L’s story. Capitolo 14. Verso il primo lavoro
di
Laras
genere
dominazione
Lunedì, ore 06:00. Mi alzo, oggi comincio a lavorare, cioè comincio il corso per poter essere assunta. Ieri pomeriggio abbiamo saltato la “messa a punto” al centro estetico: avevo ritardato il ciclo per la luna di miele e, ovviamente, mi è arrivato mentre dormivo nel primo pomeriggio. Ho poco tempo, prendo un antidolorifico leggero per il mal di pancia e corro allo specchio in bagno per sistemarmi.
Mentalmente ricordo che oggi è il mio “mesiversario”: sono due mesi che ho cominciato il mio percorso: come sono cambiata! Se lo avessi saputo all’inizio sarei scappata… invece, per fortuna, ho trovato delle persone buone, che mi hanno sostenuta nelle difficoltà e aiutata a cambiare. E oggi mi ritrovo con una villa, la mamma sistemata, un reddito più che sufficiente e un probabile lavoro onesto.
È bastato ubbidire e ho ottenuto una situazione che mai avrei immaginato.
I minuti scorrono veloci, per fortuna prima di dormire avevo preparato tutto e dovrei farcela. Ho predisposto una mise quasi normale con abiti che mi aveva regalato Luigi (per farmi conoscere i suoi genitori), il mio ultimo fidanzato. Le scarpe sono Chanel, color crema con punta nera e tallone scoperto: il tacco è sottile di 7cm (difficili da trovare, male ho). Il tailleur è serio ma giovanile, sexy ma non troppo, di lana color écru: si compone di gonna, maglioncino e giacchina (è autunno inoltrato e fa fresco). La gonna è corta, arriva sopra la metà coscia e lascia facilmente intravedere la balza delle autoreggenti bianche. Tolgo il collare e metto orecchini e braccialetto con smeraldi: voglio fare un figurone. Infine, l’intimo, color bianco, il colore che mi sembra sia scelto per me dai nuovi amici che mi guidano e che si intravede abbastanza attraverso la lana del vestito.
Alle 06:45 un colpo di clacson: è Ercole, il mio ex preside di ragioneria. Dopo varie bocciature si è capito che non sono portata per lo studio e quasi sicuramente non frequenterò più la sua scuola. Ieri mi hanno spiegato che avrò una specie di lezioni private, ma su materie più pratiche. Ha il telecomando del cancello del parco e mi sta già aspettando davanti al portone della villa: afferro una borsetta capiente, con dentro un quadernino per appunti e volo di sotto.
Ci avviamo e mi dà le istruzioni: “Questo nuovo corso dura cinque giorni e si svolgerà tutte le mattine di questa settimana al liceo di Cento. Il viaggio di andata e ritorno lo farai accompagnata dal Preside, che si chiama Fulvio. Cerca di applicarti almeno un po’: l’archivistica di base non è difficile e sei una raccomandata, ma devi cercare di stare attenta. Se non capisci sicuramente Fulvio ti aiuterà. Fulvio non fa parte della nostra Società, quindi sii te stessa: insicura, pudica, educata, umile e ubbidiente. La prossima settimana, la passerai a Pesaro, per conseguire il diploma che permetterà di assumerti. È tutto chiaro?”.
L.: “Credo di sì, mi sembra di aver capito tutto. Chiedo solo se… cioè… [una pausa, sono in imbarazzo] che devo fare se vuole possedermi, ecco”.
E.: “Sii te stessa, conserva il tuo bel pudore, ma… ubbidisci”.
Taccio, abbasso gli occhi, come al solito mi sono subito diventate rosse le guance.
Dopo dieci minuti, siamo all’inizio della strada per Cento: c’è una macchina normale, abbastanza grande, che ci aspetta. Scende un uomo sui 50 anni: è vestito in modo classico ed è ordinato, ma è bruttino, non alto (ma più alto di me), ha la pancia ed è mezzo calvo.
