Morbida pelle
di
Yuko
genere
etero
Un dito ruvido accarezza le mie labbra screpolate.
Il sole delle Dolomiti brucia la pelle e secca le mucose.
Lo stesso polpastrello ora mi sfiora la piramide del naso, scivola sul contorno della narice, si moltiplica nella carezza di una mano che, con un movimento ininterrotto, dalla guancia sfiora il mio collo come un sussurro.
E già la mano si espande sul contorno tondo della spalla, sorella povera che fa da preludio a un'altra rotondità più consistente.
La pienezza di un deltoide allenato per l'arrampicata trattiene la mano dalla pelle irregolare che, lentamente, come un anelito mal celato, si deposita finalmente sul mio seno nudo.
Il palmo sorregge la tonda mela e le dita disegnano arabeschi per sfiorare in maniera sempre nuova il mio capezzolo.
Sussulto di piacere per il brusco contatto sulla mia pelle soffice.
Queste dita hanno accarezzato la roccia e ne sono state ferite.
Appigli netti e taglienti sulle placche erose dal millenario stillicidio di pazienti gocce d'acqua.
Fessure scabrose hanno scheggiato le unghie e lacerato in decine di invisibili taglietti le difese delle nocche e del dorso della mano.
Riposano, ora, le mani che hanno lottato per sorreggere il corpo e innalzarsi oltre muri, diedri, placche e strapiombi.
Rocce appuntite dai contorni seghettati raccontano la loro storia sulla pelle di queste mani, narrano e ripropongono l'antica lotta tra l'uomo e gli elementi della natura, ancestrale duello per la sopravvivenza.
Ecco, dita gentili, ritrovate il velluto di una pelle sensibile.
La morbida consistenza del mio seno cede al tatto discreto di questa dita che ora indugiano affondando in questi irresistibili depositi di grasso e tessuto ghiandolare.
Una fessura, morbida e bagnata, chiama ora queste appendici che ancora giocano con gli occhietti scuri dei capezzoli, vedendoli crescere e fremere di desiderio.
Riposo per l'epidermide è la sinuosa curva che dal mio seno si stringe lungo la vita per riprendere convessità sui fianchi, suggerendo ciò che è contenuto tra le anche.
Mani avide di tessuti cedevoli si lasciano rapire dalle mie convessità, apprezzano la liscia superficie finemente porosa che mi ricopre e che restituisce alle carezze fremiti di eccitazione che non tardano a trasformarsi in sospiri e infine in gemiti.
Un invito ad approfondire.
Morbidi velluti, seta di cellule sapientemente selezionate per attrarre l'uomo.
La mano mi scivola sui peli. È facile, scontato, indovinarne le intenzioni, eppure ancora le dita giocano sul monte di Venere e l'impazienza è solo mia, che desidero riceverle al mio interno.
Allargo le cosce perchè il mio odore, dalle profondità della mia vulva, ti sferzi il volto, ti obnubili le intenzioni.
E, docili e ammaestrate, quelle dita scivolano sulle mie pieghe umide per precipitare nel pozzo caldo e morbido che custodisce la culla della vita.
Entrano senza attriti tra viscide voragini che annientano ogni resistenza e riemergono umide di umori.
Ancora mi accarezzano il vertice delle sensazioni, le dita rigenerate dai miei liquidi lubrificanti.
Balsamo di calde schiume, di filose sete lucenti per le tue mani ferite dalla pietra.
Riposate dita stanche, dita malate.
Cedete alla tentazione e fatevi imprigionare tra le mie cosce.
un dolce movimento entra ed esce orchestrando l'ouverture dei miei lamenti e del respiro che si fa profondo.
Mollusco caldo e accogliente, si prepara per ricevere la tua forza virile.
Ora le tue dita si infilano nella mia bocca, per condividere il mio sapore e la mia eccitazione.
Mi guardi soddisfatto mentre le succhio, ripetendo l'antico movimento di suzione che conosci e che ti sconfigge.
E ancora mi trafiggi con quei tentacoli pietosi per vedermi bloccare il respiro e spalancare le labbra.
Gli occhi chiusi si rassegnano all'orgasmo ormai imminente mentre ti fai strada nella mia profondità.
Ma le appendici umide ritornano sui miei capezzoli, li bagnano, li accarezzano con rinnovata morbidezza.
Calore umido che si espande, ricco di sentori di donna eccitata.
Ora i tuoi polpastrelli serpeggiano come avidi rampicanti sulla concavità della mia schiena; le braccia si contraggono per stringere i miei fianchi al tuo corpo che si avvicina trionfante.
Apro le gambe per accoglierti dentro.
Le tue falangi ancora assaporano la liscia resistenza della pelle del mio dorso mentre mi abbandono al tuo impetuoso incedere.
Spingo il bacino contro il tuo perchè tu possa penetrare nel profondo e con un roco singhiozzo ti avvolgo con le gambe e ti imprigiono dentro di me.
