Educazione in famiglia: dai nonni. Cap.: II Il sogno

di
genere
prime esperienze


“Vedo che hai fatto la prima esperienza e, da come me ne ha parlato tuo nonno, l’hai superata e sostenuta molto bene. Spero che tu voglia rifarla e andare oltre. Queste strie essiccate che ti adornano le gambe, sono immagini della stagione in cui stai entrando; … sono il profumo che da te ha principiato a nascere, … a sgorgare, a prorompere. In questi giorni avrai modo, stando con noi, e in seguito anche con i tuoi genitori di essere iniziata alla sessualità, perché sei pronta e matura. Lo vuoi?”
“Sì nonna!”
“… ma non devi aver timore, come ne hai avuto oggi con la serpe. Quell’animale, innocuo, è un simbolo fallico e non devi aver paura; se il nonno ti proporrà altre esperienze, … accettale. Acconsenti che ti apra alla vita. Il pisello che hai visto, non serve solo per far pipì, ma anche per fecondare una femmina o per dar piacere, appagamento, estasi sessuale alla persona con cui ci si apparta e si copula.”
“Che termini, … non so che significano, … che esprimono.”
“A suo tempo li comprenderai. Per ora siediti a tavola che il nonno sta arrivando.”
“La giornata si sta concludendo bene: la nostra Stefania ha abbracciato la strada della conoscenza e vuole proseguire. Noi la guideremo fin dove la nostra esperienza di vita ce lo permetterà.”
“Nonno vorrei rifare l’esperienza e come ha detto la nonna proseguire, andare avanti nel percorso iniziato.”
“Domani, se ti desterai presto, conosci già cosa faremo, … e poi andremo a vedere se qualche carpa è rimasta impigliata tra le frasche. Vai a riposarti ora.”
“Alcide … tranquillità! Deve arrivare, maturare con calma e tanto sole. I frutti esposti ai raggi solari sono i più gustosi, i più dolci.”
“Lo so, mia cara Assunta, … lo so! Domani, me la porterò nella stalla a vedere … la Bigia. Avrò modo di tenermela sulle ginocchia, di farle avvertire sul culetto la presenza nodosa e tu ben sai che non c’è nulla di meglio per turbare una cosina chiusa, innocente, semplice di un membro rigido, odoroso, vivo. … e tu persisti, incoraggiala ad iniziare, incitala a schiudersi, a confidarsi, ad esprimersi erompendo, tracimando incipienti, veementi, impetuosi, irrefrenabili desideri.”
“Ricordo, mio caro, quando papà mi prese sulle ginocchia, non per raccontarmi del raccolto, della battitura del grano o dei sacchi che ogni giovanotto dei dintorni voleva portare nel granaio per dimostrare la propria forza e resistenza, ma di quanto godeva nel fottere il culo a mia madre; … che era calda, passionale, vacca. Usava parole che con il tempo ho imparato ad apprezzare e a conoscerne il profondo significato. Lo ascoltavo a bocca aperta: era la prima volta che sentivo mio padre parlarmi in modo così spudorato e osceno; a dirmi che il suo culo era un inghiottitoio per aspirare, succhiare, poppare, … stretto, profondo, caldo; dei suoi rapporti orali, di come sapeva usare la lingua. Bevevo le sue parole, raccontava di amori passionali e di sesso esplicito. Mi ritrovai quanto mai bagnata. Non ero più una bambina, ma neanche una donna: ero in quella fase un po’ … così; avevo le tettine, ma non ancora completamente cresciute, … i capezzolini, … questi sì, … sembravano delle fragoline di bosco e in quella domenica mattina mi ritrovai con la valva aperta, insanguinata. Ero quanto mai eccitata, infoiata, accesa … che lo strinsi a me per saturarmi, per riempirmi di sborra, come a voler essere ingravidata, impregnata, fecondata. Mia madre era là che incitava, applaudiva, gioiva; anzi, dopo una breve pausa, mi invitò a ringraziare quel grosso martello con il coccolarlo, limarlo, venerarlo con la vista, con la lingua, con l’olfato, con il volto … e quello si riprese per aprirmi anche il didietro. Ricordo molto bene che ero stata eccitata dai racconti, ma soprattutto dalle mani che mi frugavano in ogni anfratto, che sguazzavano nelle mie viscosità e dal percepire sul mio sederino un palo caldo, pulsante, che voleva ergersi, rizzarsi, ma che era costretto in quella posa dal mio peso. Da allora non indossai più l’intimo per non farlo soffrire quando sarei ritornata su di lui, perché lo volevo al caldo, nell’umido della toppa o nello stretto del culo.”