Scendiamo anche noi, Ercole mi presenta:
E.: “Ciao Fulvio, eccoti L. la bella ragazza che sarà assunta dal Provveditore. È una insicura di carattere, deve essere guidata, ma è buona, educata e molto ubbidiente: te la affidiamo fino a venerdì. Per piacere aiutala perché non è portata per lo studio, ma… è Miss ragioneria in carica [ride scherzoso]. Come da accordi, per piacere riportala tu a casa oggi pomeriggio e valla a prendere nei prossimi giorni, così vedrai anche dove abita, conoscerai il suo giovane marito e vedrai che bella casa le hanno regalato”.
Quando mi vede, Fulvio spalanca gli occhi e percorre il mio corpo lentamente, dalle Chanel fino ai capelli. Sorride, è contento. Risponde con tono sicuro.
F.: “Perfetto Ercole, tutto chiaro. Tranquillo che la seguirò da vicino. E se davvero è ubbidiente, vedrai che prenderà il diploma di questa settimana facilmente. Ora è meglio andare perché alle 08:00 devo essere a scuola. Ciao!”.
Mi prende educatamente per mano, mi conduce alla porta del passeggero e mentre salgo… si gode l’apertura delle mie gambe e il davanti del perizoma. Ho già capito cosa mi aspetta…
Il viaggio è tranquillo, ma la mia gonna è salita lasciando scoperta la balza delle autoreggenti e anche un po’ di pelle della coscia. Sento i suoi occhi che spesso vanno a guardare lì. Cerco di essere indifferente e mi abbasso la gonna continuamente, ma pian piano torna sempre su.
Mi fa tante domande, sui miei studi, la mia famiglia, il mio matrimonio così precoce. Siamo quasi al suo liceo e riassume le mie risposte così:
F.: “Allora, se ho ben capito: famiglia povera, madre abbandonata dal marito e malata. Educazione contadina, severa e intransigente. Non molto intelligente ma bellissima, con vari fidanzati mascalzoni. Notata dal tuo Preside al concorso, fatta sposare son il suo tecnico di fiducia e quindi raccomandata al Provveditore. È tutto giusto?” Ride con educata allegria, non aspetta risposta e continua: “Le aule del corso sono all’ultimo piano, sali dallo scalone centrale. Al corso sarete in quattro. Tre signore e un uomo. Non dare confidenza e siediti in fondo. Io darò istruzioni all’insegnante e quando posso verrò a vedere come vanno le cose”.
Fulvio dimostra un carattere forte, mi mette soggezione ma mi fa anche sentire protetta: perciò sono serena e ubbidisco alle sue istruzioni senza difficoltà.
Le lezioni sono una noia infinita, non ce la faccio a seguire: per fortuna nessuno fa caso a me e l’insegnante non mi calcola. Mi metto a disegnare sul quaderno.
Verso mezzogiorno viene in classe, saluta tutti e si mette dietro di me. Quando mi abbasso la gonna, si avvicina all’orecchio:
F.: “Sei nell’ultima fila, non ti vede nessuno: quindi smetti di abbassarti la gonna e cerca di stare attenta. Quando finiscono le lezioni, resta in questa classe che ti passo a prendere io appena ho finito”.
Resta ancora qualche minuto, penso per il tempo necessario a che la mia gonna si sollevi di nuovo, fino a lasciare scoperto il davanti del perizoma.
Immagino che mi guardi tutta per bene, assorbente compreso, poi mi accarezza la testa con dolcezza e torna al suo lavoro.
Al termine delle lezioni, lungo il tragitto alla villa, torna a ripetermi, educatamente ma con fermezza, che non è necessario abbassare la gonna.
Ci fermiamo in un bar di campagna per un panino, mi offre il pranzo, non so più decidere: sceglie lui per me una macedonia. Ha scelto l’angolo più lontano, mi fa sedere su un puff molto basso così che io abbia le ginocchia più alte della seduta: capisco che vuole la visione di tutte le mie gambe e mie parti intime: arrossisco, abbasso gli occhi, ma faccio come vuole, rinunciando a coprirmi per evitare di venire sgridata. Il suo approccio è lento e attento: capisco che non vuole spaventarmi in alcun modo.
Il giorno successivo è simile al primo: la sola differenza è che, sia in auto sia in classe, posa più volte la sua mano su un mio ginocchio, salendo solo fino a metà coscia: io tremo leggermente, abbasso gli occhi, ma lascio fare senza ribellioni.
