Io, corrotta da mio marito. - 13

di
genere
trio

A casa, poi, facemmo l'amore con passione e mi partecipò, alla fine, che era contento che io mi fossi convinta di fare fino in fondo l'esperienza con quell'uomo. Gli dissi solo che sarei stata molto impegnata dovendo dividermi tra il mio amante e quest'uomo. Lui mi rispose che il mio amante avrebbe dovuto rinunciare ad avermi più volte la settimana e che se avesse protestato gli avrei dovuto dire che mio marito sospettava qualcosa. Giuseppe, il lunedi, al rientro in ufficio, era ansioso di sapere cos'era successo. Gli dissi esattamente quello che Luigi mi aveva detto per giustificare il silenzio degli ultimi tre giorni e prepararlo alle rinunce successive. La sera, prima di andar via a casa, con mio marito che aspettava giù in auto, mi chiese di andare nella sua stanza e lì gli presi il cazzo in bocca per farlo godere velocemente e rabbonirlo. Ma era evidentemente preoccupato per le sorti della nostra relazione. Il giorno dopo, mi chiamò nella sua stanza ed, a conferma della sua irrequietezza, mi chiese se potessi pensare di lasciare mio marito. Gli risposi che non se ne parlava ; che ci dovevamo accontentare di continuare con dei pochi rapporti e delle occasioni che di volta in volta si sarebbero create. Fece buon viso a cattivo gioco e mi disse che non mi avrebbe creato assilli. Tornai nella mia stanza più rilassata ma conscia che non avrei potuto tenerlo a bada e che i suoi assalti in ufficio si sarebbero intensificati. Sarebbe stato difficile per noi sottrarci ai rischi di essere scoperti. Mercoledi arrivò: Luigi mi venne a prendere al lavoro e dovetti uscire con premura perché avremmo impiegato almeno un'ora per raggiungere la villa Liberty dell'uomo che si doveva occupare di me. Giuseppe protestò per la premura ma gli dissi che dovevo rientrare a casa quanto piu presto possibile per impegni. Gli diedi un bacio molto promettente e gli promisi che il giorno dopo avrei fatto in modo che mi riportasse lui a casa ed avremmo fatto l'amore in auto.
Raggiunsi Luigi velocemente e partimmo per raggiungere il mio uomo che ci attendeva. Arrivammo con 10 minuti di ritardo e lui mi rimprovero` duramente per questo, senza che mio marito mi giustificasse. Mi girò attorno con lentezza esasperante poi, all'improvviso, mi colpi` con una sculacciata davvero violenta. Sussultai e mi sgorgarono lacrime di umiliazione.Mi prese per un orecchio e mi scosse il capo ripetutamente dicendomi, senza alterarsi, che avrei imparato presto ad essere rispettosa verso di lui. Approfittò per dirmi il suo nome (o quello che sembrava essere il suo nome) : Jeff. "Padrone Jeff", aggiunse. Era implicito che dovevo dargli del Lei. Mi sentivo sempre più umiliata e continuavo a rigare le mie guance di lacrime. "Ho concordato con tuo marito che dovrai venire da me due volte la settimana. Veramente dovresti venire più spesso che solo due giorni ma so che hai il lavoro e famiglia. Dovrai, quindi, migliorare in fretta per seguire il percorso che ho approntato per te. Per le prime quattro settimane, tuo marito sarà presente; dopo ti lascerà da sola con me e tornerà alla fine dei trattamenti che dureranno esattamente due ore, ogni volta. Quando verrai qui, dovrai indossare gonne ampie e non dovrai vestire mutandine ne` portare calze o collant . Inoltre, dovrai evitare di truccarti. Prima di uscire di casa o ufficio dovrai provvedere per un accurato bidet senza usare saponi o detergenti. Appena sarai al mio cospetto, dovrai inginocchiarti, baciarmi la mano e, mentre abbassi gli occhi, mi chiamerai Padrone Jeff". Adesso piangevo, singhiozzando, per l`umiliazione che quel tono e quegli ordini mi procuravano. "Ora, nuda!"
