Il Reverendo - Terza e ultima parte -

di
genere
dominazione

A casa, nei giorni che seguirono, il clima era insopportabile. Mia madre non mi rivolgeva praticamente la parola. Avevo spiegato che, probabilmente, avrei dovuto affrontare altre prove per essere ammesso a “chitarrista ufficiale” della Parrocchia. Mi considerava un incapace. Con mio padre, non era cambiato nulla. Non ci parlavamo prima, e non ci parlavamo adesso.
Il venerdì sera, il telefono di casa squillò e venni chiamato da mia madre. Uscendo dalla mia stanza, lessi sul suo viso speranzoso un felice entusiasmo: “C’è il parroco!” Disse. “Ti vuole al telefono. Dài che forse è la volta buona!”.
Avvicinai la cornetta all’orecchio e sentii la sua voce lasciva: “Buongiorno tesoro…. Tieniti libera per domani sera. E’ un ordine!”.
Nel sentire queste parole, il mio buco del culo pulsò.
Volli però farmi desiderare… e risposi: “Non so… avrei un impegno… magari un’altra volta…”
Il suo tono si fece cattivo: “Preferisci forse che tua madre veda un video dove tu ti stai facendo una scorpacciata di sborra che esce copiosa da un enorme cazzo?” E rise.
“Oppure dove tu, minigonna, reggicalze, tacchi a spillo, parrucca, e truccata da troia stai gemendo con cazzi in culo? E’ questo che vuoi? Domani sera. Ore 19.00. Lavati bene. Depilati completamente. Ti aspetto.”
Riattaccò.
Cazzo! Mi avevano ripreso! Paura ed eccitazione. Ora provavo questo.
Riferii a mia madre che la sera dopo sarei andato dal Parroco. Poi, avrei dormito da un amico e sarei tornato domenica notte tardi. “Ancora una prova?” Chiese mia madre…
“Si. La cosa è molto complicata…” Risposi.
Intuii che ora, un dubbio le passava per la mente. “Tranquilla mamma. Stavolta andrà bene. Te lo prometto”. “Ok tesoro” rispose. “Forse ti ho trattato un po’ male, ma sono sicura che sarò fiera di te”.
Il solito bacino e andai in camera.
Quella notte feci fatica ad addormentarmi. L’eccitazione che mi pervadeva era al massimo.
Il giorno dopo, dieta iperproteica. Ne avrei avuto bisogno. Approfittai dell’assenza dei genitori per un fantastico bagno. Pulizia accurata con depilazione totale. Creme depilatorie, lamette, crema per il corpo. Non avevo un solo pelo. La mia pelle, liscia e idratata, era pronta.
Mi incamminai con largo anticipo e raggiunsi la canonica prima dell’ora stabilita.
Suonai il campanello. Mi aprì immediatamente: “Ciao tesoro! Sei bellissima! Sei in anticipo! Da questo ne deduco che muori dalla voglia di cazzo!”. Era chiaramente alticcio. Risposi che aveva ragione. Risposi che effettivamente non vedevo l’ora. Il suo respiro si fece veloce e disse. “Fantastico! Mi piacciono le puttanelle disinibite!”.
Mi fece accomodare. “Hai fame? Io si. Mangiamo qualcosina…..”
Mi offrì ostriche, caviale e champagne. “Non trovi che le ostriche abbiano il sapore del sesso?” disse.
Era proprio vero. Le ostriche mi facevano eccitare. Mentre mangiavo, guardavo quel volgare orco che creava in me un senso di sottomissione assoluta. Lo volevo. Di questo ero sicura.
“Vieni con me. Iniziamo i preparativi”.
Salimmo le scale che portavano alla camera illuminata dalla luce rossa. Mi fece spogliare completamente. Sul letto, il completo che avrei indossato: Top nero corto. Seno in lattice. Parrucca a caschetto, calze e reggicalze nere, scarpe tacco 12, meravigliose unghie finte rosso sangue. Completavano il tutto bracciali orecchini e cavigliere d’oro. Mi fece sedere e iniziò a truccarmi. Fondotinta coprente, mascara, eyeliner e rossetto di pregio. Fece un gran lavoro. Poi uscì comandando: “Ora vestiti troia!”