Nei giorni successivi, le mie mise sono sempre con abiti formali, seri, con qualche aspetto sexy ma non volgare.
Mercoledì. Al termine delle lezioni, mi fa salire sul terrazzo dell’ultimo piano del liceo per “farmi ammirare il panorama”. Resta dietro di me, mi parla, mi spiega e, come se niente fosse, mi infila piano le mani sotto al maglioncino. Il mio piccolo seno è nelle sue mani: lo accarezza, mi pizzica le puntine che trova già dure e sporgenti. Io gemo per il piacere di quelle carezze, sottovoce, dolcemente, senza alcun segno di ribellione, ma tanto imbarazzo.
Approfitta della mia docilità per appoggiarmi il suo sesso contro il sedere. Lo sento già eretto e chino la testa, umiliata e rassegnata. Restiamo vestiti, penso che non voglia rischiare di esser visto, quindi si muove piano, su e giù contro il mio culetto. Dopo poco due spinte un po’ più forti e si irrigidisce. Scendiamo e ci avviamo per tornare alla villa.
Stavolta mi porta fino all’ingresso, attraverso i due chilometri del parco. Entra un attimo per conoscere Claudio, mio “marito”, che per fortuna è appena tornato da ragioneria ed è ancora vestito da maschio. Claudio lo invita a fermarsi da noi quando può, per un digestivo e per conoscermi meglio, domani o il giorno dopo. Fulvio risponde di sì, con un sorriso decisamente malizioso.
Giovedì. Mi porta “a fare una importantissima visita all’argine del Po”. Il posto è proprio deserto, ma per prudenza mi allontana dalla strada seguendo l’argine. Oggi esplora il mio lato B: capisco che sa che porto ancora l’assorbente interno. Mentre camminiamo mi solleva lentamente la gonna, fino a scoprirmi tutta dietro. Accarezza a lungo il mio sedere. Purtroppo, anche per quanto mi han fatto durante la Luna di Miele, sono diventata sensibilissima anche dietro. Gemo per il piacere, vergognandomi per le reazioni del mio corpo. Lui sente che mi piace e quindi mi prega di tenermi su la gonna da sola: mi fa chinare in avanti e senza indugio mi mette un dito su per il sedere. Gemo di nuovo, il mio corpo trema un po’, ma resto chinata. Lui capisce che non sento dolore e… le dita diventano due. Imbarazzo totale, ma purtroppo il mio corpo non la pensa così e sta godendo di tutto.
Mi rialza, mi volta: ha il sesso di fuori, lo ha rosso paonazzo e durissimo, me lo mette in mano, senza forzarmi, glielo accarezzo. Vedo che Fulvio ha un pene medio-piccolo come Luigi, il mio ex fidanzato… distolgo subito lo sguardo.
F.: “Ora è importante esaminare la corteccia dei pioppi da vicino”, mi ci porta, mi fa appoggiare le mani sul pioppo e il viso contro la corteccia: lui è alle mie spalle e, senza preavviso, me lo spinge tutto su per il culetto. Non mi fa male, mi piace.
Venerdì. È l’alba dell’ultimo giorno. Fulvio è venuto a prendermi alla villa e sa che, dopo il diploma, difficilmente potrà rivedermi. Prima di uscire dal parco, accosta l’auto a una grande quercia e si apre i pantaloni: lo ha già dritto e rigidissimo.
F.: “Coraggio, da brava” mentre mi spinge piano la testa giù, verso il centro dei suoi pantaloni. Umiliata, lo imbocco: non faccio più fatica ad accogliere quelle dimensioni. È tutto nella mia bocca, lui mi dà il ritmo che gli piace, ha fretta. Mi lascio guidare e in pochi minuti ricevo in bocca i pochi spruzzi del suo sperma. Mando giù senza discutere e si va al suo liceo.
Al termine delle lezioni tutti ricevono il diploma, tranne me. Rimasti soli, mi dice di alzarmi la gonna e con una mano verifica che io non abbia più l’assorbente:
F.: “Il diploma te lo do quando saremo alla tua villa. Ci sarà tuo marito?”.