“Oh cara, ora so il motivo per cui non metti le mutandine, … che gran porca ho sposato, … che cagna!”
“Sì, sono una cagna sempre in calore, anche da vecchia mi piace sentirlo gonfio, granitico, marmoreo, legnoso; che si alza per sbattermi, per scoparmi, per farmi sentire sua. Oh, caro, so di cosa abbisogni, di cosa necessiti. Per fortuna che queste seggiole hanno la seduta ampia, tanto che mi permettono di mettermi con i piedi ai lati del tuo posteriore, …”
“Che troia, che puttana, … che putta e quanto scaltra, birba sei! Sììììììì, … sìììììììììììììììììì … falla, che ti scopo, ti spazzolo come mai ho fatto!” … e la signora Assunta, postasi in piedi sopra il marito, sfilatasi la veste, rimanendo nuda e afferratagli la testa, se la pressò sulla sorgente della vita per dissetarla. La lingua di Alcide colpiva la fessura, leccava, asportava, spazzolava, a volte si spingeva dentro per suggere finché uno scroscio non terminò in gola per fuoriuscire e scorrere giù per il corpo, inzuppando maglietta e pantaloni. Glò, … gloglò … glò. Urla, strette, morse, sculaccioni, pizzicate ai glutei con l’urina che scorreva e scaldava, eccitando, infiammando ancora di più il membro dell’uomo.
La parte abitativa della casa padronale constava di tre piani: al secondo c’erano camere con tavolato, usate come alcove delle copie e camere per i giovani con sopra il granaio, mentre al pian terreno, ai lati della grande sala-cucina, a nord-est c’era la legnaia, da cui si accedeva alle stalle con al suo sud la stanza dei nonni e dirimpetto a questa il tinello con a nord-ovest la cantina. Una scala in legno chiusa, addossata alle pareti della dispensa e del salottino, collegava i piani. A causa del fumo la cucina riceveva, per essere disinfettata e rimessa a nuovo, la calcina con la pompa nella Settimana Santa.
I due educarti a non curare la privacy, a non aver pudore ed intimità, consideravano la gioia del sesso un atto che poteva essere osservato anche dai rampolli come forma pedagogica e formativa. Chiaramente, se l’atto fosse stato consumato in cucina, avrebbero avuto sempre degli spettatori, dagli anziani ai ragazzi più maturi e tutti collaboravano a rendere il momento unico e straordinario, trasformandolo in un baccanale. L’economia del paese aveva attratto i figli dei due altrove, ma questi tornavano alla casa paterna nei periodi delle vacanze scolastiche dei figli. La società era cambiata, le città si sviluppavano, ma certe tradizioni o abitudini rimanevano e, in alcuni casi, per acchetare le coscienze, venivano trasformati in sabba, in cui l’atto sessuale e l’incesto erano la consuetudine. Erano gli adulti sino agli anni Sessanta/Settanta ad avvicinare i figli alla sessualità, alla conoscenza del proprio fisico, ad insegnare che le appendici sessuali non servivano solo per pisciare; poi si sa … le candele fecero altro, ma in quelle cucine la tradizione dei nonni e la gioia del piacere proseguirono ovattate, silenziate dalla smaliziata, necessaria e virtuosa omertà. I genitori di Stefania avevano deputato i due anziani, loro genitori, ad iniziare la nipote nella stessa casa nella quale uno era nato ed introdotto alla sessualità senza barriere e tabù, considerandola luogo adatto allo scopo e l’altro con il matrimonio, ne sposò pienamente l’utilità, se non la necessità.
