Oriana (4)
di
Hermann Morr
genere
saffico
" Taillefer qui mult bien chantout
Sor un cheval qui tost alout
Devant le duc alout chantant de Karlemaigne e de Rollant
E d'Oliver e des vassals qui morurent en Rencesvals. "
I canti dei trovatori accoglievano gli ospiti ancor prima che fossero entrati nel salone delle feste, risuonavano nei corridoi affollati di cavalieri con i loro seguiti, tutti avvolti in tabarri colorati.
Era un mondo piccolo in cui tutti conoscevano tutti, procedevano verso l'accesso in fila ordinata scherzando tra loro e con le poche dame presenti, faceva strano pensare che quelle stesse persone neanche due mesi prima avevano tentato di mettere Podenzana a ferro e fuoco.
Oriana si sentiva fuori posto, per paura di perdersi stava appiccicata al servitore che gli faceva da guida. Flavio invece, subito dietro di lei, era contento, avevano insistito perchè portasse il suo strumento e questo gli faceva pensare che avrebbero potuto esibirsi. Suonare per un pubblico di veri conoscitori dell'arte era una cosa che neanche nei suoi sogni.
In piedi all'entrata del salone il signore del castello accoglieva di persona gli ospiti, e Oriana, col suo bel vestito comprato alla fiera, si emozionò quando le fece il baciamano, ma appena superata la soglia la sua emozione fu dissolta da una nuova sensazione. La magia, che poteva appartenere soltanto a Donna Letizia Cordiviola, non aveva ancora potuto conoscerla di persona, ma sentiva la sua presenza riempire tutto quello spazio.
Le pareti erano foderate di pannelli in legno intagliato e dipinto, c'era un gran camino acceso e tre tavoli lunghissimi, disposti a U. Nella concavità tra i tavoli era posto un singolo sgabello rotondo, alto, di ferro battuto, su cui si accomodavano a turno i trovatori chiamati a cantare. Flavio fu condotto al suo posto tra gli scudieri, mentre a lei fu indicata una sedia più vicino al centro, e nell'avvicinarsi le pareva di risalire la corrente del potere fino alla sua sorgente. Non aveva mai incontrato prima Donna Letizia, ma sapeva che era lei la dama già seduta di fronte al posto assegnato.
Aveva capelli biondi, tenuti da una retina dorata e meno lunghi rispetto a Oriana, naso a punta, curve abbondanti. Le guance, il collo, le spalle, i seni, tutto era tondo e liscio e florido.
Oriana la trovò bellissima, cosa avrebbe dato per riuscire anche lei a metter su della ciccia ed essere così.
" Donna Oriana. Benvenuta. "
" Donna Letizia. Sono qui come avete chiesto. "
" Sei qui perchè domani pigeremo l'uva e ho bisogno di un'altra maga, c'è troppo da fare per me sola.
Ma volevo anche vederti, dopo che le nostre aure si sono toccate, nella battaglia, quando ho assistito al tuo risveglio. "
Era curiosa di sapere quali servizi volessero da un'altra maga, ma la padrona di casa non aveva fretta di parlarne, si intrattennero cortesemente ragionando e intanto fu portato in tavola.
Con tutto il loro stile da corte cavalleresca, non si vedeva quella gran differenza dalle tavole dei popolani. C'erano i funghi fritti, immancabili a fine ottobre, le lumache raccolte dalle viti durante la vendemmia, il pane e la caciotta, il lardo pesto con l'aglio, che a Oriana non piaceva, ma per fortuna avevano anche la salsa di noci con le mele selvatiche.
Intanto era finita una delle canzoni e si era accesa una discussione su chi dovesse avere la precedenza tra quelli che ancora non si erano esibiti.
Si alzò il signor barone Graziano e prese la parola.
" Bei signori, ci sarà tempo per tutti, che il nostro banchetto è appena cominciato. Ma abbiamo una ospite, Donna Oriana di Podenzana, che mi dicono essere conosciuta come cantante, oltre che maga.
Non vorreste signori cederle il vostro posto ? "
Proprio come temeva. Cantare davanti a un pubblico raffinato non era come essere all'osteria, non avrebbe voluto, ma se avesse rifiutato Flavio non l'avrebbe perdonata fino alla fine dei tempi.
Usava a quel tempo mantenere un contegno riservato, per cui non rispose, ma in silenzio si accomodò allo sgabello rimasto libero, dopo aver fatto una riverenza al castellano.
