pomeriggio. Aveva goduto incredibilmente, concludendo quella giornata di eccitazione sospesa che si era poi prolungata nel corso della cena ed, nel momento dell'apice del piacere, aveva pensato di coinvolgere quell'uomo in sala che certamente non si sarebbe negato ad un amplesso con lei, bella e sensuale com’era. Alla fine non lo aveva fatto perché poi si sarebbe sentita sporca ed ingiusta.
Si sarebbe masturbata ancora se non fosse stata al ristorante, sarebbe andata avanti ad oltranza, aiutandosi magari con il suo fido vibratore, senza smettere di pensare a Michel ed a quell’uomo nel salone che probabilmente l’attendeva per ammirarla ancora.
Quindi si alzò e si ricompose.
Quando tornò al proprio tavolo, l’uomo non c’era più. Ordinò un caffè ed il cameriere glielo portò unitamente ad un biglietto che le disse provenire dall’uomo che la ammirava durante la cena.
Lo aprì e c’erano scritte poche e semplici parole: “Lei è una donna bellissima. Spero di incontrarla ancora in questo ristorante in futuro e di poterla conoscere”. Sorrise, lo ripiegò e lo mise nella borsa.
Due ore dopo, nel silenzio della sua camera d'albergo, mentre era nuda dall'ombelico in giù dopo essersi sfilata slip e pantaloni del pigiama in raso che indossava per dormire, utilizzò quel biglietto di ammirazione, sfregandolo contro al suo sesso, finché il piacere non la raggiunse. Mentre tentò di addormentarsi, si immaginò quell'uomo corteggiarla e poi pian piano la sua fantasia la condusse ad immaginarlo mentre la possedeva in posizioni diverse. La sua mano era corsa tra le sue cosce ed ella aveva tentato di trattenersi, poi aveva visto il biglietto sul comodino e lo aveva preso, pensando che esso l'avrebbe distratta da una nuova masturbazione. L'elegante calligrafia però aveva incrementato la sua eccitazione e quando era giunta all'apice della sua autosoddisfazione, aveva preso il biglietto e lo aveva utilizzato sfregandolo contro al proprio sesso, finché esso si era completamente intriso dei suoi umori, si era rotto in diversi pezzi ed ella aveva raggiunto il suo secondo orgasmo della giornata.
Poi aveva dormito e l'indomani si era svegliata sola, triste e depressa.
Nonostante riuscisse a mantenere le distanze da Michel sapeva che ci sarebbe ricascata. Lo aveva rischiato anche due giorni prima, in uno dei tanti giovedì che ella trascorreva nella città francese ed uno dei tanti pomeriggi di lavoro nei quali doveva lavorare a stretto contatto con lui. Michel era ancora fuori casa, separato dalla moglie. Diceva che non aveva la benché minima intenzione di rientrare, ma lei li sentiva i commenti piccanti delle donne dell’azienda e sapeva quanto Michel fosse un bocconcino appetitoso per tutte. Era certa che prima o poi sarebbe cascato tra le lenzuola di qualche impiegata o dirigente dell’azienda. Erano belle donne, spesso single, ma anche maritate e non c’era alcun motivo del perché non dovessero divertirsi nella propria vita privata. Michel le diceva in continuazione di essere votato a lei, di desiderarla e di volerla rendere felice, ma Maria Jose non era convinta lo fosse a fondo. Temeva che lui l'avrebbe fatta soffrire e per quel motivo cercava di mantenere le distanze.
“Prendiamoci dieci minuti di pausa e parliamo un po'”, le aveva chiesto lui sottovoce, mentre due delle assistenti che partecipavano alla riunione di lavoro si erano allontanate per andare a prendere dei documenti. Ponendogli la domanda le aveva poggiato la mano sulla sua ed ella aveva sentito un calore percorrerle il corpo.
“No. Non è il caso”, gli aveva risposto seccamente.
“Un aperitivo prima di cena? Oppure ceniamo insieme?”.
