Paolo cap XI Il rito: l'accettazione

di
genere
dominazione

Radure, prati, bosco. Sentieri umidi, piccoli corsi d'acqua, profumo di felci, di timo, di prati falciati o calpestati da greggi ed armenti. Sempre ombra, tremuli rabeschi di sole, qualche grido di gazza, qualche ticchettio di picchio ripercosso da echi.
Il sole descriveva un arco sempre più vasto nel cielo, il meriggio si faceva più ardente; gli uccelli tacevano, acquattati sulle uova delle ultime nidiate; nella notte le lucciole uscivano, imitando nel buio lo stellato del firmamento.
L'ultimo spicchio ranciato della luna calante si dondolava riflesso nell'acqua nera e cheta del suggestivo Lago Gover, simile a una barchetta di foglio dorato dimenticata da un bambino. Un coro di ranocchi al quale si mescolava la voce più chioccia di qualche rospo melanconico, si alzava ogni tanto con impeto lirico su dal pacciame, subitamente interrotto dal più leggero rumore provocato dal vento tra i giunchi e i salici della proda, o dal calpestio di passanti.
Le note delle Quattro Stagioni del Vivaldi davano il benvenuto agli ospiti, provenienti per quel rito dal mondo dell’apparato statale e da quello industriale della Torino bene e anche da quello finanziario di Milano, e da …. Paolo vagava in silenzio per il bosco con Nicola per stemperare l’inquietudine, … sopiva l’ansia dell’attesa con l’ascolto delle voci della natura.
A valle giganteschi nuvoloni si addensavano, si gonfiavano, s’impennavano nel cielo azzurro creando figure fantastiche. Ben presto le nuvole coprivano il sole e la giornata si oscurava anzitempo. I due rientravano precipitosamente, mentre una raffica di vento frustava l’erba che separa il bosco dalla casa. Smorzato dalla distanza, giungeva il cupo brontolio del tuono.
Le prime gocce di pioggia erano spropositate; si spiaccicavano sul ghiaino, rigavano le finestre, tambureggiavano rade sul selciato del patio; poi più veloci, come un rullo di tamburo in crescendo, le singole gocce diventavano un esercito in marcia sui prati e sul tetto. Qualche attimo dopo il cielo sembrava spaccarsi, e io

lui, rientrato da una porta di servizio e già nella camera, addossandosi alla sua guida, tremava di paura.
Non più appostato in lontananza, il tuono faceva tremare i vetri e mandava Thor a nascondersi sotto il letto. Lo scoppio successivo era ancora più vicino.
Sapeva che non doveva stare vicino alla finestra per ragioni di sicurezza, ma non sapeva rinunciare allo spettacolo.
La pioggia diventava un torrente agitato a capriccio di un vento sempre più forte; insieme, pioggia e vento martellavano il bosco e piegavano l'erba. Dai tetti e dalle grondaie scendeva un’acqua furiosa; il rovescio contro le finestre era così fitto e continuo che non si riusciva a vedere nulla, anzi nello scrosciare uniforme si inseriva ora il rumore della grandine. Chicchi bianchi rimbalzavano sul ghiaino e contro l'erba bucherellando le pozzanghere. Ma ora il temporale perdeva energia. La tensione presente nell'atmosfera si era scaricata. Le cortine di pioggia lasciavano filtrare più luce, e il tuono brontolava per l'ultima volta. ... Una nebbiolina di gocce polverizzate seguiva a bagnare, mentre il sole si riaffacciava negli squarci tra le nuvole.
Provava un senso di pace eccezionale: l’ansia era passata, mentre mani di donna lo vestivano e preparavano per il rito. Era pronto con la sua tunichetta bianca con cappuccio. Attendeva che lo si venisse a prendere e accompagnare al luogo della cerimonia, nel frattempo nella casa si diffondevano musiche prese da Vivaldi o da Monteverdi. Era solo, poiché anche Nicola era uscito. Era tranquillo, … quello che bramava si stava facendo realtà. Ohhhhh, … quanti ne avrebbe visti, … sorridenti e bramosi di osservarlo per aprire, dopo, le loro piccole labbra allo sgorgo caldo, inebriante, appassionante, ubriacante; … e … lui di ricevere per spalmasi quelle creme dopanti, stimolanti, stupefacenti, allucinogene. Ohh incredibili, straordinarie, stupende, meravigliose creme … fabbricate dalle nostre gonadi!
