Weekend di passione - Pt 2
di
Numeroprimo encore
genere
sadomaso
Ovviamente la mia risposta non aveva tardato, e come conseguenza ora stavo dando le spalle a Carlo, nuda sul sedile della sua auto, con le mani dietro la schiena perché lui me le legasse.
- non é solo per quello che ho fatto a Monaco, vero?
Il silenzio di Carlo era molto eloquente.
- Si tratta di Stefano e di quello che facevo con lui.
Lo sentii spostare il peso sul sedile. Centrato
- vorresti che nella mia testa associassi il tradimento con i miei giochi con lui nel peggior modo possibile, stare male per entrambi e sentirmi in colpa al punto da non desiderare di ripeterli. É così?
Il silenzio fu interrotto dal rumore di un paio di manette che si chiudevano sui miei polsi.
- Quanto meno hai preso una decisione.
Appoggiai le spalle al sedile, ripensando alla prima volta in cui mi ero trovata in una situazione simile. Quella volta però ero decisamente più eccitata, e Stefano sedeva al posto di guida. Lui era molto più vecchio di me, e lo avevo conosciuto come ospite pagante del b&b che mia mamma aveva ricavato nella villa in cui abitavamo. La prima impressione fu che se la tirasse a dismisura, ma nei giorni successivi si dimostrò l'esatto contrario. Finii per cercarlo di continuo, per trovarmi fin troppo bene con lui, così superiore intellettualmente alla gran parte delle persone che conoscevo. Come me pensava fuori dagli schemi, amava stupire, e aveva una cultura e una velocità di pensiero, con una stupefacente combinazione inusuale di intuito, logica e associazione di idee. Era rassicurante, simpatico, teneva testa anche fisicamente a qualunque mio coetaneo, e aveva esperienze vastissime da condividere. Ci vidi molto del padre che avevo perso troppo presto, ma più bello, cordiale, divertente. Aveva un che di misterioso, e sapeva rispondere alle domande scabrose cercando al tempo stesso di proteggere quella che ai suoi occhiera una bambina. Ai miei, era il vecchio, nel senso migliore del termine, più giovane che avessi mai conosciuto. Eravamo rimasti in contatto assiduo, fino all'estate successiva in cui tornó da me, a passare giornate al mare o ad insegnarmi a guidare la moto, e serate a parlare di tutto. Fu dopo una di quelle serate che lo vidi avviarsi con la moglie verso un angolo appartato del giardino. Mi stupì il fatto che lei indossasse una t-shirt troppo lunga e un paio di tacchi molto alti. Lui aveva un paio di shorts ed uno zaino. Solitamente avrei chiuso la finestra e badato ai fatti miei, ma trattandosi di Stefano doveva essere una cosa intrigante, e decisi di sapere di più. Il vento fra i rami degli alberi sovrastava qualsiasi altro rumore, e non mi fu difficile avvicinarmi senza essere sentita. La moglie era già nuda, a parte i tacchi ai piedi, e legata per i polsi al ramo di un albero, e quando si spostò dietro di lei vidi anche i che i suoi seni sembravano sul punto di staccarsi dal petto ed esplodere. Come capita quando scopri che i genitori fanno sesso, per la prrimma volta cominciai a vedere Stefano un po' di più come uomo, oltretutto con un culo davvero interessante per uno della sua età, e un po' meno come figura paterna, ma non mi sarei aspettata di condividere con lui scene anche peggiori di quella. Restai fino alla fine, quando lui lasció la donna legata li dopo averla frustata e posseduta. Rientrai di soppiatto, scoprendomi tra l'altro con un certo sconcerto bagnata, e la sera dopo Stefano con molto tatto mi fece capire che mi aveva vista, ma che non dovevo sentirmi in imbarazzo, e che se avessi ritenuto opportuno avrei potuto fare domande e chiedere dettagli. E lo feci, perché sapeva rendere qualsiasi situazione naturale. La vera svolta, l'inizio della nostra storia, avrebbe dovuto aspettare più di un anno, fino all'autunno successivo.
