Weekend di passione Pt.3
di
Numeroprimo encore
genere
sadomaso
Il sotterraneo iniziava con un corridoio di pochi metri con pareti e pavimento di cemento grezzo chiuso da un pesante portone di legno dall'aspetto antico, ma comandato da una serratura elettronica. Da lì il corridoio si diramava a semicerchio in due direzioni opposte, e prendemmo a sinistra. Il pavimento di legno attutiva il suono dei tacchi della signora, e la parete esterna era interrotta a intervalli regolari da sbarre metalliche, dietro cui si aprivano delle specie di celle, alcune delle quali impegnate da figure intraviste in penombra, probabilmente prigionieri in attesa. Dopo un altro portone simile al primo lo spazio si apriva per alcuni metri. Alle pareti di marmo erano appese foto di nudo con ragazze legate e scene di tortura, fortissime ma non volgari. Due ragazze con uno straccio avvolto intorno ai fianchi erano incatenate alle colonne che sostenevano una pesante tenda di velluto rosso, oltrepassata la quale mi trovai in una specie di teatro di forma circolare, la cui area centrale occupata da poltrone era delimitata da colonne, ad alcune delle quali erano già legate persone. La signora camminò nel corridoio centrale fin sotto il palco, accanto al quale si aprivano due porte identiche. Usammo quella di destra, e la signora mi fece cenno di inginocchiarmi accanto ad una donna bruna alla fine di una fila di una decina di prigionieri in attesa. Dietro una porta a vetri un prigioniero veniva lavato con una specie di idrante. Mi resi conto di dover fare la pipì, ma decisi di tenerla. Eravamo sorvegliati da quattro ragazze che indossavano leggings neri e stivali stiletto a mezza coscia e impugnavano fruste, e riconobbi quella che mi aveva frustato poco prima. Aveva un seno sostenuto a dispetto delle dimensioni, che però sembrava completamente naturale. Forse mi riconobbe, o forse fu irritata dal mio sguardo insistente perché mi si avvicinò chiedendomi se per caso volessi una rinfrescata ai segni che già portavo. Abbassai gli occhi con un cenno di diniego e lei si allontanò. A turno fummo portati dietro la porta a vetri, mentre altri prigionieri si aggiungevano a noi. L'acqua doveva essere refrigerata artificialmente, oppure arrivava da una falda sotterranea perché era davvero gelida, e sparata ad una pressione dolorosa da sostenere. Mi asciugarono la pelle, poi fui cosparsa da un olio lucido su tutto il corpo, ed i capelli mi furono legati in una coda alla sommità della testa, che venne irrigidita con una corda attorcigliata, come a formare una specie di manico.
- alla due - disse la signora a una delle ragazze in leggings e stivali, che mi allacciò collare, polsiere e cavigliere e mi tirò per il passaggio davanti al palco fino alla parte opposta. La platea iniziava a popolarsi, ed alcuni spettatori erano già intenti ad osservare i prigionieri legati alle colonne. La ragazza mi condusse a quella accanto al palco e mi appese i polsi all'anello in alto bloccandoli con un lucchetto e ripetendo l'operazione con i piedi. Gli spettatori iniziarono ad avvicinarsi anche a me, occhi mi osservavano e mani mi esploravano senza troppo riguardo. I commenti peggiori, prevedibilmente, riguardavano il mio seno poco pronunciato.
- fosse mia le farei una plastica, così sembra un maschio.
- si, il resto é spettacolare, ma quelle non si possono nemmeno chiamare tette.
- forse sono brufoli, bisognerebbe provare a schiacciarli.
Mentre cercavo di estraniarmi da quei commenti che avevo già sentito in passato, la vista di Carlo che entrava nel teatro mi raggelò, non tanto per lui che mi aspettavo di vedere lì per gustarsi la mia umiliazione, ma per la bionda che lo accompagnava. La sua ex, ovviamente. Dovevano avermi vista, ma prolungarono l'incontro fermandosi ad ogni colonna, a soppesare seni lui e maneggiare cazzi lei, che ad ogni prigioniero maschio si divertiva a provocare un'erezione per poi andarsene ridendo. Quando finalmente arrivarono da me fu banalmente offensiva, come mi aspettavo.
- eccola qui la tua troietta cinese. Bel culo e belle gambe, ma come hai fatto tutti i giochini che ti facevo io con quel tentativo di tette a disposizione?
Non preoccuparti, scrofa, che lo facevo più contento io di te a letto, pensai sfidandola ccon lo sguardo senza parlare. Mi tirò un ceffone a mano piena che fece comparire dal nulla una delle guardiane.
- signora, i prigionieri non possono essere percossi prima dell'acquisto. Può toccarli per qualsiasi valutazione, senza picchiarli.
La troia mi guardò per alcuni secondi, poi rivolse nuovamente la parola alla guardiana.
- amo la tortura ai seni. Posso pizzicarglieli per capire se é una che si lamenta oppure se sopporta bene?
- questo é permesso
Le mani della strega mi afferrarono i capezzoli e li tirarono e torsero per alcuni lunghissimi secondi, durante i quali cercai di restare imperturbabile, continuando a fissarla con la guancia che bruciava ancora.
- credo che possa bastare, signora - intimò la guardiana - la prego di interrompere.
La stronza mantenne la presa per un altro secondo, lasciandomi solo quando la guardiana iniziò ad alzare un braccio per allontanarla.
- signora, devo chiederle di fermarsi.
- puttana tu e lei - mormorò a voce bassa ma sufficiente per essere sentita da entrambe. Poi, rivolgendosi a Carlo che aveva assistito alla scena con un mezzo sorriso, continuò - devi proprio comprarmela, voglio divertirmi su di lei.
- dovrai pensarci con i tuoi soldi, io per portare qui te e lei ho già speso abbastanza per questo weekend.
- vabbè, non c'è problema. Tanto chi vuoi che la voglia? Cento euro e me la lavoro fino a domani sera. A più tardi, puttanella.
