A Vongola libera

di
genere
etero


Avevo poco più di trent’anni anni quando incontrai Sara, due mesi dopo aver conseguito il brevetto Open Water, a Sharm el-Sheikh, piccola di statura, non era certo una bellezza da copertina, ma aveva un bel seno piccolo e proporzionato capelli lunghi e un effervescente fame di vita che dimostrava in ogni modo, di cui il suo sorriso ne era l’espressione più frequente e manifesta.
Milanese d’adozione, il suo modo di porsi era una sorta di mix esplosivo tra la voglia di vivere salentina, e lo spigliato sguardo cosmopolita della città in cui si era stabilita.
Sinceramente avrei fatto fatica a vedermela nel contesto grigio e nebbioso della città della “maduninina”, e non la vidi mai in quella veste, anzi a dire il vero non la vidi per alcuni anni dopo quelle immersioni fatte insieme, e nulla di più, in Egitto.
Il suo esordio con me fu piuttosto indimenticabile, terminata un immersione ripetitiva, al nostro rientro al Diving mi chiese di aprirle la cerniera della muta posta sulla schiena, si trattava di una di quelle che dal collo, dietro la nuca scende giù fermandosi poco sopra il solco del culo; come richiesto l’aiutai e fui sorpreso di vedere che sotto il neopreme non aveva il costume da bagno ma un completino di intimo di pizzo nero, che aveva addosso a lei, il suo porco perché.
Dovette notare il mio stupore perché si affrettò a dirmi che non aveva avuto il tempo di cambiarsi, quasi pentendosi di quella affermazione, mi aveva lasciato li quattro a zero correndo a farsi la doccia, così addobbata, offrendo inconsapevolmente uno spettacolo da film erotico agli astanti.
La guida mi si avvicinò sogghignando e in nome della complicità maschile, mi confidò, con una sorta di strano compiacimento, che non era la prima volta che succedeva quella settimana, con il senno di poi mi fece ritenere che forse quella mattina era sgattaiolata fuori proprio dal suo bungalow per recarsi direttamente al diving senza avere il tempo di cambiarsi.
Pareva una creatura nata dal mare, per il mare, appartenente al mare, l’acqua era il suo elemento il sole fatto per baciare la sua pelle che si ambrava con facilità naturale.
Ci perdemmo di vista quasi subito, ma poi ci fu l’avvento di Facebook ed allora quasi per caso o per i voleri del Dio degli algoritmi di ricerca, un giorno mi arrivò una richiesta di amicizia, da questa ormai trentenne carina e un po’ selvaggia, accettai, qualche scambio di battute e poi entrò a far parte dei contatti di cui ricordarsi alle feste comandate o poco più, sebbene le sue foto in giro per i mari del mondo suscitassero la mia invidia, si perché Sara aveva fatto della subacquea la sua professione questo l’aveva portata a girare un po’ di mondo.
Di recente si trovava a lavorare in un diving dalle parti di Orosei in Sardegna e complice una stagione estremamente benevola, le mie ferie tardive verso la fine di settembre che rendevano i costi di viaggio e sistemazione decisamente convenienti, optai per una vaganza al mare con relative immersioni giornaliere.
Chi ama questo sport è una specie di drogato, il richiamo del mare, dell’acqua è qualcosa di irresistibile, esattamente come il suono del proprio respiro in acqua, avvolto da una sorta di gigantesco grembo materno, e pur non essendo mai soli, la prudenza impone sempre almeno un compagno, godi di una strana singolare solitudine.
Chi si immerge lo sa, spesso a settembre l’acqua è più calda che a giugno, e quell’anno non fece eccezione, a questo aggiungete che era stata un estate torrida sopra le righe che non accennava a voler terminare a dispetto del calendario che voleva dichiararne la fine.
A questo aggiungete il vantaggio , che tolta un altra coppia presente un giorno si e uno no in quell’ultima settimana ero rimasto solo io ad immergermi insieme al proprietario del diving e di Sara di cui era la guida, tuttavia l’uomo spesso e volentieri lasciava tutto in mano alla mia amica perché doveva seguire anche un altro diving in un altra località ad una cinquantina di kilometri da lì.