Abbasso la testa, so cosa vuole e rispondo: “Forse sì, ma non entriamo mai nel salotto del primo piano se c’è la porta chiusa”.
Faccio il viaggio di ritorno con una sua mano che guida e l’altra che mi accarezza la patatina: sono bagnatissima. Ma anche io devo tenere una manina sul suo sesso e accarezzarglielo, lo ha sempre durissimo.
Giunti a destinazione, chiude a chiave la porta del salotto. Mi spoglia piano: quando vede che ho su una guepiere e calze bleu, me le lascia indosso assieme alle scarpine alte. Accende tutte le luci, oggi vuole proprio vedermi bene: mi esamina senza fretta tutta: palpa, accarezza, mi apre le gambe in modo osceno, infila dita intercalando con tanti “sei bellissima… stupenda… viso da bambolina… corpo perfetto”.
Siede sul divano, accende una luce di fianco, vuole vedermi bene il viso mentre mi guida in ginocchio tra le sue gambe e, poi, me lo dà in bocca. Mi sottometto e succhio… finché mi ferma: sa di non avere molta resistenza e non vuole spruzzare.
Si rialza, mi fa mettere a quattro zampe e mi si mette dietro. Sento che si abbassa i pantaloni e, ancora senza preavviso, me lo mette tutto su per il culetto. Si muove piano, vuole gustarmi tutta senza spruzzare e io… purtroppo ho un orgasmo anale, che lui vede benissimo. Sembra impazzire vedendo quell’orgasmo: esce e svelto mi penetra la fessurina.
Si scatena, affonda una ventina di volte, rapido come un coniglio, fino a riempirmi tutta del suo seme.
Si rialza, sospira felice, si ricompone e se ne va.
Sul tavolo resta l’attestato per archivista scolastica con il mio nome.
Mi sto piano piano abituando… e rassegnando a queste umiliazioni. Quando vengo usata, i miei orgasmi sono regolari, ormai con chiunque. Le mie zone erogene si sono tutte sviluppate: sono più sensibile, provo piacere in qualunque parte del corpo. Solo che… continuo a provare disagio e imbarazzo quando mi scelgono e poi mi possiedono. Ma ce la devo fare: i miei padroni han detto che saranno tre lunghi anni… ce la farò, diventerà brava e perfetta.
Continua
Mentalmente ricordo che oggi è il mio “mesiversario”: sono due mesi che ho cominciato il mio percorso: come sono cambiata! Se lo avessi saputo all’inizio sarei scappata… invece, per fortuna, ho trovato delle persone buone, che mi hanno sostenuta nelle difficoltà e aiutata a cambiare. E oggi mi ritrovo con una villa, la mamma sistemata, un reddito più che sufficiente e un probabile lavoro onesto.
È bastato ubbidire e ho ottenuto una situazione che mai avrei immaginato.
I minuti scorrono veloci, per fortuna prima di dormire avevo preparato tutto e dovrei farcela. Ho predisposto una mise quasi normale con abiti che mi aveva regalato Luigi (per farmi conoscere i suoi genitori), il mio ultimo fidanzato. Le scarpe sono Chanel, color crema con punta nera e tallone scoperto: il tacco è sottile di 7cm (difficili da trovare, male ho). Il tailleur è serio ma giovanile, sexy ma non troppo, di lana color écru: si compone di gonna, maglioncino e giacchina (è autunno inoltrato e fa fresco). La gonna è corta, arriva sopra la metà coscia e lascia facilmente intravedere la balza delle autoreggenti bianche. Tolgo il collare e metto orecchini e braccialetto con smeraldi: voglio fare un figurone. Infine, l’intimo, color bianco, il colore che mi sembra sia scelto per me dai nuovi amici che mi guidano e che si intravede abbastanza attraverso la lana del vestito.
Alle 06:45 un colpo di clacson: è Ercole, il mio ex preside di ragioneria. Dopo varie bocciature si è capito che non sono portata per lo studio e quasi sicuramente non frequenterò più la sua scuola. Ieri mi hanno spiegato che avrò una specie di lezioni private, ma su materie più pratiche. Ha il telecomando del cancello del parco e mi sta già aspettando davanti al portone della villa: afferro una borsetta capiente, con dentro un quadernino per appunti e volo di sotto.
