L’s story. Capitolo 1/A. L’esame

di
genere
dominazione

Sono come paralizzata dalla vergogna davanti a quel campanello.
Trovo la forza dopo qualche interminabile minuto, suono con la voce che trema: “Sono L., la ragazza di Luigi”.
Nonostante l’imbarazzo e mille timori sono puntuale. Luigi me lo ha ripetuto, assieme a mille altre raccomandazioni. “Sii puntuale: non fare aspettare il padrone è certamente un segno di grande rispetto”.

Sento il tiro, apro e, con le gambe che tremano, vado all’ascensore: ricordo i fatti dei giorni precedenti e come Adelmo, l’uomo che mi aspetta, avesse ricevuto da Luigi carta bianca per la mia “educazione”.
Luigi e Adelmo si eran conosciuti su Internet, entrambi sui 30 anni d’età. Dopo un’approfondita analisi virtuale delle reciproche intenzioni avevano concordato di “educarmi”.

Luigi mi aveva fatto partecipare al concorso “Miss ragioneria”, ho vinto: sono carina ma non ho il papà: mamma lavora nei campi, non sta bene ed è povera.
Così, dopo solo qualche mese di quasi-fidanzamento, mi aveva dato una specie di ultimatum: “Il sesso non mi basta, da te vorrei di più, voglio tutto. O accetti di farti educare da qualche esperto e diventare schiava, oppure tra noi finisce qua. Se invece accetti, ci sposiamo entro tre mesi”.
Luigi era bruttino ma di famiglia ricca: non potevo che accettare.

Ci eravamo incontrati di persona tutti e tre in un elegante pub del centro: Adelmo mi aveva trovata carina da morire: colpito dalla mia semplicità tutta “acqua e sapone”, piccolina ma ben fatta, castana chiara. Luigi mi aveva fatto indossare un cappottino che arrivava fino a metà coscia da cui spuntavano le mie gambe, lunghe e snelle. Sono l’opposto di una maggiorata tipo Manuela Arcuri, certo: ma sono un mix esplosivo di innocenza e perfezione fisica in miniatura.
Interrogata, ero diventata rossa in viso e avevo detto a testa china che accettavo il ricatto del mio ragazzo… anche perché Adelmo era alto, forte e molto carino.
Ci eravamo accordati per la prima lezione: sarei stata a sua disposizione per un paio d’ore il sabato successivo.

Eravamo ai primi di settembre, scuola non ancora iniziata, le nozze sono per i primi di dicembre: ho neanche tre mesi per diventare ubbidiente, e non ho la minima idea di cosa avrei dovuto fare.
Adelmo spiegò che il primo incontro sarebbe stato un test: se fosse stato soddisfatto l’avrebbe comunicato a Luigi per farmi andare ad un’altra “lezione”, il sabato successivo. Altrimenti finiva lì.

Grazie a quel primo incontro, dove avevamo parlato piuttosto apertamente, c’era già una certa confidenza anche se, entrando in casa, sono rossa in viso, visibilmente imbarazzata e tengo gli occhi bassi. Quando mi apre sento i suoi occhi che mi radiografano: ho lo stesso cappottino della prima volta, e le mie gambe sono avvolte in calze nere e scarpe con tacco alto e sottile.

Mi voleva consenziente e perciò dico solo quello che avevamo concordato: “Ciao. Sono qua per venire educata”.
A: “Ciao, benarrivata, accomodati e attendi in sala, in piedi”.
Chiude tutte le finestre e punta due faretti verso il centro della stanza, certo per potermi esaminare meglio, mentre lui rimane in ombra.

A: “Comincio subito insegnandoti la posizione da esposizione, che ti prego di assumere: gambe larghe come le spalle, petto in fuori, mani dietro la schiena”.
Dopo un momento di esitazione, eseguo. Lui continua:
A. “Ti spiego brevemente le regole, non sono molte: in privato devi darmi del lei e chiamarmi sempre padrone o signore mentre in pubblico dovrai capire tu: se ti presento come una mia amica o come la mia ragazza puoi darmi del tu e chiamarmi per nome. Se invece ti presento, ad esempio, come la mia segretaria o cameriera vale il discorso del privato. In pubblico non ti darò ordini diretti ma ti chiederò di fare delle cose, naturalmente per te avranno la valenza di ordini.
Puoi parlare liberamente se vuoi, per il momento non devi chiedere il permesso, almeno finché non perderai questo privilegio a causa di una punizione.
Per il resto obbedisci semplicemente ai miei ordini e fallo senza esitazioni, questo vale soprattutto quando ti mostro ad altri che devono vedere che brava ed ubbidiente ragazza sei”.

Sgrano gli occhi, stupefatta, ma non ho un carattere abbastanza forte da replicare. Continua: “Da questo momento, valgono le regole di cui sopra. Ti ricordo che se molli e te ne vai, il tuo ragazzo lo verrà a sapere in pochi secondi e il matrimonio a cui tieni tanto sarà solo un sogno. Hai capito tutto?”.
Io, con la vocina da bimba buona che trema: “Sì”.
Riprese: “Fai ancora in tempo a tirarti indietro. Sei sicura di voler andare avanti”.
Io: “Sì”.
A. “Bene. Ora, ti avevo chiesto di presentarti con una tenuta che potesse convincermi ad accettarti come allieva: togliti ogni capo e spiegami perché l’hai scelto”
L.: “Mi devo spogliare davanti a te e spiegare?”, chiedo con un filo di voce.
Lui alza un po’ la voce e fece una faccia severa: “Devi darmi del lei! E l’alternativa la conosci: non ho tempo da perdere, non sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto”.