Fu in quel periodo che rivista di persona potei apprezzarne le fattezze, era leggermente cambiata, si era riempita un po’ come forme, la gioventù aveva ceduto il passo a qualche linea più morbida che però non aveva intaccato la sua grande gioia di vivere e in più aveva preso una nuova abitudine.
Un passo indietro, vi ho detto che eravamo rimasti solo io e una coppia, dei coniugi olandesi di mezz’età, gioviali e simpatici, parlavano un italiano stentato inframmentato di spagnolo con il quale si facevano comunque capire, terminata l’immersione, per loro, era del tutto naturale cambiarsi spogliandosi del tutto, rimanendo nudi, prima e dopo entrare in doccia, finite le immersioni o anche solo nel prepararsi prima di esse, ho detto precedentemente che Sara aveva girato un bel po’ prima di arrivare a Orosei, quindi aveva avuto modo di vedere e vivere in posti diversi con usi e costumi diversi, o meglio, nella totale assenza di essi nel senso letterale del termine.
Fin dalla prima volta che l’aiutai a togliersi la muta, sperai inconsciamente di trovare sotto di essa lo stesso pizzo nero merlato che vidi quella volta a Sharm, non ero preparato a vederla sotto di essa completamente nuda.
Dovette divertirla un po’ il mio stupore, certo vedere donne in topless non era certo una novità anche tra le subacquee, ma quando mi avvidi che sotto non aveva nulla dovetti esitare un attimo e lei se ne accorse, si girò verso di me strizzandomi un occhio e mi disse ridendo , “A vongola libera” e dopo aver lanciato la muta nella vasca di risciacquo entrò sculettando in una doccia.
Ci rimasi un po’ lì, con l’erezione che mi cresceva compressa sotto il neopreme della muta, che tirava sadicamente sul cavallo.
Ci incrociammo poco dopo mentre io entravo in quella di fianco e lei se ne usciva bella e sgocciolante come la Venere del Botticelli, strizzandosi i capelli che le ricadevano sulla spalla sinistra coprendo in parte il seno e lasciando ben visibile l’altro pieno e sodo nella svettante areola scura del capezzolo destro e la fica glabra.
Entrai n doccia e confesso, mi menai una violentissima sega, Sara non solo era più che desiderabile, ma aveva un modo di fare che mi scopava letteralmente il cervello; questo rese necessario, prima di uscire un ultimo getto di acqua fredda, come una doccia scozzese, onde rendermi presentabile.
Uscii dalla doccia avvolto nell’asciugamano in vita e lei si stava rivestendo, confesso che rimasi deluso di vederla così, si era messa un due pezzi e sopra di esso un paio di pantaloncini corti.
La scena si ripetè altre volte; “a vongola libera!” era il suo slogan che i due olandesi avevano preso a ripetere ridendo, come fosse un urlo di battaglia, forse per mitigare il mio imbarazzo mi spiegò che le piaceva da morire stare nuda sotto la muta, avendo l’acqua del mare calda che la permeava ovunque, il neopreme che le si insinuava insieme all’acqua tiepida, mentre me lo spiegava socchiudeva gli occhi quasi a sottolineare che ne godesse e non solo mentalmente, “Dovresti provare anche tu, aggiunse ridendo”, sarà, ma noi maschietti la sotto siamo fatti in modo diverso e non avere l’attrezzo sistemato in ordine schiacciato dal neopreme potrebbe rendere qualsiasi immersione assai disagevole.
Era l’ultima settimana di ferie, la coppia olandese non c’era, l’indomani avrebbe preso l’aereo, il che significava che non si potevano immergere quel giorno, uscimmo in gommone solo Sara ed io, il proprietario del Diving si era assentato per seguire l’altra su attività.