Ci avviamo e mi dà le istruzioni: “Questo nuovo corso dura cinque giorni e si svolgerà tutte le mattine di questa settimana al liceo di Cento. Il viaggio di andata e ritorno lo farai accompagnata dal Preside, che si chiama Fulvio. Cerca di applicarti almeno un po’: l’archivistica di base non è difficile e sei una raccomandata, ma devi cercare di stare attenta. Se non capisci sicuramente Fulvio ti aiuterà. Fulvio non fa parte della nostra Società, quindi sii te stessa: insicura, pudica, educata, umile e ubbidiente. La prossima settimana, la passerai a Pesaro, per conseguire il diploma che permetterà di assumerti. È tutto chiaro?”.
L.: “Credo di sì, mi sembra di aver capito tutto. Chiedo solo se… cioè… [una pausa, sono in imbarazzo] che devo fare se vuole possedermi, ecco”.
E.: “Sii te stessa, conserva il tuo bel pudore, ma… ubbidisci”.
Taccio, abbasso gli occhi, come al solito mi sono subito diventate rosse le guance.
Dopo dieci minuti, siamo all’inizio della strada per Cento: c’è una macchina normale, abbastanza grande, che ci aspetta. Scende un uomo sui 50 anni: è vestito in modo classico ed è ordinato, ma è bruttino, non alto (ma più alto di me), ha la pancia ed è mezzo calvo.
Scendiamo anche noi, Ercole mi presenta:
E.: “Ciao Fulvio, eccoti L. la bella ragazza che sarà assunta dal Provveditore. È una insicura di carattere, deve essere guidata, ma è buona, educata e molto ubbidiente: te la affidiamo fino a venerdì. Per piacere aiutala perché non è portata per lo studio, ma… è Miss ragioneria in carica [ride scherzoso]. Come da accordi, per piacere riportala tu a casa oggi pomeriggio e valla a prendere nei prossimi giorni, così vedrai anche dove abita, conoscerai il suo giovane marito e vedrai che bella casa le hanno regalato”.
Quando mi vede, Fulvio spalanca gli occhi e percorre il mio corpo lentamente, dalle Chanel fino ai capelli. Sorride, è contento. Risponde con tono sicuro.
F.: “Perfetto Ercole, tutto chiaro. Tranquillo che la seguirò da vicino. E se davvero è ubbidiente, vedrai che prenderà il diploma di questa settimana facilmente. Ora è meglio andare perché alle 08:00 devo essere a scuola. Ciao!”.
Mi prende educatamente per mano, mi conduce alla porta del passeggero e mentre salgo… si gode l’apertura delle mie gambe e il davanti del perizoma. Ho già capito cosa mi aspetta…
Il viaggio è tranquillo, ma la mia gonna è salita lasciando scoperta la balza delle autoreggenti e anche un po’ di pelle della coscia. Sento i suoi occhi che spesso vanno a guardare lì. Cerco di essere indifferente e mi abbasso la gonna continuamente, ma pian piano torna sempre su.
Mi fa tante domande, sui miei studi, la mia famiglia, il mio matrimonio così precoce. Siamo quasi al suo liceo e riassume le mie risposte così:
F.: “Allora, se ho ben capito: famiglia povera, madre abbandonata dal marito e malata. Educazione contadina, severa e intransigente. Non molto intelligente ma bellissima, con vari fidanzati mascalzoni. Notata dal tuo Preside al concorso, fatta sposare son il suo tecnico di fiducia e quindi raccomandata al Provveditore. È tutto giusto?” Ride con educata allegria, non aspetta risposta e continua: “Le aule del corso sono all’ultimo piano, sali dallo scalone centrale. Al corso sarete in quattro. Tre signore e un uomo. Non dare confidenza e siediti in fondo. Io darò istruzioni all’insegnante e quando posso verrò a vedere come vanno le cose”.
Fulvio dimostra un carattere forte, mi mette soggezione ma mi fa anche sentire protetta: perciò sono serena e ubbidisco alle sue istruzioni senza difficoltà.