Iniziai la vestizione. Il mio corpo era un sussulto di brividi di eccitazione. Cominciai dalle mutandine. Quando il sottile filo si insinuò tra i miei glutei sodi solleticando il buco, gemetti di piacere. Con attenzione indossai le pregiate calze assicurandole al reggicalze. Seno in lattice coperto dal top nero. Le unghie rosse rendevano la mia manina desiderosa di verghe dure e venose. Ultimai il rito indossando i gioielli e le scarpe.
Chiusi gli occhi e mi avvicinai al grande specchio. Quello che vidi era una giovane e fantastica donna.
Il solo vedermi mi eccitava. Il mio corpo era scosso da tremiti sempre più forti. Mi dovevo calmare.
Dovevo prendere in pugno la situazione e gestirla in modo da provare più piacere possibile.
Entrò. Mi guardò da capo a piedi e, dopo aver urlato un’irripetibile e triviale bestemmia, mi prese le mani e mi fece girare su me stessa varie volte. La sua rozza mano toccava il mio alto e sporgente culo.
Il suo dito medio solleticava il mio secondo cuore, tra i glutei.
Notai subito il gran rigonfiamento che, in basso, sollevava la lercia tonaca. Non resistetti. La mia manina si affrettò a cercare il grande cazzo che più volte mi aveva fatto godere.
Mi fermò violento. “No! Il programma della serata è diverso puttanella! Andiamo! Mi spinse in avanti e scendemmo le scale. Dalla canonica entrammo in sacrestia, e da lì accedemmo alla chiesa.
La Pieve Romanica, spoglia e semplice, mi intimoriva fin da quando ero bambino. Attraversammo il transetto e ci avvicinammo all’altare maggiore. La fioca illuminazione era data solo da un gran numero di ceri. L’odore dell’incenso, penetrante, mi faceva girare la testa. Il Parroco iniziò un’invocazione: “ Noi vi chiamiamo Principi delle Tenebre!” I quattro frati comparvero. Incappucciati. Due per parte, dietro il grande altare. Una quinta persona, enorme e molto alta si ergeva in piedi tra gli inquietanti frati. Portava una tonaca scarlatta. Anch’esso aveva il volto coperto da un cappuccio.
Il Parroco parlò: “Eccellenze! E’ con sommo piacere che ci troviamo qui stasera per celebrare un rito unico. La mia bellissima amica è finalmente pronta per lo sposalizio con Dio!” Mormorii di ammirazione si alzarono tra i presenti. Il matrimonio sarà da me celebrato tra un alto esponente della Chiesa (in rappresentanza di Dio), e questa meravigliosa creatura. Possiamo iniziare!”
Mi spinse davanti all’Altare e mi trovai di fianco al colosso scarlatto.
La cerimonia fu breve e si concluse con queste parole del Parroco: “Il Signore onnipotente e misericordioso confermi il consenso che avete manifestato davanti alla Chiesa e si degni di ricolmarvi della sua benedizione. Non osi separare l'uomo, ciò che Dio unisce”.
Veramente, l’ultima frase fu un’altra: “Ora la sposa può fare un pompino allo Sposo!”.
Una risata isterica si sollevò nella Chiesa in penombra. Tutti i presenti sghignazzavano fuori controllo.
L’alto prelato mi prese per mano e mi accompagnò dietro l’altare. Le due grandi mani poggiate sul mio fantastico culo, mi avvicinarono al suo ventre. Sentivo l’enorme membro crescere sul mio corpo. Istintivamente, mi chinai inginocchiandomi davanti a lui. Le mie mani, sbottonarono la tonaca facendo guizzar fuori il Dio dei Cazzi. Enorme, curvato all’insù, con una cappella enorme e lucida. Le vene della verga sembrava stessero per esplodere. Un fantastico paio di coglioni, gonfi e duri, completavano la meraviglia.
Le mie due manine, lo agguantarono per tutta la sua imponenza. 5 cm di diametro per 25 di lunghezza azzardai….