La sua avventura, … il suo viaggio, … il suo percorso nella lussuria. … nella lascivia stava per aver inizio. Una suora e un frate si presentarono alla porta della camera. Non essendo coperti riconobbe Carmela e Nicola. Indossavano entrambi un saio nero. La signora, che aveva il cingolo bianco, lo controllò, anche sotto la tonaca per vedere che tutto fosse in ordine come era stato raccomandato agli inservienti, dandogli alla fine un bacio sulle guance; mentre Nicola gli lambì la fronte. A mani giunte, con Carmela che precedeva, intraprese il cammino, accompagnato dalle note musicali dello scrosciare dell’acqua durante un temporale estivo, del passo affrettato di qualche animale, del gorgoglio di ruscelli, del vento che smuove l’erba. Nicola seguiva. Non aveva mai visto, nella mia permanenza in quella casa, quel tragitto e il luogo in cui sarebbe stato presentato e offerto. Raffigurazioni o sculture erotiche a forte tematica omosessuale o bestiale gli si mostrarono, comunque in tutte era percepita e molto chiara la venerazione verso il membro. Sorrideva, poiché tante di quelle raffigurazioni le aveva già condivise, realizzate, interpretate da quando aveva scoperto il piacere del sesso, … di essere preso, sodomizzato. Ultime raccomandazioni e … i suoi angeli custodi lo copersero prima di entrare a testa abbassata con le mani nelle maniche del saio.
Nel buio di quello spazio, appena illuminato da lumini di candela, una voce lo fermò, chiedendogli di presentarsi e di introdurlo.
“Siamo i due postulatori incaricati dal circolo di presentare quel giovinetto, che ci aveva chiesto un vestito, caldo, cremoso, fortemente eccitante composto dai tessuti delle nostre ghiandole. Nello statuto si fa menzione ad una tale richiesta che deve essere accettata dalla comunità tramite il rito che è stato suggerito e che in esso è contemplato.”
“Confratelli e concelebranti, diamo inizio alla cerimonia di iniziazione sacra. Come ti chiami ragazzo?” Era una voce che conosceva.
“Paolo, grande Maestro.” Nicola e Carmela nei giorni antecedenti la sua accettazione nel cenacolo, in cui aveva chiesto di entrare, lo avevano istruito e preparato alle formalità alle quali doveva rispondere e alle procedure a cui doveva sottomettersi; per cui, anche se il sogno gli aveva inculcato del timore, le sostanze prese nella mattinata lo spingevano ad accettare, … seguire l’evento. Il clima del buio, la musica fatta di ansimi, di boccheggi, di soffi, di monosillabi e confortato dalla presenza di Nicola e anche della Signora, il profumo di sostanze eccitanti lo aiutavano a rispondere come l’assemblea si attendeva.
“Bene Paolo, … vieni avanti un po’… e sai che significa entrare in questa confraternita e a cosa devi rinunciare?”
“Sì, grande Maestro!”
“Avanza ancora e spiega a questo simposio quello che hai compreso?”
“I nodi del cingolo mi ricordano che devo ascoltare, assecondare, inchinarmi, sottomettermi e ubbidire ai miei superiori … e accettare la sofferenza se è utile al loro piacere; che i miei pensieri, il mio agire, gioire o soffrire sono per loro; che il mio fisico, … il mio essere appartiene a loro. I nodi del cingolo, più di tre, sono per conferirmi le mortificazioni, le penitenze o sofferenze, a cui il mio superiore ordinerà di assoggettarmi e umiliarmi.”
“Uhhhhmmmmm … vieni avanti. Per seguire questo, a cosa rinunci?”
“Ho già risposto, poiché l’accettare di entrare in codesto gruppo significa che io appartengo al corpo di questo cenacolo e non ad altri. Io devo ubbidienza a voi; il mio corpo non è mio o di altri, ma vostro.”
“Accostati e inginocchiati davanti a me. … Dammi le tue mani bianche, … candide, … profumate di innocenza, … di giovinezza e prendi l’immagine a cui devi sempre riverenza, sia essa di uomo o di animale. Odorala, … sfiorala, … baciala, … ungila, … scaldala. Vedo che lo stai facendo con passione, … amore … Sei disposto a farlo con tutti, anche con le donne qui presenti e farle godere?”
“Sì grande Maestro!”
“Bene, … prendi questa caraffa e raccogli con devozione e rispetto il dono che i testi ti faranno per segnarti. La teste si faccia avanti per consegnare quello che deve. Avanti madre, … mostri a Paolo cosa e da dove raccogliere.”
“Paolo, … reggi e mantieni sotto il mento questo recipiente, affinché il profumo che si solleverà ti inebri, ti, ecciti, … ti appassioni … e poi, sempre trattenendolo fra le tue mani, puliscimi … lavami … disinfetta con le tue salive quella che, dopo, raccoglierà per te il nettare dei padri, qui presenti. I confratelli, che assistono per festeggiarti, non vedono cosa fai, ma avvertono lo scroscio della mia calda, spumeggiante pipì. Ohhhh … sììììììììì, così, lecca, spazzola, pulisci, strofina, friziona, lustra. La tua lingua non è ancora aspra, è vellutata, dolce, … si sposta da un labbro all’altro senza pause, spinge, rimuove. Mi stai convincendo ancora di più che la tua richiesta a codesta confraternita è la decisione, … la scelta migliore per te, … l’unica. Basta ora, altrimenti si raffredda il frutto della mia vescica: lo devi avere, prendere, accogliere caldo, come appena sgorgato. Mi sostituisca padre, confratello accompagnatore e testimone in questo rito e consegni, anche lei, quello che il celebrante ha richiesto.”
