Sfogo di una donna per bene
di
PabloN
genere
comici
Per amore di riservatezza, non indicheremo quale paese siciliano fu teatro degli eventi che andremo a raccontare.
Eventi che furono riferiti allo scrivente da persona di specchiata moralità, e della cui affidabilità non si può, né si deve, dubitare. I nomi dei personaggi sono stati, per ovvie ragioni che meglio si comprenderanno se si avrà la bontà di seguire la narrazione, alterati. Ciò nulla toglie, si badi ben, all’aderenza puntuale e fedele alla veridicità storica.
Che non si trovi traccia di tali casi negli annali non è da considerarsi prova della falsità di quanto scritto. Semmai della delicatezza, ed anche riservatezza, di coloro che tali annali redigono con impegno e amor storico. Sarà nostra cura tentare, per quanto possibile, di riportare i dialoghi così come si svolsero.
Non essendo, però, lo scrivente, figlio della terra di Trinacria, perdonerete eventuali, probabili, errori. Se avrete la bontà di segnalarli sarà cura del redattore apportare le necessarie modifiche.
S’appressava ormai l'orario di chiusura. Il dottor Vincenzo Spataro, quarantino scapolo proprietario di un'avviata farmacia sulla costa est siciliana, pregustava in cuor suo le delizie culinarie che la sua cameriera, Donna Rosa, gli avrebbe lasciato pronte sulla tavola della camera da pranzo. Roba da resuscitare un morto!
Solo cinque minuti e, finalmente, la saracinesca sarebbe scesa, il buon dottore avrebbe spento la luce e, guadagnata la strada, avrebbe raggiunto la sua magione, salito le scale che portavano al primo piano e si sarebbe concesso il piacere di una cena preparata in un modo che nemmeno uno chef stellato avrebbe potuto fare meglio.
Ma, prima di tutto ciò, un altro piacere deliziava, in quegli ultimi minuti di trepidante attesa, il nostro dottore.
Appunto a quel piacere stava per giungere lo Spataro quando, con un colpo che avrebbe scantato un morto, la porta della farmacia si spalancò e la signora Russo Lucia, cinquantina, moglie del sindaco, tale Alfio Giuffrida, entrò come una tempesta autunnale nella farmacia.
“Dottore… dottore! Ohh dottore..dottore” esclamò, anzi gridò, la donna varcando la soglia.
Lo Spataro rimase impietrito, coperto a metà dall’antico bancone dal quale sovrastava gli avventori.
“Che accadde, donna Lucia ? Aviti ‘na faccia che para chi ajati visto ‘n mortu!”
“ Peggio assai, peggio assai dottore mio!” esclamò la donna, rossa in volto, con gli occhi spiritati.
“Posso assittarmi?” chiese, vedendo una seggiola.
“Ma certo Donna Lucia, assittateve assitatteve”
“E pozzu aviri n’anticchia ri acqua?”
“Certo, nemmeno a chiedere”
La donna rimase seduta, in attesa che il dottore le portasse l’agognato bicchiere.
Questi, però, non accennava a muoversi. La donna lo guardava, come a ricordare all’esimio scienziato e benefattore, la sua richiesta.
“Ahem” tossicchiò l’illustre ospite dello speziale.
Come risvegliatosi da un improvviso sonno l’uomo si rivolse a Donna Lucia
“Duviti perdonarmi si nun pozzu servirvi, ma sapete sto preparando una ricetta complessa assai. 'N sulu sbagghi putissa èssiri fatale o pùoveru cristianu cui jè destinata. Ma servitevi pure, non abbiate timore”
Seppur poco convinta la signora parve rassegnarsi a rimanere a bocca asciutta. D’altronde non per bere era venuta. Guardò il farmacista, rimasto immobile al suo posto, coperto dall’antico legno del bancone, si che solo il busto risultava visibile dal suo posto di osservazione
“Dutturi, ma siti sicuro ri stari beni? aviti 'na facci!” disse con fare indagatorio la moglie del primo cittadino.
“Si signora, sto bene, sto bene. Magari tanticchia di stanchezza. Piuttosto ditemi, che vi porta qui? Aviti bisùognu ri quàlchi medicina?”