Scossa, comincio a togliermi il cappotto: “Si, scusi: ho scelto il cappottino lungo, e non quello corto, perché nessuno sa cosa indosso sotto e, se ho capito bene dai vostri discorsi quella volta, potrei anche essere nuda”.
Più imbarazzata sollevo la maglietta.
“Ho scelto una maglietta aderente ma non troppo scollata perché, purtroppo, non ho un seno importante e preferisco attirare l’attenzione su altre parti del corpo”.
Abbasso lo sguardo slacciando il reggiseno.
“Ho scelto un reggiseno push – up per migliorarmi il più possibile”.
Mentre parlo, porgo i vari indumenti: ora ero nuda dalla vita in su. Ho il seno piccolo, tra la prima e seconda misura, ma sodo. Le aureole rosa si combinano dolcemente con la carnagione chiara.

È la volta delle scarpine.
L. “Ho scelto le scarpe classiche invece delle decolleté perché, anche se sexy quanto le décolleté, sono più adatte per il giorno”.
Mi fermo. Bloccata dalla vergogna e da mille paure. Mi incoraggia:
A. “Dai su, stai andando benissimo, coraggio!”.
Lentamente, prendo i bordi della mini.
L. “Ho scelto una minigonna elasticizzata in quanto può essere alzata, tolta e rimessa, con facilità”.
Quando la sollevo fino alla pancina e metto tutta la parte inferiore in mostra, noto che Adelmo sorride con espressione di ammirazione. Ho due gambe senza difetti: dritte come un fuso, non magre, carnose il giusto.

Sbottono la mini facendola cadere a terra e metto mano all’orlo delle calze.
L. “Ho scelto le calze autoreggenti perché Luigi le trova molto sexy, se lei preferisce ho comunque portato in borsetta anche il reggicalze; collant non ne indosso più da quando ce lo ha detto quella volta che ci siamo conosciuti”.

Restava una sola cosa. Ma non ce la facevo. Rossissima, fisso il tappetto come se fosse interessantissimo. Adelmo capisce cosa provo:
A. “Hai superato ogni mia aspettativa, calmati adesso. Vuoi qualcosa da bere?”
Resto zitta, ogni tanto il mio piccolo corpo è percorso da tremori.
Accende lo stereo, sceglie una radio con musica italiana: si diffondono le note di Baby K: “Come no” (top hit 2018), intuisco che ha già capito molto di me.

Apre il mobile bar e mi versa una generosa dose di limoncello.
A. “Coraggio, dai non fare così adesso. Sei stata bravissima. Bevi questo, facciamo con calma”.
I miei occhioni verdi si alzano timidamente fino a incrociare i suoi: sembra sincero.
L. “Grazie”. Prendo il bicchiere, più serena.
A. “Non ti faccio sedere, lo capisci che devi stare in piedi quando ci sono io, vero?”
Mi fece un sorriso dolce e birichino insieme.
A. “E poi sei proprio carina da guardare così… io però son stanco e mi siedo”.
Mi calmo un po’ di più, ha fatto centro: a tutte le ragazze piacciono i complimenti. Mi sto rilassando, ci sa fare e penso che non voglia perdermi alla prima “lezione”.

Cerco di nascondere un sorriso. Anche lui mi sta sorridendo.
A. “Ci tieni tanto a Luigi… e alle nozze, vero?”
L. “Sì”
A. “Fai bene, è giusto. Si vede subito che sei una brava ragazza. Ma l’amore ha il suo prezzo, lo capisci?”
L. “Sì”
Continua, ora lo ascolto con più attenzione: “Sono contento che lui abbia scelto me e tu abbia ammesso che ti sembro carino. Vedrai che andrà tutto bene, diventerai bravissima e sarai tanto felice di essere la più brava schiava del mondo. Abbi fiducia in me, lasciati guidare”.

Ho finito il liquore.
A. “Mi sembra che vada meglio adesso”.
L. “Sì”.
Parlo a monosillabi, ma è evidente che sto meglio.
A. “Riprendi da dove eri rimasta, su, fai la brava”.

Faccio un sospirone e, lentissima, abbasso il perizomino.
“Ho scelto uno string nero, trasparente, perché Luigi dice che senza i triangolino di cotone dietro, solo con i fili, è il più sexy; Se il signore desidera ho portato anche un perizoma di quelli col triangolino”

L’ho chiamato signore. Spontaneamente. Certo, sono emozionata dall’imbarazzo, ma ora mi viene più facile impegnarmi … o, forse, sto pian piano scoprendo qualcosa di me.
Ora sono completamente nuda, scalza e attendo, timorosa di fallire, gli ordini provenienti da una persona che non vedo.
A. “Sei stata brava a chiamarmi signore. Puoi anche chiamarmi padrone, per ora sceglierai tu in base a dove ti porta il tuo cuore. Gira su te stessa, fatti ammirare”.
Ubbidisco: ho un corpicino da Miss, minuto ma proporzionato e, nuda, so di far girare la testa a molti.

Il mio sedere, però, è quello che più attira gli occhi maschili: carnoso (una 40-42, ma son piccolina 158 cm), ma senza un filo di cellulite: alto e sodo.
Me lo dice: “Hai un culo brasiliano”.
Divento di nuovo rossa in viso, ma non riesco a nascondere un timido sorriso:
L. “Grazie. Me lo han detto tutti i fidanzati che ho avuto”.

Parlo: mi sto sciogliendo. Merito del limoncello o del modo di fare di Adelmo? Non sono sicura di niente, sono sempre stata un carattere insicuro, ma sono emozionata e molto meno timorosa di pochi minuti prima.
Mi versa un altro bicchiere e me lo porge, restando in ombra.
“Bevi con calma, è originale campano. Descrivimi come ti senti adesso: sei eccitata?”
di
scritto il
2022-12-12
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