IL programma della giornata prevedeva un immersione sui 25 metri su una parete di corallo, e quella successiva un piccolo relitto di un rimorchiatore adagiato in assetto di navigazione su un fondale di 20 metri circa in mezzo ad una prateria di posidonia.
La prima immersione andò benissimo, vedemmo anche un paio di murene affacciarsi al nostro passaggio e mugoli di vita pelagica intorno ai ciuffi di corallo fiorito.
L’intervallo di superficie lo passammo ormeggiati , mangiammo qualcosa e pigliammo il sole, ovviamente Sara in topless, qui ci fu un piccolo siparietto: la motovedetta della guardia costiera ci si avvicinò per chiedere alcune generalità, in realtà credo che le tette di Sara fossero entrate nelle mire dei questi annoiati guardiani del mare e vista la familiarità con cui si rivolgevano a lei, non fosse la prima volta...chiamameli scemi!
Fatta la seconda immersione, rientrammo al diving, scaricammo l’attrezzatura e ci svestimmo per mettere tutto nelle vasche di risciacquo nell’acqua dolce.
Al solito lei si spogliò facendosi aiutare rimanendo nuda, questa volta, misi da parte i miei pudori e feci lo stesso, cosa che sul momento parve non sortire alcun effetto sulla mia amica.
“Bella immersione me la sono proprio goduta” mi disse mentre si sistemava i capelli con un elastico prima di entrare sotto la doccia, il modo in cui lo disse lasciava fraintendere ampiamente il riferimento all’immersione in se, a quello che avevamo visto, piuttosto al fatto che aveva davvero goduto mentre pinneggiava.
Prese da terra la muta, la rivoltò e la lanciò nella vasca di risciacquo l’odore del neopreme bagnato, della salsedine, in quel volo sparse nell’aria anche un altro effluvio, forse fu solo la mia fantasia, forse proveniva davvero dal suo sesso umido.
Si avviò verso la doccia, qualcosa in me smise di esitare, avrei provato, al massimo avrei preso uno schiaffo e le avrei chiesto scusa e fine delle immersioni per quelle vacanze.
La seguii, a piedi nudi non si accorse di me sino a quando si girò per chiudersi la porta della doccia dietro le spalle, fu allora che si avvide della mia presenza.
Non parve particolarmente sorpresa, mi guardò negli occhi prima di sorridere, non parlò finché con le mani dietro la schiena non chiusi alle mie spalle la porta facendo scattare la serratura che ci bloccava entrambi all’interno.
Superai la sua spalla per cercare il miscelatore dietro di lei, ma mi bloccò con la mano, “Sa ancora di mare sai?...”, ponendomi le mani su una spalla e sulla nuca esercitò una pressione che assecondai ritrovandomi in ginocchio di fronte alla sua fica, bella glabra, che ricordava effettivamente la polpa succosa e gustosa di un mollusco.
Grato mi avvicinai con il viso, inspirandone con il naso l’odore prima di tuffarvi la faccia li in mezzo, cosa che le fece cacciare un piccolo urlo di sorpresa.
Iniziai a baciarla leccarla, afferrandomi con le mani a suoi glutei, assaporavo la sua fica che davvero sapeva di mare e di sesso, si puntò con le mani al portasapone e al saliscendi della doccia.
Goloso, instancabile de divorai quel dolce mollusco, sapido e turgido, che tornava ad inumidirsi aspergendomi la bocca ed il viso, nella mia dedizione mi insinuai in esso anche il naso, una mano lasciò la presa facendola vacillare per un attimo per posarsi sulla mia nuca, in una stretta tutt’altro che gentile.
Nell’impeto della mia ricerca di entrare il più possibile dentro di lei si ritròvò bloccata contro il muro di piastrelle, cosa che le permise di lasciare la presa con l’altra mano e raggiungere la testa.
Ero gioiosamente schiavo del suo piacere e lei pareva insaziabile, io ero tutt’altro che comodo, le ginocchia erano un po’ doloranti, ma non mi sottrassi, nè moderai l’intensità, ero impazzito, come uno squalo in frenesia alimentare volevo solo cibarmi del suo sesso… e lei, da buona multiorgasmica insaziabile, non mi lesinava certo l’offerta del suo corpo.