Meglio puttanella che vacca come te, pensai, ma la prospettiva di finire nelle sue mani mi fece risalire le lacrime che avevo respinto mentre mi strappava i capezzoli. Questo no, non lo meritavo. Sperai di piacere a qualcuno al punto da fargli spendere per me un euro più di quanto volesse sborsare lei. Se era tirchia come Carlo potevo avere una speranza, ma la sua sete di rivalsa sembrava in grado di farle sostenere una spesa considerevole. E ora avevo tre certezze: che stavo per essere venduta come un animale, che odiavo quella stronza, e che ero sulla buona strada per odiare anche Carlo, che tutto sommato quelle corna dimostrava di meritarlo.
La signora salì sul palco, e tutti sedettero. Le luci si abbassarono sulla platea, mentre dei faretti illuminavano le colonne e noi prigionieri. La signora ricordò a tutti che la merce venduta doveva essere pagata direttamente all'acquisto, e doveva essere restituita in condizioni accettabili al termine del giorno successivo. Facendo un cenno ad una delle guardiane, diede inizio al mercato degli schiavi, con una ragazza di colore dal fisico scultoreo, che strappò un prezzo di alcune migliaia di euro e venne portata via dalla coppia che l'aveva acquistata. Prese il suo posto la donna che avevo visto in lacrime poco dopo il mio arrivo, che andò invenduta.
- il proprietario la reclama per sé?
Non ci fu nessuna risposta dal pubblico. Forse chi l'aveva portata era lì per disfarsene, o come Carlo aveva già compagnia.
- alla croce - sentenziò la signora, e due guardiane si mossero per portare la donna in lacrime giù dal palco e fuori dal teatro.
L'asta proseguì, e io fui la quinta a salire. Dal palco si riusciva a vedere la platea, ma nonostante l'umiliazione cercai di tenere una postura tale da suscitare l'attenzione di qualche acquirente, per non finire tra le grinfie di Elisa.
La signora mi descrisse come una ribelle la cui apparenza esile nascondeva una resistenza inusitata al dolore.
- se vi piace l'idea di una puledrina che ha bisogno di essere domata, é l'acquisto che fa per voi. Base a cento euro.
- cento!
La voce della troia fu la prima a farsi sentire. Ovviamente. Ma un'altra voce femminile raddoppiò l'offerta. Grazie mille, non so chi sei, ma potrei arrivare a leccarti fino a corrodertela se mi porti via a quella bagascia.
- trecento
- quattrocento
- cinquecento
L'altra signora tacque, e nonostante il caldo ebbi un brivido freddo lungo la schiena. Feci per stringermi le mani al petto, come per scaldarmi, ma la guardiana accanto a me mi prese il braccio tirandomelo lungo il fianco.
- nessun'altra offerta?
Almeno non sarei finita sulla croce, mi dissi, ma la prospettiva di subire torture e umiliazioni da quella mi spaventava quasi di più.
- mille
Una voce che fu seguita da un mormorio della platea. Una voce che non sentivo da tempo. Stefano.
Un secondo dopo la stronza cercó di riprendersi l'osso
- millecento
- millecinquecento
Non si era spento l'eco della voce di Elisa prima del rilancio del mio salvatore, ancora solo in pectore. la persona che avevo ferito maggiormente nella mia vita. Voleva vendicarsi anche lui? Pazienza, forse lo meritavo anche, perché lo avevo lasciato davvero male, ragazzina che non aveva avuto la forza di sopportare i mesi di lontananza fra un incontro e l'altro. Meglio lui di lei. Ma come era arrivato lì?
- milleseicento
La gara continuava...
- Duemila
Stefano sembrava intenzionato a non mollare, e i suoi rialzi decisi davano l'impressione di voler tagliare le gambe alla rivale.
- duemilacento
- tremila
Tremila euro. Per me, per avermi in qualsiasi modo volesse. Quale che fosse il prezzo, se mi avesse vinta lui, mi ripromisi di restituirglieli. Stava bene ma non era ricco, Stefano, a meno di particolare fortuna negli ultimi anni, e non credo potesse andare molto oltre. La stronza invece aveva sempre fatto la mantenuta con i soldi di famiglia. Sperai che il portafogli di Stefano avesse la meglio sulla tirchieria dell'altra.
- Tremilacento
- cinquemila
Un "ooooh" del pubblico sottolineó il superamento del prezzo della ragazza nera con il corpo da dea.
- cinquemila euro per questa splendida orientale ribelle. La signora vuole rilanciare? O qualche altro offerente? Uno splendido articolo, signore e signori.
- cinquemilacento - la voce di Elisa si era fatta stridula per la rabbia.
La voce di Stefano invece sembrava quella calma e rassicurante di chi non può perdere.
- seimilacinquecento
Alcuni applaudirono. Si era arrivati al tifo da stadio. Sei grande amore, pensai, come se il tempo fosse tornato indietro.
- vaffanculo tu e lei
La voce della troia fu chiaramente percettibile nei secondi di silenzio della platea che seguiva con il fiato sospeso la tenzone.
- chiudo l'asta, seimilacinquecento euro al signore in fondo alla sala, che può avvicinarsi.
Un applauso scrosció dalle mani del pubblico mentre Stefano saliva sul palco. Era bello come lo ricordavo, forse persino più interessante. Sperai che gli occhi velati di lacrime non stessero facendomi prendere un abbaglio, ma sarei stata felice di vederlo anche se fosse stato sfregiato dall'acido. La guardiana mi stava unendo i polsi con un lucchetto, mentre Stefano porgeva la carta di credito alla signora, che gliela restituí insieme al guinzaglio con cui poteva portarmi con se. Vidi il suo sorriso quando con un dito sotto al mento mi fece sollevare la testa. Aveva il sorriso di chi è contento di rivederti, non di chi ha covato rabbia per essere stato abbandonato. La tensione ebbe la meglio, e scoppiai in singhiozzi convulsi.
- su su, non ora. Magari dopo...
Lasció il guinzaglio a pendere sul mio petto e mi cinse le spalle con un braccio perché lo seguissi. Cercai di darmi un contegno senza riuscirci.
- penseranno che tu abbia paura di me, se non la smetti. Chi era quella cretina isterica?
- dopo ti dico. Ora portami fuori da qui, dove vuoi.
- intanto nella mia camera
Nell'ascensore riuscii a ricompormi, ma non avevo ancora il coraggio di guardarlo. Lui, paziente come sempre con me, aspettava in silenzio.