Subito il suo musicante l'aveva raggiunta, si consultarono rapidamente e decisero per l'Avvelenato, un pezzo tragico che lasciava spazio ai virtuosismi.
Ne avevano ancora a mangiare di pane nero loro due, prima di arrivare alle stesse vette tecniche del Trobar Clus, ma Oriana aveva la magia dalla sua parte e non si fece scrupolo di usarla per amplificare il suono della voce e portarne le vibrazioni nel cuore degli ascoltatori.
" Son stè da me surèla mama la me mama
Son stè da me surèla e or mi sento morire "
Flavio di solito faceva l'assolo alla fine, ma quella volta lo piantò in mezzo alle strofe dividendo in due la canzone, infilando le dita nella cassa delle corde per accorciarle al massimo e ottenere l'acuto del pianto e del dolore. Poi l'ultima strofa in coro senza lo strumento.
" Mi avete avvelenato mama la me mama
Mi avete avvelenato e or mi sento morire "
Per essere musicanti da osteria fecero buona impressione, tanto che anche dopo essere tornata a tavola, Oriana fu raggiunta da uno dei provenzali che voleva complimentarsi.
Barnaut de Montpellier, non tanto alto, barba scura e capelli a taglio carrè lunghi dietro, parlava un suo dialetto che però non era diversissimo da quello dei podenzani, per cui riuscivano a capirsi.
" Mi ha commosso la vostra voce ! Sarebbe un onore poter trovare per voi. Sentir le mie parole dalla vostra gola. "
Da come la guardava sembrava avesse in mente dell'altro, oltre che comporre canzoni, tanto che Donna Letizia, poco incline a lasciarsi metter da parte, dovette reclamare ad alta voce la sua attenzione.
Fece fare a Barnaut il giro del tavolo per tenerselo vicino e confabularono a bassa voce per qualche tempo, prima che lei lo congedasse e di nuovo si rivolgesse a Oriana.
" Ora dobbiamo andare. Prima che cali il sole voglio mostrarti le vigne e ti spiegherò i tuoi compiti. "
Anche se si stava divertendo, seguì Donna Letizia fuori dal salone, lontano dalla festa, per corridoi vuoti fino a una porticina nelle mura, dove si fermarono a porre sulle spalle degli scialli di lana, prima di uscire all'aperto. Camminarono tra alti castagni ingialliti, sulla destra un vecchio steccato di legno delimitava lo strapiombo di un terrazzamento scavato più in basso, con una piccola costruzione di cui sembrava di poter toccare il tetto, sporgendosi oltre la barriera.
" Ho sentito la magia nel tuo canto. Dicono che in ognuna di noi si manifesti in maniera diversa, la tua risponde alla musica, ho visto che non hai neanche dovuto toccarti. "
" E' vero. Mi è venuto naturale così. "
I filari delle vigne erano distribuiti sul pendio settentrionale del monte, le uve erano già state raccolte e ammucchiate ad appassire sotto dei teloni, vicino al grande tino, capace di contenere quattro persone, in cui avrebbero concluso la loro esistenza.
" .. Sono vitigni Meunier e Meslier, uve tardive, e noi li esponiamo a nord per allungare ancora la maturazione. Per questo vendemmiamo quando è quasi novembre.. "
" Non ci sono delle gelate ? Siamo anche in alto. "
" E' a questo che servono le maghe. Non vedi che c'è ancora la bella stagione qua attorno ? "
" Ma signora. Diceva la mia maestra che agire sul clima è la cosa più difficile di tutte. "
" Per noi umani. Non per la nostra protettrice. Hai mai conosciuto una ninfa tu ? "
" Mi hanno detto che esistono, ma non ne ho mai viste. "
" Vieni allora. "
Seguirono la curva del monte lungo un filare, fino a tornare nella direzione da cui erano venute, ma più in basso, e arrivarono davanti a quella costruzione che Oriana aveva già visto nel venire,
Un edificio semplice, squadrato, che pareva penetrare nell'interno della roccia, l'unica decorazione era un frontone circolare sopra la facciata.
Letizia aveva la chiave, l'interno pareva un magazzino spoglio, c'erano due panche, un albero morto che spuntava da terra, e per qualche ragione non era stato rimosso, e dietro l'albero una scala che scendeva sottoterra. Veniva un chiarore dal fondo.