La donna non aspettava altro che questa domanda per aprire le chiuse e lasciar fluire liberamente il fiume impetuoso delle parole, troppo a lungo trattenute
“Ma quale medicina dutturi, sapeste!” la frase fu lasciata volontariamente sospesa e accompagnata da uno sguardo rivolto al cielo per creare nell’uomo quella tensione, quella curiosità preludio alla successiva richiesta
“Si sapissi cùosa?”
Ecco, il dado era tratto. Ormai nulla avrebbe frenato il profluvio di frasi, mezze in italiano e mezze in dialetto, con il quale la narratrice si apprestava a riversare sul povero Spataro l’intera storia, nessun dettaglio escluso.
“Dottore, sapete, immagino, che da una mesata circa, casa nostra ospita Angela, figghia di mio cognato Salvatore. Dopo la disgrazia occorsa a quella mischina di su matre la picciotta aveva bisogno di svago e mio marito si offrì di ospitarla, così che la vista del nostro bellissimo mare potesse consolare la sua afflizione”
Certo che lo sapeva, come avrebbe potuto non saperlo? Chi poteva dimenticare una tale fimmina dopo che, anche solo una volta, gli occhi si fossero posati su quella meravigghia? Una sola taliata e già si era irrimediabilmente preda di tanta esuberanza mediterranea.
Dui minne che parevano negare la gravità, 'n assittari a mandolino disegnato con il compasso che risvegliava anche nella più pudica delle menti pinseri tinti. Era sufficiente taliari ‘na vuota quel corpo divino per assicurarsi un posto privilegiato all’inferno. Lui, il farmacista, lo sapeva bene.
Ciononostante, rimase sul vago
“Si, ho sentito qualcosa”
“Ecco, allora saprete che la buon anima di mia cognata “ la donna si segnò tre volte “che Dio l’abbia in gloria, tanto si raccomandò prima di lasciare questo triste mondo affinché la figlia si mantenesse nel rispetto delle leggi di nostro Signore!”
Lo Spataro ascoltava mentre continuava a muoversi nervosamente dietro il bancone, ora avanzando appena, ora arretrando di poco., andando un po' a sinistra e un po' a destra.
Si lasciò scappare un piccolo gemito, flebile flebile, che la prima cittadina però colse immediatamente
“Ma siete certo di stare bene, si? Vi vedo agitato. Che avete?”
“Nenti, nenti, Donna Lucia. Sono in piedi da questa matina, ogni tanto un piccolo crampo. Ma passerà, passerà”
“Se lo dite voi che siete omu ri medicina..” disse lei sollevando le sopracciglia e abbassando i lati della bocca in una smorfia di dubbio
“Continuate vi prego”
“Dicevo…che dicevo? Ah si. Allora, questa ragazza, questa..”
“Angela”
“Angela, si. Siete stato attento dottore. Comunque, Angela appunto, dicevo, mai ha dato pinseri al suo povero padre. Rispettosa, ubbidiente, devota”
Devota certo, devotissima, pensò il dottore. Più devota di così non si può.
“Però, da qualche giorno…” Donna Lucia si interruppe, torcendosi le mani, evidentemente alterata e a disagio, guardandosi darrè quasi temesse d’essere ascoltata da orecchie indiscrete.
“Da qualche giorno ha iniziato una relazione con un uomo. Con un uomo, capite!?”
Capiva lo Spataro, capiva.
“Signora, scusate” si azzardò “Ma quand’anche fosse, che male ci sarebbe?”
“Che male ci sarebbe? Che male ci sarebbe dottore?” gridò la donna quasi cadendo dalla seggiola
“Ci sarebbe che bottana diventò! Sissignore, bottana! La mia povera cognata..” nuovamente si segnò tre volte “ tanto si raccomandò che giungesse illibata all’altare, e lei…lei…” si interruppe senza sciato.
A quelle parole il viso del dottore si accese di un rosso diffuso
“Miii che parole grosse signora mia! Bottana. E per cosa poi? Per una relazione? Manco l’omo fosse maritato!”
“Picchi, lo conoscete?”
