Omaggio a zio Renato - Terza parte - Sconcertante rivelazione-
di
reginella24
genere
gay
Dopo quella nottata, non ero più lo stesso.
Se prima pensavo solo a Renato, come mio dominatore, ora pensavo a quei quattro uomini che mi avevano posseduto con tanto sadismo.
Capisco che in molti casi il sesso violento possa risultare più soddisfacente dei rapporti sessuali tipici; ma ormai faceva parte di me e non ne avrei più fatto a meno.
Renato non lo sentivo da cinque giorni. Io non lo avevo cercato e lui non aveva cercato me. Non penso si sentisse in colpa. Il suo essere era talmente scellerato che probabilmente vedeva in me solo un bel corpo da soggiogare totalmente.
Il sesto giorno, però, mi cercò. Mi chiese, peraltro molto gentilmente, di andargli a fare visita. La stessa sera mi avviai alla sua dimora.
Durante il tragitto pensai molto a cosa mi avrebbe detto. Naturalmente non mi aspettavo delle scuse da parte sua, e quindi ero incuriosito dai motivi di quell’incontro.
L’estate era magnifica.
Alle 21 di sera faceva ancora molto caldo, e quando giunsi in campagna, in prossimità della sua residenza, mi investì l’amato profumo del fieno tagliato di fresco, dei lillà, e dei fiori di campo.
Dopo aver parcheggiato l’auto lontano da occhi indiscreti, mi avvicinai all’entrata e suonai. Aprì subito. Lo vidi in condizioni pietose. Occhiaie pesanti di chi non dorme da giorni. La sua solita eleganza era scomparsa. Vestiva in malo modo ed emanava un forte puzzo di alcol.
Balbettando mi disse di entrare.
Era completamente ubriaco. Mi fece accomodare in salotto. Sul pregiato tavolo settecentesco, c’erano bottiglie ovunque. Disse: “cosa bevi tesoro? ”Quello che bevi tu Renato; anche se non dovresti farlo". Vidi un’espressione cattiva sul suo viso: “ricorda! Non mi devi dire MAI quello che devo o non devo fare! ”non mi far incazzare!”.
Non lo avevo mai visto così alterato. Versò dell’ottimo whisky rovesciandone la metà.
Poi il silenzio. Mi feci coraggio: “Renato.. perché mi hai voluta qui? E’ successo qualcosa? Non ti ho mai visto in questo stato..” Si rabbonì. Dopo aver bevuto un altro doppio whisky, si mise a parlare. Esordì con un: “ora ti spiego. Ma per favore non interrompermi. Parlerai alla fine”. Il suo tono non ammetteva repliche. “Va bene “ dissi. “ inizia!”.“Ti ricordi i quattro uomini che hai conosciuto la scorsa settimana?”
Dissi: “Certo che li ricordo! Anche il mio buco del culo se li ricorda bene!”
“ZITTA!” disse. Era violento. Mi faceva paura. “Parlerai alla fine”.
Continuò: “E’ gente pericolosa. Tempo fa mi sono fatto prestare parecchi soldi da loro. Un affare sballato. Ero messo male finanziariamente. Pensavo che una volta saldato il debito con gli interessi, tutto sarebbe finito. Non è stato così. Gli ho già versato il triplo di quello che mi avevano dato. E ne vogliono ancora. Le mie case sono tutte ipotecate. Le collezioni d’arte che possedevo le ho svendute per pagarli. Sono finito.
Avevo raccontato di te. Di quanto sei bella e di quanto porca sei a letto con gli uomini. Per questo sono venuti qui. Dicevano che potevamo risolvere con una notte di fuoco con te. Ma non è stato così. Non vogliono altri soldi. Vogliono te”.
Cominciai a tremare. “Esigono che tu vada giù per qualche giorno. Dicono che gli sei entrata nel cervello. Forse è meglio che tu beva qualcosa”. L’ultima frase mi fece capire che il peggio doveva ancora venire. Disse: “puoi parlare”.