I movimenti, il frastuono, le urla, gli uggiolii, gli ansimi, gli inviti avevano destato la curiosità della ragazza, che non avvertita e vista, da tempo ascoltava ed osservava la celebrazione della copula. Si sentiva molto umida. Dalla vulva le colavano scie calde e vischiose, aiutate a fluire copiose anche dalle sue dita. I nonni se ne erano accorti della presenza, ma proseguirono sornioni e compiaciuti nella loro battaglia erotica. A letto ripensava a quello che aveva ascoltato, mentre si masturbava. Aveva visto la nonna senza biancheria e non per non averla, ma per non ostacolare una penetrazione; la minzione in bocca al nonno e come questi godeva nel ricevere per lasciarla scorrere giù per il corpo; la sodomizzazione e l’ingoio. Si ripromise di restituire lo scherzo al nonno non indossando intimo. Prese sonno dopo un potente, intenso, lungo orgasmo, che si rinnovò dopo alcune ore a causa di sogni lussuriosi, lascivi, osceni.
“Buongiorno nonna: dormito bene?”
“Oh sì, mia cara e tu?”
“Anche … guarda!”
“… ma sei nuda sotto la vestina!”
“Eh sì per non insudiciare le mutandine, se il nonno mi chiederà di aiutarlo nella stalla o di entrare nell’acqua melmosa per pescare la carpa che avevamo visto.”
“Sagace e sveglia la mia nipotina! … ma come sei bella, … come è bella la tua patatina! Mi hai lasciata senza parole, a bocca aperta, … con quei peletti neri che l’adornano, che la contornano! Lasciami inspirare il profumo che emana, … ohh piccola, ma sei bagnata eh … porcellina, … fammela toccare tutta la tua fichetta fresca e giovane ... mmmmmhhh," e una mano si posò sulla pelle nuda, bagnata, fradicia, vogliosa. “Girati piccola, mostrami anche il culetto, che immagino sia tutto da baciare, leccare, mordere, sculacciare. Eh, sì mia cara, un bel culo lo si può anche percuotere, picchiare, battere per tornare a baciarlo, mentre una mano suona l’ocarina o pizzica il suo beccuccio.”
“Ohh nonna, non togliere la mano, accarezzami, leccami il culetto. La tua mano è meglio della mia. Sento salire dal basso un languore, … Una bellissima libellula si posa e zampetta verso l’alto.”
“Stai pisciando piccola!” Alle dita si sostituì la lingua per darle un piacere sconosciuto, divino. Leccava come una forsennata, velocemente, … sembrava la lingua di un cucciolo che sugge il latte. Faceva dei rumori ... sentiva il suono della lingua grondante, che scivolava dalle chiappe all’asola del culo e i suoni di risucchio e di tanta saliva ...la costrinse ad allargare di più le cosce per mettersi sotto, … succhiava e beveva avidamente tutti gli umori che copiosi colavano dalla fichetta e lei impazziva in preda a nuove sconvolgenti sensazioni. Le sue gambe cedettero, trovandosi inginocchiata, spossata, tremante. Il suo respiro correva convulso, isterico, tormentato.
“Brava, … brava la mia troietta, … dai, dai … sììììììììììììììì così, godi piccola, imberbe puttana, … ohhhhhhhhh come sei bella quando godi, come sei puttana e vacca quando ti pisci sulle gambe! Mi assomigli piccola, tanto, … tanto. Calmati ora perché dobbiamo andare dal nonno e presala per mano la condusse alle stalle dall’anziano per aiutarlo, per vedere e capire. Sui suoi polpacci, sottili, scie lucenti, essiccate.