- non sei contenta di vedermi? Almeno un po'?
Ti dovrei fare un monumento, altro che contenta. Cercai di sorridere senza scoppiare a piangere di nuovo
- più che contenta. Forse ti amo ancora, e devo scoprirlo così...
La notizia lo prese di sorpresa, o forse voleva che dicessi altro perché non rispose.
- sono stata troppo stupida per poter meritare il tuo perdono, ma sappi che ti sarò grata finché respiro per quello che hai fatto oggi. Potresti uccidermi oggi, e me ne andrei con un sorriso.
- esagerata come sempre. Non ho mai pensato di ucciderti - pausa ad effetto - torturarti si, ma solo perché piace anche a te, se non ricordo male.
- fammi quello che vuoi. Ti darò un weekend indimenticabile, e poi sarà quel che sarà. E ti ridarò i soldi che hai speso...
- ma non dire cazzate, quali soldi? Il gusto di vedere la faccia di quel coglione con cui ti sei messa quando si è chiusa l'asta li è valsi tutti.
Già, Carlo...che imbecille. E che idiota io. Però il male di essere portata li mi aveva fatto ritrovare Stefano, e capire varie cose.
Seguii Stefano senza bisogno di essere tenuta al guinzaglio fino alla porta della sua camera.
- qui per ora entri come schiava - disse allungando lentamente la mano verso il cuoio - e ti tratteró da schiava, ma non voglio che tu subisca qualsiasi cosa pensando che ti ho comprata.
- con quello che hai speso potevi comprare una moto...
- sarei arrivato a ventimila senza un pensiero. Forse oltre, se necessario. Lascia pure che Carlo si compri un'auto, o quel cazzo che vuole. Visto che mi ha invitato lui qui, volevo fargli vedere chi sono.
- i soldi vanno a lui? Pezzo di merda. E come sarebbe che ti ha invitato lui?
- i soldi quasi tutti a lui. E mi ha mandato una mail in settimana per avvisarmi sulle sue intenzioni.
- ma tu guarda 'sto pezzente imbecille.
- tu ci sei stata, preferendolo a me. La vita è fatta di scelte...
Stefano rideva, ma io ero mortificata.
- ora ti lasceró vendicare come vorrai. Non mi lamenterò troppo, te lo giuro.
- se avessi voluto vendicarmi ti avrei lasciata a quella lá. Dalla faccia voleva scorticati. Chi è, una ex del coglione, immagino.
- quella mollata per mettersi con me, infatti.
- Ne ero certo.
La camera era un mini dungeon con un letto a baldacchino, ornato di anelli in vari punti. Un cerchio di metallo che sembrava un giroscopio poteva permettere di legare un prigioniero al suo interno a varie larghezze di braccia e gambe e ruotarlo in tutte le direzioni, ma c'erano anche un cavalletto e una sedia con schienale molto alto e bracciali per gli arti ed il corpo. Una gabbia faceva bella mostra di sé in un angolo, e perfino sotto il letto era ricavata un'altra gabbia in cui far accomodare un prigioniero obbligandolo a stare a quattro zampe.
Mentre osservavo gli strumenti che probabilmente avrei sperimentato uno alla volta, Stefano mi liberò da tutto quello che indossavo.
- cosa vuoi che faccia ora?
- una doccia! Ma non sciogliere i capelli, mi piace quel manico.
- immagino per cosa...
- ricordo la tua bocca, ma non é per quello che pensi tu. Non solo, almeno.
Mi ero ripresa, e andai sculettando un po' verso il bagno, per scrollarmi via da dosso con l'acqua che scrosciò sul mio corpo quelle ore.
Tornai nella camera trovando Stefano ancora vestito, che mi aspettava accanto a uno sgabello.
- mettiti qui ora.
Mi inginocchiai docilmente poggiando il ventre sul sedile.
- mi farai molto male?
- mi piace abusare di te, questo lo sai. Con Carlo facevi queste cose?
- no, sesso tradizionale a oltranza.
- bravo?
- non male, rispetto a te riusciva a farlo più volte, ma con meno durata, se proprio vuoi sapere.
Stefano mi legó facendomi tenere il busto orizzontale, con i polsi lontani dal corpo a sostenerne tutto il peso, e bloccò le ginocchia alle zampe dello sgabello.
- sarà un po' faticoso stare così
- e sei totalmente accessibile. Posso fare quello che voglio a quel corpicino - Stefano mi girava intorno come un simpatico squalo, e tornò davanti a me con il cellulare in mano.
- vuoi salutarlo? O riprendo tutto e glielo mando dopo?
- sei perfido però.
- mi piacerebbe che vedesse cosa ha perso. Sembra giusto...niente telefonata, abbiamo parlato anche troppo di lui.
Prese da un cassetto due morsetti a coccodrillo e me li serrò sui capezzoli, aggiungendo due pesi che fece oscillare mentre mi lamentavo. Mi baciò, a lungo, tenendomi la testa alta impugnando la coda. Poi si alzò, per tornare con due grosse candele che lasciò, accese ai lati dello sgabello, e prese dall'armadio un gatto a nove code, con cui si mise dietro al mio campo visivo.
- bella vista da qui.
- approfittane pure, sono...
Volevo dirgli "sono solo tua", ma una frustata piuttosto secca non mi fece finire la frase. Subito dopo mi accarezzò i reni, come per farsi perdonare il colpo troppo forte ed improvviso.
- non dirmi che sei mia. Ora è mio solo il tuo corpo, e sai che non mi basterebbe.
Le carezze continuarono, ed io ebbi un brivido, come una scarica elettrica ovunque mi toccasse. Inarcai la schiena seguendo il passaggio delle sue dita, facendo forza sui polsi.
Si staccò da me, e mi frustó a lungo, iniziando con sferzate lievi che colpo dopo colpo prendevano vigore. La schiena, il culo e le cosce non furono risparmiate, e quando si concentró sul solco tra le natiche cercai di inarcarmi per dargli più spazio da colpire, ma le scudisciate iniziavano ad essere troppo forti per mantenere una posizione stabile. Al tempo stesso, ad ogni movimento i morsetti penzolavano avanti ed indietro, tirandomi i capezzoli verso il basso e torcendoli, impedendomi di abituarmi al loro doloroso bacio.
