Maria José cap.8 - Nella cabina in spiaggia

di
genere
masturbazione

Maria Jose non era una donna che amasse stare con le mani in mano. La sua prima priorità era il lavoro ed alla sua azienda dedicava quotidianamente anima e corpo. Poche ferie, pochi permessi, raramente si concedeva momenti di libertà.
Quel venerdì mattina invece accadde proprio il contrario. Per una serie di questioni la riunione del venerdì mattina con il cda e gli avvocati stabilita per il mattino, era stata spostata al pomeriggio. Erano i primi di giugno e proprio per quel motivo lei si era spostata da Milano a Marsiglia proprio al giovedì. Non aveva impegni per il mattino visto che aveva lavorato abbondantemente il giovedì sera fino a tardi. Aveva cenato in albergo e poi si era messa a dormire piuttosto presto, ma non senza dedicare almeno una mezz’oretta al proprio piacere.
Si era tenuta quindi il venerdì mattino libero ed aveva deciso di andare in una spiaggia privata di lusso, poco fuori città, per concedersi qualche ora di sole. Si sarebbe fatta una doccia in spiaggia, poi avrebbe pranzato e si sarebbe recata direttamente in azienda. Quindi uscì dall’albergo con il tailleur blu, vestita da perfetta donna manager e portò con sé il cambio d’abito in una grande borsa.
Alla spiaggia il parcheggiatore la fece parcheggiare nel posto vip. C’era poca gente ed ella ne fu contenta. Il ragazzo la aiutò a scendere, le prese il borsone, le indicò dove fosse la cabina e la attese mentre si cambiava per accompagnarla all’ombrellone che le era stato riservato in prima fila. Era un bel ragazzo con la pelle olivastra e Maria Jose notò immediatamente come egli l’avesse squadrata da capo a piedi, non appena era scesa dall’auto. Mentre si sfilò le autoreggenti in seta leggerissime e l’intimo per indossare il costume da bagno intero nero, pensò che se glielo avesse chiesto quel ragazzo sarebbe entrato immediatamente in quella cabina grande come una stanza d’albergo senza farselo chiedere due volte. Avrebbero scopato ed ella si sarebbe tolta qualche soddisfazione. Ma lei non era così e quindi uscì dalla cabina con il costume nero intero, dei sandali a zeppa legati alla caviglia ed un foulard arrotolato attorno ai fianchi. Era magra ed altissima, con poco seno, ma il ragazzo la esplorò comunque completamente.
Si fece accompagnare al suo ombrellone dove trovò la copia del giorno de Le Figaro, come aveva chiesto. Diede una lauta mancia al ragazzo chiedendogli di portarle un caffè dopo un’ora esatta, poi si immerse nella lettura del quotidiano.
Ogni tanto era bello rilassarsi e prendersi del tempo per se stessa, si disse tra sé. La prima ora volò letteralmente e quando il ragazzo le portò il caffè quasi si spaventò. Erano le 11 e sarebbe rimasta in spiaggia fino alle 12.30, poi doccia, pranzo veloce ed alle 15 riunione. Alle 18 sarebbe finita e dopo una capatina in albergo, sarebbe tornata a cena con Pierre.
Quella sera lei non sarebbe andata certamente in bianco a differenza di Michel, al quale per l’ennesima volta aveva rifiutato un incontro a due.
“Non riesco a capire perché tu non voglia che ci incontriamo. Stiamo benissimo insieme”, le aveva detto al telefono quel mattino.
“Lo so, ma tu non sei pronto e nemmeno io in questo momento”, gli aveva risposto lei sapendo della sua situazione familiare indecisa e delle sue frequentazioni aziendali, poco ortodosse.
Quando aveva chiamato Pierre invitandola a cena, aveva quindi accettato con felicità sapendo che poi sarebbero finiti certamente a casa sua. Avrebbe dovuto addomesticarlo leggermente al fine di non finire distrutta come la volta precedente ed avrebbe dovuto lasciarsi andare maggiormente. Quella sera lui l’aveva penetrata per un’ora e mezza ed ella non era riuscita a raggiungere nemmeno un orgasmo. Avrebbe dovuto rifarsi, non vi era dubbio, pensò.
Sorseggiò il caffè pensando a come Marsiglia fosse un luogo per lei non solo di lavoro ma anche di piacere. A Milano si sentiva decisamente meno “accesa” dal punto di vista erotico. Allungò le gambe davanti a sé incrociando i piedi che sporgevano dal lettino e socchiuse gli occhi, lasciandosi baciare dal sole, caldo ma non troppo. Un grande cappello a falda e dei grossi occhiali da sole scuri impedivano al resto del mondo di vedere cosa e dove guardasse.
Notò nuovamente, poco lontano, il ragazzo del parcheggio. Era bello, prestante e le sembrò meno giovane di come le era apparso quando le aveva aperto la portiera per farla scendere, non senza tentare di dare una sbirciatina sotto alla sua gonna. Cercò di osservarlo senza farsi notare e vide come anche lui fece la stessa cosa. Ogni occasione era buona per dare una occhiata alla sdraio su cui era posizionata.