L'auto si mosse, e di fronte al mutismo di Carlo mi chiusi nei miei pensieri. il vialetto si inoltró per parecchio fuori dalla strada principale, e vidi la villa dopo una curva, nascosta alla vista dagli alberi. Era una struttura bassa, molto moderna. Ebbi un tuffo al cuore vedendo una ragazza, nuda e attaccata come un cavallo davanti ad un calesse, ed un uomo, pure lui nudo, appeso ad una croce eretta davanti alla villa. Ormai c'era poco che potessi fare era cercare di essere pronta per qualcosa che nemmeno le esperienze vissute con Stefano avrebbero potuto prepararmi completamente. Guardai Carlo, che al viso contratto per la tensione associava un inequivocabile gonfiore nei pantaloni.
- ormai è fatta, si va avanti.
- Qui potrai far vedere, spero per l'ultima volta, quanto tu sia puttana.
- Non sentirti meglio di me, e soprattutto meglio di lui. Lo vedo che sei arrapato da questa cosa. Almeno lui non si è mai comportato da ipocrita, e anche quando mi ha trattato da puttana mi ha fatto sentire la SUA puttana, che è tutta un'altra cosa.
- Tu lo ami ancora
- Sicuramente lo rispetto e gli voglio bene. Per l'amore, ti ricordo che l'ho lasciato spezzandogli il cuore per mettermi con te.
- ora basta. Andiamo
Scese dall'auto e venne ad aprirmi la portiera. Dalla casa uscì una donna in completo gonna e pantalone molto formale, con un collare ed un guinzaglio in mano. In piedi davanti a lei mi sentii ancora più nuda.
- vedo che non ha spiegato alla schiava la regola basilare della casa - sibiló rivolgendosi a Stefano con una voce bassa che mi risultó sgradevole - per questa volta non la punirò, ma non deve fissare una persona libera come ha fatto con me.
- Hai sentito? Tieni gli occhi bassi o ti metterai nei guai più di quanto non sia già.
- sai che non sarà per niente facile per me.
- vedo che abbiamo una ribelle - continuó la signora mentre mi allacciava il collare - meglio mettere in chiaro che questi comportamenti avranno delle conseguenze. Se lei è d'accordo procederei.
- nessun problema - sentenziò Carlo - è tutta sua, io vado in camera mia a rinfrescarmi.
La signora tirò il collare ci incamminammo nel piazzale. Da un'auto e ferma dietro la nostra stava scendendo una donna in lacrime.
- non di nuovo, ti scongiuro. Non questo posto - ma il suo acccompagnatore sembrava piuttosto scocciato per lo spettacolo. La ragazza cavallo era ancora al suo posto, con lo sguardo fisso a terra e i segni di forti scudisciate anche sul petto e sulle gambe
- Qui schiavi e schiave vengono trattati come tali, le punizioni sono reali, anche se naturalmente evitiamo di infliggere lesioni permanenti. Le frustate non sono i massaggi erotici a cui sarai stata abituata, e non verrai maltrattata, per così dire, da qualcuno che ti ama.
- che ne sa lei di come sono stata frustata? - con amore, ma Stefano amava molto vedere il mio corpo coprirsi di segni rossi. Ma aumentando la forza dei colpi che portava gradualmente così da abituarmi e farli diventare, in effetti, un rituale erotico. E non mi aveva mai punito per qualcosa. Ma tenni la testa alta, nonostante lo strattone che la signora diede al guinzaglio.
- con voi asiatiche non lo capisco mai, e anche il tuo corpo da ragazzina, quasi asessuato, non mi aiuta. Quanti anni hai, schiava?
- ventiquattro
- ventiquattro, signora. Se non sai come chiamare qualcuno, signora, domina o padrona sono gli appellativi con cui rivolgersi alle donne libere. E ancora una volta hai parlato senza permesso, sarà interessante vedere come passerai questo fine settimana.
Ero rimasta più dispiaciuta per il commento sulla mia assenza di seno che per la minaccia di punizioni - ora più reale che mai, dato che sotto alla croce mi stava aspettando una donna con una lunga frusta in mano - perché Stefano mi aveva fatto capire, ancora prima che ci mettessimo insieme, quanto gli piacesse il mio seno appena accennato. Gli piaceva vederlo, fotografarlo, giocarci, persino permettere ad altri di intravederlo, chiedendomi di indossare scollature che rischiassero di mostrarmi ad ogni movimento, o trasparenze che potevo mitigare solo con un xopricapezzoli. Ed in spiaggia, rigorosamente in topless. Tutto questo era stato poi apprezzato anche da Carlo, e guardandomi intorno, anche da molti altri.