Chiesi: “giù dove Renato? Quando parlavano con te, a cena, parlavano del Sud. DOVE?” “Non alzare la voce!”, disse. Vengono da Vibo. Vibo Valentia.
Sono pericolosi. Pericolosi e infidi. “Non mi vorrai dire che appartengono all’…..” “SHHHH! Non devi nominarla! Tu non conosci i rischi che corriamo”. “Che CORRIAMO?” domandai. “Sei tu che devi soldi a loro, MICA IO!” “Non hai capito nulla! Tu sei coinvolta quanto me. Se tu non vai da loro, mi succederà qualcosa di brutto. E succederà qualcosa di brutto pure a te…”
Non avevo parole. Ero terrorizzata. “La Polizia! Vai alla Polizia! Denunciali per usura, per minacce, per qualunque cosa!” Lui assunse un’espressione tristissima. “Sono troppo potenti. Sono ovunque. Non servirebbe a nulla. Servirebbe solo ad accelerare la nostra fine. Scompariremmo nel nulla”.
“IN COSA MI HAI COINVOLTO?” urlai. Il ceffone arrivò velocissimo. A mano aperta mi colpì. Caddi dalla sedia. “Devi fare quello che ti dico! Non c’è via d’uscita!”.
E quando dovrei partire?” balbettai. “Tra due giorni. Il volo è già prenotato. Non parlai più. Lui nemmeno. “E se io vado, finisce tutto? Come puoi crederlo? Diventerei la loro schiava. E tu, quando si stancheranno di me, dovrai pagare ancora. Ti rendi conto?
“Questa volta finirà tutto” rispose. “Me lo hanno promesso solennemente”.
“E tu ti fidi….”
“Ora” disse, “ho voglia di te. Vai a preparati, ma non metterci tre ore come sempre. Ti ho già preparato il corredo.” Mi alzai. Lui fece lo stesso. “Renato… forse non è il caso….”. Il secondo ceffone mi colpì in pieno. La sua enorme mano era ora serrata a pugno. “Ora faccio una doccia. Salgo tra un’ora. Ti voglio pronta“ "Ok.. stai calmo”. Salii le scale ed entrai nella stanza nascosta. Mi aveva preparato il seno in lattice, una vertiginosa minigonna, calze, reggicalze e perizoma bianchi. Parrucca a caschetto bionda, scarpe da troia con tacco altissimo. Non c’era abito. Solo un top bianco di squisita fattura. Entrai in vasca. Feci un bagno caldissimo. Feci una depilazione di rifinitura. Mi cosparsi di creme e di profumi e mi truccai perfettamente. Mi vestii. Ero veramente bella. Davanti allo specchio vedevo una giovane donna che avrebbe fatto rizzare il cazzo a chiunque, solo a guardarla.
L’ora era quasi trascorsa. Andai in camera. Renato ancora non c’era. Entrò poco dopo. Sbarbato, elegante, non sembrava più il maschio di poco prima. Sembrava sobrio. Probabilmente aveva preso qualche stimolante che lo aveva rimesso in sesto. Disse: “Andiamo giù! Ti voglio inculare sul divano.” Scendemmo. Io lo precedevo. Mi prese sui fianchi. Sollevò la minigonna e, a mano aperta mi colpì pesantemente sui glutei. Ero eccitatissima. Non volevo pensare ad altro: solo a Lui che tra poco mi avrebbe fatta sua. Ci sedemmo sullo splendido morbidissimo sofà. Versò da bere. Aveva messo in ordine.
Sembrava un’altra stanza.
Sedemmo vicini. Lui, a gambe divaricate mostrava orgoglioso l’enorme rigonfiamento sulla patta. Non persi tempo. La sbottonai. Il suo meraviglioso uccello si erse in tutta la sua magnificenza.