Lentamente, iniziai a togliermi gli indumenti con evidente riluttanza. Abbandonai tutto ai miei piedi. Mi ordinò di lasciare le scarpe, ricordandomi che le volte successive non voleva vedere ai miei piedi scarpe basse ma con tacco almeno 10. Mi rimproverò per aver lasciato gli indumenti per terra e, affibbiandomi una sonora sculacciata su una natica, mi ordinò di riporre tutto in un armadio lì vicino. Eseguii ed, aprendo l'anta dell'armadio, notai che vi era una targhetta con su scritto "schiava ludovica". Purtroppo non era un gioco : mi ero illusa che questa esperienza nuova fosse una ulteriore trasgressione pensata da mio marito. La realtà era diversa. Quella sera, mi legò ad una croce, fissata al muro, con grossi anelli a cui fui legata tramite polsi e caviglie. Avevo le gambe molto divaricate per la disposizione dei bracci della croce. Mi applicò un collare di cuoio con delle borchie; poi iniziarono le sofferenze. Mi schiaffeggio`, con particolare cattiveria, i seni facendomi balzare inutilmente; poi una serie interminabile di palmate sulle natiche. Appoggiai il viso sulla parete e cercai di non gridare: ero esposta a lui di spalle e natiche. Contai esattamente 30 sculacciate, il culo mi bruciava ed il dolore cresceva. Mi si addosso` aderendomi a spalle e culo; mi "morse" i capezzoli torcendoli con le dita di entrambe le mani, strappandomi urla disperate. Me l'aspettavo: avevo la fica umida ed ero eccitata. Pensai che essere sottomessa, picchiata, violentata mi procurava piacere. Torceva i capezzoli e me li tirava fino alla massima estensione possibile, procurandomi ulteriore dolore. Questo durò parecchi minuti e,tranne poche pause, mi aveva tirato i capezzoli senza pietà. Capii, dopo, che quella era la preparazione alla tortura cui stava pensando. Mi applicò i morsetti ai capezzoli strappandomi urla feroci. Mi disse che presto sarebbe finito il dolore acuto e ne sarebbe subentrato un altro più sopportabile ma continuo. Così fu. Passò poi a colpire natiche, cosce e spalle con un frustino. Colpiva ad intervalli di circa 5/10 secondi senza che potessi prevedere dove sarebbe arrivato il colpo. Poi, improvvisamente, smise. Mi passo` a lungo la mano su cosce, culo e spalle per individuarne i rilievi che io stessa potevo notare con quelle carezze. Andò, quindi, sul tavolo degli oggetti ben riposti ed ordinati sulla superficie, tornò dietro di me, si abbassò e mi fece scorrere la mano dulla vulva. Avvertii che gli avevo lasciato parte dei miei umori vaginali che avevo sentito bagnarmi la fica. Si alzò, mi si avvicinò all'orecchio e mi disse, quasi sussurrando, che poteva ben dire che il dolore mi si addiceva e che poteva essere sicuro della mia eccitazione a causa del dolore che si tramutava in piacere. Tornò alla mia fica, sentii che mi palpava le grandi labbra e poi le tirò per allungarle estremamente. Altro spasmo di dolore! Dopo una serie di trazione delle labbra capii che era pronto per qualche altra novità. Infatti applicò, ad ognuna delle labbra già martoriate, un morsetto. Urlai come impazzita ma lui procedette senza esitazione. Anche per questi morsetti mi avviso` che il dolore sarebbe scemato presto come per i capezzoli. Si mise a passeggiare, con calma e senza parlare, ai miei fianchi. Poi tornò al tavolo degli oggetti e lo sentii cercare qualcosa. Tempo infinito, mi sembrarono quei 30/40 secondi. Tornò risoluto, si abbassò e lo sentii che muoveva la mano attorno alla vagina. Sembrava stesse facendo delle prove poi, il dolore alle grandi labbra appena sopito, divento` violentemente insopportabile! Mi aveva applicato dei pesi agli anelli che quei morsetti avevano. Le labbra collassarono con dolore indescrivibile. Gridai forsennatamente che smettesse quella tortura. Per la prima volta sentii mio marito alzarsi dalla panca ed avvicinarsi. Padrone Jeff gli intimo` di tornare al suo posto mentre cominciò a colpirmi con il palmo della mano sulle natiche. Colpiva con calma e metodicamente e sapeva dosare forza e precisione. Continuavo a urlare per il dolore : mi sentivo slabbrata ed aperta; temevo che sarei stata definitivamente danneggiata. Urlavo disperata e dolorante e padrone Jeff smise di