La signora mi tolse le manette per legarmi le mani all'anella a cui erano bloccati i piedi del tipo sulla croce. Si lamentava debolmente, e notai che oltre alle corde a mani e piedi aveva una specie di piccolo sedile, da cui si sollevava di qualche centimetro facendo forza su braccia e gambe, per poi scendere di nuovo. In pratica era anche impalato, e si stava autoinculando, e mi domandai se lo stesse facendo per se, dato che nessuno sembrava osservarlo.
- Paola, una bella strigliata. Non ha ancora capito dove si trova.
- nessun problema - e poi rivolgendosi a me mi scherní - sentito tettona? Devo darti il benvenuto. Urla e muoviti se ti fa stare bene, ma se ti muovi troppo dovrò legarti anche i piedi. Se posso darti un suggerimento abbandonati al dolore. Se resisti sarà peggio
La signora mi lasciò alle cure di Paola, che si allontanò per iniziare il suo lavoro. Urlai da subito perché Paola faceva davvero male e si divertiva a farlo. Non mi mossi, ma gli occhi si riempirono di lacrime e mi seccó la bocca. Paola fece una pausa e si avvicinò, puntandomi il manico della frusta in mezzo alle natiche. Tutta la
schiena ed il culo bruciavano come non mi era mai capitato.
- ora ti allegherò per girarti. Ti hanno detto che gli schiavi ribelli fanno un giro lí sopra? Non è piacevole, per cui rimani ferma e girati soltanto.
Assentii con la testa
- si, va bene.
Paola mi staccò e riaattaccó i polsi all'anella
- mi sarei accontentata di un "signora", ma nemmeno quello evidentemente ti sembra dovuto. Pazienza, imparerai.
La fissai con aria di sfida, nonostante le lacrime, ed il dolore alla schiena aumentó per il contatto con il palo.
Le frustate erano peggiori perché le vedevo anche arrivare. Paola era una macchina, la vedevo colpirmi con metodo e senza sforzo apparente ma con la stessa forza dei colpi peggiori di Stefano. Alla fine del suo lavoro ero un pozzo di sangue, lacrime e dolore. Si avvicinò nuovamente, e questa volta il manico si forzó per alcuni millimetri fra la mie cosce. Mi sollevai sulle caviglie per sfuggire alla penetrazione, ma Paola mi fermó strizzandomi un capezzolo e tirandomi verso il basso.
- non hai tette cara, ma questi qui li hai anche tu. Ora chiamami con qualsiasi nome che non sia signora o padrona e riprendo con la frusta.
- no signora - dovetti forzarmi per non usare altri epiteti, ma la sopravvivenza ebbe il sopravvento.
- così va meglio. Ora ti staccherò da qui, tu ti metterai a quattro zampe e poi andremo alla casa senza ribellioni o colpi di testa. Chiaro?
Assentii di nuovo. Sarebbe stato peggio che all'andata, in cui almeno ero in piedi.
Scesi a terra appena libera e seguii Paola docilmente, senza guardare da nessuna parte. La parte peggiore fu il vialetto ghiaioso, e gli occhi delle persone di cui vidi solo i piedi, nudi o calzati che fossero.
- eccotela di nuovo
Una volta entrati, riconobbi le calzature di "signora"
- andrà un po' meglio?
- sai che sono convincente
Risero. Di me
- ora andiamo di sotto. Alzati, e mani dietro la schiena.
Feci come ordinato e fui riammanettata come all'inizio. Il salone era ipertecnologico, all'interno vari salottini, una specie di bar e una scrivania che forse funzionava da concierge. Ovunque c'erano attrezzi, ganci o anelli a cui schiavi e schiave potevano essere assicurati se non li si voleva accudire. Una era in quel momento legata ad una colonnina di acciaio. Quella che piangeva all'arrivo. Una donna un po' avanti con gli anni percorse lo spazio che la divideva dalla scrivania seguita da una giovane coppia di prigionieri con cui scambiai una fugace occhiata . Sembravano gemelli, e scoprii che in realtà lo erano.