Le lezioni sono una noia infinita, non ce la faccio a seguire: per fortuna nessuno fa caso a me e l’insegnante non mi calcola. Mi metto a disegnare sul quaderno.
Verso mezzogiorno viene in classe, saluta tutti e si mette dietro di me. Quando mi abbasso la gonna, si avvicina all’orecchio:
F.: “Sei nell’ultima fila, non ti vede nessuno: quindi smetti di abbassarti la gonna e cerca di stare attenta. Quando finiscono le lezioni, resta in questa classe che ti passo a prendere io appena ho finito”.
Resta ancora qualche minuto, penso per il tempo necessario a che la mia gonna si sollevi di nuovo, fino a lasciare scoperto il davanti del perizoma.
Immagino che mi guardi tutta per bene, assorbente compreso, poi mi accarezza la testa con dolcezza e torna al suo lavoro.
Al termine delle lezioni, lungo il tragitto alla villa, torna a ripetermi, educatamente ma con fermezza, che non è necessario abbassare la gonna.
Ci fermiamo in un bar di campagna per un panino, mi offre il pranzo, non so più decidere: sceglie lui per me una macedonia. Ha scelto l’angolo più lontano, mi fa sedere su un puff molto basso così che io abbia le ginocchia più alte della seduta: capisco che vuole la visione di tutte le mie gambe e mie parti intime: arrossisco, abbasso gli occhi, ma faccio come vuole, rinunciando a coprirmi per evitare di venire sgridata. Il suo approccio è lento e attento: capisco che non vuole spaventarmi in alcun modo.
Il giorno successivo è simile al primo: la sola differenza è che, sia in auto sia in classe, posa più volte la sua mano su un mio ginocchio, salendo solo fino a metà coscia: io tremo leggermente, abbasso gli occhi, ma lascio fare senza ribellioni.
Nei giorni successivi, le mie mise sono sempre con abiti formali, seri, con qualche aspetto sexy ma non volgare.
Mercoledì. Al termine delle lezioni, mi fa salire sul terrazzo dell’ultimo piano del liceo per “farmi ammirare il panorama”. Resta dietro di me, mi parla, mi spiega e, come se niente fosse, mi infila piano le mani sotto al maglioncino. Il mio piccolo seno è nelle sue mani: lo accarezza, mi pizzica le puntine che trova già dure e sporgenti. Io gemo per il piacere di quelle carezze, sottovoce, dolcemente, senza alcun segno di ribellione, ma tanto imbarazzo.
Approfitta della mia docilità per appoggiarmi il suo sesso contro il sedere. Lo sento già eretto e chino la testa, umiliata e rassegnata. Restiamo vestiti, penso che non voglia rischiare di esser visto, quindi si muove piano, su e giù contro il mio culetto. Dopo poco due spinte un po’ più forti e si irrigidisce. Scendiamo e ci avviamo per tornare alla villa.
Stavolta mi porta fino all’ingresso, attraverso i due chilometri del parco. Entra un attimo per conoscere Claudio, mio “marito”, che per fortuna è appena tornato da ragioneria ed è ancora vestito da maschio. Claudio lo invita a fermarsi da noi quando può, per un digestivo e per conoscermi meglio, domani o il giorno dopo. Fulvio risponde di sì, con un sorriso decisamente malizioso.
Giovedì. Mi porta “a fare una importantissima visita all’argine del Po”. Il posto è proprio deserto, ma per prudenza mi allontana dalla strada seguendo l’argine. Oggi esplora il mio lato B: capisco che sa che porto ancora l’assorbente interno. Mentre camminiamo mi solleva lentamente la gonna, fino a scoprirmi tutta dietro. Accarezza a lungo il mio sedere. Purtroppo, anche per quanto mi han fatto durante la Luna di Miele, sono diventata sensibilissima anche dietro. Gemo per il piacere, vergognandomi per le reazioni del mio corpo. Lui sente che mi piace e quindi mi prega di tenermi su la gonna da sola: mi fa chinare in avanti e senza indugio mi mette un dito su per il sedere. Gemo di nuovo, il mio corpo trema un po’, ma resto chinata. Lui capisce che non sento dolore e… le dita diventano due. Imbarazzo totale, ma purtroppo il mio corpo non la pensa così e sta godendo di tutto.