Fu anche peggio quando passò davanti a me per frustarmi il petto, colpendo i morsetti ed infilandomeli ancora di più nella carne. Si interrompeva spesso, e ogni volta che mi passava le mani sui solchi che aveva causato mi esplorava la bocca con la lingua. Era dolce ma impetuoso, era Stefano. Lasciò lo staffile e si sbottonò i pantaloni. Era duro, ma prima di offrirlo alla mia bocca già aperta ed in attesa afferrò le due candele e si mise a colare sulla mia schiena. La fiamma doveva essere vicinissima alla pelle perché la sentivo passare, e quella cera era particolarmente dolorosa e dal calore persistente. Senza mani cercai il suo cazzo con le labbra, e lui diede un leggero colpo di reni quando sentì il caldo umido della mia lingua giocare sul suo glande. Ricordai che a lui piaceva sentire scorrere i denti sul cazzo, forse anche perché con un arnese così grosso non sarei riuscita a non toccarlo, anche spalancando la mandibola al massimo. Mugolavo per il bruciore della cera sulla pelle ferita, ma iniziavo a desiderare che mi prendesse.
Mi appoggiò le candele sulla schiena e mi tolse entrambi i morsetti all'improvviso. Gridai nei pochi secondi di dolore lancinante, continuando però a pompare con la testa, poi il dolore si tramutò in una sensibilità amplificata. Stefano però dopo avermi massaggiato delicatamente i capezzoli si staccò da me, mi fece osservare mentre lo ruotava fra le dita per avvicinarmeli di nuovo.
- non vuoi farlo...
- oh sì che voglio...
Cercai invano di sottrarmi a quella tortura rinnovata, e strinsi i denti cercando di sopportare.
- ora fa più male di quando li ho tolti, vero?
- questo non lo avevi mai fatto - mormorai mentre le lacrime scendevano sul pavimento.
- niente che tu non riesca a sopportare, o le tolgo?
- ce la faccio...
Non so per quanto, sembravano sul punto di strapparmi, ma mi fidai di lui. Non mi avrebbe mai fatto male gratuitamente e in modo serio.
- la fiducia é tutto per una slave...
Si aiutò con la mano per rimettermi il cazzo in bocca. Ricordavo il suo sapore dolciastro, era gradevole e mi era mancato. Riprese la colatura della cera rimpiendomi ogni centimetro di pelle come se stesse disegnando. Era quasi piacevole. Dopo pochi minuti si staccò nuovamente. Ma quanto resisteva?
- ora li tolgo e non te li metto più per oggi. Farò piano ma farà male comunque.
- credi che non lo saaaahhhhcazzocazzocazzooooo...
Aveva aperto un solo morsetto, ed ora stava ridendo come un pazzo.
- diochemale...fai qualcosa ti prego.
Scese sotto di me a controllare da vicino.
- brucia solo, non ti ho bucato la pelle. Ti ricordavo più resistente...
- non mi hai mai martoriato le tette così però.
Ora ridevo anche io, a denti stretti pensando che un morsetto era ancora al suo posto.
Stefano mi solleticò con la lingua prima la punta del capezzolo e poi tutto, lambendo l'areola e massaggiandomi con le labbra e la lingua senza succhiare.
- questo é carino...
Ero così sensibile che sentii i brividi su tutto il corpo fino all'inguine. Lo volevo.
- ora l'altro. Conta fino a tre
- ok, non fare scherzi però.
- no...
- uno, porcaputtanabastardochesei! Ahhhh!
Mi morsi la lingua mentre lui tornava sotto di me a lenire il dolore, e sfiorando con le dita il primo capezzolo liberato. Il bruciore svanì più rapidamente, ora che sapevo di essere esentata fino al giorno dopo da quella pena. Si alzò tornandomi dietro.
- ma questo culetto? Cosa posso fargli adesso?
- so già cosa vuoi fargli.
- ohh, anche qui qualche novità, cucciola.
- davvero? Vuoi dire che non mi inculi?
- non subito.
Il primo scapaccione fu abbastanza lieve, una carezza un po' ruvida. Poi un crescendo di schiaffoni sulle chiappe che mi si intorpidirono rapidamente, ma senza attenuazione del bruciore che aumentava fino al limite sopportabile. Le gambe cominciarono a tremare senza controllo, e ad ogni colpo gli gridavo di smettere piangendo.
- sai che non smetterò finché non sarà come mi serve.
Ad un certo punto sentii come se il cuore mi si fosse trasferito fra le natiche. Stavo pulsando, e lui se ne accorse.
- eccoci, ora sei pronta.
Lo sentii inginocchiarsi dietro di me e sentii appena il suo cazzo puntato sul mio ano, prima di premere ed entrare, dolorosamente ma senza forzare. Strano, dopo di lui non avevo mai fatto sesso anale, a Carlo faceva schifo. Peggio per lui, a me per certi versi piaceva più del sesso vaginale, per quella sensazione di possesso belluino che lascia quando sei presa così. A Stefano piaceva infinitamente. Mi abbandonai alle corde, come un uccello dalle ali aperte nella corrente del piacere che stava montando con le spinte dei reni di Stefano. I miei orgasmi anali erano sempre stati una violenta scarica elettrica che mi girava nel ventre e colpiva il clitoride come di rimbalzo, che solitamente Stefano mi toccava, quando non lo facevo io, per amplificare la sensazione. Mi era capitato di dover togliere la mano perché era troppo. Questa volta lo sentii allungare le mani sul mio collo, stringerle fino a lasciarmi senza fiato.
- no - grugnii debolmente per la mancanza di fiato. Lui tirò la mia coda di corda e capelli facendomi alzare la testa, e con l'altra mano mi afferrò la gola da davanti, facendosi aiutare dal mio peso a togliermi l'approvvigionamento d'aria. Dopo un lungo attimo di panico sentii calore in tutto il corpo, e pensai che se stavo per morire non era così male. Il campo visivo si strinse come se si stesse spegnendo la luce, e Stefano lasciò la presa per un attimo in cui potei inspirare completamente. Richiuse la mano, un po' meno energicamente di prima, e la sensazione di benessere tornò, cullata in un mare d'aria mentre con gli occhi chiusi vedevo disegni multicolori formarsi nel mio campo visivo, e appena si ammorbidì la presa quel mosaico multicolore si frantumò in schegge impazzite che andavano in tutte le direzioni.