“No”, aveva risposto con un tono che aveva decretato la chiusura definitiva di quella conversazione. Poi erano tornate le assistenti ed ella aveva notato come loro la trattassero con sudditanza, mentre nei confronti di Michel provavano una vera e propria attrazione fisica. Si vedeva ed era anche ovvio.
Terminata la giornata di lavoro Maria Jose era rientrata in albergo e dopo essersi cambiata era uscita per una corsetta rigenerante. Le piaceva correre, le liberava la mente e le faceva bene. Durante il suo tragitto era passata vicina ad una serie di locali del centro ed in uno di questi aveva visto una delle due assistenti, notando immediatamente come non si fosse cambiata d'abito. Si era chiesta dove fosse l'altra e si era risposta da sola decidendo che sarebbe certamente stata con Michel. Era la più bella delle due ed aveva buon gusto, così come Michel per le donne. Era rientrata in albergo di cattivo umore, con quel pensiero che le ronzava nella testa. Sotto la doccia si era masturbata, ma non era rimasta soddisfatta. Ci aveva messo un sacco di tempo per godere, quasi come se le sue abili dita non fossero più capaci di farla rilassare. Aveva anche pianto, lasciando che l’acqua calda della doccia portasse via le sue lacrime, pensando alla propria condizione. Si era fatta portare la cena in camera ed aveva mangiato sola, bevendo anche un po' troppo, restando davanti alla tv e facendo uno zapping compulsivo.
Era certa che lui fosse con quella assistente. Aveva preso il telefono per chiamarlo, poi lo aveva riappoggiato dandosi della stupida. Poi lo aveva ripreso e fatto il numero. Lui aveva risposto subito, con voce tranquilla, così Maria José aveva riattaccato. Era solo, aveva pensato. Sarebbe bastato chiamarlo e lui sarebbe venuto. Sarebbero finiti a letto ed entrambi sarebbero stato contenti. Poi le era apparsa davanti l'immagine dell'uomo che si scopava l'assistente. Era stata indecisa sul da farsi per qualche attimo ma dopo aver trangugiato l'ennesimo bicchiere di vino, aveva ripreso il telefono e lo aveva chiamato.
Lui aveva risposto subito. Era calmo e tranquillo.
“A cosa devo il piacere?”.
“Volevo sapere che facevi”, gli aveva detto ella tentando di mascherare il suo non esser troppo sobria. Lui le aveva raccontato che stava guardando la tv e dalla descrizione che fece ella aveva capito che era sincero. Ella stessa aveva visto, facendo zapping, gli stessi programmi.
“Vuoi che beviamo qualcosa insieme?”, le aveva chiesto allora lui.
“No, grazie”.
“Sai che non ti capisco, Maria Jose? Non capisco cosa vuoi”.
“Certe volte nemmeno io”, gli aveva risposto, poi gli aveva dato la buonanotte ed aveva chiuso la conversazione.
Nel corso della notte si erano susseguiti i pensieri ed erano certamente stati quelli, insieme ai vapori dell'alcool, a farla sentire depressa anche al mattino successivo. Era un venerdì ed ella sarebbe tornata in Italia il sabato mattina.
La giornata era complicata. C'erano delle banche da incontrare ed un paio di amministratori di aziende locali da acquisire. A metà pomeriggio era esausta e Michel se ne era accorto
“Sei stanca?”, le aveva chiesto una volta che le assistenti si furono allontanate.
“Abbastanza. Non appena arrivo in albergo mi infilo nel letto e voglio dormire fino a domattina”.
“Posso venire a dormire da te?”.
“Perché non vai a dormire con Annie?”.
Annie era l'assistente bionda.
“E perché dovrei farlo?”.
“Hai visto come ti guarda?”.
“No. Ma comunque non mi interessa. Sei tu quella che voglio. Non so come fare a dirtelo”.
A quel punto la stanchezza e la depressione avevano avuto il sopravvento. Non era più riuscita a trattenersi e quando lui le si era avvicinato per baciarla, Maria Jose non era riuscita a tirarsi indietro. Avevano chiuso la porta a chiave dell'ufficio ed i loro vestiti erano volati lontano. Lei si era trovata in ginocchio davanti a lui con il suo uccello in bocca e le ginocchia, coperte dalle sue costosissime autoreggenti, che sfregavano sul tappeto persiano che era steso davanti alla sua scrivania. Sotto si sentiva secca e così si era portata una mano dentro allo slip carezzandosi il sesso.