“Chi?”
“Come chi? L’omo”
“No, nun sacciu nenti”
“Dottore scusate ma, se davvero nun sapiti nenti, come fate a sapere che unn’è maritato?”
“Ma dicevo così per dire. Se la ragazza è così devota come dite voi, mai e poi mai si intratterrebbe con un uomo sposato. Mi sono sbagliato?”
“Nonsi dottore, ci insirtò. Almeno a quanto ne sappiamo io e il povero marito mio. Da quando abbiamo saputo la storia, non ci dormiamo la notte, u civeddru sempre la sta!”
“Scusate ma voi..come lo avete saputo?”
“Nel luogo deputato ad ogni pettegolezzo e da chi del farsi i cazzi altrui… domando perdonanza dottore, mi scappò…fa scienza e religione. Nel negozio della signora Pina, a pilucchera”
Ti pareva. Quella raccoglieva le notizie, o meglio i pettegolezzi, le mescolava come un cuoco fa con gli ingredienti di una ricetta, e poi le serviva calde calde per la fame di novità delle comari del paese. Che poi tali novità fossero per la maggior parte frutto dell’estro della narratrice e, solo in minima parte, aderenti alla realtà era cosa che ne a lei ne alle sue rapite ascoltatrici interessava granché.
Lo Spataro ebbe un piccolo sussulto. Cercò di concentrarsi e tornare alla signora.
“Ma voi avete idea di chi sia, quest’uomo?”
“Io? Macchè dottori! Se lo sapissi gli romperei a faccia! Il marito mio poi, miiii, dottori, meglio che nun sapi nenti che sennò a schifio finisce!! Svergonata, che figura ci fici fare con il paese. Che vergogna, che vergogna!”
Per qualche secondo la donna si zittì. Persa nei suoi pensieri non faceva più caso al dottore, sempre più irrequieto e incapace di rimanere fermo.
“Signora, comprendo la vostra angoscia. Sono certo che ci sia una spiegazione. In fondo la ragazza, lo avete detto voi, è sempre stata ubbidiente, devota”
Dio quanto è devota, pensò il farmacista.
La donna parve risvegliarsi
“Certo, certo. Avete ragione voi. Di sicuro ci sarà una spiegazione. Sapete come sono le comari del paese. Di ogni pagliuzza fanno un tronco. Magari l’avranno vista parlare con qualcuno…”
“Parlare, certo, parlare.”
“..e subito avranno iniziato a costruirci sopra un castello”
Un silenzio denso cadde nella farmacia. Donna Lucia assorta nei suoi pensieri, il farmacista che la guardava con gli occhi di volesse solo vederla sparire quanto prima e concedersi finalmente quel piacere agognato che l’ingresso trionfale della illustre comare aveva, ahimè, interrotto.
Pareva che, dopo la tempesta, un clima di bunazza avesse preso il sopravvento.
“ Signora mia, perdonate la domanda?”
“Dite dottore, dite”
“Avete cercato di indagare la faccenda con la picciotta? Con le dovute cautele, i modi adeguati, potrebbe aprirsi a voi e..” la frase venne mozzata dalla veemente protesta della First Lady del paese
“Dottore, ma volete babbiare? E che non provai? Con tatto dottore, le assicuro con il massimo tatto. Ma potti sapere qualcosa? Non potti! Potti? Non potti! Dapprima negò, quasi sdegnata. Poi ammise che si, c’era forse un omo con il quale si era fermata, ma sempre alla luce del sole. Ma niente di più, disse lei. E poi si deve considerare che, in primisi, se la picciotta avesse trummiato con questo grandissimo cornuto…”
“Signora, un simile linguaggio non si addice ad una donna come voi! Una donna che misura le parole, suvvia!”
“ E che non le misurai le parole? Cornuto priciso priciso risultò!”
Lo Spataro si rassegnò. Cornuto era, e cornuto rimaneva.