Il sole delle Dolomiti brucia la pelle e secca le mucose.
Lo stesso polpastrello ora mi sfiora la piramide del naso, scivola sul contorno della narice, si moltiplica nella carezza di una mano che, con un movimento ininterrotto, dalla guancia sfiora il mio collo come un sussurro.
E già la mano si espande sul contorno tondo della spalla, sorella povera che fa da preludio a un'altra rotondità più consistente.
La pienezza di un deltoide allenato per l'arrampicata trattiene la mano dalla pelle irregolare che, lentamente, come un anelito mal celato, si deposita finalmente sul mio seno nudo.
Il palmo sorregge la tonda mela e le dita disegnano arabeschi per sfiorare in maniera sempre nuova il mio capezzolo.
Sussulto di piacere per il brusco contatto sulla mia pelle soffice.
Queste dita hanno accarezzato la roccia e ne sono state ferite.
Appigli netti e taglienti sulle placche erose dal millenario stillicidio di pazienti gocce d'acqua.
Fessure scabrose hanno scheggiato le unghie e lacerato in decine di invisibili taglietti le difese delle nocche e del dorso della mano.
Riposano, ora, le mani che hanno lottato per sorreggere il corpo e innalzarsi oltre muri, diedri, placche e strapiombi.
Rocce appuntite dai contorni seghettati raccontano la loro storia sulla pelle di queste mani, narrano e ripropongono l'antica lotta tra l'uomo e gli elementi della natura, ancestrale duello per la sopravvivenza.
Ecco, dita gentili, ritrovate il velluto di una pelle sensibile.
La morbida consistenza del mio seno cede al tatto discreto di questa dita che ora indugiano affondando in questi irresistibili depositi di grasso e tessuto ghiandolare.
Una fessura, morbida e bagnata, chiama ora queste appendici che ancora giocano con gli occhietti scuri dei capezzoli, vedendoli crescere e fremere di desiderio.
Riposo per l'epidermide è la sinuosa curva che dal mio seno si stringe lungo la vita per riprendere convessità sui fianchi, suggerendo ciò che è contenuto tra le anche.
Mani avide di tessuti cedevoli si lasciano rapire dalle mie convessità, apprezzano la liscia superficie finemente porosa che mi ricopre e che restituisce alle carezze fremiti di eccitazione che non tardano a trasformarsi in sospiri e infine in gemiti.
Un invito ad approfondire.
Morbidi velluti, seta di cellule sapientemente selezionate per attrarre l'uomo.
La mano mi scivola sui peli. È facile, scontato, indovinarne le intenzioni, eppure ancora le dita giocano sul monte di Venere e l'impazienza è solo mia, che desidero riceverle al mio interno.
Allargo le cosce perchè il mio odore, dalle profondità della mia vulva, ti sferzi il volto, ti obnubili le intenzioni.
E, docili e ammaestrate, quelle dita scivolano sulle mie pieghe umide per precipitare nel pozzo caldo e morbido che custodisce la culla della vita.
Entrano senza attriti tra viscide voragini che annientano ogni resistenza e riemergono umide di umori.
Ancora mi accarezzano il vertice delle sensazioni, le dita rigenerate dai miei liquidi lubrificanti.
Balsamo di calde schiume, di filose sete lucenti per le tue mani ferite dalla pietra.
Riposate dita stanche, dita malate.
Cedete alla tentazione e fatevi imprigionare tra le mie cosce.
un dolce movimento entra ed esce orchestrando l'ouverture dei miei lamenti e del respiro che si fa profondo.
Mollusco caldo e accogliente, si prepara per ricevere la tua forza virile.
Ora le tue dita si infilano nella mia bocca, per condividere il mio sapore e la mia eccitazione.
Mi guardi soddisfatto mentre le succhio, ripetendo l'antico movimento di suzione che conosci e che ti sconfigge.
E ancora mi trafiggi con quei tentacoli pietosi per vedermi bloccare il respiro e spalancare le labbra.
Gli occhi chiusi si rassegnano all'orgasmo ormai imminente mentre ti fai strada nella mia profondità.
Ma le appendici umide ritornano sui miei capezzoli, li bagnano, li accarezzano con rinnovata morbidezza.
Calore umido che si espande, ricco di sentori di donna eccitata.
Ora i tuoi polpastrelli serpeggiano come avidi rampicanti sulla concavità della mia schiena; le braccia si contraggono per stringere i miei fianchi al tuo corpo che si avvicina trionfante.
Apro le gambe per accoglierti dentro.
Le tue falangi ancora assaporano la liscia resistenza della pelle del mio dorso mentre mi abbandono al tuo impetuoso incedere.
Spingo il bacino contro il tuo perchè tu possa penetrare nel profondo e con un roco singhiozzo ti avvolgo con le gambe e ti imprigiono dentro di me.
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