- ora tocca a me, ho fatto fatica a resistere.
Venne quasi subito, tanto e a lungo.
Si alzò lasciandomi li, sfinita, e tornò dopo qualche minuto.
- avrai fame - disse dopo un bacio mettendosi a sedere accanto a me.
- non mangio dalle cinque di stamattina, vedi tu.
- sushi?
- ce l'hanno?
- in qualche modo faranno.
Mi accarezzò la testa e il viso per tutto il tempo della telefonata. Incredibile come si ricordasse quello che mi piaceva. O forse non così incredibile. Era lui ad essere incredibile.
- ma non mi sleghi? Dovrò mangiare così? - chiesi ad un certo punto mentre avevamo iniziato a parlare di mille cazzate.
- uhmmm, non lo so ancora, ma é possibile. Sicuramente non ti muovi da lì fino a che non ci portano da mangiare. Se vuoi gioco ancora un po' però...
- se posso scegliere prenderei una pausa. É stata una mattina lunga
- visto che sono le cinque e mezza, é stata una giornata lunga. Poi c'è la serata, la notte, domani...però ti lascio lì lo stesso.
Continua
- alla due - disse la signora a una delle ragazze in leggings e stivali, che mi allacciò collare, polsiere e cavigliere e mi tirò per il passaggio davanti al palco fino alla parte opposta. La platea iniziava a popolarsi, ed alcuni spettatori erano già intenti ad osservare i prigionieri legati alle colonne. La ragazza mi condusse a quella accanto al palco e mi appese i polsi all'anello in alto bloccandoli con un lucchetto e ripetendo l'operazione con i piedi. Gli spettatori iniziarono ad avvicinarsi anche a me, occhi mi osservavano e mani mi esploravano senza troppo riguardo. I commenti peggiori, prevedibilmente, riguardavano il mio seno poco pronunciato.
- fosse mia le farei una plastica, così sembra un maschio.
- si, il resto é spettacolare, ma quelle non si possono nemmeno chiamare tette.
- forse sono brufoli, bisognerebbe provare a schiacciarli.
Mentre cercavo di estraniarmi da quei commenti che avevo già sentito in passato, la vista di Carlo che entrava nel teatro mi raggelò, non tanto per lui che mi aspettavo di vedere lì per gustarsi la mia umiliazione, ma per la bionda che lo accompagnava. La sua ex, ovviamente. Dovevano avermi vista, ma prolungarono l'incontro fermandosi ad ogni colonna, a soppesare seni lui e maneggiare cazzi lei, che ad ogni prigioniero maschio si divertiva a provocare un'erezione per poi andarsene ridendo. Quando finalmente arrivarono da me fu banalmente offensiva, come mi aspettavo.
- eccola qui la tua troietta cinese. Bel culo e belle gambe, ma come hai fatto tutti i giochini che ti facevo io con quel tentativo di tette a disposizione?
Non preoccuparti, scrofa, che lo facevo più contento io di te a letto, pensai sfidandola ccon lo sguardo senza parlare. Mi tirò un ceffone a mano piena che fece comparire dal nulla una delle guardiane.
- signora, i prigionieri non possono essere percossi prima dell'acquisto. Può toccarli per qualsiasi valutazione, senza picchiarli.
La troia mi guardò per alcuni secondi, poi rivolse nuovamente la parola alla guardiana.
- amo la tortura ai seni. Posso pizzicarglieli per capire se é una che si lamenta oppure se sopporta bene?
- questo é permesso
Le mani della strega mi afferrarono i capezzoli e li tirarono e torsero per alcuni lunghissimi secondi, durante i quali cercai di restare imperturbabile, continuando a fissarla con la guancia che bruciava ancora.
- credo che possa bastare, signora - intimò la guardiana - la prego di interrompere.
La stronza mantenne la presa per un altro secondo, lasciandomi solo quando la guardiana iniziò ad alzare un braccio per allontanarla.
- signora, devo chiederle di fermarsi.
- puttana tu e lei - mormorò a voce bassa ma sufficiente per essere sentita da entrambe. Poi, rivolgendosi a Carlo che aveva assistito alla scena con un mezzo sorriso, continuò - devi proprio comprarmela, voglio divertirmi su di lei.
- dovrai pensarci con i tuoi soldi, io per portare qui te e lei ho già speso abbastanza per questo weekend.
- vabbè, non c'è problema. Tanto chi vuoi che la voglia? Cento euro e me la lavoro fino a domani sera. A più tardi, puttanella.
Meglio puttanella che vacca come te, pensai, ma la prospettiva di finire nelle sue mani mi fece risalire le lacrime che avevo respinto mentre mi strappava i capezzoli. Questo no, non lo meritavo. Sperai di piacere a qualcuno al punto da fargli spendere per me un euro più di quanto volesse sborsare lei. Se era tirchia come Carlo potevo avere una speranza, ma la sua sete di rivalsa sembrava in grado di farle sostenere una spesa considerevole. E ora avevo tre certezze: che stavo per essere venduta come un animale, che odiavo quella stronza, e che ero sulla buona strada per odiare anche Carlo, che tutto sommato quelle corna dimostrava di meritarlo.
La signora salì sul palco, e tutti sedettero. Le luci si abbassarono sulla platea, mentre dei faretti illuminavano le colonne e noi prigionieri. La signora ricordò a tutti che la merce venduta doveva essere pagata direttamente all'acquisto, e doveva essere restituita in condizioni accettabili al termine del giorno successivo. Facendo un cenno ad una delle guardiane, diede inizio al mercato degli schiavi, con una ragazza di colore dal fisico scultoreo, che strappò un prezzo di alcune migliaia di euro e venne portata via dalla coppia che l'aveva acquistata. Prese il suo posto la donna che avevo visto in lacrime poco dopo il mio arrivo, che andò invenduta.
- il proprietario la reclama per sé?
Non ci fu nessuna risposta dal pubblico. Forse chi l'aveva portata era lì per disfarsene, o come Carlo aveva già compagnia.