Davanti a noi aveva posizionato un enorme specchio stile rococò. Gli slacciai la cintura e, devotamente gli sfilai i pantaloni. Sfilai le sue mutande. Mi sedetti. Guardai lo specchio. Il suo viso feroce sembrava posseduto da un angelo maligno. La sua nerchia, completamente scappellata, mi faceva già pulsare il culo. Mi inginocchiai sul tappeto davanti a lui. Lui era in adorazione per il mio culo che vedeva riflesso nello specchio. “non ho mai conosciuto una fica con un culo meraviglioso come il tuo” disse. “Ora ti voglio puttana come non mai”. Non me lo feci ripetere. La mia bocca si chiuse sul suo glande.
Cominciai.
Lui gemeva e bestemmiava. Il mio lavoro di bocca andò avanti per quindici minuti. Ero insaziabile. Forse per il troppo bere, non resistette a lungo come le altre volte. Lo schizzo caldo e denso mi riempì la bocca. Non riuscii ad ingoiare tutto subito. La sborrata era stata talmente copiosa che colava abbondantemente lungo il maestoso cazzo. Come si fa con un gelato che si squaglia, con rapidi movimenti della lingua, ne feci una scorpacciata. Mi tirò su e mi infilò la sua enorme lingua in bocca. “Forse è il più bel pompino che tu mi abbia mai fatto” disse.
Andò in bagno.
Dopo cinque minuti tornò. Si era lavato. Il suo cazzo era già nuovamente pronto. Questa era la parte che preferivo. Il totale dominio dello stallone, su di me, si realizza con un’inculata violenta. Preferibilmente a pecorina. Così posso sentire, aprendomi totalmente, la potenza del cazzo che pompa nel mio culo. I coglioni che sbattono contro il mio perinèo. Mi inginocchiai a gambe completamente divaricate, la schiena incurvata in alto, e la testa leggermente reclinata indietro. La seduta del divano era molto ampia. Lo sentivo sistemarsi dietro di me. Mi sollevò la minigonna e, dopo aver lacerato il perizoma, me lo tolse. La sua lingua si insinuava nel mio buco del culo. Ero al settimo cielo.
Poi, si sollevò sulle gambe e, dall’alto, sentii la gigantesca cappella trovare la via dentro di me. Come sempre, la fece entrare. Solo la cappella. Io gemetti. Il mio buco del culo era ancora compromesso dalla devastazione fattami dai quattro maschioni del Sud. Dopo una risata sguaiata mi disse: ”Pronta?” Non feci in tempo a rispondere: i suoi lombi guizzarono e, violentemente, entrò. In un solo colpo. Fino in fondo. Lanciai un altissimo urlo. I venti centimetri di cazzo e i quattro centimetri di diametro si fecero sentire e andai in estasi.
Lenta e profonda, iniziò la magistrale inculata.
Non volevo che venisse. Volevo continuare per sempre. Dal mio cazzo uscì un fiotto di sborra. Gemetti a lungo. Renato mi aveva fatto venire una prima volta. Il ritmo aumentò. L’inculata era ora veloce, velocissima. Sentivo che mi stava per esplodere dentro. I cinque colpi che ricevetti mi spaccarono quasi in due. L’ultimo, bestiale, fu accompagnato dall’urlo di Renato. Sentii il liquido schizzarmi in culo.
Una enorme quantità di sborra calda mi stava riempiendo. Venni la seconda volta. Lui uscì da me. Con violenza mi prese per la nuca e portò il suo uccello alla mia bocca. Sborrava ancora. Dopo averlo ben bene ripulito, lui venne alle mie spalle. Io ero nella stessa posizione da più di un’ora. Sentii la sua grassa lingua ripassarmi il buco del culo. Lo faceva con voglia satanica. Poi, quando ebbe finito, mi rifilò tre manate terribili sui glutei. Cominciò a baciarmi in bocca e a mordermi il collo sussurrando. ”Brava troia! Sei stata fantastica….” Risposi: “Tu sei fantastico.. amore..”
"Voglio rifarlo, tra un poco”.
I prossimi giorni scriverò la quarta parte: Omaggio a zio Renato - Vibo Valentia (il viaggio). Fatemi sapere (so che qualcuno mi legge) se vi piace e se volete che continui a scrivere.
