L’s story. Capitolo 6. Il giardino nascosto

di
genere
dominazione

Mi guardo e riguardo davanti allo specchio mentre mamma dorme. Povera: giorno dopo giorno mi sembra stia peggio. Ieri, domenica, non ricordava quasi chi è Luigi, il mio fidanzato arrestato la mattina.
Il contrasto tra quel che indosso ora, rispetto ai vestiti che ho indossato fino allo scorso sabato, mi turba non poco.
A ragioneria ho sempre cercato di non apparire: i vestiti comprati al mercato di paese per pochissimi euro mi aiutavano molto a passare inosservata… ma provocavano l’ilarità e le cattiverie delle mie compagne.
Cosa succederà oggi? Dalla villa regalatami dal mio fidanzato (ormai purtroppo ex) ho portato un borsone di vestiti che mi comprava lui: sono uno più indecente dell’altro.

Ho ubbidito alle istruzioni di Daniele, l’avvocato che ieri mattina mi ha salvata, ma ho scelto le cose meno sconce. Eppure, davanti allo specchio, mi vergogno di come sono diversa rispetto a due giorni fa.
I leggings, infatti, sono bianchi e completamente trasparenti: il perizoma a filo è perfettamente visibile, anche se ne ho scelto uno bianco per coprire la patatina. Invece della felpa, un maglioncino XS color écru, aderentissimo di cashmere che, non dovendo mettere il reggiseno, lascia intravedere il mio piccolo seno: ma è lungo e, per fortuna, copre i leggings fino a metà coscia. Ai piedi, decolleté color bianco, con tacco a spillo di 7cL.
Non posso andare fuori così: già alla fermata del bus per la città, i paesani commenterebbero e riferirebbero a mamma. Decido quindi di utilizzare, almeno per il viaggio, un cappottone da contadina, pagato pochissimo al mercato settimanale.

La “copertura” funziona, qualche sguardo alle gambe ma niente di più. In classe, invece, tutti si accorgono che sono diversa. Impossibile passare inosservata. Bocciata per tre volte, sono la più vecchia: le compagne tacciono, i compagni sbirciano e commentano stupiti tra loro.
Non sono certo una studentessa brillante: vado male in tutte le materie salvo Italiano, forse grazie alla lettura dei tanti romanzi rosa che mamma tiene in casa. Sono sempre distratta da pensieri d’amore e prendo note una dopo l’altra. Ma per questa ragione mi è facile uscire ad ogni ora, fare un salto nel piano della Quinta A, sorridere a qualche ragazzo e poi tornare in classe.

Arriva l’intervallo, vado nell’atrio della sezione A, e in quei quindici minuti, vengo subito abbordata da tre ragazzi ben vestiti, gentili, alti. Mi incantonano in un angolo in disparte e, come da istruzioni dell’avvocato, alzo il maglioncino, sorrido e faccio vedere che dalla vita in giù sono praticamente nuda. Mi vergogno da morire, ma ho ubbidito: quindi riabbasso e scappo, lasciandoli con gli occhi fuori dalla testa.

Il martedì ripeto: oggi i ragazzi sono quattro, mi corteggiano, mi guardano… ma quando due di loro mi palpano il sedere, un altro mi palpa il seno e l’ultimo mi pizzica un capezzolo, tremo tutta, divento rossa e scappo di corsa al mio piano.

Nel pomeriggio, a casa, arriva la telefonata di Daniele con le nuove istruzioni:
D.: “L. ciao. Ci sono novità: il piano per sistemarti è definito e pronto, ma non posso dirti tutto. Se sei riuscita ad attirare l’attenzione di qualche ragazzo della Quinta A, la tua parte è molto semplice. Mi dicono che, in fondo alla palestra c’è un’uscita che porta alla parte vecchia e abbandonata di ragioneria; da lì, a circa 50 metri, si va in un giardino protetto, come nascosto dalle mura della vecchia scuola. Domattina questa è la prima cosa che verificherai. Se tutto è come ti ho detto, ti farai portare in quel giardino dal maggior numero di ragazzi possibile. Una volta lì ubbidirai a tutto e a tutti: se vorranno scoparti lasciali fare, ma ricordati di dire ogni tanto “no, no”. Di quello che succederà dopo non posso dirti: ma dovrai solo ubbidire nell’evolversi degli avvenimenti. Verso le 16 o le 17 ci rivedremo. Se tutto va come previsto, Adelmo lo vedrai prima. In bocca al lupo e ricordati che dalla tua docilità dipende il tuo futuro”.

