Il Reverendo - Seconda parte -

di
genere
dominazione

Il Reverendo non si fece attendere a lungo.
Una settimana dopo i fatti narrati, tornando a casa dopo aver giocato con gli amici, trovai mia madre raggiante: “Guarda chi è venuto a trovarci! Il nostro amato parroco! Ti deve parlare di una cosa bellissima!”. Il Reverendo sedeva imponente in salotto. Solita tonaca sdrucita e solito odore di stantìo. Mi salutò con gioia e io feci altrettanto.
Un brivido di eccitazione si era impossessato di me. Mia madre se ne accorse: “Che hai caro? Stai male?”.
Risposi che probabilmente avevo corso un po’ troppo e che mi sentivo stanco.
Il Reverendo mi fissava. Conoscevo quello sguardo pieno di desiderio. Si accomodò meglio sul divano per evitare che il notevole rigonfiamento al basso ventre fosse notato da mia madre. Parlò: “Come ho già detto a tua madre, mi piacerebbe che tu suonassi la chitarra in chiesa durante le celebrazioni. So che sei bravo, ma prima di darti una conferma definitiva, vorrei che ti ascoltassero due persone della Curia. Sai, non sta a me decidere”.
Mia madre assentiva emozionata.
Riprese: “Questa sera queste due persone si fermano da me, e vorrei che ci fossi anche tu. Faremo sicuramente tardi, per cui puoi fermarti a dormire in canonica. Tua madre deve essere d’accordo naturalmente…”
Mia madre, al settimo cielo, rispose: “Ma certo che sono d’accordo Reverendo! Ci mancherebbe! Mio figlio sarà sicuramente felice di esibirsi davanti a tre santi uomini! Vero tesoro?” E poi… suonare in Chiesa! E’ meraviglioso!”
Venni preso da una strana smania. La voce mi tremava un po’. Notai lo sguardo del religioso percorrere il mio corpo dall’alto verso il basso. Notai un fulmine perverso nel suo sguardo lascivo.
Risposi che sarei stato felice di incontrare quelle persone e di esibirmi per loro.
Il Reverendo tracannò di un fiato il bicchiere di grappa gentilmente offerto da mia madre e si congedò: “Bene allora! Ora sono le 17. Ti aspetto per le 20. Va bene? Mangeremo tutti assieme. Per la chitarra, userai la mia, se ti va”. Risposi che andava bene.
Mia madre baciò devotamente la grassoccia e sudata mano del prete e io feci altrettanto.
Quando se ne fu andato, mia madre era al settimo cielo: “Hai sentito? Non è meraviglioso? Tu, mio figlio, suonerai in chiesa! Non mi deluderai vero? Sarai all’altezza?”
Io, abituato a suonare da anni pezzi dei Led Zeppelin, Deep Purple e Pink Floyd, la rassicurai: “Ma si mammina! Non c’è nulla di difficile nel suonare canzoni di Chiesa!”
“Bene! Tuo padre ne sarà felicissimo! Dio! Non sto nella pelle! Non vedo l’ora di dirglielo! Finalmente farai una cosa di cui andare fiero! Ma che hai? Non sei felice? E poi, il Reverendo è proprio un sant’uomo! Una persona eccezionalmente capace!” Pensavo la stessa cosa, ma non lo dissi. Pensavo che il maiale, era veramente un gran inculatore dotato di un magnifico cazzo.
Pensai che non vedevo l’ora di stare solo con lui. Mi aveva stregato. Da una settimana pensavo a lui continuamente. Mi aveva violato, posseduto con forza e ora lo volevo rifare. Pensavo in continuazione al suo cazzo. Mi vedevo mentre lo spompinavo con abilità godendo e facendo godere. Mi masturbavo spesso pensando a lui, e ingoiavo la mia sborra pensando fosse la sua.
Tornai alla realtà quando mia madre disse: “Ora fai un bel bagno, ti profumi, e ti vesti bene. Non voglio che tu faccia brutte figure!”. Andai in bagno. Mi chiusi a chiave e aprii il rubinetto della vasca. Il bagnoschiuma e i Sali da bagno emanavano un piacevole profumo. Mi pulii con molta cura. Ripassai la mano sul mio buco del culo provando gioia. Scappellai il mio cazzo e lo lavai per bene. A bagno ultimato, con l’aiuto di una lametta di mio padre, eliminai con cura la rada peluria sul mio corpo. Asciugatomi, versai sul palmo della mano alcune gocce di Chanel N. 5 e le distribuii sul mio orifizio già palpitante.