Reginella. reginella2462@virgilio.it
Se prima pensavo solo a Renato, come mio dominatore, ora pensavo a quei quattro uomini che mi avevano posseduto con tanto sadismo.
Capisco che in molti casi il sesso violento possa risultare più soddisfacente dei rapporti sessuali tipici; ma ormai faceva parte di me e non ne avrei più fatto a meno.
Renato non lo sentivo da cinque giorni. Io non lo avevo cercato e lui non aveva cercato me. Non penso si sentisse in colpa. Il suo essere era talmente scellerato che probabilmente vedeva in me solo un bel corpo da soggiogare totalmente.
Il sesto giorno, però, mi cercò. Mi chiese, peraltro molto gentilmente, di andargli a fare visita. La stessa sera mi avviai alla sua dimora.
Durante il tragitto pensai molto a cosa mi avrebbe detto. Naturalmente non mi aspettavo delle scuse da parte sua, e quindi ero incuriosito dai motivi di quell’incontro.
L’estate era magnifica.
Alle 21 di sera faceva ancora molto caldo, e quando giunsi in campagna, in prossimità della sua residenza, mi investì l’amato profumo del fieno tagliato di fresco, dei lillà, e dei fiori di campo.
Dopo aver parcheggiato l’auto lontano da occhi indiscreti, mi avvicinai all’entrata e suonai. Aprì subito. Lo vidi in condizioni pietose. Occhiaie pesanti di chi non dorme da giorni. La sua solita eleganza era scomparsa. Vestiva in malo modo ed emanava un forte puzzo di alcol.
Balbettando mi disse di entrare.
Era completamente ubriaco. Mi fece accomodare in salotto. Sul pregiato tavolo settecentesco, c’erano bottiglie ovunque. Disse: “cosa bevi tesoro? ”Quello che bevi tu Renato; anche se non dovresti farlo". Vidi un’espressione cattiva sul suo viso: “ricorda! Non mi devi dire MAI quello che devo o non devo fare! ”non mi far incazzare!”.
Non lo avevo mai visto così alterato. Versò dell’ottimo whisky rovesciandone la metà.
Poi il silenzio. Mi feci coraggio: “Renato.. perché mi hai voluta qui? E’ successo qualcosa? Non ti ho mai visto in questo stato..” Si rabbonì. Dopo aver bevuto un altro doppio whisky, si mise a parlare. Esordì con un: “ora ti spiego. Ma per favore non interrompermi. Parlerai alla fine”. Il suo tono non ammetteva repliche. “Va bene “ dissi. “ inizia!”.“Ti ricordi i quattro uomini che hai conosciuto la scorsa settimana?”
Dissi: “Certo che li ricordo! Anche il mio buco del culo se li ricorda bene!”
“ZITTA!” disse. Era violento. Mi faceva paura. “Parlerai alla fine”.
Continuò: “E’ gente pericolosa. Tempo fa mi sono fatto prestare parecchi soldi da loro. Un affare sballato. Ero messo male finanziariamente. Pensavo che una volta saldato il debito con gli interessi, tutto sarebbe finito. Non è stato così. Gli ho già versato il triplo di quello che mi avevano dato. E ne vogliono ancora. Le mie case sono tutte ipotecate. Le collezioni d’arte che possedevo le ho svendute per pagarli. Sono finito.
Avevo raccontato di te. Di quanto sei bella e di quanto porca sei a letto con gli uomini. Per questo sono venuti qui. Dicevano che potevamo risolvere con una notte di fuoco con te. Ma non è stato così. Non vogliono altri soldi. Vogliono te”.
Cominciai a tremare. “Esigono che tu vada giù per qualche giorno. Dicono che gli sei entrata nel cervello. Forse è meglio che tu beva qualcosa”. L’ultima frase mi fece capire che il peggio doveva ancora venire. Disse: “puoi parlare”.
Chiesi: “giù dove Renato? Quando parlavano con te, a cena, parlavano del Sud. DOVE?” “Non alzare la voce!”, disse. Vengono da Vibo. Vibo Valentia.