“ Dicevo, che se già avesse, diciamo, consumato il suo peccato” nuovamente si segnò tre volte “ Di certo non lo verrebbe dire a me. In secundisi, con quale autorità posso fare simili domande? Sono io la matre? Nonsi. Potti quindi indagare oltre? Non potti. Potti? Non potti. Metta poi che sia tutto una babbiata. E se quella si arrabbia? Se si mette a fare scarmazzo, a fare voci? I fatti nostri verrebbero a conoscenza di tutto il paese, veri o falsi che siano! Che figura dottore, che figura!”
Ormai lo Spataro era al limite. Se prima la presenza della sua ospite gli procurava un lieve fastidio, un disagio, ora provava un odio infuocato nei confronti di quell’ invasione che si frapponeva tra un pover’uomo, onesto lavoratore, e il soddisfacimento di un legittimo quanto impellente bisogno.
Raccogliendo le forze e cercando in ogni modo di mantenere un atteggiamento consono alla sua funzione si rivolse allla donna
“ Addimando perdonanza, Donna Lucia, non che voglia congedarmi da voi ma mi vedo costretto a chiudere la farmacia. Sono certo che capirete”
La donna si riscosse
“ Ma certo dutturi, tenete ragione. Questa cosa mi farà impazzire. Farò come dite voi. Cercherò nuovamente di parlare con la picciotta con tatto e calma. Ora vado. Ma dovreste provarvi la febbre. Tenete una faccia russa che pari nu pipi ardenti!”
“ Lo farò signora mia, siatene certa”
“ Allora vi saluto. Grazie ancora”
Finalmente la comare si alzò, impustò la seggiola e niscì, sempre ringraziando.
Come preso da febbre malarica lo Spataro si mise a tremare, premette il bottone che chiudeva la serranda e, dopo così lunga e penosa ( si fa per dire) attesa si abbandonò a quel piacere soave. Sussultò più volte, emettendo un sospiro prolungato e liberatorio mentre guardava in basso, come a scrutare qualcosa nascosto dietro il banco.
In effetti qualcosa c’era, nascosto dall’antico legno intarsiato. Meglio, qualcuno.
Terminati i sussulti, lentamente, una figura emerse. Una donna. Meglio, una ragazza.
Scivolò verso l’alto tenendosi ai fianchi dello Spataro, risalendo di fronte a lui. Il rossetto ormai diffuso ben oltre le labbra, un rivolo appena accennato di un liquido biancastro ed appiccicoso che colava ai lati della bocca.
Spataro la guardò. Con un dito portò quella sostanza alla sua bocca socchiusa. Lei allungò la lingua e nettò le dita dell’uomo, senza mai distogliere gli occhi dai suoi.
“Lo sai, vero, che mi farai morire?” disse lui ridendo
“ Ahh dottore dottore!” disse lei scimmiottando Donna Lucia
“ Voi vi sottovalutate, Dottore! Mi sa che ci vuole altro per ammazzari a vossia…o sbaglio?”
La guardò. Aveva la vita negli occhi, e non solo. Non sapeva per quale ragione avesse scelto lui, piuttosto che uno dei giovanotti che si scioglievano al suo passaggio.
Rimise la sua dotazione da guerra nel fodero, seppure a malincuore. Avrebbe preferito riporla in altra elsa, ma la situazione richiedeva prudenza.
“ Angela, lo sai che devi andare vero?”
“Mi cacci, dottore?” chiese lei simulando una facciotta offesa.
“ Lo sai che non ti lascerei mai andare, curù! Ma non possiamo correre rischi. Hai sentito la tua illustre zia, a schifio finisce!” disse lui ridendo e sollevando un dito alla mannera di Fra Cristoforo.
Le accarezzò il viso. Non si capacitava di come potesse indurgli il più impudico dei desideri e, nel contempo, la più grande tenerezza.
“ Si lo so. Macari io non me ne andrei mai. Ma hai ragione. È tempo di tornare. E affrontare Donna Lucia”.
Scese dal bancone e, ancheggiando, si diresse verso il retro della farmacia. Apri la porticina che si affacciava sul vicolo e, voltatasi un’ultima volta verso Vincenzo Spataro, gli mandò un bacio, uscendo nella strada.
Lui rimase lì, con il sorriso sulle labbra e la felicità nel cuore, ascoltando la voce gioiosa di lei ripetere mentre si allontanava
“Ahhhh dottore dottore….”