Mi vestii. Pantaloni e maglietta aderenti.
Andai in camera mia. Avevo voglia di sborrare ma mi trattenni. Volevo che il mio desiderio continuasse ad aumentare. Volevo riservarlo per Lui. Ascoltai musica e lessi. Poi dormii.
Alle 19.30 mia madre, furiosa, irruppe nella mia stanza: “Cosa cazzo fai? Manca mezz’ora e tu dormi!? Sbrigati! Ma ti sei messo il mio profumo?”. Risposi che avevo sbagliato boccetta. “E’ lo stesso…” Rispose. “E’ un ottimo profumo, anche se non è adatto ai maschietti. E poi sei giovane! Ti da un tocco di freschezza!”.
Mi incamminai. La chiesa del paese distava circa un chilometro, e durante il tragitto mi sentii preso da un’emozione crescente. Anzi, forse sarebbe più corretto dire “mi sentii PRESA”, dal momento che la mia femminilità aveva ormai preso il sopravvento.
Il profumo della calda sera d’estate mi inebriava. Le dorate messi dei campi e il profumo della rosa selvatica davano un non so che di mistico a quello che sarebbe successo di lì a poco.
Arrivai e suonai il campanello della canonica. Mi aprì e mi salutò estasiato. Entrai e lui disse: “Sei bellissima tesoro! Mi baciò sulle guance mentre le sue mani si appoggiavano sui miei fianchi. Girò intorno a me ammirandomi. Dietro di me, sentii le grandi mani toccarmi i glutei. Mi avvicinò a se e avvertii la grande e dura nerchia appoggiarsi al mio bel culo. Si ritrasse. “Non possiamo ora. Prima devono arrivare gli ospiti. Saranno qui tra poco e non abbiamo tempo”. Rimasi delusa. Non sarebbe successo nulla quella notte?
Mi fece accomodare in cucina. La tavola era imbandita con cura, e parecchie bottiglie di buon vino erano in bella mostra. “Non conosci le due persone che arriveranno tra poco. Persone importanti: il primo è abate in un grande convento del Lazio, e il secondo è Cardinale. Dovrai rivolgerti a loro con deferenza e assecondarli in tutto. Per loro tu sarai Reginella… va bene? ”.
Appena pronunciò “assecondarli in tutto”, il mio buco del culo prese a pulsare. Forse avevo capito, e la cosa mi incuriosiva parecchio.
Il campanello trillò: il Reverendo, aperta la porta, si inginocchiò baciando prima l’anello cardinalizio e poi le mani dell’Abate. Si profuse in frasi di benvenuto e li fece entrare. “Il mio autista alloggerà nell’albergo del paese, Reverendo! Non vogliamo procurarle ulteriore disturbo!” disse il cardinale.
Il prete, li ringraziò per la visita e li fece accomodare in cucina dove io attendevo.
Entrarono e mi guardarono con interesse. La veste corale cardinalizia era di un rosso fuoco, e la persona che la indossava diffondeva intorno a se un meraviglioso mistico potere. Sulla sessantina, non molto alto ma grosso, era curato in ogni particolare del suo essere. L’altro, l’Abate, sulla quarantina, vestiva solamente un misero saio cinto alla vita da un vecchio cordiglio. Tutti e due portavano la barba. Baciai devotamente le mani dei due religiosi mentre il Reverendo versava gli aperitivi. “Eminenze! Va bene Campari soda con prosecco?” “Certo!” risposero all’unisono. “Lo faccia pure doppio per tutti e due Reverendo! Questo ci farà mettere a nostro agio!”. Brindammo. Il doppio aperitivo fu fatto per tutti. Anche per me. Mi faceva girare la testa, però mi sentivo più rilassata e più forte.
“Allora!” disse l’alto prelato. “Questo bel ragazzo è qui con noi finalmente!” “Proprio un bel ragazzo!” fece eco il frate. “E così tu suoni la chitarra vero?”. Risposi affermativamente. Il cardinale fissandomi serio negli occhi disse: ”Ma preferisci la chitarra oppure il flauto?”. Tutti e tre scoppiarono a ridere sguaiatamente.