Senza avvisi la signora mi strattonó incamminandosi verso un ascensore. Premette un pulsante ed iniziammo a scendere
- non é solo per quello che ho fatto a Monaco, vero?
Il silenzio di Carlo era molto eloquente.
- Si tratta di Stefano e di quello che facevo con lui.
Lo sentii spostare il peso sul sedile. Centrato
- vorresti che nella mia testa associassi il tradimento con i miei giochi con lui nel peggior modo possibile, stare male per entrambi e sentirmi in colpa al punto da non desiderare di ripeterli. É così?
Il silenzio fu interrotto dal rumore di un paio di manette che si chiudevano sui miei polsi.
- Quanto meno hai preso una decisione.
Appoggiai le spalle al sedile, ripensando alla prima volta in cui mi ero trovata in una situazione simile. Quella volta però ero decisamente più eccitata, e Stefano sedeva al posto di guida. Lui era molto più vecchio di me, e lo avevo conosciuto come ospite pagante del b&b che mia mamma aveva ricavato nella villa in cui abitavamo. La prima impressione fu che se la tirasse a dismisura, ma nei giorni successivi si dimostrò l'esatto contrario. Finii per cercarlo di continuo, per trovarmi fin troppo bene con lui, così superiore intellettualmente alla gran parte delle persone che conoscevo. Come me pensava fuori dagli schemi, amava stupire, e aveva una cultura e una velocità di pensiero, con una stupefacente combinazione inusuale di intuito, logica e associazione di idee. Era rassicurante, simpatico, teneva testa anche fisicamente a qualunque mio coetaneo, e aveva esperienze vastissime da condividere. Ci vidi molto del padre che avevo perso troppo presto, ma più bello, cordiale, divertente. Aveva un che di misterioso, e sapeva rispondere alle domande scabrose cercando al tempo stesso di proteggere quella che ai suoi occhiera una bambina. Ai miei, era il vecchio, nel senso migliore del termine, più giovane che avessi mai conosciuto. Eravamo rimasti in contatto assiduo, fino all'estate successiva in cui tornó da me, a passare giornate al mare o ad insegnarmi a guidare la moto, e serate a parlare di tutto. Fu dopo una di quelle serate che lo vidi avviarsi con la moglie verso un angolo appartato del giardino. Mi stupì il fatto che lei indossasse una t-shirt troppo lunga e un paio di tacchi molto alti. Lui aveva un paio di shorts ed uno zaino. Solitamente avrei chiuso la finestra e badato ai fatti miei, ma trattandosi di Stefano doveva essere una cosa intrigante, e decisi di sapere di più. Il vento fra i rami degli alberi sovrastava qualsiasi altro rumore, e non mi fu difficile avvicinarmi senza essere sentita. La moglie era già nuda, a parte i tacchi ai piedi, e legata per i polsi al ramo di un albero, e quando si spostò dietro di lei vidi anche i che i suoi seni sembravano sul punto di staccarsi dal petto ed esplodere. Come capita quando scopri che i genitori fanno sesso, per la prrimma volta cominciai a vedere Stefano un po' di più come uomo, oltretutto con un culo davvero interessante per uno della sua età, e un po' meno come figura paterna, ma non mi sarei aspettata di condividere con lui scene anche peggiori di quella. Restai fino alla fine, quando lui lasció la donna legata li dopo averla frustata e posseduta. Rientrai di soppiatto, scoprendomi tra l'altro con un certo sconcerto bagnata, e la sera dopo Stefano con molto tatto mi fece capire che mi aveva vista, ma che non dovevo sentirmi in imbarazzo, e che se avessi ritenuto opportuno avrei potuto fare domande e chiedere dettagli. E lo feci, perché sapeva rendere qualsiasi situazione naturale. La vera svolta, l'inizio della nostra storia, avrebbe dovuto aspettare più di un anno, fino all'autunno successivo.