Eventi che furono riferiti allo scrivente da persona di specchiata moralità, e della cui affidabilità non si può, né si deve, dubitare. I nomi dei personaggi sono stati, per ovvie ragioni che meglio si comprenderanno se si avrà la bontà di seguire la narrazione, alterati. Ciò nulla toglie, si badi ben, all’aderenza puntuale e fedele alla veridicità storica.
Che non si trovi traccia di tali casi negli annali non è da considerarsi prova della falsità di quanto scritto. Semmai della delicatezza, ed anche riservatezza, di coloro che tali annali redigono con impegno e amor storico. Sarà nostra cura tentare, per quanto possibile, di riportare i dialoghi così come si svolsero.
Non essendo, però, lo scrivente, figlio della terra di Trinacria, perdonerete eventuali, probabili, errori. Se avrete la bontà di segnalarli sarà cura del redattore apportare le necessarie modifiche.
S’appressava ormai l'orario di chiusura. Il dottor Vincenzo Spataro, quarantino scapolo proprietario di un'avviata farmacia sulla costa est siciliana, pregustava in cuor suo le delizie culinarie che la sua cameriera, Donna Rosa, gli avrebbe lasciato pronte sulla tavola della camera da pranzo. Roba da resuscitare un morto!
Solo cinque minuti e, finalmente, la saracinesca sarebbe scesa, il buon dottore avrebbe spento la luce e, guadagnata la strada, avrebbe raggiunto la sua magione, salito le scale che portavano al primo piano e si sarebbe concesso il piacere di una cena preparata in un modo che nemmeno uno chef stellato avrebbe potuto fare meglio.
Ma, prima di tutto ciò, un altro piacere deliziava, in quegli ultimi minuti di trepidante attesa, il nostro dottore.
Appunto a quel piacere stava per giungere lo Spataro quando, con un colpo che avrebbe scantato un morto, la porta della farmacia si spalancò e la signora Russo Lucia, cinquantina, moglie del sindaco, tale Alfio Giuffrida, entrò come una tempesta autunnale nella farmacia.
“Dottore… dottore! Ohh dottore..dottore” esclamò, anzi gridò, la donna varcando la soglia.
Lo Spataro rimase impietrito, coperto a metà dall’antico bancone dal quale sovrastava gli avventori.
“Che accadde, donna Lucia ? Aviti ‘na faccia che para chi ajati visto ‘n mortu!”
“ Peggio assai, peggio assai dottore mio!” esclamò la donna, rossa in volto, con gli occhi spiritati.
“Posso assittarmi?” chiese, vedendo una seggiola.
“Ma certo Donna Lucia, assittateve assitatteve”
“E pozzu aviri n’anticchia ri acqua?”
“Certo, nemmeno a chiedere”
La donna rimase seduta, in attesa che il dottore le portasse l’agognato bicchiere.
Questi, però, non accennava a muoversi. La donna lo guardava, come a ricordare all’esimio scienziato e benefattore, la sua richiesta.
“Ahem” tossicchiò l’illustre ospite dello speziale.
Come risvegliatosi da un improvviso sonno l’uomo si rivolse a Donna Lucia
“Duviti perdonarmi si nun pozzu servirvi, ma sapete sto preparando una ricetta complessa assai. 'N sulu sbagghi putissa èssiri fatale o pùoveru cristianu cui jè destinata. Ma servitevi pure, non abbiate timore”
Seppur poco convinta la signora parve rassegnarsi a rimanere a bocca asciutta. D’altronde non per bere era venuta. Guardò il farmacista, rimasto immobile al suo posto, coperto dall’antico legno del bancone, si che solo il busto risultava visibile dal suo posto di osservazione
“Dutturi, ma siti sicuro ri stari beni? aviti 'na facci!” disse con fare indagatorio la moglie del primo cittadino.
“Si signora, sto bene, sto bene. Magari tanticchia di stanchezza. Piuttosto ditemi, che vi porta qui? Aviti bisùognu ri quàlchi medicina?”