Risposi che tutti “gli strumenti” messi a disposizione dal buon Dio servivano a glorificarlo.
Lo sguardo dei tre era eccitato. “Bella risposta..” disse il cardinale. “Vedo che comprendi molto bene…”.
Dopo un altro aperitivo, l’atmosfera era allegra.
“Prima di mangiare, signori, Reginella ha una sorpresa per voi” disse il Reverendo.
“Voi servitevi pure ancora da bere e noi torniamo tra poco”. E con fare molto autoritario comandò: “Forza! Svelta! Muoviti!”.
Lo seguii ed entrammo in un’ampia stanza da letto. Non era quella della volta precedente. Era arredata con gusto e l’illuminazione era data da lampade esclusivamente rosse. Un enorme letto troneggiava nel centro della camera. Il Reverendo, aperto un grande armadio, tirò fuori dei meravigliosi abitini. “Scelgo io” disse.
“Ti sei lavata bene vero?” Risposi che l’avevo fatto con molta attenzione e scrupolosità.
Mi fece spogliare. Mi porse delle splendide calze autoreggenti nere, un minuscolo perizoma e delle fantastiche scarpe con un tacco altissimo. Iniziò a truccarmi. Lo fece molto bene: fondotinta, eyeliner, ombretto e labbra rosso fuoco. Indossai una vertiginosa minigonna che lasciava semiscoperto il mio bel culo sodo. Il top, anch’esso nero, lasciava scoperta la pancia. La parrucca nera a caschetto mi piaceva molto. Mi fece indossare orecchini collana e braccialetti di mediocre bigiotteria. Le unghie finte, lunghe e rosse, completarono l’opera. Mi ordinò poi di abbondare con un profumo da puttana. Obbedii. Poi, presami la mano, mi accompagnò davanti ad un enorme specchio. Quello che vidi mi fece eccitare. Ero una magnifica troia! La mia bellezza mi faceva girare la testa. Mi avvicinò a se brutalmente. Le sue mani sui miei glutei erano morse d’acciaio. Sentii la potente nerchia rizzarsi… Si fermò. Disse: “Porcoddio.. che cazzo di dolce puttanella sei?” Andiamo dagli altri…..forza!”
La mia entrata in sala da pranzo fu a dir poco fantastica. Gli sguardi carichi di eccitazione mi facevano sentire desiderata e femmina. I due religiosi erano chiaramente ubriachi.
“Reginella!” disse il Cardinale. “Sei uno splendore! Non ho mai visto un pezzo di fica come te, tesoro…!”
Poi, rivolto al Reverendo: “Finalmente della buona carne fresca! Penso proprio che sarà una notte lunga e impegnativa!”. Anche l’Abate, scosso da fremiti, mi guardava con voluttà. Il Cardinale, con fare cerimonioso scostò la sedia dal tavolo per farmi accomodare. Il Reverendo però intervenne: “No Eminenza… Reginella servirà in tavola. Sei d’accordo, vero tesoro?” disse minaccioso. Annuii a malavoglia. Non mi aspettavo di fare la serva.
“Accomodatevi signori miei!” disse il Reverendo. “Forza Tesoro! Comincia a servire!”
Mi prodigai nel riempire i piatti con i primi. Mentre servivo gli uomini di Chiesa, sentivo distintamente il loro respiro affannoso mentre ammiravano il mio meraviglioso culetto. Spesso le loro mani lo accarezzavano vogliose. Spesso sentivo il loro dito medio ripassarmi il buco del culo facendolo fremere.
Il frate mi porse un flut con dell’ottimo vino e mi disse di bere. Obbedii. Lo tracannai tutto di un fiato e lui, immediatamente dopo, lo riempì nuovamente. Mangiarono poco e bevvero molto. Il Cardinale chiese un posacenere. Lo trovai su un tavolino vicino al caminetto e glielo porsi. Il prelato accese una strana e lunga sigaretta ed aspirò voglioso. La passò poi agli altri. Il Reverendo la porse quindi a me: “Prova tesoro! Questa ti farà sentire al settimo cielo!”. Titubante aspirai tossendo forte e suscitando l’ilarità dei presenti. “Mai fumato? Vedrai che ti piacerà! Ti sembrerà di essere fuori dal tuo corpo…”. Non so cosa fumai. So solo che subito dopo, ero completamente libera da inibizioni e ridevo. Ridevo come ride una puttanella desiderosa di cazzi.