Sono pericolosi. Pericolosi e infidi. “Non mi vorrai dire che appartengono all’…..” “SHHHH! Non devi nominarla! Tu non conosci i rischi che corriamo”. “Che CORRIAMO?” domandai. “Sei tu che devi soldi a loro, MICA IO!” “Non hai capito nulla! Tu sei coinvolta quanto me. Se tu non vai da loro, mi succederà qualcosa di brutto. E succederà qualcosa di brutto pure a te…”
Non avevo parole. Ero terrorizzata. “La Polizia! Vai alla Polizia! Denunciali per usura, per minacce, per qualunque cosa!” Lui assunse un’espressione tristissima. “Sono troppo potenti. Sono ovunque. Non servirebbe a nulla. Servirebbe solo ad accelerare la nostra fine. Scompariremmo nel nulla”.
“IN COSA MI HAI COINVOLTO?” urlai. Il ceffone arrivò velocissimo. A mano aperta mi colpì. Caddi dalla sedia. “Devi fare quello che ti dico! Non c’è via d’uscita!”.
E quando dovrei partire?” balbettai. “Tra due giorni. Il volo è già prenotato. Non parlai più. Lui nemmeno. “E se io vado, finisce tutto? Come puoi crederlo? Diventerei la loro schiava. E tu, quando si stancheranno di me, dovrai pagare ancora. Ti rendi conto?
“Questa volta finirà tutto” rispose. “Me lo hanno promesso solennemente”.
“E tu ti fidi….”
“Ora” disse, “ho voglia di te. Vai a preparati, ma non metterci tre ore come sempre. Ti ho già preparato il corredo.” Mi alzai. Lui fece lo stesso. “Renato… forse non è il caso….”. Il secondo ceffone mi colpì in pieno. La sua enorme mano era ora serrata a pugno. “Ora faccio una doccia. Salgo tra un’ora. Ti voglio pronta“ "Ok.. stai calmo”. Salii le scale ed entrai nella stanza nascosta. Mi aveva preparato il seno in lattice, una vertiginosa minigonna, calze, reggicalze e perizoma bianchi. Parrucca a caschetto bionda, scarpe da troia con tacco altissimo. Non c’era abito. Solo un top bianco di squisita fattura. Entrai in vasca. Feci un bagno caldissimo. Feci una depilazione di rifinitura. Mi cosparsi di creme e di profumi e mi truccai perfettamente. Mi vestii. Ero veramente bella. Davanti allo specchio vedevo una giovane donna che avrebbe fatto rizzare il cazzo a chiunque, solo a guardarla.
L’ora era quasi trascorsa. Andai in camera. Renato ancora non c’era. Entrò poco dopo. Sbarbato, elegante, non sembrava più il maschio di poco prima. Sembrava sobrio. Probabilmente aveva preso qualche stimolante che lo aveva rimesso in sesto. Disse: “Andiamo giù! Ti voglio inculare sul divano.” Scendemmo. Io lo precedevo. Mi prese sui fianchi. Sollevò la minigonna e, a mano aperta mi colpì pesantemente sui glutei. Ero eccitatissima. Non volevo pensare ad altro: solo a Lui che tra poco mi avrebbe fatta sua. Ci sedemmo sullo splendido morbidissimo sofà. Versò da bere. Aveva messo in ordine.
Sembrava un’altra stanza.
Sedemmo vicini. Lui, a gambe divaricate mostrava orgoglioso l’enorme rigonfiamento sulla patta. Non persi tempo. La sbottonai. Il suo meraviglioso uccello si erse in tutta la sua magnificenza.