Percepì un briciolo di eccitazione che la costrinse a sollevare le gambe per tenerle semipiegate, con i piedi poggiati sul lettino stesso. La sua mente la condusse ad immaginarsi nella cabina con quel ragazzo che la possedeva da dietro, stretto a lei e ansimante. Qualche minuto dopo avrebbe pagato per poter restare sdraiata lì al sole, poter infilare lateralmente la mano dentro al costume da bagno nero per masturbarsi allegramente, senza nemmeno spostarsi. Ma non poteva. Uno strano formicolio la stava pervadendo ed il suo sesso cominciava a mostrare i primi segni di eccitazione. Lasciò tutto lì all’ombrellone, infilò velocemente i sandali nei piedi allacciandoli alla meglio alla caviglia e andò nella cabina, chiudendo la porta dietro di sé.
Nella cabina faceva un caldo soffocante. Il sole filtrava attraverso il serramento tracciando delle linee chiarissime sul suo corpo.
Nella cabina c’era uno di quei lettini da spiaggia in tela e Maria Jose vi si sedette immediatamente, slacciandosi i sandali e lasciandoli a terra. Si abbassò gli spallini ed osservò i suoi capezzoli già turgidi. Li strinse con le dita e notò che i seni diventarono immediatamente sodi.
La sua fica pulsava. Lasciò la tetta sinistra e cominciò ad accarezzarsi il sesso attraverso il tessuto del costume. Era calda ed il leggero strato di pelo, largo circa tre centimetri che le aveva lasciato l’estetista qualche giorno prima, cominciò ad inumidirsi.
“Mmmhhh….”, mugugnò a bassa voce poggiando i piedi uno contro l’altro sul lettino aprendo le gambe. Poi con una mano scostò il costume dal suo sesso e con l’altra mano cominciò ad accarezzarsi come sapeva fare. Pian piano le sue labbra cominciarono ad aprirsi come un fiore mentre nella sua testa rimbalzarono veloci le fantasie di lei stessa mentre si accoppiava dapprima al bagnino, poi a Pierre ed infine a Michel. C’era una enorme differenza in quei tre uomini, ma lei se li immagino comunque mentre in qualche modo la possedevano. Il bagnino la scopava velocemente in quella cabina al mare, quasi timoroso di non essere all’altezza. Pierre invece la possedeva sulla sua terrazza vista mare, da dietro, senza lasciarle nemmeno il tempo di fiatare. E infine Michel che la faceva sdraiare sulla scrivania e dopo averla leccata magistralmente la prendeva sul divano dell’ufficio.
Si accorse in quel preciso istante che, mentre le sue dita entravano nel suo sesso ed accarezzavano al contempo il suo clitoride sporgente ed il monte di Venere, lei li desiderava tutti allo stesso modo. Si chiese se fosse malata, malata di sesso ovviamente, ma non si seppe rispondere. Pensò però che se in quel momento il bagnino avesse bussato alla porta per chiedere se andasse tutto bene, lo avrebbe tirato dentro senza indugi chiedendogli di soddisfare le sue pulsioni.
Si allungò verso la borsa e ne estrasse il fido amico della sua vita, quel vibratore che portava sempre con sé. Lo portò alla bocca leccandolo per lubrificarlo e poi lo poggiò tra le labbra spingendolo dentro al suo sesso. Si inebriò subito sentendolo entrare nel suo corpo. Pensò a quanto avesse voluto un cazzo in quel momento al posto di quel giocattolo, ma il livello di piacere che sapeva procurarsi era davvero gigantesco. Percepì il suo corpo accettare quell’oggetto conosciuto e cominciò a muoverlo con maestria.
Pensò ancora a quel bagnino ed a come l’avrebbe posseduta. Velocemente, si disse. E allora incrementò il ritmo della penetrazione del vibratore. Il suo respiro era affannato. Ormai ansimava e la sua fica sbrodolava su tutto il lettino, bagnando esso ed anche il suo costume dei suoi umori. Con una mano sola si stava scopando alla velocità della luce e senza alcun attrito, il dildo entrava ed usciva velocemente dal suo sesso.
Quando premette l’interruttore del vibratore ed esso si mise a vibrare, raggiunse il suo primo orgasmo. Non inatteso, anzi. Lo assaporò sino alla fine, spostando il costume in modo che mantenesse il vibratore fisso dentro al suo corpo, impossibilitato ad uscire.
“Oh mio Dio! Oh mio Dio!”, sussurrò a bassa voce, per impedire che qualcuno la sentisse. Poi si inarcò e si spinse ancor di più dentro alla passera l’oggetto, stringendo poi le gambe e chiudendo di fatto all’interno del suo corpo quell’arnese vibrante. Si mise su un fianco, contorcendosi e sempre senza sfilarsi l’oggetto si accarezzò la testa del clitoride ed il monte di Venere.
Nei successivi tre minuti raggiunse altri due orgasmi, perentori e devastanti, in rapida successione. Alla fine del secondo, scostò il costume da bagno ormai fradicio e la sua passera espulse di getto il dildo vibrante.
Si sentiva svuotata, ma anche incredibilmente energica.
Si riprese un attimo e poi, dopo essersi asciugata la passera, si cambiò il costume indossandone uno bianco e tornò al proprio ombrellone. Notò il bagnino che la squadrò per tutta la passerella, quasi come fosse una modella che sfilava e fu soddisfatta. Sculettò anche leggermente pensando che di lì a poco anche lui sarebbe corso in bagno a fare quello che aveva appena fatto lei.
Quando si sdraiò, prese il quotidiano e si immerse nuovamente nella lettura, adesso decisamente rilassata. Assaporò il potere del desiderio e del saper generare desiderio negli uomini. Quel giorno erano in tre a desiderarla e due sarebbero andati in bianco.
scritto il
2019-09-12
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