" Scendi. Non c'è bisogno di candele. "
La scalinata finiva in una stanza sotterranea, ben decorata, con un gran tappeto bianco per terra, arazzi in filo d'argento alle pareti, la luce veniva da un liquido luminoso contenuto in vasi di cristallo, ai quattro angoli.
E c'era un letto e una donna nuda mezza affondata nel soffice piumone sopra il materasso.
" E' morta questa signora ? Mi par vecchia. "
" Dorme. E le ninfe non conoscono il tempo, con noi crudele. "
" Ma ha i capelli bianchi.. "
" Certo. Hai mai visto della neve di un altro colore ? E' una ninfa delle nevi questa. Dorme per tutta la bella stagione e si risveglierà con la prima gelata. "
In effetti aveva capelli lunghissimi che arrivavano alle gambe, bianchi e grigi, ed era magra ma non secca, i seni minuscoli parevano quasi i pettorali di un uomo, ma i capezzoli erano grossi e gonfi.
Anche gli occhi erano strani, come se la pelle attorno fosse tirata indietro.
" Bisogna che non si svegli prima che il mosto sia al sicuro, per questo dobbiamo tenerla contenta e rilassata. "
Nel dire queste parole, Donna Letizia aveva preso la mano di Oriana e l'aveva posata sul seno della ninfa.
Poi portò la mano propria sotto i lunghi capelli di Oriana, a carezzare la nuca. Con una lieve spinta le fece capire di doversi chinare.
" Tu sai già come fare, vero ? Sei una allieva di Melandra.. "
Oriana dischiuse le labbra su quel capezzolo e prese a succhiarlo e tirarlo, mentre spostava la mano sull'altro.
" Io e Melandra abbiamo studiato assieme, sai ? La nostra maestra ci fece anche risvegliare assieme.. con due camalli del porto.. ma dopo io dovetti tornare qui alle responsabilità della mia condizione, mentre lei rimase a Spezia per dedicarsi all'insegnamento. Non l'ho più vista. Baciala tra le gambe adesso. "
Oriana obbediente fece scorrere le labbra fino al monte di venere della ninfa addormentata, glabra, cercò il cappuccio del clitoride con la lingua e intanto Letizia le aveva sollevato la sottana e aveva preso possesso delle sue chiappette. Si stava bagnando e con più passione e metodo leccava la figa della ninfa immobile, dal tenue profumo.
Letizia le stava leccando il buco alla stessa maniera, infilò un dito, ne infilò un altro, quando Oriana intuì cosa voleva fare le schizzò addosso il suo primo orgasmo, solo al pensiero, e morse le piccole labbra della ninfa.
Donna Letizia continuava a scoparle il culo con le dita, allargandola fino a penetrare con la mano intera, con la guancia posata sui suoi fianchi.
" Godi ? Questa doveva essere la punizione per averci fatto perdere, e tu puttana godi ? Sei nata apposta per il cazzo allora ! "
Come sola risposta Oriana le schizzò sul seno un altro orgasmo. Letizia sfilò la mano di colpo per farle più male, la fece rialzare in piedi e le diede le dita da leccare.
Intanto la baciava sulla fronte.
" Barnaut ha ragione a esser già pazzo di te. Mi ha pregato di sceglierlo per il Jazer e non ho saputo rifiutare. Sai cos'è il Giacer Cortese ? Lui verrà nel tuo letto questa notte, potrai farti fare tutto quel che vuoi, fare di lui come preferisci, a patto che non ci sia penetrazione. Non lo deve infilare, non deve venire, devi fare in modo che domani gli tiri ancora il cazzo da non poterlo tenere nelle vesti. Capito ?
Allora al mattino io salirò nel tino con due dei miei amanti.. che mi aiuteranno a liberare la magia e infonderla nel mosto pigiato. Tu intanto porterai Barnaut qua.. avrai la chiave.. e farai come in un risveglio.
Lo spogli, lo prepari, poi lo prendi per il manico e lo infili nella passera della nostra Protettrice, che la monti come un cavallo furioso.
La sola cosa importante è che lui non la baci sulla bocca, perchè allora subito aprirebbe gli occhi e verrebbe la gelata a rovinare il mosto... per cui dopo verrei io a rovinare voi a randellate.