Ringrazio e chiudo il cell. Ho mille paure, come credo succeda a tutte le ragazze insicure di carattere. Paura per il mio futuro, per le porcherie che forse dovrò subire; paura di non riuscire ad eseguire la mia parte del piano di Daniele, di mille cose. Cerco di calmarmi, mamma farnetica distesa a letto: vado perciò nel piccolo ingresso, spengo la luce, mi inginocchio e faccio l’esercizio del ripensare a cosa sono e a cosa servo… e funziona. Mi calmo, mi ripeto che per una come me è giusto così, mi rassegno alla mia natura.

Arriva mercoledì, è il “D” day della mia vita.
Le cose meno indecenti le ho messe lunedì e ieri.
Oggi, purtroppo, è la volta di una microgonna tartan lunga solo 18 cL.: già quando cammino mi si vede la patatina e quasi tutto il lato B. Calze parigine verde scuro con ricami di cuoricini rosa: le gambe restano scoperte da appena sopra il ginocchio fino quasi all’inguine. Il tacco a spillo oggi è di 9 cL.: se mi chino la microgonna sale e mio il sedere sarà bene in risalto. Il top è nero, autunnale, strettissimo e piuttosto trasparente: la pancina resta scoperta. Mi guardo nello specchio, mi vedo oscena, i capezzoli son gonfi e induriti: provo vergogna per le reazioni del mio corpo e per quanto sono cambiata.
Come al solito, per il viaggio indosso un lungo cappottone da contadina.
Nonostante il cappotto, nel bus verso la città sento molti più sguardi sulle mie gambe: resto a capo chino, ripeto a me stessa che è giusto che io sia in mostra, che mi fa bene sentirmi umiliata.
In classe per fortuna sono all’ultimo banco, tengo il cappottone addosso, ma i maschi mi guardano tutti le gambe, mentre le compagne sussurrano varie volte “zoccola”, “troietta” e altri complimenti simili.

Al suono della campana dell’intervallo scatto e trotterello svelta, per quanto me lo consentono i tacchi alti. Prima di arrivare all’atrio della sezione A, tolgo il cappottone e lo appendo lungo le scale, a caso. Mi accorgo di essere bagnata tra le cosce e avere di nuovo i capezzoli gonfi e duri: mi schifano le reazioni del mio corpo. Ma devo ubbidire se voglio salvare il mio domani.
Sono esposta agli occhi di circa un centinaio di ragazze e ragazze, vado direttamente all’angolo dove mi hanno incantonata lunedì e martedì.

Pochi secondi ed ecco che arrivano i miei “amici”: oggi sono 5, vestiti costosi come al solito, educatissimi, alti… ma oggi mi guardano con gli occhi fuori dalle orbite.
Loro: “Ciao L., come sei carina oggi!”.
Io, abbassando gli occhi: “Credo... credo di aver sbagliato la scelta del vestire… è tutta la mattina che le compagne mi sussurrano epiteti terribili…”.
Loro: “Ma come sei sempre umile… cosa dici, stai benissimo così” e sento già una mano che mi accarezza il sedere, un’altra che mi coccola il seno. Chino il capo, non reagisco lasciandoli fare, il mio corpo trema leggermente.

Quindi respiro profondamente, è il momento in cui devo giocare la mia carta.
L. “Mi han detto che c’è un bellissimo giardino nella parte abbandonata di ragio. Dicono ci si arrivi dalla palestra e non ci sia mai nessuno. Voi lo conoscete?’”.
Impiegano meno di un secondo per capire il messaggio. Si guardano sorridendo gli uni con gli altri, felici e con gli occhi vogliosi. Parla il più coraggioso, mi sembra si chiami Brando:
“Bello! Che ne dici se andiamo ad esplorarlo tutti assieme? Ci potremmo trovare alla fine delle lezioni, nella palestra… Dai, dì di sì!”

A capo chino, taccio, non rispondo, mi limito a fare di sì con la testa.
Tutti loro: “Graaandeeeee! Chissà quanti bei fiori ci sono! Allora ci vediamo alle 13:35 in palestra!”.
L’intervallo è finito, volo a rimettermi il cappottone e torno in classe. Sono un po’ in panico per quello che ho fatto e quello che vorranno da me. C’è compito in classe di ragioneria, lascio il foglio bianco. Cerco di calmarmi, di distrarmi.

13:30: suona la campana di fine lezioni. Aspetto che escano tutti, poi mi avvio. All’inizio del corridoio che porta in palestra c’è l’addetto informatico della scuola: non mi dice nulla, continuo ad andare.
Apro la porta della palestra e… sono lì, tutti e 5, che mi sorridono e mi fan festa sottovoce. Brando parla per primo.
B. “Eccoti! Sai, siamo venuti tutti perché le nostre famiglie si conoscono tra loro… ci vediamo ogni week end e… non volevamo litigare per chi dovesse accompagnarti. Senti, ma… che brutto cappottone che hai… contrasta tanto con la tua bellissima mise di oggi…. Ti aiuto a toglierlo?”. In attimo me l’ha tolto: sono in mostra per tutti loro.
B.: “Ecco, ora ci siamo! Bellissima! issimissima!” tutti condividono facendo il gesto di battere le mani.