Ad un certo punto ne dovette avere abbastanza, perché mi prese il viso tra le mani costringendomi ad alzarmi per incollare la mia bocca alla sua, prima di invertire le nostre posizioni.
Non ebbe indugi a cacciarsi la cappella in bocca e poi di seguito tutta l’asta eretta del mio cazzo, un uomo capisce quando una donna ama spompinarlo, ed è quello che ci fa godere di più.
Sara ne godeva genuinamente, con lo stesso appetito che io le avevo dedicato sino a poco prima…
Si fermò un attimo all’inizio per dirmi che sapevo io pure ancora di mare, dopo mi mangiò il cazzo, le palle, lambì il mio buco del culo con la lingua, era instancabile.
Senza riflettere ne afferrai i capelli lunghi e cadenzai le mie entrate nella sua bocca, quella calda fica che custodiva tra le labbra, ebbi solo dopo alcuni minuti lo scrupolo di cercarne lo sguardo per sapere se avevo ecceduto o no, ma il mio era un falso timore, Sara era più eccitata che mai.
Mi stava mungendo golosamente e ormai era difficile chi controllava chi, se le avessi lasciato l’iniziativa sarei venuto tra poco ed io volevo piantarmi nella sua vongola polposa.
Glielo dissi e la scostai, ci dovetti mettere un po’ di energia, ma ancora una volta mi sorprese, “Con quella mi hai già fatto godere, prendimi nel culo”, senza darmi tempo di ribattere si mise a gambe divaricate e giratasi palme al muro.
Lo spazio non era poi così angusto, il piatto doccia era decisamente grande, presi un flacone di schampoo e gliene lascia colare una dose generosa nel solco delle natiche, subito seguita dalle mie dita che iniziarono a spingerne un po’ all’interno.
Puntai la cappella tra quelle valve sode di carne, ed iniziai a premere per scardinarne la resistenza, due dita erano entrate abbastanza facilmente, ma io facevo fatica, pur non essendo un superdotato.
Poi, all’improvviso cedette ed io scivolai dentro di lei, infilzandola, emise un urlo strozzato, probabilmente non lo faceva spesso dietro, le mie palle si schiacciarono tra le mele del culo.
Si girò a guardarmi, ferina “Mi hai fatto male stronzo!”
“Vuoi che smetta?” le chiesi di rimando
“Non ci provare, ormai sei dentro” fu la sua risposta.
Iniziai a muovermi lento, dapprima poi più veloce, mi impadronì delle sue tette, pizzicando tra le dita i capezzoli, poi ebbi un idea: aprii la doccia, i primi schizzi furono gelidi, cosa che la fece urlare e contrarre schiacciandomi il cazzo tra le natiche poi via via che diveniva più tiepida si rilassò; a quel punto presi a scoparle il culo senza pietà.
Ogni tanto urlava, si girava a guardarmi a cercare la mia bocca con al sua, si reggeva con una mano sola, l’altra si divideva tra le mie palle e il suo clitoride…
Ero ormai vicino a venire, le chiesi dove voleva la mia sborra.
“Non uscirmi dal culo” mi intimò quasi rabbiosa, ed io non la deludetti…
MI scaricai non prima di averle dato tre spinte profonde e violente che la devastarono, schiacciandole la guancia destra contro le piastrelle della doccia.
Ansanti come mantici rimanemmo qualche istante così, con le gambe malferme entrambi ci muovevamo lenti per distaccarci, poi lentamente iniziammo a riaversi sotto il getto della doccia.
Ci baciammo, ci insaponammo a vicenda e ci sciacquammo a vicenda.
Quando uscimmo dalla doccia nudi ed ancora umidi, aria più fresca ci accarezzò piacevolmente la pelle, mi girai a guardarla, lei mi sorrise… poi mi tirò a sé… “Penserai mica di aver finito?”.
scritto il
2019-08-21
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