Mrs. Keppel

di
genere
saffico

"Mrs. Rosalind Keppel - Matchinson Road 27 London".Questo era l'indirizzo che l'agenzia a cui mi rivolsi per un posto di "ragazza alla pari" mi recapitò a casa. Avevo 20 anni e una gran voglia di levare le tende da casa e proseguire gli studi all' estero. Inghilterra, nulla di meglio che il destino potesse riservarmi, anche se per motivi familiari avrei preferito la Grecia, ma la mitica terra d'Albione era la mia seconda scelta, anche per via del fatto che il college universitario che mi era stato assegnato sembrava avere ottime referenze ed una retta annuale sostenibile. All'indirizzo della signora Keppel si aggiungevano il numero di telefono e l'email. Considerata la mia poca dimestichezza con l'inglese parlato optai per un primo contatto per iscritto. Fu molto affabile e gentile la signora , ma ci tenne ad essere chiamata solo Rosalind e che non vedeva l'ora di accogliermi in casa. Ci demmo appuntamento all'aeroporto di Gatwick in una tarda mattina di Maggio. Espletai le formalità di ingresso alla dogana dello scalo londinese, ritirai i bagagli e mi avviai verso il parcheggio dove Rosalind mi aspettava. Sulla sessantina, ma portati magnificamente, snella e dalla figura slanciata, mi venne incontro con il più luminoso dei sorrisi: lunghi capelli argentei e un paio di occhi azzurri che mi colpirono all'istante. Ebbi la netta sensazione di trovarmi di fronte ad una donna di origini nobili, e quest'impressione venne suffragata da ciò che avrei scoperto nei giorni che seguirono. Durante il breve viaggio in macchina parlammo soprattutto di me e dell'emozione che provavo per quell'esperienza all'estero. Mi mise subito a mio agio parlandomi lentamente, perfettamente conscia che essendo il mio inglese piuttosto rudimentale avevo bisogno di ascoltare il flusso di parole in maniera ben scandita. Affrontai poi il discorso inerente alle mie mansioni: pulizie in casa, prendermi cura di eventuali bambini, cose così. Rimasi sorpresa oltre che sollevata quando mi disse:
"niente di questo my lovely girl, my family it's me and no one else"
Le sorrisi quando mi accennò quelle due parole in italiano, glielo feci notare e mi rispose che da bambina passò diverse estati sulle colline fiorentine, dove la sua famiglia possedeva una villa: "Bellosguardo" disse in un soffio, la ringraziai pensando che fosse un complimento alla sottoscritta, ma rise di gusto per quell'equivoco, precisando che quello era il nome della località fiorentina, per poi aggiungere che anche il mio viso era molto bello, e dandomi una carezza che mi fece arrossire. Giungemmo  a casa sua in neanche mezz'ora, la seguii lungo il vialetto e rimasi a bocca aperta quando vidi dove avrei abitato: una villa settecentesca con due leoni in marmo ai lati del portone, per tacere del meraviglioso giardino che la circondava. Rosalind si accorse del mio stupore, mi sorrise e tenendomi per mano mi fece entrare. Ero ormai pronta a tutto, mi tolsi dal viso quell'espressione da Cenerentola sbarcata da una zucca e la seguii lungo le scale che portavano alle stanze. Mi fece vedere la camera dove avrei alloggiato chiedendomi se fosse di mio gradimento. La guardai per capire se fosse una domanda retorica o se davvero potesse immaginare che avrei fatto una smorfia di fronte a tanta bellezza. Posai le borse e mi guardai attorno: un letto bianco a due piazze con baldacchino, armadio a quattro ante, bianco anch'esso, e un balcone che dava sul giardino e da cui si abbracciava con gli occhi l'intera campagna della periferia londinese, e poi altre ville circostanti. Mi voltai a guardarla e mi sorrise: "bello sguardo", le risposi"yes everything it's awesome", e di nuovo scoppiò a ridere: "no Valeria, I mean...tuo sguardo è bello". Avrei voluto abbracciarla e dirle che anche il suo viso era meraviglioso, con quel paio