L'auto si mosse, e di fronte al mutismo di Carlo mi chiusi nei miei pensieri. il vialetto si inoltró per parecchio fuori dalla strada principale, e vidi la villa dopo una curva, nascosta alla vista dagli alberi. Era una struttura bassa, molto moderna. Ebbi un tuffo al cuore vedendo una ragazza, nuda e attaccata come un cavallo davanti ad un calesse, ed un uomo, pure lui nudo, appeso ad una croce eretta davanti alla villa. Ormai c'era poco che potessi fare era cercare di essere pronta per qualcosa che nemmeno le esperienze vissute con Stefano avrebbero potuto prepararmi completamente. Guardai Carlo, che al viso contratto per la tensione associava un inequivocabile gonfiore nei pantaloni.
- ormai è fatta, si va avanti.
- Qui potrai far vedere, spero per l'ultima volta, quanto tu sia puttana.
- Non sentirti meglio di me, e soprattutto meglio di lui. Lo vedo che sei arrapato da questa cosa. Almeno lui non si è mai comportato da ipocrita, e anche quando mi ha trattato da puttana mi ha fatto sentire la SUA puttana, che è tutta un'altra cosa.
- Tu lo ami ancora
- Sicuramente lo rispetto e gli voglio bene. Per l'amore, ti ricordo che l'ho lasciato spezzandogli il cuore per mettermi con te.
- ora basta. Andiamo
Scese dall'auto e venne ad aprirmi la portiera. Dalla casa uscì una donna in completo gonna e pantalone molto formale, con un collare ed un guinzaglio in mano. In piedi davanti a lei mi sentii ancora più nuda.
- vedo che non ha spiegato alla schiava la regola basilare della casa - sibiló rivolgendosi a Stefano con una voce bassa che mi risultó sgradevole - per questa volta non la punirò, ma non deve fissare una persona libera come ha fatto con me.
- Hai sentito? Tieni gli occhi bassi o ti metterai nei guai più di quanto non sia già.
- sai che non sarà per niente facile per me.
- vedo che abbiamo una ribelle - continuó la signora mentre mi allacciava il collare - meglio mettere in chiaro che questi comportamenti avranno delle conseguenze. Se lei è d'accordo procederei.
- nessun problema - sentenziò Carlo - è tutta sua, io vado in camera mia a rinfrescarmi.
La signora tirò il collare ci incamminammo nel piazzale. Da un'auto e ferma dietro la nostra stava scendendo una donna in lacrime.
- non di nuovo, ti scongiuro. Non questo posto - ma il suo acccompagnatore sembrava piuttosto scocciato per lo spettacolo. La ragazza cavallo era ancora al suo posto, con lo sguardo fisso a terra e i segni di forti scudisciate anche sul petto e sulle gambe
- Qui schiavi e schiave vengono trattati come tali, le punizioni sono reali, anche se naturalmente evitiamo di infliggere lesioni permanenti. Le frustate non sono i massaggi erotici a cui sarai stata abituata, e non verrai maltrattata, per così dire, da qualcuno che ti ama.
- che ne sa lei di come sono stata frustata? - con amore, ma Stefano amava molto vedere il mio corpo coprirsi di segni rossi. Ma aumentando la forza dei colpi che portava gradualmente così da abituarmi e farli diventare, in effetti, un rituale erotico. E non mi aveva mai punito per qualcosa. Ma tenni la testa alta, nonostante lo strattone che la signora diede al guinzaglio.
- con voi asiatiche non lo capisco mai, e anche il tuo corpo da ragazzina, quasi asessuato, non mi aiuta. Quanti anni hai, schiava?
- ventiquattro
- ventiquattro, signora. Se non sai come chiamare qualcuno, signora, domina o padrona sono gli appellativi con cui rivolgersi alle donne libere. E ancora una volta hai parlato senza permesso, sarà interessante vedere come passerai questo fine settimana.
Ero rimasta più dispiaciuta per il commento sulla mia assenza di seno che per la minaccia di punizioni - ora più reale che mai, dato che sotto alla croce mi stava aspettando una donna con una lunga frusta in mano - perché Stefano mi aveva fatto capire, ancora prima che ci mettessimo insieme, quanto gli piacesse il mio seno appena accennato. Gli piaceva vederlo, fotografarlo, giocarci, persino permettere ad altri di intravederlo, chiedendomi di indossare scollature che rischiassero di mostrarmi ad ogni movimento, o trasparenze che potevo mitigare solo con un xopricapezzoli. Ed in spiaggia, rigorosamente in topless. Tutto questo era stato poi apprezzato anche da Carlo, e guardandomi intorno, anche da molti altri.
