Il Prete Bello. (III)
di
Tibet
genere
pulp
Il rimorso è una condizione psicologica strana. L’assassino non ne provava per nulla. Arrivò alla conclusione che provarlo, il rimorso, non era strettamente necessario. Era un atteggiamento non razionale. Quello che non voleva era diventare una preda, inseguita dai cacciatori, braccata, costretta a nascondersi. Si addormentò subito, sognò del sindaco che gli chiedeva il perché e lui glielo spiegava calmo. Nel sogno il sindaco sembrò capire il motivo.
Chi non dormì quella notte immediatamente successiva al delitto fu la vedova. Troppa l’angoscia per la perdita e il timore per il futuro. Non sentiva la mancanza fisica del marito per il quale portava affetto ma nulla di più. Lo ammirava per il carattere e la probità ma era scaduto in secondo piano da quando lei amava il Prete Bello. Lui era l’uomo della sua vita, quello che sentiva davvero suo. Non si colpevolizzava per averlo tradito. Erano cose alle quali non si poteva porre rimedio. Succedevano e basta. Si addormentò di un sonno inquieto quando ormai era l’alba.
Il medico legale che esaminò brevemente il cadavere anticipò che il danno prodotto dal proiettile lo definiva di tipo dum dum, di quelli ad anima cava che si frammentano all’impatto. Proiettili non in commercio in quanto vietati, quindi probabilmente manomessi artigianalmente o acquistati sul mercato illegale.
Il maresciallo chiese se era possibile definirne il calibro. Forse solo il probabile calibro, visto il danno causato e l’impossibilità d’ogni rilevamento certo, commentò il perito, comunque a prima impressione: 7,62 calibro Nato o 308 Winchester. Impossibile dire altro con precisione.
Il maresciallo pensò che da quella distanza l’assassino doveva aver usato un fucile di precisione, forse da tiro sportivo, forse con un sostegno, bipede o a treppiede. Rifiutava l’idea che a sparare fosse stato un sicario professionista. Non ne vedeva i motivi. Per quanto il sindaco fosse inviso, non lo era in maniera tale da provocare un omicidio su commissione, ma tutto era possibile, anche se per lui sarebbe stato più probabile un problema di corna o di soldi. Da subito il paese fu invaso da giornalisti anche delle testate nazionali e dai veicoli delle stazioni televisive. Il giovane magistrato si pavoneggiava con molteplici interviste, cercava una visibilità, già farneticava di un delitto politico o mafioso.
Già dal giorno successivo e per tutti quelli seguenti la vedova presenziò alla messa mattutina, non ne mancò una. Il Prete Bello il primo giorno fece un accorato sermone di partecipazione. Alla fine della messa la vedova si confessava, se riusciva lo faceva sempre per ultima. Prima lasciava passare tutta la lunga fila di parrocchiane che il prete ascoltava svogliatamente, l’aveva notata naturalmente e aspettava lei. In quei pochi minuti, uno da una parte e l’altra dall’altra del confessionale, i due si scambiavano pensieri e incandescenti parole d’amore. La donna gli diceva di andare a trovarla a casa, che aveva il bisogno di sentire il suo corpo nudo sul suo. Che lo desiderava. Che il suo bisogno era ormai diventato una febbre. Che voleva sentirlo dentro di se. Lui la pregò di aver pazienza. Le cose dovevano sedimentarsi e poi potevano riprendere i loro incontri, che uno di questi giorni una visita a casa avrebbe potuto farla senza causare troppi pettegolezzi. Sarebbe venuto un pomeriggio, così in modo visibile, in una normale visita pastorale. Sperando di poter stare soli! Anche lui aveva voglia, moriva addirittura dal desiderio! Voleva il suo corpo nudo, sentire premere il suo seno soffice sul suo petto. Voleva risentire il suo profumo. Gustare il sapore magnifico della sua femminilità. Voleva sapere di lei, portarsi via il suo profumo addosso, sul viso, sul corpo. La loro era una vera e propria pazzia. Ma non importava dato che vivevano nella loro particolare dimensione indifferenti a tutto, nel loro mondo.
Il sindaco defunto non era poi uno stinco di santo, quell’uomo integerrimo che si pensava. Molto discreto si lo era, ma in realtà aveva un’amante da anni e questa donna era sposata. La donna era l’unica che sentiva dolorosamente la perdita. Si struggeva e neanche poteva manifestarlo il suo dolore, lo doveva tenere dentro di se. Fingere e fare le solite, noiose cose. Da subito dopo il delitto prese ad odiare ancora di più il marito, lo odiava ora in maniera spasmodica.