Mi portano verso la vecchia porticina che conduce alla parte in disuso… mentre un ragazzo mi tiene per mano, un altro ha già le mani sotto la mia microgonna e mi palpa il sedere. Non mi ribello, mi sottometto, lascio fare. Anzi, dall’incontro con gli universitari mi sembra di esser diventata più sensibile dietro… provo piacere, ma anche tanta vergogna. La vergogna è una strana emozione: nel mio caso provoca spesso un nodo alla gola ma anche… mi bagno senza volerlo, senza nemmeno accorgermene.

Aprono la porticina, usciamo, c’è un bel sole. Tanto verde e fiori d’autunno qua e là: il verde mi rende felice, mi fa sentire nella campagna dove sono cresciuta… sorrido e mi guardo attorno. Ma loro non sono lì perché amanti della natura.
B.: “Che caldo ragazzi…. Io mi tolgo un po’ di vestiti? Voi che fate?”.
Siamo ormai nella parte abbandonata del parco… si spogliano tutti e cinque, restando in mutande. Noto che tutti sono in forte erezione, abbasso gli occhi subito.
B.: “L. e tu non hai caldo?” Faccio di no con la testa, non riesco a parlare… respiro affannosamente, emozionata e timorosa. Ma loro non aspettano risposta.
Brando mi sbottona e toglie la microgonna… coro “ooooh… sei tutta bagnata lì”.
Muoio di imbarazzo, rossa come un peperone… Ma non reagisco, cominciano a capire che sono una insicura… forse anche che sono portata a ubbidire.
Un altro mi aiuta sfilandomi il top: con orrore mi accorgo che le puntine del mio seno sporgono ancora, oscene… coro “uuuhhh!” Un terzo intraprendente me le lecca. Un altro mi bacia sulla bocca: purtroppo ricambio e lingue si intrecciano.

Continuiamo ad andare, dietro l’angolo di un edificio c’è uno spazio circondato da altri muri, che nascondono tutto.
Ci fermiamo nel punto più riparato. Brando mi abbassa e toglie il perizoma fradicio… sono ancora perfettamente depilata, come voleva il mio Luigi.
Brando si avvicina… me la lecca, solo un assaggio… io gemo dolcemente come una gattina in calore.
Ma mi ricordo le istruzioni di Daniele e dico con la vocina abbastanza forte:
L.: “No… no… vi prego”.

Voila’, salta un fuori un plaid, mi ci stendono gentilmente sopra, in mezzo ai fiori.
Delicatamente mi aprono le gambe, uno mi bacia il seno, un altro lo coccola, uno mi bacia sulla bocca, un altro mi tormenta il clitoride… perdo il controllo, miagolo di continuo… e allora Brando si abbassa lo slip, proprio davanti al mio viso, lo fa apposta e non posso non guardare: il suo sesso è gonfio, arrogante, bello.
B.: “Sei bellissima…” e si distende sopra di me.
Mi penetra piano, delicatissimo… alla missionaria. Entra senza fatica, tutto. E io, purtroppo, come mi succede ultimamente, godo subito: il mio orgasmo è fortissimo da tremare e rovesciare gli occhi all’’indietro.
È alto e forte, sicuramente fa sport, il suo corpo muscoloso mi ricopre completamente… aumenta la velocità della penetrazione… dura forse cinque minuti, non so con esattezza, il mio orgasmo è ininterrotto e non capisco molto.

Un altro va per prendere il suo posto… come in trance orgasmica ripeto: “no, vi prego... basta”. Figuriamoci, sono impazziti. Il secondo entra, Brando mi porge il suo membro bagnato e me lo imbocca.
Il terzo mi fa girare e mettere a quattro zampe: “no… mi farai male, lo hai grande.. vi prego, no”. Sodomizzata, ma almeno con tanta gentilezza.

Sono ormai le 15:00. Quando anche l’ultimo dei cinque mi prende per poi spuzzarmi in bocca, si sentono delle grida:
“Disgraziati! Cosa le avete fatto!” È il nostro preside, accompagnato dal tecnico informatico della scuola che ha ripreso tutto con una telecamera.

Un minuto dopo, altre grida: “Carabinieri! Fermi tutti! Agenti, manette per tutti e cinque!”. È il capitano Adelmo, il mio carabiniere preferito.

Continua
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2022-12-17
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