Il Reverendo, presa una forchetta, la lasciò cadere sotto il tavolo. “Reginella! Raccoglila! Forza! Svelta!”
Mi accucciai sotto il desco. La forchetta era lontana da me, per cui carponi, scivolai tra le gambe dei commensali.
Con meraviglia, notai che tutte e tre le tonache erano sollevate. Tre magnifici uccelli svettavano perfettamente eretti e scappellati. Seguii la scala gerarchica. Il primo, quello del Cardinale, non era eccessivamente lungo; ma era enormemente largo. Se devo dare una definizione: duro e largo. Una nerchia da monta. Devotamente cominciai a far scorrere la mia delicata manina lungo l’asta. Il cazzone aumentò ancora in dimensioni. Con la coda dell’occhio vedevo gli altri due toccarsi e masturbarsi frementi.
Non resistetti oltre. L’enorme cappella fu chiusa tra le mie labbra e, presa da un desiderio incontrollabile, iniziai a pompare. A malapena mi entrava in bocca, ma non mi arresi. La nerchia si muoveva ora autonomamente sempre più veloce. Non aveva molta resistenza purtroppo. Il fiotto di sborra calda mi riempì la cavità orale. Il Cardinale accompagnò la sborrata con una serie di irripetibili bestemmie. Divorai affamata ogni goccia di sperma che continuava ad uscire abbondantemente dal sacro uccello. Poi, mi rivolsi agli altri due. Il cazzo del Reverendo era sublime, ma quello dell’Abate era una magnificenza. 25 centimetri di lunghezza e 5 di diametro. Sembrava onice. Sempre più eccitata ricominciai a lavorare di bocca. Mi piaceva. La mano del frate spingeva la mia testa fino a farmi ingoiare completamente il meraviglioso attrezzo. Lavorai molto anche di mano non disdegnando gli enormi e turgidi coglioni carichi di sborra. Dieci minuti e tutto finì: lo schizzo fu talmente violento e abbondante che quasi soffocai. Il frate tenne saldamente ferma la mia testa quando venne. La sborra, entrandomi prepotentemente in bocca, uscì dalle narici; affamata ripulii tutto senza lasciarne una goccia. Dovevo ora ultimare l’opera: il Reverendo attendeva a gambe divaricate. L’enorme ventre prominente mi eccitava. Cominciai con una sega a due mani. Il forte odore, un misto di piscio e sborra, mi stuzzicava. Lui sussultava sulla sedia bestemmiando forte. Dopo aver preso in bocca l’ultimo cazzone superstite, iniziai un magistrale pompino. Sentivo il piede scalzo del Cardinale toccarmi il buco del culo. Il frate, sempre con i piedi, mi accarezzava le cosce e la schiena. Chiusi bene le labbra sul gigantesco glande del prete. Sborrò urlando. A grandi sorsi ingoiavo quella calda sostanza che sempre più adoravo. Non ne uscì una sola goccia.
Tornai fuori barcollando. I tre erano già in piedi e bevevano velocemente.
Iniziò il maiale vestito di rosso: “Sei fantastica tesoro! Mai e poi mai ho goduto così tanto! Sei una gran pompinara! E soprattutto si sente che ti piace succhiare i cazzi!” Con voce da femmina e ridendo, risposi: ”Si eminenza! Il cazzo è il mio unico e vero Dio! Ora ho più voglia di prima, e spero che i vostri grossi arnesi siano presto ancora pronti!” “Si troia!” risposero all’unisono. “La notte è lunga. Vedrai cosa ti aspetta!” disse l’Abate con occhi di fuoco.
Mi fecero bere nuovamente. Ero molto ubriaca. Ma il desiderio che provavo era al massimo.
Il Reverendo si allontanò per tornare poco dopo con un vassoietto colmo di polvere bianca. “Ringraziamo i fedeli per questo dono!” disse sghignazzando. “Le loro offerte, durante la Messa, sono sempre molto generose! Poveri idioti!”. Il festino proseguiva con la coca. Tirammo tutti. Sentivo i maschi acquisire ulteriore forza e cattiveria. Io mi sentivo onnipotente e depravata.
