Matrimonio per interesse
di
aries
genere
saffico
Maddalena non si era certo sposata per amore, tutt’altro. Il matrimonio con Filippo era stato il coronamento del suo progetto di accasarsi con la famiglia più ricca del paese.
Avvocati da diverse generazioni, i Landolfi ricchi lo erano davvero. La loro casa in collina era la più bella della zona
Certo c’erano degli svantaggi. Filippo non era un adone e nell’intimità era abbastanza inconcludente, ma questo Maddalena l’aveva messo in conto e provvedeva da sola a darsi piacere come aveva imparato a fare da ragazza. Un altro svantaggio era la presenza in casa della suocera, donna Assunta. Non che fosse invadente ma la casa era la sua, la padrona era lei e su questo non c’era il minimo dubbio.
L’aveva accolta bene in casa, era cordiale e alla mano ma la padrona era lei.
Neanche poteva sperare che lasciasse presto questo mondo.
Era una cinquantenne in ottima forma, alta e imponente, a sua modo una donna ancora bella.
Naturalmente la vedova Landolfi non aveva nessuna intenzione di riaccasarsi. Viveva beata nella sua casa, riverita ed assistita dal figlio e dalla sua governante Marta e ora anche da Maddalena.
La vita scorreva tranquilla, ogni tanto qualche sfuriata di donna Assunta con Marta.
Fu quando assistette ad una di queste che Maddalena cominciò a preoccuparsi un po’, la suocera stava rimproverando duramente Marta quando, al tentativo di reazione di lei, la colpì con una sberla. Per un attimo penso di intervenire poi qualcosa dentro le disse di desistere.
Quello che la colpì di più fu la reazione di Marta, donna energica e risoluta, che accettò supinamente la cosa.
Nei giorni che seguirono fu molto guardinga, soprattutto nei confronti della suocera. L’idea che potesse metterle le mani addosso la spaventava.
I rapporti fra la suocera e Marta erano ripresi tranquilli come sempre.
Fu a seguito di un banale incidente domestico che Maddalena scatenò la furia di Assunta. Le si avventò addosso come una furia e quando lei tentò di giustificarsi le affibbiò un sonoro ceffone.
Non fu tanto il dolore, Maddalena era una donna robusta, quanto l’umiliazione per l’offesa ricevuta.
Scappò a rinchiudersi in camera sua.
Filippo non le fu di alcun conforto. “Mamma è fatta così… ti ci devi abituare... però ti vuole bene.”
Farci l’abitudine. Voleva dire che la cosa poteva ripetersi.
Fu presa dalla voglia di fuggire via. Ma per andare dove? Tornare dai suoi genitori? Divorziare? Chi l’avrebbe voluta una donna divorziata?
S’accorse di essere in trappola.
Il giorno successivo donna Assunta fu estremamente gentile con lei, quasi affettuosa.
Passano pochi giorni e una sera mentre stava preparandosi per la notte Assunta piombò in camera sua come una furia. Filippo si guardò bene dall’intervenire.
Sbraitava dicendo che aveva lasciato la camera da pranzo in disordine e altre cose che neanche ben comprendeva.
“Filippo” urlò rivolgendosi al figlio “questa sgualdrinella merita una lezione. Preparati!”
Maddalena era assolutamente nel pallone e non seppe come reagire quando la suocera la spinse di traverso sul letto. Guardò Filippo in cerca d’aiuto ma lui per tutta risposta le afferrò i polsi e la bloccò al letto. Si ritrovò in ginocchio a pancia sotto a lato del letto con Filippo che davanti a lei le bloccava le braccia.
Con orrore sentì la suocera che le alzava la camicia da notte e le strappava le mutandine. Non riusciva a capire cosa volessero farle. Un dolore acuto alle natiche le fece girare la testa, per quel poco che le fu possibile, e la vista di donna Assunta che indemoniata agitava il frustino la terrorizzò definitivamente.
I colpi si susseguirono rapidi, il dolore era insopportabile. “Su. Su. Rilassati “ le sussurrava Filippo “Prima ti calmi e prima finirà.”
Tutto le sembrava assurdo. Sua suocera, Filippo. Ma ancora più assurdo fu il fatto che nonostante tutto riuscì veramente a calmarsi e dopo un po’ i colpi terminarono.