La donna non aspettava altro che questa domanda per aprire le chiuse e lasciar fluire liberamente il fiume impetuoso delle parole, troppo a lungo trattenute
“Ma quale medicina dutturi, sapeste!” la frase fu lasciata volontariamente sospesa e accompagnata da uno sguardo rivolto al cielo per creare nell’uomo quella tensione, quella curiosità preludio alla successiva richiesta
“Si sapissi cùosa?”
Ecco, il dado era tratto. Ormai nulla avrebbe frenato il profluvio di frasi, mezze in italiano e mezze in dialetto, con il quale la narratrice si apprestava a riversare sul povero Spataro l’intera storia, nessun dettaglio escluso.
“Dottore, sapete, immagino, che da una mesata circa, casa nostra ospita Angela, figghia di mio cognato Salvatore. Dopo la disgrazia occorsa a quella mischina di su matre la picciotta aveva bisogno di svago e mio marito si offrì di ospitarla, così che la vista del nostro bellissimo mare potesse consolare la sua afflizione”
Certo che lo sapeva, come avrebbe potuto non saperlo? Chi poteva dimenticare una tale fimmina dopo che, anche solo una volta, gli occhi si fossero posati su quella meravigghia? Una sola taliata e già si era irrimediabilmente preda di tanta esuberanza mediterranea.
Dui minne che parevano negare la gravità, 'n assittari a mandolino disegnato con il compasso che risvegliava anche nella più pudica delle menti pinseri tinti. Era sufficiente taliari ‘na vuota quel corpo divino per assicurarsi un posto privilegiato all’inferno. Lui, il farmacista, lo sapeva bene.
Ciononostante, rimase sul vago
“Si, ho sentito qualcosa”
“Ecco, allora saprete che la buon anima di mia cognata “ la donna si segnò tre volte “che Dio l’abbia in gloria, tanto si raccomandò prima di lasciare questo triste mondo affinché la figlia si mantenesse nel rispetto delle leggi di nostro Signore!”
Lo Spataro ascoltava mentre continuava a muoversi nervosamente dietro il bancone, ora avanzando appena, ora arretrando di poco., andando un po' a sinistra e un po' a destra.
Si lasciò scappare un piccolo gemito, flebile flebile, che la prima cittadina però colse immediatamente
“Ma siete certo di stare bene, si? Vi vedo agitato. Che avete?”
“Nenti, nenti, Donna Lucia. Sono in piedi da questa matina, ogni tanto un piccolo crampo. Ma passerà, passerà”
“Se lo dite voi che siete omu ri medicina..” disse lei sollevando le sopracciglia e abbassando i lati della bocca in una smorfia di dubbio
“Continuate vi prego”
“Dicevo…che dicevo? Ah si. Allora, questa ragazza, questa..”
“Angela”
“Angela, si. Siete stato attento dottore. Comunque, Angela appunto, dicevo, mai ha dato pinseri al suo povero padre. Rispettosa, ubbidiente, devota”
Devota certo, devotissima, pensò il dottore. Più devota di così non si può.
“Però, da qualche giorno…” Donna Lucia si interruppe, torcendosi le mani, evidentemente alterata e a disagio, guardandosi darrè quasi temesse d’essere ascoltata da orecchie indiscrete.
“Da qualche giorno ha iniziato una relazione con un uomo. Con un uomo, capite!?”
Capiva lo Spataro, capiva.
“Signora, scusate” si azzardò “Ma quand’anche fosse, che male ci sarebbe?”
“Che male ci sarebbe? Che male ci sarebbe dottore?” gridò la donna quasi cadendo dalla seggiola
“Ci sarebbe che bottana diventò! Sissignore, bottana! La mia povera cognata..” nuovamente si segnò tre volte “ tanto si raccomandò che giungesse illibata all’altare, e lei…lei…” si interruppe senza sciato.
A quelle parole il viso del dottore si accese di un rosso diffuso
“Miii che parole grosse signora mia! Bottana. E per cosa poi? Per una relazione? Manco l’omo fosse maritato!”
“Picchi, lo conoscete?”
“Chi?”