Quando l'erezione di Michel si era fatta seria ed il suo sesso umido, Maria Jose si era alzata, si era sfilata lo slip e si era sdraiata sulla scrivania, aprendo le gambe e chiedendo a Michel di possederla. Lui lo aveva fatto. Si era spinto dentro di lei e l'aveva scopata, con forza e desiderio, dicendole più volte quanto l'amasse e quanto volesse che fosse solo ed esclusivamente sua. Il tutto era durato circa mezz'ora. Alla fine lui l’aveva riempita del suo seme ed ella aveva pensato di raggiungere il suo orgasmo quando aveva sentito il liquido caldo dell'uomo entrarle nel corpo, ma la cosa non era avvenuta e Maria Jose era rimasta con quella eccitazione non soddisfatta per tutto il pomeriggio.
Si erano ricomposti in fretta e quando erano tornate le assistenti non si erano accorte di nulla, nonostante l’umore di Maria Jose fosse peggiorato. In un paio di occasioni si era dovuta addirittura trattenere dal non mandare via tutti, sdraiarsi sul divano, prendere il proprio vibratore e raggiungere quell’orgasmo che l’eiaculazione di Michel aveva impedito.
Quando si era recata in albergo, il suo umore era ancora peggio del mattino.
Michel le aveva telefonato e le aveva chiesto nuovamente di incontrarsi ed ella aveva rifiutato, adducendo la scusa della stanchezza. Lui l’aveva accusata dicendo che sapeva che fosse una scusa ed avevano finito per litigare. Alla fine lui aveva chiuso la conversazione, con stizza, dicendole che se era quello ciò che ella voleva, lui non avrebbe atteso in eterno. Era rimasta con il telefono in mano, sentendo il vuoto dall’altra parte ed anche dentro di sé.
Lo avrebbe voluto ancora, fisicamente, dentro di sé, ma a livello sentimentale non se la sentiva proprio.
Quando si era alzata, alcuni minuti dopo, si era accorta di non avere ancora cenato. Allora si era fatta una doccia veloce e si era vestita, elegantemente come suo solito. Aveva preso le chiavi dell’auto e guidando con il solito ritmo, aveva raggiunto un ristorante di classe poco fuori città dove un parcheggiatore aveva preso le chiavi dell’auto, ammirandola mentre scendeva ed un cameriere l’aveva accompagnata ad un tavolo con vista mare, preparato per una persona sola. Aveva ordinato velocemente un’insalata, un pesce alla griglia ed una bottiglia di Chablis.
A metà cena lo aveva notato. Un uomo sui cinquant’anni, che mangiava solo come lei, sul lato opposto del ristorante e che non le staccava gli occhi di dosso. Sapeva di essere attraente ma non fece nulla per provocarlo, semplicemente lasciò che lui la guardasse. Era alto, moro con qualche striatura grigia ed una leggera barbetta curata. Aveva notato come fosse elegante e come la osservasse. Maria Jose aveva capito subito quanto lui fosse attratto da lei, la cosa era evidente. Alla fine non si dissero nulla per tutta la cena, ma quel gioco di sguardi aveva generato nella donna una certa eccitazione che, forse anche a causa della mezza bottiglia di vino bianco consumata, aveva bisogno di essere soddisfatta.
Le grandi tovaglie eleganti del ristorante, nascondevano la parte inferiore del corpo di Maria Jose e le sue gambe, sensualmente accavallate sotto al tavolo. Quella sera ella indossava una gonna con lo spacco sulla gamba destra che nel corso della cena era pian piano risalita. Se qualcuno avesse scostato la tovaglia avrebbe visto l’orlo delle sue autoreggenti color carne lucide ed anche un piccolo triangolo del suo slip in seta bianco.