“Vieni Filippo” sentì la voce di Assunta come provenire da un altro mondo. “Vieni di là con me. Lasciamo questa sgualdrinella sola a meditare sui suoi errori.”
Quando sentì la porta sbattere si sollevò a fatica da quella scomoda posizione e si buttò sul letto.
Frustata come i servi una volta. Calde lagrime le inzuppavano il cuscino. Com’era possibile una cosa simile. Cosa aveva fatto di male.
Si accorse a malapena che qualcuno era entrato in camera. Alzò lo sguardo terrorizzata ma era Marta che veniva a darle conforto.
“Su signora non faccia così… vedrà che presto le passa… le metto un po’ di questo.” le passò un unguento sulle natiche e provò un immediato sollievo. “Che vuole farci è la razza dei padroni…sapesse quante ne ho prese io da ragazza. Del resto che possiamo farci, qui si sta bene, solo che ogni tanto ci trattano come le serve di una volta.”
Si addormentò fra le braccia di Marta vinta dalla stanchezza e dall’umiliazione.
Il giorno dopo Assunta fu affettuosissima con lei, cosa questa che spaventava Maddalena più delle frustate. Come non fosse nulla successo la suocera la trattava come se niente fosse accaduto.
Dopo qualche settimana arrivò quasi a pensare che quello sarebbe stato solo un episodio isolato quando una sera la scena si ripeté nell’identico modo. Questa volta Maddalena l’affrontò rassegnata e quanto i due uscirono si tocco fra le gambe.
Si era accorta, con grande meraviglia, che ad un certo punto le contrazioni dei muscoli del bacino per le frustate la stavano portando suo malgrado ad eccitarsi ed infine a godere.
Vergognandosi di se stessa si aggiustò alla meglio e andò a cercare Marta.
Mentre passava davanti la camera di sua suocera sentì un trambusto, dei gemiti. Vinta dalla curiosità non esitò a spiare dal buco della porta e rimase senza parole.
Sua suocera, non poteva essere che lei, era stesa sul letto come lei poco prima. Marta le reggeva le braccia e Filippo la frustava con energia.
“Dai bastardo” urlava “Più forte…Dai che quasi ci sono. Dai… “
Il culo di Assunta era esposto senza segreti. Strisce di sangue e vecchie cicatrici erano in bella vista.
Quando Filippo si fermò Assunta si sollevò e, ancora in ginocchio, attirò Filippo a se gli abbassò i pantaloni del pigiama e inghiottì il suo affare con furia e lo portò all’orgasmo.
Scappò in camera sua inorridita. Che razza di famiglia è questa… E la suocera che si faceva frustare a sangue…. E quell’atto contro natura con il figlio… Allora era vero quello che si diceva in paese che nella famiglia c’era un ramo di pazzia.
Frastornata ripensò anche alla sua reazione alle frustate, ricordò che volta aveva sentito dire che c’erano persone che godevano in quel modo. Non ci aveva creduto. Ma ora?
Dormì sonni agitati.
Come sempre il giorno dopo tutto riprese nella più assoluta normalità e Maddalena si preparò a ricevere la prossima visita della suocera.
Un pomeriggio la stava cercando perché dovevano uscire per fare compere e non trovandola entrò in camera sua. Era lì, nuda dalla cintola in giù.
“Dai entra.” Le disse “Non ci formalizziamo fra noi.” Lo sguardo le cadde sulle natiche. Erano solcate da infinite cicatrici. Non riuscì a trattenersi e le sfiorò con la mano.
“Stai guardando le mie cicatrici. Belle vero?”
Maddalena era come ipnotizzata.
“Dai non fare così. Lo so che l’altra sera mi hai spiato.” Maddalena fu presa dal panico.
“Sì mi piace. Da sempre. Quando ero piccola ero una serva e le serve allora le frustavano. Dopo le prime volte mi sono accorta che mi piaceva. Ho messo a frutto questa mia qualità e sono riuscita a farmi sposare da un Landolfi. Anche a te piace. L’ho capito dalla prima volta che ti ho visto.” Maddalena provò a negare “Non dire di no perché ti ho visto. L’altra sera ti sei bagnata fra le gambe.” Maddalena arrossì.
Assunta la tirò a se.
“Vedrai che non è così terribile. Farò venire anche a te cicatrici come le mie.”
Maddalena rabbrividì, non capì se di paura o di piacere.