Il maresciallo stava esaminando l’elaborato che elencava i possessori di porto d’armi, elenco che specificava anche che tipo di armi avessero a disposizione. Aveva provato inutilmente a far sentire le proprie ragioni al magistrato inquirente, ma costui era sordo alle sue parole, tutto era stato inutile. Decise allora di fare delle indagini per proprio conto. Era a conoscenza delle voci che circolavano nel paese, la moglie del sindaco sembrava troppo presa dalla religione, o meglio dal suo rappresentante in terra, il bel parroco. Poi, c’era anche la relazione segreta del defunto. Dato che ambedue le interessate avevano un marito bisognava accertare quanto i mariti sapessero. Era una cosa da verificare. Voleva sentire anche tutti i possessori di fucili compatibili. La sua indagine personale iniziò già dal giorno successivo. Allora... c’erano in paese e nelle immediate vicinanze dei fucili interessanti che nello specifico erano compatibili:
una carabina Remington 40-XS Tactical cal. 308 Winchester;
una carabina da tiro TIKKA T3 Tactical cal. 308 Winchester;
una carabina da tiro Savage 12 Tactical cal. 308 Winchester.
La prima visita era fuori paese: vero che il titolare del porto d’armi era morto da quattro mesi, ma il maresciallo la fece lo stesso per scrupolo. Il fucile interessato? Era chiuso nell’armadio blindato delle armi, come da legge. C’era una vedova molto anziana relegata in letto, costretta ad una vita quasi vegetativa che parlava a fatica e non sempre lucidamente e quindi fu la figlia a rispondere alle sue domande; costei parlava anche troppo, un vero fiume in piena di parole.
L’assassino non sapeva nulla del procedere delle indagini, presumeva di poterne restare fuori. Da quanto leggeva sui giornali e vedeva alla televisione sembrava che gli inquirenti avessero scelto una pista prettamente politica.
Il Prete Bello un pomeriggio, sul tardi, si recò dalla vedova, non servirono parole. Appena dentro e avuto la conferma che erano soli la frenesia lo prese. Frenesia che era comune ad ambedue, in un attimo si ritrovarono nudi e ansanti. La prima volta la prese a terra, violentemente. Mentre la copriva, la sua bocca non si staccava dai capezzoli che seguitava a succhiare e mordere fortemente. Il suo orgasmo venne presto, pochi colpi violenti e si svuotò dentro di lei in preda ad un orgasmo fortissimo. Poi ansanti e ancora vogliosi raggiunsero il letto e lui si mise fra le sue gambe baciando la sua conchiglia. Presto ritornò ad essere in grado di prenderla ancora. Questa volta durò di più, molto di più e furono molti i modi con i quali la prese, per poi svuotarsi nuovamente mentre i suoi lombi sbattevano forte contro le natiche piene di lei. Gli orgasmi della donna furono davvero senza fine, lei si sentiva sciogliere nel suo miele mentre lui la penetrava.
Il maresciallo dalla logorroica figlia del titolare del porto d’armi venne a sapere:
Che la chiave dell’armadio delle armi era nascosta da qualche parte, ma in un luogo che lei ignorava.
A domanda specifica: che a prima vista non mancava nulla.
Ancora: che il pomeriggio dell’omicidio del sindaco c’era stata la visita del parroco alla madre, lei assente fino a sera. Non sapeva quanto si fosse trattenuto, la madre non era in grado di dirlo.
Il parroco aveva familiarità con le armi del padre che lei sapesse?
Si... avevano avuto modo di sparare assieme in una riserva di caccia con i fucili del padre. Il padre aveva affermato che il parroco era un ottimo tiratore con una discreta conoscenza delle armi. Lei li aveva sentiti discutere spesso di cose relative alla caccia.
Ora il maresciallo sapeva di certe voci che circolavano in paese, di un rapporto affettivo fra il parroco e la figlia stessa, sembrava che questa fosse stata abbandonata proprio per la moglie del sindaco; ciò lo faceva dubitare di quanto lei affermava, non sapeva quanto fosse attendibile. Esaminò le molteplici armi contenute nell’armadio, c’era il fucile interessato, c’erano dei fucili da caccia grossa, ricordò allora che il defunto Sig.X aveva partecipato ad alcuni safari in Africa.
Notò anche una cosa, che al momento non ritenne importante.
Si accomiatò dalla figlia pregandola di passare in caserma per la deposizione.