Continuando a mangiare con la forchetta nella mano sinistra, aveva infilato la mano destra tra le gambe, dopo aver sollevato leggermente la sinistra che teneva accavallata sopra all’altra. Il suo dito indice aveva sfiorato immediatamente il suo sesso e lei si era sentita le guance divampare. Era riuscita comunque a non dare segni della sua eccitazione crescente nonostante il suo dito indice si fosse infilato sotto al suo slip. In pochi attimi aveva scoperto di essere bagnata ed aveva lasciato che il suo dito facesse ciò che sapeva fare, lentamente ma sapientemente. Per almeno un quarto d'ora con quel dito si era accarezzata la fichetta, mangiando un boccone ogni tanto, bevendo un sorso di Chablis ghiacciato e lanciando ogni tanto una sguardo all'uomo che la osservava dal tavolo vicino.
Non era riuscita a restare seduta fino all'orgasmo, perché temeva di non riuscire a nascondere quel momento. Si era alzata normalmente e si era diretta alla toilette delle signore che era grande quasi come la sua camera d'albergo. Si era chiusa dentro e poi si era diretta subito verso la poltrona in pelle rossa che era posizionata in un angolo e sulla quale di solito posava la borsa mentre si rifaceva il trucco.
Il tutto era durato non più di sette, otto minuti. Si era abbassata gli slip ed alzata la gonna e poi si era toccata finché il suo corpo non aveva sussultato. Aveva spalancato le cosce, incurante delle sue chiappe che sfregavano contro la pelle fredda di quella poltrona sulla quale chissà quante donne si erano sedute rifacendosi il trucco, poi si era infilata due dita nella passera ed aveva raggiunto quell'orgasmo che non era riuscita a raggiungere con Michel quel pomeriggio. Aveva goduto incredibilmente, concludendo quella giornata di eccitazione sospesa che si era poi prolungata nel corso della cena ed, nel momento dell'apice del piacere, aveva pensato di coinvolgere quell'uomo in sala che certamente non si sarebbe negato ad un amplesso con lei, bella e sensuale com’era. Alla fine non lo aveva fatto perché poi si sarebbe sentita sporca ed ingiusta.
Si sarebbe masturbata ancora se non fosse stata al ristorante, sarebbe andata avanti ad oltranza, aiutandosi magari con il suo fido vibratore, senza smettere di pensare a Michel ed a quell’uomo nel salone che probabilmente l’attendeva per ammirarla ancora.
Quindi si alzò e si ricompose.
Quando tornò al proprio tavolo, l’uomo non c’era più. Ordinò un caffè ed il cameriere glielo portò unitamente ad un biglietto che le disse provenire dall’uomo che la ammirava durante la cena.
Lo aprì e c’erano scritte poche e semplici parole: “Lei è una donna bellissima. Spero di incontrarla ancora in questo ristorante in futuro e di poterla conoscere”. Sorrise, lo ripiegò e lo mise nella borsa.
Due ore dopo, nel silenzio della sua camera d'albergo, mentre era nuda dall'ombelico in giù dopo essersi sfilata slip e pantaloni del pigiama in raso che indossava per dormire, utilizzò quel biglietto di ammirazione, sfregandolo contro al suo sesso, finché il piacere non la raggiunse. Mentre tentò di addormentarsi, si immaginò quell'uomo corteggiarla e poi pian piano la sua fantasia la condusse ad immaginarlo mentre la possedeva in posizioni diverse. La sua mano era corsa tra le sue cosce ed ella aveva tentato di trattenersi, poi aveva visto il biglietto sul comodino e lo aveva preso, pensando che esso l'avrebbe distratta da una nuova masturbazione. L'elegante calligrafia però aveva incrementato la sua eccitazione e quando era giunta all'apice della sua autosoddisfazione, aveva preso il biglietto e lo aveva utilizzato sfregandolo contro al proprio sesso, finché esso si era completamente intriso dei suoi umori, si era rotto in diversi pezzi ed ella aveva raggiunto il suo secondo orgasmo della giornata.
Poi aveva dormito e l'indomani si era svegliata sola, triste e depressa.
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