d'occhi azzurri che mi lasciavano incantata, ma in quel momento non mi sarei limitata ad abbracciarla, le avrei stampato pure un bacio sulle labbra, e dovetti reprimermi, avrei rischiato di rovinare tutto ed essere cacciata su due piedi. I suoi modi d'altronde erano palesemente materni verso una ragazza piovutale in casa e ai suoi occhi totalmente sperduta. Mi disse di mettermi pure in libertà, che nell'armadio avrei trovato qualche vestaglia e che lei avrebbe fatto lo stesso. Aprì una porta e scoprii che era la sua camera da letto, esattamente adiacente alla mia. Spalancai le quattro ante dell'armadio per guardare cosa poter indossare e fui investita da un intenso profumo di lavanda la cui fonte erano due mazzetti di questa pianta legati e posati sul fondo del mobile. Quattro vestaglie di colori diversi appese e sul ripiano un palo di graziosissime ciabattine di raso con motivi floreali. Scelsi la vestaglia color pesca e dopo essermi spogliata la indossai, mi tolsi i sandali e inforcai le ciabatte. Subito dopo sentii Rosalind bussare, le dissi di entrare e quando apparve mi sembrò una dea: vestita anch'essa di una vestaglia bianca, i lunghi capelli grigi appena spazzolati, ed un filo di rossetto che in precedenza non aveva; ebbi la netta percezione che si fosse abbellita per me,o più probabilmente era uno dei film mentali che mi facevo ogni volta che mi sentivo attratta da una donna. Era ormai ora di pranzo e mi chiese di seguirla. Uscimmo dalla camera ridiscendendo le scale e arrivammo in un'ampia cucina dove il bianco era il colore predominante: un grande tavolo al centro, le pareti e ad ogni singola credenza pentole di rame appese. L'unico elemento moderno un frigorifero da cui Rosalind iniziò a tirare fuori varie cibarie per il nostro pranzo. Sedute l'una di fronte all'altra mi decisi a chiederle quali mansioni avesse in serbo per me relativamente alla mia presenza in casa sua, perchè il tutto mi era ancora vago. Amiche che ebbero esperienze simili mi raccontavano di essersi prese cura dei bambini presenti nella famiglia ospitante, piccoli lavori domestici."Don't worry Valeria, your only duties will be your studies and keeping me company". Le sorrisi e le dissi che tenerle compagnia sarebbe stata la mia gioia più grande, e solo il cielo sapeva quanto questo fosse vero. Terminato quel pranzo frugale mi occupai di lavare le poche stoviglie mentre lei, seduta al tavolo mi osservava. Adoravo sentirmi guardata da lei, era come se stesse misurando il grado di inserimento con cui a poco a poco mi stavo calando in un ambiente totalmente nuovo per me, e la disinvoltura che manifestavo la gratificava. Finita quella incombenza mi voltai verso di lei che sorridendo mi mostrò il pollice in alto. Si alzò e mi diede la mano: "I wanna show you something else now". Attraversammo l'atrio e dopo aver aperto una porta entrammo in quello che mi apparve subito essere il "sancta sanctorum" della casa: una splendida libreria con una grande finestra la cui luce ne illuminava quasi ogni angolo. Mille e forse più libri disposti sui due lati, uno scrittoio e un divanetto."This will be your place Valeria", ed io ad occhi spalancati ed incredula. Mi guardai attorno come se fossi Alice catapultata dal suo paesino del Kansas in un luogo magico e Rosalind la mia Regina di Cuori. Alle pareti erano appesi anche diversi quadretti, per lo più acquerelli, mi avvicinai per osservare meglio e mi accorsi che ritraevano scorci di Firenze e una villa della campagna toscana; in calce a questi ultimi il nome del luogo: Villa dell'Ombrellino. La firma dell'autore, o meglio, dell'autrice e l'anno in cui fu dipinto: Violet- 1927. Le chiesi chi fosse l'autrice e mi disse che era la sua prozia Violet Trefusis. Trasalii quando sentii quel nome. Sapevo attraverso le letture biografiche di Virginia Woolf chi fosse