Hai capito bene tutto ? "
" Signora, quel che ho capito è che voi prenderete due cazzi e io nessuno ! "
" Finchè siete a servizio, Donna Oriana, le regole sono queste ! "
Sor un cheval qui tost alout
Devant le duc alout chantant de Karlemaigne e de Rollant
E d'Oliver e des vassals qui morurent en Rencesvals. "
I canti dei trovatori accoglievano gli ospiti ancor prima che fossero entrati nel salone delle feste, risuonavano nei corridoi affollati di cavalieri con i loro seguiti, tutti avvolti in tabarri colorati.
Era un mondo piccolo in cui tutti conoscevano tutti, procedevano verso l'accesso in fila ordinata scherzando tra loro e con le poche dame presenti, faceva strano pensare che quelle stesse persone neanche due mesi prima avevano tentato di mettere Podenzana a ferro e fuoco.
Oriana si sentiva fuori posto, per paura di perdersi stava appiccicata al servitore che gli faceva da guida. Flavio invece, subito dietro di lei, era contento, avevano insistito perchè portasse il suo strumento e questo gli faceva pensare che avrebbero potuto esibirsi. Suonare per un pubblico di veri conoscitori dell'arte era una cosa che neanche nei suoi sogni.
In piedi all'entrata del salone il signore del castello accoglieva di persona gli ospiti, e Oriana, col suo bel vestito comprato alla fiera, si emozionò quando le fece il baciamano, ma appena superata la soglia la sua emozione fu dissolta da una nuova sensazione. La magia, che poteva appartenere soltanto a Donna Letizia Cordiviola, non aveva ancora potuto conoscerla di persona, ma sentiva la sua presenza riempire tutto quello spazio.
Le pareti erano foderate di pannelli in legno intagliato e dipinto, c'era un gran camino acceso e tre tavoli lunghissimi, disposti a U. Nella concavità tra i tavoli era posto un singolo sgabello rotondo, alto, di ferro battuto, su cui si accomodavano a turno i trovatori chiamati a cantare. Flavio fu condotto al suo posto tra gli scudieri, mentre a lei fu indicata una sedia più vicino al centro, e nell'avvicinarsi le pareva di risalire la corrente del potere fino alla sua sorgente. Non aveva mai incontrato prima Donna Letizia, ma sapeva che era lei la dama già seduta di fronte al posto assegnato.
Aveva capelli biondi, tenuti da una retina dorata e meno lunghi rispetto a Oriana, naso a punta, curve abbondanti. Le guance, il collo, le spalle, i seni, tutto era tondo e liscio e florido.
Oriana la trovò bellissima, cosa avrebbe dato per riuscire anche lei a metter su della ciccia ed essere così.
" Donna Oriana. Benvenuta. "
" Donna Letizia. Sono qui come avete chiesto. "
" Sei qui perchè domani pigeremo l'uva e ho bisogno di un'altra maga, c'è troppo da fare per me sola.
Ma volevo anche vederti, dopo che le nostre aure si sono toccate, nella battaglia, quando ho assistito al tuo risveglio. "
Era curiosa di sapere quali servizi volessero da un'altra maga, ma la padrona di casa non aveva fretta di parlarne, si intrattennero cortesemente ragionando e intanto fu portato in tavola.
Con tutto il loro stile da corte cavalleresca, non si vedeva quella gran differenza dalle tavole dei popolani. C'erano i funghi fritti, immancabili a fine ottobre, le lumache raccolte dalle viti durante la vendemmia, il pane e la caciotta, il lardo pesto con l'aglio, che a Oriana non piaceva, ma per fortuna avevano anche la salsa di noci con le mele selvatiche.
Intanto era finita una delle canzoni e si era accesa una discussione su chi dovesse avere la precedenza tra quelli che ancora non si erano esibiti.
Si alzò il signor barone Graziano e prese la parola.
" Bei signori, ci sarà tempo per tutti, che il nostro banchetto è appena cominciato. Ma abbiamo una ospite, Donna Oriana di Podenzana, che mi dicono essere conosciuta come cantante, oltre che maga.
Non vorreste signori cederle il vostro posto ? "
Proprio come temeva. Cantare davanti a un pubblico raffinato non era come essere all'osteria, non avrebbe voluto, ma se avesse rifiutato Flavio non l'avrebbe perdonata fino alla fine dei tempi.
Usava a quel tempo mantenere un contegno riservato, per cui non rispose, ma in silenzio si accomodò allo sgabello rimasto libero, dopo aver fatto una riverenza al castellano.