L’assassino non volle correre rischi e si liberò dei restanti proiettili da lui stesso modificati in pallottole tipo dum dum ed anche del bossolo sparato. Lo fece in un lungo giro in moto, buttandole una ad una in vari corsi d’acqua della provincia.
Chi non dormì quella notte immediatamente successiva al delitto fu la vedova. Troppa l’angoscia per la perdita e il timore per il futuro. Non sentiva la mancanza fisica del marito per il quale portava affetto ma nulla di più. Lo ammirava per il carattere e la probità ma era scaduto in secondo piano da quando lei amava il Prete Bello. Lui era l’uomo della sua vita, quello che sentiva davvero suo. Non si colpevolizzava per averlo tradito. Erano cose alle quali non si poteva porre rimedio. Succedevano e basta. Si addormentò di un sonno inquieto quando ormai era l’alba.
Il medico legale che esaminò brevemente il cadavere anticipò che il danno prodotto dal proiettile lo definiva di tipo dum dum, di quelli ad anima cava che si frammentano all’impatto. Proiettili non in commercio in quanto vietati, quindi probabilmente manomessi artigianalmente o acquistati sul mercato illegale.
Il maresciallo chiese se era possibile definirne il calibro. Forse solo il probabile calibro, visto il danno causato e l’impossibilità d’ogni rilevamento certo, commentò il perito, comunque a prima impressione: 7,62 calibro Nato o 308 Winchester. Impossibile dire altro con precisione.
Il maresciallo pensò che da quella distanza l’assassino doveva aver usato un fucile di precisione, forse da tiro sportivo, forse con un sostegno, bipede o a treppiede. Rifiutava l’idea che a sparare fosse stato un sicario professionista. Non ne vedeva i motivi. Per quanto il sindaco fosse inviso, non lo era in maniera tale da provocare un omicidio su commissione, ma tutto era possibile, anche se per lui sarebbe stato più probabile un problema di corna o di soldi. Da subito il paese fu invaso da giornalisti anche delle testate nazionali e dai veicoli delle stazioni televisive. Il giovane magistrato si pavoneggiava con molteplici interviste, cercava una visibilità, già farneticava di un delitto politico o mafioso.
Già dal giorno successivo e per tutti quelli seguenti la vedova presenziò alla messa mattutina, non ne mancò una. Il Prete Bello il primo giorno fece un accorato sermone di partecipazione. Alla fine della messa la vedova si confessava, se riusciva lo faceva sempre per ultima. Prima lasciava passare tutta la lunga fila di parrocchiane che il prete ascoltava svogliatamente, l’aveva notata naturalmente e aspettava lei. In quei pochi minuti, uno da una parte e l’altra dall’altra del confessionale, i due si scambiavano pensieri e incandescenti parole d’amore. La donna gli diceva di andare a trovarla a casa, che aveva il bisogno di sentire il suo corpo nudo sul suo. Che lo desiderava. Che il suo bisogno era ormai diventato una febbre. Che voleva sentirlo dentro di se. Lui la pregò di aver pazienza. Le cose dovevano sedimentarsi e poi potevano riprendere i loro incontri, che uno di questi giorni una visita a casa avrebbe potuto farla senza causare troppi pettegolezzi. Sarebbe venuto un pomeriggio, così in modo visibile, in una normale visita pastorale. Sperando di poter stare soli! Anche lui aveva voglia, moriva addirittura dal desiderio! Voleva il suo corpo nudo, sentire premere il suo seno soffice sul suo petto. Voleva risentire il suo profumo. Gustare il sapore magnifico della sua femminilità. Voleva sapere di lei, portarsi via il suo profumo addosso, sul viso, sul corpo. La loro era una vera e propria pazzia. Ma non importava dato che vivevano nella loro particolare dimensione indifferenti a tutto, nel loro mondo.
Il sindaco defunto non era poi uno stinco di santo, quell’uomo integerrimo che si pensava. Molto discreto si lo era, ma in realtà aveva un’amante da anni e questa donna era sposata. La donna era l’unica che sentiva dolorosamente la perdita. Si struggeva e neanche poteva manifestarlo il suo dolore, lo doveva tenere dentro di se. Fingere e fare le solite, noiose cose. Da subito dopo il delitto prese ad odiare ancora di più il marito, lo odiava ora in maniera spasmodica.