“Oh finalmente, piccina mia, sei arrivata per aiutarmi! Avevo paura che a causa della biscia non venissi più.”
“No Alcide, l’ho trattenuta io. Squadrala, nota e dopo ti racconterò!”
“Va bene cara. Stefy mia osserva la bestia come scalpita, scalpiccia, batte gli zoccoli, sbava, soffia: ecco, in questo modo ci fa comprendere che brama e vuole la sua giovenca e cosa manifesta e mostra sotto la pancia, … quella punta rossa, lunga, gocciolante filamenti gelatinosi e … poi mira come l’accoglie e come lei si comporta chiamandolo, mostrandogli, alzando la coda, la vagina gonfia, aperta, pulsante. Lei è una femmina come te, solo che tu sei una donna, mentre lei è una mucca in calore e lui è il maschio che la monterà per fecondarla.”
“Ohhhhhhhhhh, nonno, è stupendo!”
“Sei bellissima e meravigliosa, piccola! La tua curiosità, il tuo desiderio di conoscere non ha eguali! Assunta aprimi il recinto! “
“Ohhhhhhhhhh …” La ragazza scrutava la scena estasiata, incantata, rapita, immaginandosi avvinta e posseduta dal nonno.
“Vieni mia piccola Stefy, vieni e siediti sulle mie ginocchia per mirare meglio lo spettacolo della monta.”
“Va bene, ma voglio vedertelo, poterlo contemplare e accarezzare. L’ho visto nel sogno che invadeva i miei buchi. Era una biscia che mi entrò dapprima in bocca, regalandomi dei sapori indecifrabili, mai conosciuti, dopo mi fece sanguinare per annidarsi e coprirmi, e successivamente, mi sfondò il culo, mandandomi in estasi. Nonno, … nonnoooo! Nonnaa …!”
“Ok bambina mia, prima però osserva l’accoppiamento, poi farai quello che ti consiglierò.”
“Sì nonna!”
“Vai a sederti sulle ginocchia del nonno e ammira come il toro si eccita. Gli lappa la vagina, asportandole le secrezioni, come le nostre quando siamo eccitate, che le fluiscono copiose e dopo cercherà di montarla penetrandola con quell’asta rossa, dilatata, lunga e straordinariamente rigida. Ti stai inumidendo piccina mia?”
“Nhhhhh sì! Nonno, quello che sento sul culetto è …?”
“E' il mio pene?”
“Uhmmmmmmm … Posso vederlo?”
“Certo piccina mia. Spostati un pochino.” Cosa che fece girandosi, sempre restando a cavalcioni delle gambe, con le sue spalancate.
Lui si aperse i pantaloni ed il pene emerse, ritto come un palo. Era il primo che vedeva e rimase stupita, incantata, affascinata, sedotta.
“Posso toccarlo, nonno?”
” Certo, piccina mia, toccalo pure.” Lo prese con le mani ed iniziò ad accarezzarlo.
” E questo fa come quello del toro?”
” Sì, amore mio, questo si infila nella vagina e si muove su e giù, fino a che la donna gode e l'uomo ugualmente, scaricando lo sperma e poi ... con il toro nascono i vitellini.”
” Ma è meraviglioso, … stupendo!”
“E' la meraviglia della natura, amore, la vagina pian piano si allarga e si adatta alle dimensioni del pene, così da farsi riempire tutta. Ma tu, ti sei mai toccata, sfregata prima? Ti sei mai infilata un ditino?”
“Sì, nonno” Diventando rossa come un pomodoro, anche stanotte, e ho goduto tantissimo.”
” Vuoi che, ora, ti tocchi, io, piccola?”
“Sììììììììììììììì, sarebbe bellissimo!”
Nel frattempo, il toro era salito sulla groppa della vacca e dopo averla abbrancata le stava puntando il membro all’entrata della natura e con un colpo la penetrò iniziando ad andare su e giù. La mucca mugghiò al principio, ma poi si lasciò coprire.