“Come chi? L’omo”
“No, nun sacciu nenti”
“Dottore scusate ma, se davvero nun sapiti nenti, come fate a sapere che unn’è maritato?”
“Ma dicevo così per dire. Se la ragazza è così devota come dite voi, mai e poi mai si intratterrebbe con un uomo sposato. Mi sono sbagliato?”
“Nonsi dottore, ci insirtò. Almeno a quanto ne sappiamo io e il povero marito mio. Da quando abbiamo saputo la storia, non ci dormiamo la notte, u civeddru sempre la sta!”
“Scusate ma voi..come lo avete saputo?”
“Nel luogo deputato ad ogni pettegolezzo e da chi del farsi i cazzi altrui… domando perdonanza dottore, mi scappò…fa scienza e religione. Nel negozio della signora Pina, a pilucchera”
Ti pareva. Quella raccoglieva le notizie, o meglio i pettegolezzi, le mescolava come un cuoco fa con gli ingredienti di una ricetta, e poi le serviva calde calde per la fame di novità delle comari del paese. Che poi tali novità fossero per la maggior parte frutto dell’estro della narratrice e, solo in minima parte, aderenti alla realtà era cosa che ne a lei ne alle sue rapite ascoltatrici interessava granché.
Lo Spataro ebbe un piccolo sussulto. Cercò di concentrarsi e tornare alla signora.
“Ma voi avete idea di chi sia, quest’uomo?”
“Io? Macchè dottori! Se lo sapissi gli romperei a faccia! Il marito mio poi, miiii, dottori, meglio che nun sapi nenti che sennò a schifio finisce!! Svergonata, che figura ci fici fare con il paese. Che vergogna, che vergogna!”
Per qualche secondo la donna si zittì. Persa nei suoi pensieri non faceva più caso al dottore, sempre più irrequieto e incapace di rimanere fermo.
“Signora, comprendo la vostra angoscia. Sono certo che ci sia una spiegazione. In fondo la ragazza, lo avete detto voi, è sempre stata ubbidiente, devota”
Dio quanto è devota, pensò il farmacista.
La donna parve risvegliarsi
“Certo, certo. Avete ragione voi. Di sicuro ci sarà una spiegazione. Sapete come sono le comari del paese. Di ogni pagliuzza fanno un tronco. Magari l’avranno vista parlare con qualcuno…”
“Parlare, certo, parlare.”
“..e subito avranno iniziato a costruirci sopra un castello”
Un silenzio denso cadde nella farmacia. Donna Lucia assorta nei suoi pensieri, il farmacista che la guardava con gli occhi di volesse solo vederla sparire quanto prima e concedersi finalmente quel piacere agognato che l’ingresso trionfale della illustre comare aveva, ahimè, interrotto.
Pareva che, dopo la tempesta, un clima di bunazza avesse preso il sopravvento.
“ Signora mia, perdonate la domanda?”
“Dite dottore, dite”
“Avete cercato di indagare la faccenda con la picciotta? Con le dovute cautele, i modi adeguati, potrebbe aprirsi a voi e..” la frase venne mozzata dalla veemente protesta della First Lady del paese
“Dottore, ma volete babbiare? E che non provai? Con tatto dottore, le assicuro con il massimo tatto. Ma potti sapere qualcosa? Non potti! Potti? Non potti! Dapprima negò, quasi sdegnata. Poi ammise che si, c’era forse un omo con il quale si era fermata, ma sempre alla luce del sole. Ma niente di più, disse lei. E poi si deve considerare che, in primisi, se la picciotta avesse trummiato con questo grandissimo cornuto…”
“Signora, un simile linguaggio non si addice ad una donna come voi! Una donna che misura le parole, suvvia!”
“ E che non le misurai le parole? Cornuto priciso priciso risultò!”
Lo Spataro si rassegnò. Cornuto era, e cornuto rimaneva.
“ Dicevo, che se già avesse, diciamo, consumato il suo peccato” nuovamente si segnò tre volte “ Di certo non lo verrebbe dire a me. In secundisi, con quale autorità posso fare simili domande? Sono io la matre? Nonsi. Potti quindi indagare oltre? Non potti. Potti? Non potti. Metta poi che sia tutto una babbiata. E se quella si arrabbia? Se si mette a fare scarmazzo, a fare voci? I fatti nostri verrebbero a conoscenza di tutto il paese, veri o falsi che siano! Che figura dottore, che figura!”