sculacciarmi si diresse alla parete, prese la cinghia che già avevo conosciuto la volta precedente me la passò lungo la nuca e le mandibole; mi infilò quella palla tra le labbra e strinse la cinghia per chiuderla. Urlavo inutilmente e disperatamente. Pensai che dopo quell'incontro non sarei più voluto tornare in quella casa e da quell'uomo. Lui, nel frattempo, ammutolitami, venne vicino e mi disse con glaciale calma: " sbraiti per due pesi di due etti ciascuno appesi alle labbra della fica e quando ti appendero` quelli da quattro etti?" Non potevo rispondergli per gridargli che non sarei più tornata in quella casa. Piano, piano, il disagio doloroso si attenuo` smisi di urlare. Lui afferrò la frusta, mostrandomela, quindi lo sentii allontanarsi e cominciò a scoccare dei colpi ben mirati tra natiche, cosce e spalle che mi fecero delirare. Sentivo il sibilo prima del morso delle lacinie. Ne contai 10 e pensai che se non avesse smesso sarei svenuta. Non era il momento, quello. Raggiunse mio marito e li sentii confabulare. Percepii solo che lo stava rassicurando circa i progressi che avrei fatto man mano che avrei continuato l'addestramento. Prima di tornare da me, sentii dirgli che forse sarebbe stato opportuno se sin dalla successiva volta potessi rimanere sola con lui. Poi, con esasperante lentezza, cominciò a togliermi i pesi dalle labbra : provai un piccolo sollievo, subito annullato dalla successiva rimozione dei morsetti che avevano trattenuto i pesi: il sangue che non era più circolato, appena ripristinata la circolazione con la rimozione degli stessi, mi procurò altro dolore feroce. Così, inevitabilmente, accadde con i capezzoli. Mi confortai ritenendo che le pratiche subite stavano per finire. Mi tolse la cinghia con la palla che mi impediva di parlare ed urlare e la saliva collasso` sul mento, collo e petto. Poi mi liberò caviglie e polsi, mi tirò via dalla croce, facendomi girare con una piroetta su me stessa. Mi afferrò per un braccio, rudemente e mi scaravento` sul letto imbottito di pelli. Capii subito che non era finita. Si tolse in fretta i soliti capi in pelle, poi gli stivali, le calze e, rapidamente, i boxer. Era già con una formidabile erezione. Mi infilò un dito, poi due, nella fica e, ad alta voce, si rivolse a Luigi per informarlo che ero abbondantemente bagnata. Ma non solo a mio marito era rivolto, infatti mi disse che ero stata brava e potevo essere fiera che le labbra della mia fica erano oscenamente allungate e le mie tette sembravano due pere. Mi prese la clitoride fra indice e pollice e la stuzzico` un bel po`. Quando mi senti` gemere mi si avvicinò, in piedi, sovrastando la mia testa, quindi si abbassò e mi strofino` il cazzo poderoso sulle labbra. Sembrava volerci giocare poi mi ordinò di aprirle e di lasciargli inserire il cazzo nella bocca. Eseguii con rassegnazione. Mi scopo` la bocca a lungo poi lo estrasse, scese dal letto, si posiziono` tra le mie cosce che lui stesso divarico` e senza esitare mi inserì il glande. Le labbra della mia vagina, oscenamente allungate, non ebbero bisogno di avvolgerne la conosciuta grossezza e mi introdusse il resto della verga con un semplice affondo. Stavo dimenticando dolori e sofferenze. Fui anche spudorata perché gli cinsi i fianchi con le gambe che intrecciai fermamente e gli agevolai una cavalcata breve ma di poderosi colpi. Era stupefacente come, a seguito di quella penetrazione, provai uno sconvolgente orgasmo. Lui mi deposito` il suo sperma senza emettere un suono, una voce, di spasmo, di plateale piacere. Mi spruzzo` altro sperma residuo dopodiché si sciolse dalle mie gambe, si alzò e mi lasciò a cosce aperte per andare in bagno. Quando torno` ero ancora lì, aperta e stavo verificando quanto le mie labbra vaginali fossero deformate. Nel mentre, la mia mano fu colma di sperma che scivolava dalla vagina. Lo provocai, quando mi passo` vicino: portai la mano alla bocca e leccai il suo sperma guardandolo negli occhi. Mi disse che prendeva nota di ciò e me ne sarei accorta presto.
Lo lasciammo salutandolo: Luigi abbracciandolo, io chiamandolo Padrone Jeff.
scritto il
2021-06-19
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