Il maresciallo stava esaminando l’elaborato che elencava i possessori di porto d’armi, elenco che specificava anche che tipo di armi avessero a disposizione. Aveva provato inutilmente a far sentire le proprie ragioni al magistrato inquirente, ma costui era sordo alle sue parole, tutto era stato inutile. Decise allora di fare delle indagini per proprio conto. Era a conoscenza delle voci che circolavano nel paese, la moglie del sindaco sembrava troppo presa dalla religione, o meglio dal suo rappresentante in terra, il bel parroco. Poi, c’era anche la relazione segreta del defunto. Dato che ambedue le interessate avevano un marito bisognava accertare quanto i mariti sapessero. Era una cosa da verificare. Voleva sentire anche tutti i possessori di fucili compatibili. La sua indagine personale iniziò già dal giorno successivo. Allora... c’erano in paese e nelle immediate vicinanze dei fucili interessanti che nello specifico erano compatibili:
una carabina Remington 40-XS Tactical cal. 308 Winchester;
una carabina da tiro TIKKA T3 Tactical cal. 308 Winchester;
una carabina da tiro Savage 12 Tactical cal. 308 Winchester.
La prima visita era fuori paese: vero che il titolare del porto d’armi era morto da quattro mesi, ma il maresciallo la fece lo stesso per scrupolo. Il fucile interessato? Era chiuso nell’armadio blindato delle armi, come da legge. C’era una vedova molto anziana relegata in letto, costretta ad una vita quasi vegetativa che parlava a fatica e non sempre lucidamente e quindi fu la figlia a rispondere alle sue domande; costei parlava anche troppo, un vero fiume in piena di parole.
L’assassino non sapeva nulla del procedere delle indagini, presumeva di poterne restare fuori. Da quanto leggeva sui giornali e vedeva alla televisione sembrava che gli inquirenti avessero scelto una pista prettamente politica.
Il Prete Bello un pomeriggio, sul tardi, si recò dalla vedova, non servirono parole. Appena dentro e avuto la conferma che erano soli la frenesia lo prese. Frenesia che era comune ad ambedue, in un attimo si ritrovarono nudi e ansanti. La prima volta la prese a terra, violentemente. Mentre la copriva, la sua bocca non si staccava dai capezzoli che seguitava a succhiare e mordere fortemente. Il suo orgasmo venne presto, pochi colpi violenti e si svuotò dentro di lei in preda ad un orgasmo fortissimo. Poi ansanti e ancora vogliosi raggiunsero il letto e lui si mise fra le sue gambe baciando la sua conchiglia. Presto ritornò ad essere in grado di prenderla ancora. Questa volta durò di più, molto di più e furono molti i modi con i quali la prese, per poi svuotarsi nuovamente mentre i suoi lombi sbattevano forte contro le natiche piene di lei. Gli orgasmi della donna furono davvero senza fine, lei si sentiva sciogliere nel suo miele mentre lui la penetrava.
Il maresciallo dalla logorroica figlia del titolare del porto d’armi venne a sapere:
Che la chiave dell’armadio delle armi era nascosta da qualche parte, ma in un luogo che lei ignorava.
A domanda specifica: che a prima vista non mancava nulla.
Ancora: che il pomeriggio dell’omicidio del sindaco c’era stata la visita del parroco alla madre, lei assente fino a sera. Non sapeva quanto si fosse trattenuto, la madre non era in grado di dirlo.
Il parroco aveva familiarità con le armi del padre che lei sapesse?
Si... avevano avuto modo di sparare assieme in una riserva di caccia con i fucili del padre. Il padre aveva affermato che il parroco era un ottimo tiratore con una discreta conoscenza delle armi. Lei li aveva sentiti discutere spesso di cose relative alla caccia.
Ora il maresciallo sapeva di certe voci che circolavano in paese, di un rapporto affettivo fra il parroco e la figlia stessa, sembrava che questa fosse stata abbandonata proprio per la moglie del sindaco; ciò lo faceva dubitare di quanto lei affermava, non sapeva quanto fosse attendibile. Esaminò le molteplici armi contenute nell’armadio, c’era il fucile interessato, c’erano dei fucili da caccia grossa, ricordò allora che il defunto Sig.X aveva partecipato ad alcuni safari in Africa.
Notò anche una cosa, che al momento non ritenne importante.
Si accomiatò dalla figlia pregandola di passare in caserma per la deposizione.
L’assassino non volle correre rischi e si liberò dei restanti proiettili da lui stesso modificati in pallottole tipo dum dum ed anche del bossolo sparato. Lo fece in un lungo giro in moto, buttandole una ad una in vari corsi d’acqua della provincia.
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