Ormai lo Spataro era al limite. Se prima la presenza della sua ospite gli procurava un lieve fastidio, un disagio, ora provava un odio infuocato nei confronti di quell’ invasione che si frapponeva tra un pover’uomo, onesto lavoratore, e il soddisfacimento di un legittimo quanto impellente bisogno.
Raccogliendo le forze e cercando in ogni modo di mantenere un atteggiamento consono alla sua funzione si rivolse allla donna
“ Addimando perdonanza, Donna Lucia, non che voglia congedarmi da voi ma mi vedo costretto a chiudere la farmacia. Sono certo che capirete”
La donna si riscosse
“ Ma certo dutturi, tenete ragione. Questa cosa mi farà impazzire. Farò come dite voi. Cercherò nuovamente di parlare con la picciotta con tatto e calma. Ora vado. Ma dovreste provarvi la febbre. Tenete una faccia russa che pari nu pipi ardenti!”
“ Lo farò signora mia, siatene certa”
“ Allora vi saluto. Grazie ancora”
Finalmente la comare si alzò, impustò la seggiola e niscì, sempre ringraziando.
Come preso da febbre malarica lo Spataro si mise a tremare, premette il bottone che chiudeva la serranda e, dopo così lunga e penosa ( si fa per dire) attesa si abbandonò a quel piacere soave. Sussultò più volte, emettendo un sospiro prolungato e liberatorio mentre guardava in basso, come a scrutare qualcosa nascosto dietro il banco.
In effetti qualcosa c’era, nascosto dall’antico legno intarsiato. Meglio, qualcuno.
Terminati i sussulti, lentamente, una figura emerse. Una donna. Meglio, una ragazza.
Scivolò verso l’alto tenendosi ai fianchi dello Spataro, risalendo di fronte a lui. Il rossetto ormai diffuso ben oltre le labbra, un rivolo appena accennato di un liquido biancastro ed appiccicoso che colava ai lati della bocca.
Spataro la guardò. Con un dito portò quella sostanza alla sua bocca socchiusa. Lei allungò la lingua e nettò le dita dell’uomo, senza mai distogliere gli occhi dai suoi.
“Lo sai, vero, che mi farai morire?” disse lui ridendo
“ Ahh dottore dottore!” disse lei scimmiottando Donna Lucia
“ Voi vi sottovalutate, Dottore! Mi sa che ci vuole altro per ammazzari a vossia…o sbaglio?”
La guardò. Aveva la vita negli occhi, e non solo. Non sapeva per quale ragione avesse scelto lui, piuttosto che uno dei giovanotti che si scioglievano al suo passaggio.
Rimise la sua dotazione da guerra nel fodero, seppure a malincuore. Avrebbe preferito riporla in altra elsa, ma la situazione richiedeva prudenza.
“ Angela, lo sai che devi andare vero?”
“Mi cacci, dottore?” chiese lei simulando una facciotta offesa.
“ Lo sai che non ti lascerei mai andare, curù! Ma non possiamo correre rischi. Hai sentito la tua illustre zia, a schifio finisce!” disse lui ridendo e sollevando un dito alla mannera di Fra Cristoforo.
Le accarezzò il viso. Non si capacitava di come potesse indurgli il più impudico dei desideri e, nel contempo, la più grande tenerezza.
“ Si lo so. Macari io non me ne andrei mai. Ma hai ragione. È tempo di tornare. E affrontare Donna Lucia”.
Scese dal bancone e, ancheggiando, si diresse verso il retro della farmacia. Apri la porticina che si affacciava sul vicolo e, voltatasi un’ultima volta verso Vincenzo Spataro, gli mandò un bacio, uscendo nella strada.
Lui rimase lì, con il sorriso sulle labbra e la felicità nel cuore, ascoltando la voce gioiosa di lei ripetere mentre si allontanava
“Ahhhh dottore dottore….”
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