- alla croce - sentenziò la signora, e due guardiane si mossero per portare la donna in lacrime giù dal palco e fuori dal teatro.
L'asta proseguì, e io fui la quinta a salire. Dal palco si riusciva a vedere la platea, ma nonostante l'umiliazione cercai di tenere una postura tale da suscitare l'attenzione di qualche acquirente, per non finire tra le grinfie di Elisa.
La signora mi descrisse come una ribelle la cui apparenza esile nascondeva una resistenza inusitata al dolore.
- se vi piace l'idea di una puledrina che ha bisogno di essere domata, é l'acquisto che fa per voi. Base a cento euro.
- cento!
La voce della troia fu la prima a farsi sentire. Ovviamente. Ma un'altra voce femminile raddoppiò l'offerta. Grazie mille, non so chi sei, ma potrei arrivare a leccarti fino a corrodertela se mi porti via a quella bagascia.
- trecento
- quattrocento
- cinquecento
L'altra signora tacque, e nonostante il caldo ebbi un brivido freddo lungo la schiena. Feci per stringermi le mani al petto, come per scaldarmi, ma la guardiana accanto a me mi prese il braccio tirandomelo lungo il fianco.
- nessun'altra offerta?
Almeno non sarei finita sulla croce, mi dissi, ma la prospettiva di subire torture e umiliazioni da quella mi spaventava quasi di più.
- mille
Una voce che fu seguita da un mormorio della platea. Una voce che non sentivo da tempo. Stefano.
Un secondo dopo la stronza cercó di riprendersi l'osso
- millecento
- millecinquecento
Non si era spento l'eco della voce di Elisa prima del rilancio del mio salvatore, ancora solo in pectore. la persona che avevo ferito maggiormente nella mia vita. Voleva vendicarsi anche lui? Pazienza, forse lo meritavo anche, perché lo avevo lasciato davvero male, ragazzina che non aveva avuto la forza di sopportare i mesi di lontananza fra un incontro e l'altro. Meglio lui di lei. Ma come era arrivato lì?
- milleseicento
La gara continuava...
- Duemila
Stefano sembrava intenzionato a non mollare, e i suoi rialzi decisi davano l'impressione di voler tagliare le gambe alla rivale.
- duemilacento
- tremila
Tremila euro. Per me, per avermi in qualsiasi modo volesse. Quale che fosse il prezzo, se mi avesse vinta lui, mi ripromisi di restituirglieli. Stava bene ma non era ricco, Stefano, a meno di particolare fortuna negli ultimi anni, e non credo potesse andare molto oltre. La stronza invece aveva sempre fatto la mantenuta con i soldi di famiglia. Sperai che il portafogli di Stefano avesse la meglio sulla tirchieria dell'altra.
- Tremilacento
- cinquemila
Un "ooooh" del pubblico sottolineó il superamento del prezzo della ragazza nera con il corpo da dea.
- cinquemila euro per questa splendida orientale ribelle. La signora vuole rilanciare? O qualche altro offerente? Uno splendido articolo, signore e signori.
- cinquemilacento - la voce di Elisa si era fatta stridula per la rabbia.
La voce di Stefano invece sembrava quella calma e rassicurante di chi non può perdere.
- seimilacinquecento
Alcuni applaudirono. Si era arrivati al tifo da stadio. Sei grande amore, pensai, come se il tempo fosse tornato indietro.
- vaffanculo tu e lei
La voce della troia fu chiaramente percettibile nei secondi di silenzio della platea che seguiva con il fiato sospeso la tenzone.
- chiudo l'asta, seimilacinquecento euro al signore in fondo alla sala, che può avvicinarsi.
Un applauso scrosció dalle mani del pubblico mentre Stefano saliva sul palco. Era bello come lo ricordavo, forse persino più interessante. Sperai che gli occhi velati di lacrime non stessero facendomi prendere un abbaglio, ma sarei stata felice di vederlo anche se fosse stato sfregiato dall'acido. La guardiana mi stava unendo i polsi con un lucchetto, mentre Stefano porgeva la carta di credito alla signora, che gliela restituí insieme al guinzaglio con cui poteva portarmi con se. Vidi il suo sorriso quando con un dito sotto al mento mi fece sollevare la testa. Aveva il sorriso di chi è contento di rivederti, non di chi ha covato rabbia per essere stato abbandonato. La tensione ebbe la meglio, e scoppiai in singhiozzi convulsi.
- su su, non ora. Magari dopo...
Lasció il guinzaglio a pendere sul mio petto e mi cinse le spalle con un braccio perché lo seguissi. Cercai di darmi un contegno senza riuscirci.
- penseranno che tu abbia paura di me, se non la smetti. Chi era quella cretina isterica?
- dopo ti dico. Ora portami fuori da qui, dove vuoi.
- intanto nella mia camera
Nell'ascensore riuscii a ricompormi, ma non avevo ancora il coraggio di guardarlo. Lui, paziente come sempre con me, aspettava in silenzio.
- non sei contenta di vedermi? Almeno un po'?
Ti dovrei fare un monumento, altro che contenta. Cercai di sorridere senza scoppiare a piangere di nuovo
- più che contenta. Forse ti amo ancora, e devo scoprirlo così...
La notizia lo prese di sorpresa, o forse voleva che dicessi altro perché non rispose.
- sono stata troppo stupida per poter meritare il tuo perdono, ma sappi che ti sarò grata finché respiro per quello che hai fatto oggi. Potresti uccidermi oggi, e me ne andrei con un sorriso.
- esagerata come sempre. Non ho mai pensato di ucciderti - pausa ad effetto - torturarti si, ma solo perché piace anche a te, se non ricordo male.
- fammi quello che vuoi. Ti darò un weekend indimenticabile, e poi sarà quel che sarà. E ti ridarò i soldi che hai speso...
- ma non dire cazzate, quali soldi? Il gusto di vedere la faccia di quel coglione con cui ti sei messa quando si è chiusa l'asta li è valsi tutti.
Già, Carlo...che imbecille. E che idiota io. Però il male di essere portata li mi aveva fatto ritrovare Stefano, e capire varie cose.
Seguii Stefano senza bisogno di essere tenuta al guinzaglio fino alla porta della sua camera.