Subito il suo musicante l'aveva raggiunta, si consultarono rapidamente e decisero per l'Avvelenato, un pezzo tragico che lasciava spazio ai virtuosismi.
Ne avevano ancora a mangiare di pane nero loro due, prima di arrivare alle stesse vette tecniche del Trobar Clus, ma Oriana aveva la magia dalla sua parte e non si fece scrupolo di usarla per amplificare il suono della voce e portarne le vibrazioni nel cuore degli ascoltatori.
" Son stè da me surèla mama la me mama
Son stè da me surèla e or mi sento morire "
Flavio di solito faceva l'assolo alla fine, ma quella volta lo piantò in mezzo alle strofe dividendo in due la canzone, infilando le dita nella cassa delle corde per accorciarle al massimo e ottenere l'acuto del pianto e del dolore. Poi l'ultima strofa in coro senza lo strumento.
" Mi avete avvelenato mama la me mama
Mi avete avvelenato e or mi sento morire "
Per essere musicanti da osteria fecero buona impressione, tanto che anche dopo essere tornata a tavola, Oriana fu raggiunta da uno dei provenzali che voleva complimentarsi.
Barnaut de Montpellier, non tanto alto, barba scura e capelli a taglio carrè lunghi dietro, parlava un suo dialetto che però non era diversissimo da quello dei podenzani, per cui riuscivano a capirsi.
" Mi ha commosso la vostra voce ! Sarebbe un onore poter trovare per voi. Sentir le mie parole dalla vostra gola. "
Da come la guardava sembrava avesse in mente dell'altro, oltre che comporre canzoni, tanto che Donna Letizia, poco incline a lasciarsi metter da parte, dovette reclamare ad alta voce la sua attenzione.
Fece fare a Barnaut il giro del tavolo per tenerselo vicino e confabularono a bassa voce per qualche tempo, prima che lei lo congedasse e di nuovo si rivolgesse a Oriana.
" Ora dobbiamo andare. Prima che cali il sole voglio mostrarti le vigne e ti spiegherò i tuoi compiti. "
Anche se si stava divertendo, seguì Donna Letizia fuori dal salone, lontano dalla festa, per corridoi vuoti fino a una porticina nelle mura, dove si fermarono a porre sulle spalle degli scialli di lana, prima di uscire all'aperto. Camminarono tra alti castagni ingialliti, sulla destra un vecchio steccato di legno delimitava lo strapiombo di un terrazzamento scavato più in basso, con una piccola costruzione di cui sembrava di poter toccare il tetto, sporgendosi oltre la barriera.
" Ho sentito la magia nel tuo canto. Dicono che in ognuna di noi si manifesti in maniera diversa, la tua risponde alla musica, ho visto che non hai neanche dovuto toccarti. "
" E' vero. Mi è venuto naturale così. "
I filari delle vigne erano distribuiti sul pendio settentrionale del monte, le uve erano già state raccolte e ammucchiate ad appassire sotto dei teloni, vicino al grande tino, capace di contenere quattro persone, in cui avrebbero concluso la loro esistenza.
" .. Sono vitigni Meunier e Meslier, uve tardive, e noi li esponiamo a nord per allungare ancora la maturazione. Per questo vendemmiamo quando è quasi novembre.. "
" Non ci sono delle gelate ? Siamo anche in alto. "
" E' a questo che servono le maghe. Non vedi che c'è ancora la bella stagione qua attorno ? "
" Ma signora. Diceva la mia maestra che agire sul clima è la cosa più difficile di tutte. "
" Per noi umani. Non per la nostra protettrice. Hai mai conosciuto una ninfa tu ? "
" Mi hanno detto che esistono, ma non ne ho mai viste. "
" Vieni allora. "
Seguirono la curva del monte lungo un filare, fino a tornare nella direzione da cui erano venute, ma più in basso, e arrivarono davanti a quella costruzione che Oriana aveva già visto nel venire,
Un edificio semplice, squadrato, che pareva penetrare nell'interno della roccia, l'unica decorazione era un frontone circolare sopra la facciata.
Letizia aveva la chiave, l'interno pareva un magazzino spoglio, c'erano due panche, un albero morto che spuntava da terra, e per qualche ragione non era stato rimosso, e dietro l'albero una scala che scendeva sottoterra. Veniva un chiarore dal fondo.