In preda ad un parossismo mai provato prima, chiusi le mie labbra sul potente glande. Cominciai a smanettare. Avanti e indietro. Il cazzo, spinto dal religioso, mi entrava in gola soffocandomi. Gli altri, attorno, assistevano eccitati. Impazzivo di desiderio. La cappella enorme veniva lavorata dalla mia lingua saettante. Con la punta mi soffermavo sul prepuzio lappando avidamente. Poi, mi dedicai alla lunghezza dell’enorme cazzo. Leccavo a più non posso. Scesi poi verso l’enorme, turgido scroto ingoiando quei sublimi coglioni. Poi tornai su e ripresi un fantastico lavoro di lingua. A malapena la mia bocca riusciva a contenere il divino uccellone. La mascella mi doleva ma non mi fermavo. Non avrei più smesso. Invece, dopo una ventina di minuti di scorpacciata, l’alto prelato iniziò a fottermi in bocca. Pensai di morire soffocata. Poi, sentii che qualcosa stava cambiando. Il cazzo cominciava a palpitare. Mi aggrappai ai forti lombi del maschione, mentre lui mi teneva la testa a due mani. Tintinnio di orecchini. Non potei fare a meno di notare al suo dito un magnifico anello d’oro che portava incastonata un’enorme ametista. L’urlo animalesco scosse le antiche mura della pieve mentre un colossale fiotto caldo, denso e cremoso mi riempiva la bocca. Ingollai velocemente un gran sorso di sborra fresca. Non fui veloce. Un secondo schizzo, ancor più copioso del primo, mi fece uscire dalle narici la fiabesca sostanza. Ingoiai ancora… e ancora. Era inesauribile. Temendo di soffocare sfilai il cazzo dalla bocca con il risultato di ricevere in pieno viso una fantastica sborrata. Ripassai tutta la verga cercando di non perdere una goccia di quell’essenza che mi faceva impazzire. Feci un buon lavoro. Ripulii il membro e, non soddisfatta, raccolsi con la mano dal mio viso brancate di sperma che gustavo mai sazia.
Raccolsi con la lingua anche una notevole quantità di sborra calda caduta sull’antico pavimento. Le mani del gigante presero le mie e mi aiutarono a rimettermi in piedi. I quattro frati intonavano canti gregoriani.
Su una specie di trono, il Parroco, gambe aperte e tonaca sollevata, si menava il gran cazzo con vigore.
Per me non era sufficiente. Volevo ancora sborra. Tanta. Il desiderio di quel sapore intenso, dolce e salato contemporaneamente, mi aveva stregato.
Mi ritrovai faccia a faccia con il religioso. Il cappuccio, mai tolto, faceva intravedere occhi ferini. Cominciò a baciarmi in bocca. Lingua che sembrava cuoio, sapore di maschio. Non era ancora soddisfatto. Mi voleva.
Infatti, mi girò con inaudita violenza sbattendomi contro l’altare. Mi sollevò come un fuscello e io apprezzai quella forza erculea. Ora ero messa a pecorina sulla tavola liturgica. Culo in alto attendevo bramosa.
Sentii le forti mani strapparmi le mutandine e sollevare la minigonna. Sentii che le portava alla bocca e al naso apprezzando i miei umori. Cominciò, selvaggio, a mangiarmi il culo. Più passava il tempo e più avevo paura di essere divorata viva. Ferocissimo, ansimava e urlava. Una fiera fuori controllo. Con inattesa agilità fu dietro di me in piedi sull’altare. Un odore pungente e insolito penetrò le mie narici. L’orco si stava spalmando sul cazzone una sostanza grassa e fragrante. Istintivamente allargai le cosce e sollevai il culo. Iniziai a tremare attendendo il divino membro. Finalmente sentii entrare la fenomenale cappella. Lanciai un urlo di dolore. I quattro frati e il Parroco erano attorno all’altare e incitavano il loro capo. Tutti si menavano i grossi falli. Pensai di morire sventrata: in un solo colpo, come una mannaia, l’uccello entrò in me. Un colpo solo. Fino in fondo. Quasi i sensi mi abbandonarono. Lo sentivo pulsare in me, come un demone che possedeva il mio corpo.
Rimase fermo due minuti. Poi… il rodeo. Ben saldo sui piedi cominciò a martellare. Il cazzo entrava e usciva per tutta la lunghezza. Inesorabile. Il dolore si attenuò e iniziò un piacere mai provato prima. Io urlavo: “la prego eccellenza! Non si fermi! Più forte! Lo voglio tutto in culo!”. Ancor più eccitato dalle mie parole iniziò a darmi gran manate sui glutei. Le mazzate erano sempre più forti. Un grosso colpo nel costato mi fece annebbiare la vista. Era una persona cattiva. Godeva nel far soffrire. E io godevo di questo.