Sentii le loro mani accarezzarmi il culo. Le dita si spingevano poi fino all’interno del mio buco del culo per poi essere succhiate ad occhi chiusi dai tre stalloni.
“Diamo inizio alle danze vere e proprie!” urlò il Reverendo. Mi spinse con autorità fino alla camera da letto. Mentre camminavo in equilibrio sui tacchi, sentivo mani ovunque.
La stanza, illuminata da lampade a luce rossa, mi nominava regina di un film hard. La musica soffusa inondò il locale. Mi spinsero sul letto e si spogliarono completamente. Sentii mani che mi sollevavano la gonna sopra il bacino. Sentii lingue partire dai miei polpacci, risalire all’interno cosce, e divorarmi poi il buco del culo. A turno le lingue dei tre religiosi entravano nella mia bocca. Lingue ruvide e grosse si cibavano di me.
“Non toglierti le scarpe e le calze!” esclamò il frate bestemmiando. “Sei la nostra vacca vero?”
Io, gemendo, risposi che avevo voglia di tutti e tre.
Mi ritrovai a pecorina, a succhiare due cazzi enormi mentre il Cardinale, ansimando e bestemmiando era dietro di me. Si stava spalmando sul cazzo dell’olio dei vaselina profumato. Aspettavo con trepidazione. Iniziò con una mega leccata al buco del culo esclamando: “Mmmmhhh che profumata che sei tesoro!”. Sentivo la sua durissima lingua solleticarmi veloce. Poi, sentii il grosso uccellone appoggiarsi al mio orifizio. Urlando, lo spinse in profondità mentre io strillavo di dolore. A dispetto del suo fisico, basso e tarchiato, era un eccellente inculatore. Si muoveva con rapidità, alternando momenti di spinte lente e profonde. Le sue mani erano avvinghiate ai miei fianchi e, spesso, ricevevo poderosi schiaffi sul culo. Nel frattempo, io ero occupata a succhiare voracemente le altre due nerchie. Il Cardinale aumentò il ritmo. Sembrava mi spaccasse in due. L’urlo accompagnò il grande schizzo di sborra che mi riempì il culo. Con calma uscì e, rivolto al frate, gli fece prendere il suo posto. Con curiosità, l’Abate guardava la dilatazione del mio orifizio. Il Cardinale teneva allargate le mie chiappe facendo vedere all’altro il mio buco del culo completamente dilatato. Entrò in me. La violenza dell’inculata fu formidabile. Per mezz’ora buona, senza cambiamento di ritmo, la grande verga entrava ed usciva per tutta la sua lunghezza dal mio corpo. Il grande cazzo del Reverendo era ancora più duro. Stava per sborrare, lo sentivo. Anche il mio cazzo, completamente eretto, era sul punto di esplodere. Successe tutto in fretta: Il frate dopo aver dato grandi manate sulle mie chiappe, si sollevò maestoso. Provai un gioioso dolore quando, spinta la nerchia fino in fondo, sborrò. Contemporaneamente mi ritrovai una colata di sperma in bocca. Il Reverendo saltava letteralmente sul letto tenendomi la testa con due mani. Era troppo, e venni anch’io. Con sorpresa, nel momento della mia sborrata, sentii la bocca del Cardinale chiudersi sul mio cazzo e bere voglioso il mio caldo e viscoso liquido.
Ora giacevamo tutti e quattro sull’enorme alcova.
Il Reverendo fece girare il piattino con la coca. Una bottiglia di whisky venne bevuta in dieci minuti. L’orgia perfetta.
Con il permesso dei tre, andai in bagno a darmi una ripulita e a rifarmi il trucco. Mentre facevo il bidet, sentivo l’enorme dilatazione del buco violato dai due cazzi giganti.
Rimisi a posto la minigonna e rientrai in camera ridendo e danzando soavemente al ritmo della musica.
Trovai il reverendo sdraiato e appoggiato con la schiena a due grandi cuscini. Il suo cazzo, già pronto, reclamava la sua personale inculata. “Tocca me ora troia!” sbraitò. “Ti fai inculare dagli altri e non da me, puttanella? Forza! Ora ti ci siedi sopra!”. Sotto lo sguardo dissoluto degli altri due, obbedii ossequiosa.