- qui per ora entri come schiava - disse allungando lentamente la mano verso il cuoio - e ti tratteró da schiava, ma non voglio che tu subisca qualsiasi cosa pensando che ti ho comprata.
- con quello che hai speso potevi comprare una moto...
- sarei arrivato a ventimila senza un pensiero. Forse oltre, se necessario. Lascia pure che Carlo si compri un'auto, o quel cazzo che vuole. Visto che mi ha invitato lui qui, volevo fargli vedere chi sono.
- i soldi vanno a lui? Pezzo di merda. E come sarebbe che ti ha invitato lui?
- i soldi quasi tutti a lui. E mi ha mandato una mail in settimana per avvisarmi sulle sue intenzioni.
- ma tu guarda 'sto pezzente imbecille.
- tu ci sei stata, preferendolo a me. La vita è fatta di scelte...
Stefano rideva, ma io ero mortificata.
- ora ti lasceró vendicare come vorrai. Non mi lamenterò troppo, te lo giuro.
- se avessi voluto vendicarmi ti avrei lasciata a quella lá. Dalla faccia voleva scorticati. Chi è, una ex del coglione, immagino.
- quella mollata per mettersi con me, infatti.
- Ne ero certo.
La camera era un mini dungeon con un letto a baldacchino, ornato di anelli in vari punti. Un cerchio di metallo che sembrava un giroscopio poteva permettere di legare un prigioniero al suo interno a varie larghezze di braccia e gambe e ruotarlo in tutte le direzioni, ma c'erano anche un cavalletto e una sedia con schienale molto alto e bracciali per gli arti ed il corpo. Una gabbia faceva bella mostra di sé in un angolo, e perfino sotto il letto era ricavata un'altra gabbia in cui far accomodare un prigioniero obbligandolo a stare a quattro zampe.
Mentre osservavo gli strumenti che probabilmente avrei sperimentato uno alla volta, Stefano mi liberò da tutto quello che indossavo.
- cosa vuoi che faccia ora?
- una doccia! Ma non sciogliere i capelli, mi piace quel manico.
- immagino per cosa...
- ricordo la tua bocca, ma non é per quello che pensi tu. Non solo, almeno.
Mi ero ripresa, e andai sculettando un po' verso il bagno, per scrollarmi via da dosso con l'acqua che scrosciò sul mio corpo quelle ore.
Tornai nella camera trovando Stefano ancora vestito, che mi aspettava accanto a uno sgabello.
- mettiti qui ora.
Mi inginocchiai docilmente poggiando il ventre sul sedile.
- mi farai molto male?
- mi piace abusare di te, questo lo sai. Con Carlo facevi queste cose?
- no, sesso tradizionale a oltranza.
- bravo?
- non male, rispetto a te riusciva a farlo più volte, ma con meno durata, se proprio vuoi sapere.
Stefano mi legó facendomi tenere il busto orizzontale, con i polsi lontani dal corpo a sostenerne tutto il peso, e bloccò le ginocchia alle zampe dello sgabello.
- sarà un po' faticoso stare così
- e sei totalmente accessibile. Posso fare quello che voglio a quel corpicino - Stefano mi girava intorno come un simpatico squalo, e tornò davanti a me con il cellulare in mano.
- vuoi salutarlo? O riprendo tutto e glielo mando dopo?
- sei perfido però.
- mi piacerebbe che vedesse cosa ha perso. Sembra giusto...niente telefonata, abbiamo parlato anche troppo di lui.
Prese da un cassetto due morsetti a coccodrillo e me li serrò sui capezzoli, aggiungendo due pesi che fece oscillare mentre mi lamentavo. Mi baciò, a lungo, tenendomi la testa alta impugnando la coda. Poi si alzò, per tornare con due grosse candele che lasciò, accese ai lati dello sgabello, e prese dall'armadio un gatto a nove code, con cui si mise dietro al mio campo visivo.
- bella vista da qui.
- approfittane pure, sono...
Volevo dirgli "sono solo tua", ma una frustata piuttosto secca non mi fece finire la frase. Subito dopo mi accarezzò i reni, come per farsi perdonare il colpo troppo forte ed improvviso.
- non dirmi che sei mia. Ora è mio solo il tuo corpo, e sai che non mi basterebbe.
Le carezze continuarono, ed io ebbi un brivido, come una scarica elettrica ovunque mi toccasse. Inarcai la schiena seguendo il passaggio delle sue dita, facendo forza sui polsi.
Si staccò da me, e mi frustó a lungo, iniziando con sferzate lievi che colpo dopo colpo prendevano vigore. La schiena, il culo e le cosce non furono risparmiate, e quando si concentró sul solco tra le natiche cercai di inarcarmi per dargli più spazio da colpire, ma le scudisciate iniziavano ad essere troppo forti per mantenere una posizione stabile. Al tempo stesso, ad ogni movimento i morsetti penzolavano avanti ed indietro, tirandomi i capezzoli verso il basso e torcendoli, impedendomi di abituarmi al loro doloroso bacio.
Fu anche peggio quando passò davanti a me per frustarmi il petto, colpendo i morsetti ed infilandomeli ancora di più nella carne. Si interrompeva spesso, e ogni volta che mi passava le mani sui solchi che aveva causato mi esplorava la bocca con la lingua. Era dolce ma impetuoso, era Stefano. Lasciò lo staffile e si sbottonò i pantaloni. Era duro, ma prima di offrirlo alla mia bocca già aperta ed in attesa afferrò le due candele e si mise a colare sulla mia schiena. La fiamma doveva essere vicinissima alla pelle perché la sentivo passare, e quella cera era particolarmente dolorosa e dal calore persistente. Senza mani cercai il suo cazzo con le labbra, e lui diede un leggero colpo di reni quando sentì il caldo umido della mia lingua giocare sul suo glande. Ricordai che a lui piaceva sentire scorrere i denti sul cazzo, forse anche perché con un arnese così grosso non sarei riuscita a non toccarlo, anche spalancando la mandibola al massimo. Mugolavo per il bruciore della cera sulla pelle ferita, ma iniziavo a desiderare che mi prendesse.