La signora mi tolse le manette per legarmi le mani all'anella a cui erano bloccati i piedi del tipo sulla croce. Si lamentava debolmente, e notai che oltre alle corde a mani e piedi aveva una specie di piccolo sedile, da cui si sollevava di qualche centimetro facendo forza su braccia e gambe, per poi scendere di nuovo. In pratica era anche impalato, e si stava autoinculando, e mi domandai se lo stesse facendo per se, dato che nessuno sembrava osservarlo.
- Paola, una bella strigliata. Non ha ancora capito dove si trova.
- nessun problema - e poi rivolgendosi a me mi scherní - sentito tettona? Devo darti il benvenuto. Urla e muoviti se ti fa stare bene, ma se ti muovi troppo dovrò legarti anche i piedi. Se posso darti un suggerimento abbandonati al dolore. Se resisti sarà peggio
La signora mi lasciò alle cure di Paola, che si allontanò per iniziare il suo lavoro. Urlai da subito perché Paola faceva davvero male e si divertiva a farlo. Non mi mossi, ma gli occhi si riempirono di lacrime e mi seccó la bocca. Paola fece una pausa e si avvicinò, puntandomi il manico della frusta in mezzo alle natiche. Tutta la
schiena ed il culo bruciavano come non mi era mai capitato.
- ora ti allegherò per girarti. Ti hanno detto che gli schiavi ribelli fanno un giro lí sopra? Non è piacevole, per cui rimani ferma e girati soltanto.
Assentii con la testa
- si, va bene.
Paola mi staccò e riaattaccó i polsi all'anella
- mi sarei accontentata di un "signora", ma nemmeno quello evidentemente ti sembra dovuto. Pazienza, imparerai.
La fissai con aria di sfida, nonostante le lacrime, ed il dolore alla schiena aumentó per il contatto con il palo.
Le frustate erano peggiori perché le vedevo anche arrivare. Paola era una macchina, la vedevo colpirmi con metodo e senza sforzo apparente ma con la stessa forza dei colpi peggiori di Stefano. Alla fine del suo lavoro ero un pozzo di sangue, lacrime e dolore. Si avvicinò nuovamente, e questa volta il manico si forzó per alcuni millimetri fra la mie cosce. Mi sollevai sulle caviglie per sfuggire alla penetrazione, ma Paola mi fermó strizzandomi un capezzolo e tirandomi verso il basso.
- non hai tette cara, ma questi qui li hai anche tu. Ora chiamami con qualsiasi nome che non sia signora o padrona e riprendo con la frusta.
- no signora - dovetti forzarmi per non usare altri epiteti, ma la sopravvivenza ebbe il sopravvento.
- così va meglio. Ora ti staccherò da qui, tu ti metterai a quattro zampe e poi andremo alla casa senza ribellioni o colpi di testa. Chiaro?
Assentii di nuovo. Sarebbe stato peggio che all'andata, in cui almeno ero in piedi.
Scesi a terra appena libera e seguii Paola docilmente, senza guardare da nessuna parte. La parte peggiore fu il vialetto ghiaioso, e gli occhi delle persone di cui vidi solo i piedi, nudi o calzati che fossero.
- eccotela di nuovo
Una volta entrati, riconobbi le calzature di "signora"
- andrà un po' meglio?
- sai che sono convincente
Risero. Di me
- ora andiamo di sotto. Alzati, e mani dietro la schiena.
Feci come ordinato e fui riammanettata come all'inizio. Il salone era ipertecnologico, all'interno vari salottini, una specie di bar e una scrivania che forse funzionava da concierge. Ovunque c'erano attrezzi, ganci o anelli a cui schiavi e schiave potevano essere assicurati se non li si voleva accudire. Una era in quel momento legata ad una colonnina di acciaio. Quella che piangeva all'arrivo. Una donna un po' avanti con gli anni percorse lo spazio che la divideva dalla scrivania seguita da una giovane coppia di prigionieri con cui scambiai una fugace occhiata . Sembravano gemelli, e scoprii che in realtà lo erano.
Senza avvisi la signora mi strattonó incamminandosi verso un ascensore. Premette un pulsante ed iniziammo a scendere
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