“Ma Stefy … sei nuda e bagnatissima. Sembra di sdrucciolare, di immergersi in una vasca di fango termale.”
“Come la nonna, ho imparato da lei: se ho bisogno di far pipì, posso farla stando in piedi, … ovunque e ... Ohhhh … nonnooooo, … la manooo! Ohhhhh, … nhhhh!” Ora, dopo averla fissata intensamente, afferratole l’orlo del vestitino, glielo sfilò, iniziando a baciarle il collo, gli orecchi, il naso sino a che lei non aperse le labbra per corrispondere, per ricambiare.
“Vuoi essere mia?” La testa iniziò a girarle nel sentire quella frase e … per le mani che si infilarono fra le cosce, a stretto contatto della passerina.
” Si nonno ...”
“Ohh come sei calda e bagnata, piccola mia. Sei la mia piccola, dolce vacca, … la mia affettuosa, focosa vacchetta!” … proseguendo ad accarezzarla là dove la sensibilità è maggiore e da lì … i capezzoli piccoli, turgidi, induriti come chiodi. Le toccò le natiche adamantine, profumate di rugiada. La sollevò, divaricandole le gambe, per prendere possesso della sua apertura frangiata. Con estrema naturalezza se la posizionò sopra le labbra e la lingua, proiettandola al di là del tempo e dello spazio. Grossa, rugosa e umida, la sentiva entrare con dolcezza fra le sue piccole labbra, la sentiva frugare e muoversi rapida e vogliosa, salire a picchiettare alacremente la testina della lumachina, senza sosta e senza calo. L’avvertiva sondare la fica, molle ma compatta, morbida e aggressiva, dolce e determinata. La lingua del nonno la faceva godere leccandola, penetrandola, sprofondando tutta dentro il suo corpo. Le mani enormi del nonno le strizzavano i seni, le stringevano i capezzoli, le massaggiavano il ventre. I movimenti dolci del vecchio la accompagnarono ad un orgasmo che le fece quasi perdere i sensi. La nonna aiutò Alcide a sfilarsi i pantaloni: la grossa sagoma svettava verso l’alto. La piccola Stefy, guidata dall’anziana, si ritrovò fra le ginocchia dell’uomo.
“Contemplalo piccola Stefy, è tutto tuo! Alcide te lo offre. Prendilo!”
“Sì, nonna, lo voglio. Nonno sono la tua giovane vacchetta. Fai come il toro, riempimi e fecondami.” Percepisce e obbedisce al nonno, annusa il suo odore, ne aspira la fragranza a pieni polmoni, l’aroma denso, caldo, irresistibile e vede quel grosso cazzo dalla punta tondeggiante, rossa e gonfia davanti alla sua bocca, con le mani dell’uomo che lo stanno sostenendo e massaggiando con forza e violenza. È rorido, asperso di bava sulla punta. Lo afferra, apre la bocca e accoglie. Soffoca … è largo, ma la riempie. Gira, per quanto possibile la linguetta su quell’attrezzo abnorme, pulsante e vivo. Questa cosa piace al vecchio, che mugola e le ordina di muovere le mani sempre più in fretta, spasmodicamente. Lo sente esplodere in gola: la violenza degli schizzi la sconvolge. Piange, oscilla e trema e poi … riprende a fiatare, incurante delle gemme perlacee che le ornano il viso.
“Andiamo in casa, mia splendida, sorprendente Stefy. Lasciamo il toro con la sua femmina, perché il nonno deve lavorare, per cui al culetto ci penseremo più tardi.”
“Mhhhhhhhhh … io …”
“Lo so cosa pensi, ma ora accontentati e lasciami riflettere e valutare.”
Andò con la donna dopo aver stampato un bacio sulla fronte dell’anziano. Era felice per le soddisfazioni avute, per le scoperte e conquiste fatte e per il sapore di uomo in bocca.


scritto il
2022-12-13
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