Mi appoggiò le candele sulla schiena e mi tolse entrambi i morsetti all'improvviso. Gridai nei pochi secondi di dolore lancinante, continuando però a pompare con la testa, poi il dolore si tramutò in una sensibilità amplificata. Stefano però dopo avermi massaggiato delicatamente i capezzoli si staccò da me, mi fece osservare mentre lo ruotava fra le dita per avvicinarmeli di nuovo.
- non vuoi farlo...
- oh sì che voglio...
Cercai invano di sottrarmi a quella tortura rinnovata, e strinsi i denti cercando di sopportare.
- ora fa più male di quando li ho tolti, vero?
- questo non lo avevi mai fatto - mormorai mentre le lacrime scendevano sul pavimento.
- niente che tu non riesca a sopportare, o le tolgo?
- ce la faccio...
Non so per quanto, sembravano sul punto di strapparmi, ma mi fidai di lui. Non mi avrebbe mai fatto male gratuitamente e in modo serio.
- la fiducia é tutto per una slave...
Si aiutò con la mano per rimettermi il cazzo in bocca. Ricordavo il suo sapore dolciastro, era gradevole e mi era mancato. Riprese la colatura della cera rimpiendomi ogni centimetro di pelle come se stesse disegnando. Era quasi piacevole. Dopo pochi minuti si staccò nuovamente. Ma quanto resisteva?
- ora li tolgo e non te li metto più per oggi. Farò piano ma farà male comunque.
- credi che non lo saaaahhhhcazzocazzocazzooooo...
Aveva aperto un solo morsetto, ed ora stava ridendo come un pazzo.
- diochemale...fai qualcosa ti prego.
Scese sotto di me a controllare da vicino.
- brucia solo, non ti ho bucato la pelle. Ti ricordavo più resistente...
- non mi hai mai martoriato le tette così però.
Ora ridevo anche io, a denti stretti pensando che un morsetto era ancora al suo posto.
Stefano mi solleticò con la lingua prima la punta del capezzolo e poi tutto, lambendo l'areola e massaggiandomi con le labbra e la lingua senza succhiare.
- questo é carino...
Ero così sensibile che sentii i brividi su tutto il corpo fino all'inguine. Lo volevo.
- ora l'altro. Conta fino a tre
- ok, non fare scherzi però.
- no...
- uno, porcaputtanabastardochesei! Ahhhh!
Mi morsi la lingua mentre lui tornava sotto di me a lenire il dolore, e sfiorando con le dita il primo capezzolo liberato. Il bruciore svanì più rapidamente, ora che sapevo di essere esentata fino al giorno dopo da quella pena. Si alzò tornandomi dietro.
- ma questo culetto? Cosa posso fargli adesso?
- so già cosa vuoi fargli.
- ohh, anche qui qualche novità, cucciola.
- davvero? Vuoi dire che non mi inculi?
- non subito.
Il primo scapaccione fu abbastanza lieve, una carezza un po' ruvida. Poi un crescendo di schiaffoni sulle chiappe che mi si intorpidirono rapidamente, ma senza attenuazione del bruciore che aumentava fino al limite sopportabile. Le gambe cominciarono a tremare senza controllo, e ad ogni colpo gli gridavo di smettere piangendo.
- sai che non smetterò finché non sarà come mi serve.
Ad un certo punto sentii come se il cuore mi si fosse trasferito fra le natiche. Stavo pulsando, e lui se ne accorse.
- eccoci, ora sei pronta.
Lo sentii inginocchiarsi dietro di me e sentii appena il suo cazzo puntato sul mio ano, prima di premere ed entrare, dolorosamente ma senza forzare. Strano, dopo di lui non avevo mai fatto sesso anale, a Carlo faceva schifo. Peggio per lui, a me per certi versi piaceva più del sesso vaginale, per quella sensazione di possesso belluino che lascia quando sei presa così. A Stefano piaceva infinitamente. Mi abbandonai alle corde, come un uccello dalle ali aperte nella corrente del piacere che stava montando con le spinte dei reni di Stefano. I miei orgasmi anali erano sempre stati una violenta scarica elettrica che mi girava nel ventre e colpiva il clitoride come di rimbalzo, che solitamente Stefano mi toccava, quando non lo facevo io, per amplificare la sensazione. Mi era capitato di dover togliere la mano perché era troppo. Questa volta lo sentii allungare le mani sul mio collo, stringerle fino a lasciarmi senza fiato.
- no - grugnii debolmente per la mancanza di fiato. Lui tirò la mia coda di corda e capelli facendomi alzare la testa, e con l'altra mano mi afferrò la gola da davanti, facendosi aiutare dal mio peso a togliermi l'approvvigionamento d'aria. Dopo un lungo attimo di panico sentii calore in tutto il corpo, e pensai che se stavo per morire non era così male. Il campo visivo si strinse come se si stesse spegnendo la luce, e Stefano lasciò la presa per un attimo in cui potei inspirare completamente. Richiuse la mano, un po' meno energicamente di prima, e la sensazione di benessere tornò, cullata in un mare d'aria mentre con gli occhi chiusi vedevo disegni multicolori formarsi nel mio campo visivo, e appena si ammorbidì la presa quel mosaico multicolore si frantumò in schegge impazzite che andavano in tutte le direzioni.
- ora tocca a me, ho fatto fatica a resistere.
Venne quasi subito, tanto e a lungo.
Si alzò lasciandomi li, sfinita, e tornò dopo qualche minuto.
- avrai fame - disse dopo un bacio mettendosi a sedere accanto a me.
- non mangio dalle cinque di stamattina, vedi tu.
- sushi?
- ce l'hanno?
- in qualche modo faranno.
Mi accarezzò la testa e il viso per tutto il tempo della telefonata. Incredibile come si ricordasse quello che mi piaceva. O forse non così incredibile. Era lui ad essere incredibile.
- ma non mi sleghi? Dovrò mangiare così? - chiesi ad un certo punto mentre avevamo iniziato a parlare di mille cazzate.
- uhmmm, non lo so ancora, ma é possibile. Sicuramente non ti muovi da lì fino a che non ci portano da mangiare. Se vuoi gioco ancora un po' però...
- se posso scegliere prenderei una pausa. É stata una mattina lunga
- visto che sono le cinque e mezza, é stata una giornata lunga. Poi c'è la serata, la notte, domani...però ti lascio lì lo stesso.
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