Davanti a noi aveva posizionato un enorme specchio stile rococò. Gli slacciai la cintura e, devotamente gli sfilai i pantaloni. Sfilai le sue mutande. Mi sedetti. Guardai lo specchio. Il suo viso feroce sembrava posseduto da un angelo maligno. La sua nerchia, completamente scappellata, mi faceva già pulsare il culo. Mi inginocchiai sul tappeto davanti a lui. Lui era in adorazione per il mio culo che vedeva riflesso nello specchio. “non ho mai conosciuto una fica con un culo meraviglioso come il tuo” disse. “Ora ti voglio puttana come non mai”. Non me lo feci ripetere. La mia bocca si chiuse sul suo glande.
Cominciai.
Lui gemeva e bestemmiava. Il mio lavoro di bocca andò avanti per quindici minuti. Ero insaziabile. Forse per il troppo bere, non resistette a lungo come le altre volte. Lo schizzo caldo e denso mi riempì la bocca. Non riuscii ad ingoiare tutto subito. La sborrata era stata talmente copiosa che colava abbondantemente lungo il maestoso cazzo. Come si fa con un gelato che si squaglia, con rapidi movimenti della lingua, ne feci una scorpacciata. Mi tirò su e mi infilò la sua enorme lingua in bocca. “Forse è il più bel pompino che tu mi abbia mai fatto” disse.
Andò in bagno.
Dopo cinque minuti tornò. Si era lavato. Il suo cazzo era già nuovamente pronto. Questa era la parte che preferivo. Il totale dominio dello stallone, su di me, si realizza con un’inculata violenta. Preferibilmente a pecorina. Così posso sentire, aprendomi totalmente, la potenza del cazzo che pompa nel mio culo. I coglioni che sbattono contro il mio perinèo. Mi inginocchiai a gambe completamente divaricate, la schiena incurvata in alto, e la testa leggermente reclinata indietro. La seduta del divano era molto ampia. Lo sentivo sistemarsi dietro di me. Mi sollevò la minigonna e, dopo aver lacerato il perizoma, me lo tolse. La sua lingua si insinuava nel mio buco del culo. Ero al settimo cielo.
Poi, si sollevò sulle gambe e, dall’alto, sentii la gigantesca cappella trovare la via dentro di me. Come sempre, la fece entrare. Solo la cappella. Io gemetti. Il mio buco del culo era ancora compromesso dalla devastazione fattami dai quattro maschioni del Sud. Dopo una risata sguaiata mi disse: ”Pronta?” Non feci in tempo a rispondere: i suoi lombi guizzarono e, violentemente, entrò. In un solo colpo. Fino in fondo. Lanciai un altissimo urlo. I venti centimetri di cazzo e i quattro centimetri di diametro si fecero sentire e andai in estasi.
Lenta e profonda, iniziò la magistrale inculata.
Non volevo che venisse. Volevo continuare per sempre. Dal mio cazzo uscì un fiotto di sborra. Gemetti a lungo. Renato mi aveva fatto venire una prima volta. Il ritmo aumentò. L’inculata era ora veloce, velocissima. Sentivo che mi stava per esplodere dentro. I cinque colpi che ricevetti mi spaccarono quasi in due. L’ultimo, bestiale, fu accompagnato dall’urlo di Renato. Sentii il liquido schizzarmi in culo.
Una enorme quantità di sborra calda mi stava riempiendo. Venni la seconda volta. Lui uscì da me. Con violenza mi prese per la nuca e portò il suo uccello alla mia bocca. Sborrava ancora. Dopo averlo ben bene ripulito, lui venne alle mie spalle. Io ero nella stessa posizione da più di un’ora. Sentii la sua grassa lingua ripassarmi il buco del culo. Lo faceva con voglia satanica. Poi, quando ebbe finito, mi rifilò tre manate terribili sui glutei. Cominciò a baciarmi in bocca e a mordermi il collo sussurrando. ”Brava troia! Sei stata fantastica….” Risposi: “Tu sei fantastico.. amore..”
"Voglio rifarlo, tra un poco”.
I prossimi giorni scriverò la quarta parte: Omaggio a zio Renato - Vibo Valentia (il viaggio). Fatemi sapere (so che qualcuno mi legge) se vi piace e se volete che continui a scrivere.
Reginella. reginella2462@virgilio.it
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