Mi rialza, mi volta: ha il sesso di fuori, lo ha rosso paonazzo e durissimo, me lo mette in mano, senza forzarmi, glielo accarezzo. Vedo che Fulvio ha un pene medio-piccolo come Luigi, il mio ex fidanzato… distolgo subito lo sguardo.
F.: “Ora è importante esaminare la corteccia dei pioppi da vicino”, mi ci porta, mi fa appoggiare le mani sul pioppo e il viso contro la corteccia: lui è alle mie spalle e, senza preavviso, me lo spinge tutto su per il culetto. Non mi fa male, mi piace.
Venerdì. È l’alba dell’ultimo giorno. Fulvio è venuto a prendermi alla villa e sa che, dopo il diploma, difficilmente potrà rivedermi. Prima di uscire dal parco, accosta l’auto a una grande quercia e si apre i pantaloni: lo ha già dritto e rigidissimo.
F.: “Coraggio, da brava” mentre mi spinge piano la testa giù, verso il centro dei suoi pantaloni. Umiliata, lo imbocco: non faccio più fatica ad accogliere quelle dimensioni. È tutto nella mia bocca, lui mi dà il ritmo che gli piace, ha fretta. Mi lascio guidare e in pochi minuti ricevo in bocca i pochi spruzzi del suo sperma. Mando giù senza discutere e si va al suo liceo.
Al termine delle lezioni tutti ricevono il diploma, tranne me. Rimasti soli, mi dice di alzarmi la gonna e con una mano verifica che io non abbia più l’assorbente:
F.: “Il diploma te lo do quando saremo alla tua villa. Ci sarà tuo marito?”.
Abbasso la testa, so cosa vuole e rispondo: “Forse sì, ma non entriamo mai nel salotto del primo piano se c’è la porta chiusa”.
Faccio il viaggio di ritorno con una sua mano che guida e l’altra che mi accarezza la patatina: sono bagnatissima. Ma anche io devo tenere una manina sul suo sesso e accarezzarglielo, lo ha sempre durissimo.
Giunti a destinazione, chiude a chiave la porta del salotto. Mi spoglia piano: quando vede che ho su una guepiere e calze bleu, me le lascia indosso assieme alle scarpine alte. Accende tutte le luci, oggi vuole proprio vedermi bene: mi esamina senza fretta tutta: palpa, accarezza, mi apre le gambe in modo osceno, infila dita intercalando con tanti “sei bellissima… stupenda… viso da bambolina… corpo perfetto”.
Siede sul divano, accende una luce di fianco, vuole vedermi bene il viso mentre mi guida in ginocchio tra le sue gambe e, poi, me lo dà in bocca. Mi sottometto e succhio… finché mi ferma: sa di non avere molta resistenza e non vuole spruzzare.
Si rialza, mi fa mettere a quattro zampe e mi si mette dietro. Sento che si abbassa i pantaloni e, ancora senza preavviso, me lo mette tutto su per il culetto. Si muove piano, vuole gustarmi tutta senza spruzzare e io… purtroppo ho un orgasmo anale, che lui vede benissimo. Sembra impazzire vedendo quell’orgasmo: esce e svelto mi penetra la fessurina.
Si scatena, affonda una ventina di volte, rapido come un coniglio, fino a riempirmi tutta del suo seme.
Si rialza, sospira felice, si ricompone e se ne va.
Sul tavolo resta l’attestato per archivista scolastica con il mio nome.
Mi sto piano piano abituando… e rassegnando a queste umiliazioni. Quando vengo usata, i miei orgasmi sono regolari, ormai con chiunque. Le mie zone erogene si sono tutte sviluppate: sono più sensibile, provo piacere in qualunque parte del corpo. Solo che… continuo a provare disagio e imbarazzo quando mi scelgono e poi mi possiedono. Ma ce la devo fare: i miei padroni han detto che saranno tre lunghi anni… ce la farò, diventerà brava e perfetta.
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