Gioco di sguardi
di
PabloN
genere
etero
Vagare indolente per negozi, sabato pomeriggio, a Torino. I portici di Piazza Castello stipati di gente, voci di uomini e donne, negozi aperti a richiamare clienti dopo mesi di lockdown. Entriamo in uno di essi, le pareti coperte di fotografie per stimolare l’acquisto. Le spalle si toccano, i profumi si mescolano. Voci si chiamano, camerini si aprono e corpi si prestano allo sguardo di qualcuno cercando approvazione. Gli occhi vagano su scaffali ricolmi di merce, senza intenzione o interesse.
Lei è lì, solitaria, assente, osserva senza vedere. Sollevo uno sguardo fugace. I suoi occhi nei miei, solo un lampo che spegne il reale e accende la fantasia. Il mio sguardo sulle sue forme di donna. Giovane, procace, provocante e sensuale. Ne accarezzo le fattezze del viso, seguendo la perfezione del suo profilo. Un tocco lieve sulla pelle del collo, posso quasi sentirne il profumo. La discesa prosegue sui seni, immaginati coperti da un lieve tessuto trasparente e arabescato. È un attimo farlo cadere ai suoi piedi, voluttuosamente avvolto su sé stesso. Le mani sembrano percepire, quasi reali, le sode colline, stringere quella calda morbidezza. Tormentano capezzoli che si ergono fieri, stendardi della sua potenza erotica. La lingua li assapora con lenti movimenti circolari, disegna mute parole su quella pelle tesa e fresca, li sugge. La discesa prosegue lungo i fianchi, fino a cingere le natiche sode, curve meravigliose da percorrere lentamente, avanti e indietro ricercando fra esse la rosa nascosta.
La pelle, calda, emana fragranze antiche e sconosciute, messaggere di segreti celati agli uomini e accessibili solo alle donne. Il ginocchio si piega di fronte alla sua bellezza, le mani scivolano sotto la sottile stoffa che ne cinge i fianchi fieri e scoprono infine il suo recondito antro. Affondo la bocca ad assaporare il gusto acerbo del suo frutto nascosto. Dolce come miele il suo succo. Mi bagna le labbra, scivola sulla lingua che lo cerca nella profondità del suo essere. Stimolo il rosso bottone che si erge alla cima di quella caverna rosata, ne godo la variata consistenza e gli umori che lo bagnano copiosi. La stessa tempesta ci accomuna, il vento del respiro si accorda con il movimento guizzante della lingua. Sono inondato dai flutti caldi del suo piacere, un mare che rompe gli argini e si tuffa nella mia bocca che lo aspetta e assapora, facendolo scomparire nella gola. Il corpo tremante rivela che tutto si è compiuto.
Una voce mi riporta al tempo e al luogo. L’immaginazione svanisce, tornano i rumori, gli odori. Lei è sempre lì, dove l’ho vista. Dove i suoi occhi si sono fissati nei miei. Immagine statica di donna, fotografia esposta allo sguardo di tutti, ignara, giovane, procace. Per alcuni minuti, ma forse anche solo secondi, protagonista della mia fantasia. Ora, nuovamente un semplice poster, nulla di più.
- Andiamo? Non ho visto nulla che mi piacesse. Tu? -
- No, nulla che mi interessasse -
Un ultimo sguardo, poi di nuovo la strada in un indolente pomeriggio a Torino.
Lei è lì, solitaria, assente, osserva senza vedere. Sollevo uno sguardo fugace. I suoi occhi nei miei, solo un lampo che spegne il reale e accende la fantasia. Il mio sguardo sulle sue forme di donna. Giovane, procace, provocante e sensuale. Ne accarezzo le fattezze del viso, seguendo la perfezione del suo profilo. Un tocco lieve sulla pelle del collo, posso quasi sentirne il profumo. La discesa prosegue sui seni, immaginati coperti da un lieve tessuto trasparente e arabescato. È un attimo farlo cadere ai suoi piedi, voluttuosamente avvolto su sé stesso. Le mani sembrano percepire, quasi reali, le sode colline, stringere quella calda morbidezza. Tormentano capezzoli che si ergono fieri, stendardi della sua potenza erotica. La lingua li assapora con lenti movimenti circolari, disegna mute parole su quella pelle tesa e fresca, li sugge. La discesa prosegue lungo i fianchi, fino a cingere le natiche sode, curve meravigliose da percorrere lentamente, avanti e indietro ricercando fra esse la rosa nascosta.
La pelle, calda, emana fragranze antiche e sconosciute, messaggere di segreti celati agli uomini e accessibili solo alle donne. Il ginocchio si piega di fronte alla sua bellezza, le mani scivolano sotto la sottile stoffa che ne cinge i fianchi fieri e scoprono infine il suo recondito antro. Affondo la bocca ad assaporare il gusto acerbo del suo frutto nascosto. Dolce come miele il suo succo. Mi bagna le labbra, scivola sulla lingua che lo cerca nella profondità del suo essere. Stimolo il rosso bottone che si erge alla cima di quella caverna rosata, ne godo la variata consistenza e gli umori che lo bagnano copiosi. La stessa tempesta ci accomuna, il vento del respiro si accorda con il movimento guizzante della lingua. Sono inondato dai flutti caldi del suo piacere, un mare che rompe gli argini e si tuffa nella mia bocca che lo aspetta e assapora, facendolo scomparire nella gola. Il corpo tremante rivela che tutto si è compiuto.
Una voce mi riporta al tempo e al luogo. L’immaginazione svanisce, tornano i rumori, gli odori. Lei è sempre lì, dove l’ho vista. Dove i suoi occhi si sono fissati nei miei. Immagine statica di donna, fotografia esposta allo sguardo di tutti, ignara, giovane, procace. Per alcuni minuti, ma forse anche solo secondi, protagonista della mia fantasia. Ora, nuovamente un semplice poster, nulla di più.
- Andiamo? Non ho visto nulla che mi piacesse. Tu? -
- No, nulla che mi interessasse -
Un ultimo sguardo, poi di nuovo la strada in un indolente pomeriggio a Torino.
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