Mi sentivo fantasticamente satanica. Qualcosa di perfido in me, aveva preso il sopravvento.
L’enorme verga aumentò il ritmo. Il Parroco si alzò continuando a masturbarsi. Mi prese le spalle e mi tenne sollevata mentre i frati avvicinavano alle mie manine i loro mostruosi cazzi. Mi ritrovai a menare e succhiare uccelli mentre il gigante dietro di me, velocissimo, portava a termine la fantastica inculata. Il primo colpo di cazzo fu mostruoso, e gli altri cinque di più. Lo schizzo caldo che mi riempì fu contemporaneo agli altri cinque uccelli che mi venivano in bocca e mi schizzavano in faccia. Non dimenticherò mai le urla che accompagnarono quelle infernali sborrate. Non avevano nulla di umano. Erano un misto di ululato, latrato e stridìo animale. Mi abbandonai, di pancia, gambe aperte, sull’ara sacrificale. Il Parroco tornò a sedersi sul trono. Mi fece cenno di avvicinarmi. Barcollando sui tacchi alti lo raggiunsi. Mi fece seder sulle sue ginocchia. Gli altri erano scomparsi. Bevvi con avidità dal tabernacolo che mi aveva porto. Avevo sete. Ingollai tre calici colmi di vino e lui fece altrettanto. La sua nerchia ancora dura, emanava aromi di muschio selvatico e sborra.
Mentre bevevo, mi divertii, con suo sommo piacere, a menargli l’uccello.
Uno strano clangore mi fece sobbalzare. I quattro frati stavano tornando trascinando un’enorme alcova.
Il meraviglioso letto, soffice come un letto di nuvole, mi aspettava.
Prima però, il parroco mi accompagnò in bagno dove mi lavai e rifeci il trucco.
Complice il vino, ero euforica. Continuavo a ridere come una puttanella in calore.
Urlai: “Ho voglia di cazzo!!!” Il risultato fu essere spinta sul letto con i quattro frati e il Parroco. Il cardinale osservava, seduto, e cazzo in tiro.
Il prete, seduto e appoggiato completamente nudo a due enormi cuscini, mi ordinò di spompinarlo. Non mi feci pregare. Il conosciuto aroma di quel cazzo mi diede la massima concentrazione. Ingoiavo l’asta con amore, mugolando e ridendo. Poi, mi prese. Mi sollevò e mi fece sedere sul suo scettro. Cominciai la cavalcata, eccitatissima. A destra e sinistra i frati si alternavano e io succhiavo gigantesche e turgide cappelle. Il prete, rosso in viso, mi insultava bestemmiando. Stava venendo. Sentii il suo cazzo aumentare ancora di dimensioni. La sborrata fu talmente violenta che mi sollevò. Mi sfilai e bevvi. Bevvi da lui e dai quattro frati. Insaziabile. Improvvisamente sentii che stavo per sborrare. Mi girai sulla schiena ed ebbi appena il tempo di veder arrivare, velocissimo, il Cardinale. Nel momento della sborrata, ingoiò il mio cazzo e bevve. Avido.
Questa è l’ultima cosa che ricordo della mia vita terrena.
Probabilmente ora, le mie spoglie, giacciono in qualche cripta o in una fossa del cimitero della Chiesa.
Probabilmente non ho sofferto. Il violentissimo pugno del Cardinale mi colpì in piena fronte, spegnendo la luce e la mia giovane esistenza.
Il Parroco riferì ai miei che non mi ero mai presentato da lui quel sabato. E che era “sinceramente preoccupato”.
Le indagini non portarono a niente. Venni dichiarato “scomparso”. L’unica cosa strana di quelle notti fu la dichiarazione della signora Fernanda che abitava nelle vicinanze della Pieve. Giurò ai Carabinieri di aver visto una specie di carrozza trainata da un tiro di sei cavalli bianchi. All’interno quattro frati e un cardinale.
Giurava che il cocchiere era una splendida e giovane ragazza in minigonna (vestita un po’ succintamente per la verità). Ma si sa: la signora Fernanda spesso alza il gomito ed è appassionata di libri dell’orrore.

reginella2462@virgilio.it
scritto il
2022-10-24
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