Paolo sapeva chi c’era sotto il saio e conosceva la fonte da cui sarebbe erotta l’urina che lo doveva segnare, altre volte l’aveva assaggiata, e poi era della persona con cui riposava, su cui si trastullava e s’inteneriva. Sperava solo che quell’organo fosse moscio per la funzione che ora doveva espletare, assolvere; poi per ringraziarlo … lo avrebbe reso turgido, sodo, florido, vigoroso con la lingua e con il palato, con i muscoli della bocca, con i suoi occhi emozionati, turbati, avvinti. Il fluido giallino defluiva cantando, frinendo gioioso, allegro, festante; scuotendo il preesistente, per mescolarsi, per unirsi con quello. Dal recipiente trasparente, bollicine luccicanti, gioiose, briose danzavano, ondeggiavano, piroettavano, partendo dalla base del vetro, verso la superfice e … schiudendosi, emanavano profumi libidinosi, espulsi da quel liquido. I testi, con occhi teneri, dolci, scrutavano a vicenda le reazioni emotive, affettive, ardenti del loro amico, per dargli il piacere che sapevano essere gradito e desiderato.
Consegnata l’ampolla, Paolo, prese a pulire, lucidare il glande, vellicandolo, baciandolo, picchiettandolo con la punta della lingua e poi, risucchiandolo per suggerlo, popparlo, spremerlo, estorcendone le ultime gocce con sollievo e piacere di Nicola. Ridendo, come fanno di solito i bambini con gli scherzi, riprese a leccarlo dalla base, dai testicoli, pastrugnando e impastando con la lingua lo scroto villoso. Lambendo, sfiorando, ungendo, lisciando, picchiettando riuscì nell’intento di portare in completa erezione il suo oggetto di venerazione e di far contrarre, irrigidire, inarcare l’amico, che lo ringraziò prendendogli la testa per spingersi più addentro.
Lunghi, sospirati “uhhhhmmmm, … annnffffffff, … uhmmmmmm” ruppero il silenzio, uniti a “evviva, … bravo, … urrà, urrà, urrà”, e fischi di approvazione.
“Paolo, … amabile, dolce, prezioso ragazzo … vuoi far parte di questa comunità religiosa per riuscire a dare in modo migliore piacere con chi ti desidera?”
“Sì … lo voglio!”
“D’ora in poi sarai Paoletta e sarai segnato come tale. Porterai al collo il segno della nostra congregazione, in modo che chiunque, scorgendolo e conoscendone il significato, possa chiederti, stendendosi, di godere di te.”
“Grazie … grande Maestro! Farò in modo di essere degno di tale missione e che voi tutti siate fieri, orgogliosi, soddisfatti di me.”
“Iniziamo, Fratelli, il sacro rito di inserimento nella nostra confraternita di questo giovinetto. In piedi figliolo, a mani giunte, vicino al mento a mo’ di preghiera, ricevi Paoletta il prezioso dono, datoti dai tuoi postulatori. Io ti segno e ti marco, carissima, come nostra figlia. Tu ora ci appartieni e sarai nostra ogniqualvolta questa assemblea richiederà la tua presenza. Dalla tua testa scende questo dolce, tiepido, schiumoso rivolo giallo per bagnarti sino ai piedi; … e … inumidendo dorso e culetto, petto … pene e testicoli, inzuppando e impregnando questa tua tunichetta bianca, orlata di rosso, … segni di purezza e di donazione, … noi affermiamo di aver accolto la tua richiesta e di annoverarti fra noi, come nostro membro. Con questo segno potrai, d’ora in poi, assistere e prendere parte ai riti e offrire le tue dolci, bianche, implumi natiche ai confratelli.
Ora con i tuoi testimoni passa fra i tavoli con questo vaso, in modo che tutti, umettandosi le dita, possano segnare la tua fronte e le tue labbra. Confratelli carissimi, … toglietevi il saio, come farò io, in modo che lui possa conoscervi e sorridervi.” Un lungo applauso accolse l’ultima richiesta del sacerdote. La ragazza/o con quel giro ebbe modo di osservare, vedere, riscontrare che in quell’assemblea c’erano maschie e femmine, giovani, adulti e anziani con falli più o meno massicci, più o meno lunghi, … più o meno turgidi … e tanti … già in forte erezione; … e tutti erano là per partecipare, impreziosire e rallegrare il suo banchetto. Da tutti riceveva benedizioni, congratulazioni e il segno di appartenenza e tutti avevano un collare con una piccola effigie d’oro.


scritto il
2020-04-29
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