" Scendi. Non c'è bisogno di candele. "
La scalinata finiva in una stanza sotterranea, ben decorata, con un gran tappeto bianco per terra, arazzi in filo d'argento alle pareti, la luce veniva da un liquido luminoso contenuto in vasi di cristallo, ai quattro angoli.
E c'era un letto e una donna nuda mezza affondata nel soffice piumone sopra il materasso.
" E' morta questa signora ? Mi par vecchia. "
" Dorme. E le ninfe non conoscono il tempo, con noi crudele. "
" Ma ha i capelli bianchi.. "
" Certo. Hai mai visto della neve di un altro colore ? E' una ninfa delle nevi questa. Dorme per tutta la bella stagione e si risveglierà con la prima gelata. "
In effetti aveva capelli lunghissimi che arrivavano alle gambe, bianchi e grigi, ed era magra ma non secca, i seni minuscoli parevano quasi i pettorali di un uomo, ma i capezzoli erano grossi e gonfi.
Anche gli occhi erano strani, come se la pelle attorno fosse tirata indietro.
" Bisogna che non si svegli prima che il mosto sia al sicuro, per questo dobbiamo tenerla contenta e rilassata. "
Nel dire queste parole, Donna Letizia aveva preso la mano di Oriana e l'aveva posata sul seno della ninfa.
Poi portò la mano propria sotto i lunghi capelli di Oriana, a carezzare la nuca. Con una lieve spinta le fece capire di doversi chinare.
" Tu sai già come fare, vero ? Sei una allieva di Melandra.. "
Oriana dischiuse le labbra su quel capezzolo e prese a succhiarlo e tirarlo, mentre spostava la mano sull'altro.
" Io e Melandra abbiamo studiato assieme, sai ? La nostra maestra ci fece anche risvegliare assieme.. con due camalli del porto.. ma dopo io dovetti tornare qui alle responsabilità della mia condizione, mentre lei rimase a Spezia per dedicarsi all'insegnamento. Non l'ho più vista. Baciala tra le gambe adesso. "
Oriana obbediente fece scorrere le labbra fino al monte di venere della ninfa addormentata, glabra, cercò il cappuccio del clitoride con la lingua e intanto Letizia le aveva sollevato la sottana e aveva preso possesso delle sue chiappette. Si stava bagnando e con più passione e metodo leccava la figa della ninfa immobile, dal tenue profumo.
Letizia le stava leccando il buco alla stessa maniera, infilò un dito, ne infilò un altro, quando Oriana intuì cosa voleva fare le schizzò addosso il suo primo orgasmo, solo al pensiero, e morse le piccole labbra della ninfa.
Donna Letizia continuava a scoparle il culo con le dita, allargandola fino a penetrare con la mano intera, con la guancia posata sui suoi fianchi.
" Godi ? Questa doveva essere la punizione per averci fatto perdere, e tu puttana godi ? Sei nata apposta per il cazzo allora ! "
Come sola risposta Oriana le schizzò sul seno un altro orgasmo. Letizia sfilò la mano di colpo per farle più male, la fece rialzare in piedi e le diede le dita da leccare.
Intanto la baciava sulla fronte.
" Barnaut ha ragione a esser già pazzo di te. Mi ha pregato di sceglierlo per il Jazer e non ho saputo rifiutare. Sai cos'è il Giacer Cortese ? Lui verrà nel tuo letto questa notte, potrai farti fare tutto quel che vuoi, fare di lui come preferisci, a patto che non ci sia penetrazione. Non lo deve infilare, non deve venire, devi fare in modo che domani gli tiri ancora il cazzo da non poterlo tenere nelle vesti. Capito ?
Allora al mattino io salirò nel tino con due dei miei amanti.. che mi aiuteranno a liberare la magia e infonderla nel mosto pigiato. Tu intanto porterai Barnaut qua.. avrai la chiave.. e farai come in un risveglio.
Lo spogli, lo prepari, poi lo prendi per il manico e lo infili nella passera della nostra Protettrice, che la monti come un cavallo furioso.
La sola cosa importante è che lui non la baci sulla bocca, perchè allora subito aprirebbe gli occhi e verrebbe la gelata a rovinare il mosto... per cui dopo verrei io a rovinare voi a randellate.
Hai capito bene tutto ? "
" Signora, quel che ho capito è che voi prenderete due cazzi e io nessuno ! "
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