L’uccello non fece fatica ad entrare. Scivolava su e giù che era una meraviglia. Cavalcai veloce, sentendo il forte membro pulsare. Le mie mani erano appoggiate al petto del Reverendo. Ogni tanto mi fermavo, ed era lui che guidava la monta. Veloce e rapido come un fulmine urlava di piacere. Vidi gli altri due, in piedi, di lato, menarsi il cazzo. Quando il prete venne, ricevetti in faccia due abbondanti schizzate di sborra. Con le dita, la raccolsi dal viso e, sotto lo sguardo ammirato di tutti e tre, la lappai con gusto. Mi sollevai e portai la bocca sull’uccellone del prete ancora duro. Pulii per bene l’asta in tutta la sua lunghezza mentre menavo con gioia il mio membro. Venni fatta mettere di schiena. Il frate, sollevandomi il culo, leccava con voracità. Gli altri due, mi masturbavano a turno. Ricordo lo schizzo di sborra che uscì dal mio uccello. Andò molto in alto salutato con gioia dai due porci. Tutti e tre, poi, se ne cibarono.
Tra coca, whisky, e ogni tanto qualche pastiglia blu, la notte non mi diede tregua.
Le mie chiappe erano completamente rosse per effetto delle poderose sculacciate che subivano.
La mascella mi doleva, dopo che la mia bocca aveva ospitato innumerevoli volte quei divini cazzi.
Succedeva, ogni tanto, che due religiosi si appisolassero. Almeno uno era però sempre sveglio, e il rodeo delle inculate non aveva fine.
L’alba ci sorprese troppo presto. Un groviglio di corpi era abbracciato a me. Cazzi che non accennavano a diminuire di dimensioni e durezza continuavano a suscitare in me desideri scellerati e lussuriosi.
Il mio saluto personale ai due prelati si realizzò con l’ennesimo pompino da manuale con ingoio totale.
Pompini accompagnati dal cazzo in culo del padrone di casa: il Reverendo.
Con la promessa di un altro “incontro” a breve, salirono sull’auto nera che li aspettava fuori dalla canonica.
Chiesi umilmente: “Reverendo… ma la chitarra? La suonerò in chiesa?”. Il prete, arrogante e cattivo rispose: “Ma quale cazzo di chitarra? Io non voglio chitarre nella mia Chiesa! E poi, sai suonare meglio il flauto no?”. E rise fino a farsi venire le lacrime agli occhi. Il telefono della canonica trillò: “Buongiorno signora!” disse il Reverendo. “Non si preoccupi! Suo figlio è ancora qui! Stiamo provando ancora qualche canzone! Tra qualche ora torna a casa! Ci vuole parlare?”. Mi passò la cornetta. Prima di sedermi mi sistemai le calze autoreggenti. “Si mamma? Ciao!”. “Ti sei comportato bene figliolo? Suonerai in Chiesa vero?”. Il mio tono di voce lasciava trasparire che qualcosa non andava, e lei se ne accorse.
“Dovrò fare ancora delle prove mamma… vediamo…. non so….” “Lo sapevo! Sei un incapace! Non sei capace di combinare nulla di buono! Ci vediamo a casa e mi spieghi tutto!”. E riattaccò.
Il Reverendo mi guardava con sguardo cattivo e divertito. “Le uniche cose che tu sai fare bene, è prenderlo in culo e succhiarlo, puttana!”. Mi trascinò con violenza in camera, e mi prese.
Fu un’inculata cattiva e violenta. Il grasso porco si divertì molto. E io pure.
“Sei piaciuta molto ai miei colleghi tesoro! Penso che ci incontreremo presto!”
Dissi piano: “Si… ma la chitarra…” Il ceffone mi colpì in pieno viso. “Basta con questa cazzo di chitarra! Hai capito o no?! Piansi. Lui buttò i miei vestiti sul letto e disse: ”Vattene troia!”
Mi incamminai. Raggiunta casa, sapevo che mi aspettava una insopportabile ramanzina. Non ne avevo voglia.
Ripensai alla nottata trascorsa. Ora ero totalmente sottomessa ai tre porci. Non vedevo l’ora di rivederli e di farmi possedere per ore intere.
Ora ero donna, femmina e schiava.
Nient’altro contava.

reginella2462@virgilio.it
scritto il
2022-05-08
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