Maddalena passò alcuni giorni frastornata poi una sera mentre si preparava per la notte fu avvertita da Marta che donna Assunta la voleva in camera sua.
Quando entro nella sua stanza Assunta era ai piedi del letto in camicia da notte.
“Vieni cara” le disse in tono amichevole. “Non abbiamo più bisogno di fare sceneggiate.”
Maddalena capì, si sfilò la camicia da notte e si inginocchiò al lato del letto.
Il frustino le percorse la schiena poi scivolò nel solco delle natiche. “Apri un po’ le gambe… sì così.” Partì il primo colpo poi un altro. Maddalena perse il conto, si concentrò sul suo basso ventre fino a che fu scossa dai brividi.
Assunta si buttò sul letto accanto a lei, si sollevò la camicia da notte. Maddalena vide la sua figa luccicante davanti a lei, ne sentì l’odore. “Ora fai felice anche me!” Le disse portandole la testa fra le gambe.
Maddalena non aveva mai neanche immaginato che un giorno si sarebbe ritrovata a baciare la figa di un’altra donna ma non si tirò indietro. Ce la mise tutta e, quando sentì le cosce di Assunta stringerle la testa capì che era stata brava.
Assunta ansimante la tirò a sé . “Brava! Sei stata veramente brava.”
La fece girare sulla pancia e le cosparse le natiche di unguento poi la baciò sulla fronte e le disse.
“Dormi qui con me. Ti va?” Maddalena chiuse gli occhi e sprofondò in un sonno senza sogni.
Le due donne ormai passavano molto tempo insieme, a fare acquisti in paese o sedute sotto il pergolato in giardino.
Assunta le raccontò la sua vita di come, figlia di umili servi, era riuscita grazie alle sue arti a sposare un uomo ricco e potente come il marito.
“Un po’ come te.” aggiunse. “So bene che Filippo l’hai sposato per i suoi soldi. È l’unica cosa che ha che può attirare una donna.” Scoppiarono a ridere. “Mio figlio è un idiota” convenne Assunta. “L’unica cosa buona che ha fatto è stata sposare te. Certo con il mio permesso non si sarebbe mai azzardato altrimenti. Io ti ho capito subito sai. Ho capito che eri come me.”
Maddalena capì che questa era un’investitura. Assunta le stava passando lo scettro di padrona. Certo non subito ma presto la padrona sarebbe stata lei. “Voglio insegnarti ad usare la frusta.” Maddalena sentì una fitta allo stomaco “È importane. Non credere che sia facile… Filippo è un imbranato. Marta è brava ma non mi va di farmi frustare da una serva.”
Passarono giorni a provare su un cuscino. Assunta le spiegò che non era questione di forza, che il polso era importante. “Devi seguire il verso in diagonale…da una parte e dall’altra…più tecnica e meno forza non è una zappa.”
Le insegnò che la frusta è uno strumento vivo, una prosecuzione del braccio che doveva imparare a sentire con la pancia quale ritmo dare alle frustate. “Ti devi sintonizzare sulla respirazione della tua vittima. Sei tu che la spingi ad accelerare le contrazioni in mezzo alle gambe.”
Fu una vera scuola di vita. Assunta era una maestra esigente. Maddalena si prodigava con impegno. Parecchi cuscini furono fatti a pezzi finché un giorno Assunta esclamò. “Ci siamo! Credo proprio che ci siamo.” Maddalena si sentì rimescolare dalla gioia.
Quella sera dopo cena le due donne si diressero direttamente in camera di Assunta. Si spogliarono, Assunta si inginocchiò al lato del letto. “Forza ragazza sono sicura che farai un buon lavoro”
Maddalena impugnò la frusta, guardò le natiche segnate della donna ai suoi piedi, vide fra cosce aperte la sua figa nera e il buchetto leggermente prominente e partì.
Dimenticò tutto quello che le era stato insegnato si concentrò su stessa e sui gemiti di Assunta.
Non sentiva nessuna fatica solo un’energia che partiva direttamente in mezzo alle sue gambe e arrivava al braccio.
“Così!” urlò Assunta “Dai ci sei…” Rantolò fra gli spasmi del piacere.
Maddelena si fermò. All’improvviso si sentì svuotata di ogni energia, il corpo pulsante e le gambe bagnate.
Assunta la attirò sul letto e infilò la testa fra le sue gambe.
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