stata Violet Trefusis. Rosalind si accorse della mia sorpresa nel sentire quel nome e aggiunse che fu la donna più libera della sua famiglia, e che di lei conservava ricordi bellissimi,  ma che a causa di quella libertà subì gli ostracismi più duri da parte loro. Sapevo a cosa si riferisse: Violet Trefusis fu l'amante di Vita Sackville e vivere certi amori in quell'epoca significava porsi ai margini della società e della famiglia stessa. Ma volli che fosse lei a continuare nel suo tratteggiarmi i ricordi che conservava della sua prozia, e aggiungendo stupore allo stupore proseguì il suo racconto in un italiano quasi perfetto: "io bambina  che ascoltavo i racconti dei suoi viaggi e della sua vita in Parigi e facevo tante domande, tra cui la più stupida..", sorrise quando le chiesi quale domanda fosse, mi guardò: "le chiesi se avesse un fidanzato francese", ridemmo entrambe sedute sul divanetto: "qualcosa del genere mia piccola Rose, qualcosa del genere mi rispose, e il senso di quelle parole lo scoprii qualche anno dopo, quando curiosando in un cassetto della sua scrivania trovai una scatola al cui interno c'erano diverse lettere e foto che la ritraevano sempre insieme alla stessa donna, e quelle lettere d'amore firmate Vita". Le si inumidirono gli occhi mentre raccontava, e mi venne spontaneo accarezzare quel suo viso diafano e bellissimo, carezza a cui rispose baciandomi le dita della mano e facendomi vibrare. Si alzò dal divanetto dicendomi di sentire il bisogno di andare a riposare un po' e di sentirmi libera di curiosare per la casa o farmi un giro a scoprire le bellezze del giardino, mi baciò una guancia e si avviò in camera sua. Rimasi lì seduta pensando a dove il destino mi aveva portata, alla storia di Rosalind, ma soprattutto a non farmi sopraffare dalla fascinazione che questa donna esercitava su di me. Mi alzai decisa a prendere una boccata d'aria in giardino sebbene il pensiero di lei, ora distesa sul suo letto, non mi abbandonava. Varcai il portone e mi incamminai lungo il vialetto che disegnato circolarmente perimetrava il prato , mi sfilai le ciabattine e mi misi a camminare sull'erba fino a che un rumore mi distolse dai pensieri: il bussare ritmato su un vetro, mi voltai e la vidi farmi cenno di salire. Entrai nella mia stanza e la trovai seduta sul mio letto mentre rovistava dentro una scatola: "ecco le sue lettere a Vita, o almeno solo quelle che possiedo, la maggior parte quel cane avido del figlio di Vita le ha vendute ad una casa editrice". Mi sedetti accanto a lei, si mise gli occhiali e ne sfogliò alcune. Me ne le lesse una datata 1910, specificando che all'epoca Violet aveva solo sedici anni e Vita due in più: 

"Ti amo perchè non capitoli mai. Ti amo per la tua meravigliosa intelligenza, per le tue aspirazioni letterarie, per la tua civetteria inconscia Ti amo perchè hai l'aria di non dubitare di nulla! Amo in te ciò che è anche in me: la fantasia, il dono delle lingue, il gusto, l'intuizione e tante altre cose...ti amo Vita, perchè ho visto la tua anima..."

Le chiesi quanto durò la loro relazione:
"più di quanto le condizioni dell'epoca potessero concederglielo bambina mia. Diventarono amanti inseparabili, ma la vita adulta per una donna dei primi del '900  era fatta di incombenze che mal si conciliavano con il loro legame: la società e le pressioni familiari reclamavano comportamenti più convenzionali e la prima a cedere a quelle pressioni fu Vita, che nel 1913 sposò Harold Nicolson, un ricco signore destinato ad una carriera da diplomatico con spiccate tendenze omosessuali. Il consorte ideale per un'anima sessualmente inquieta come Vita. L'anno successivo ebbero comunque il loro primo figlio, di cui Violet volle essere la madrina; questo per renderti l'idea del legame indissolubile tra le due e che continuò negli anni successivi, tra lettere e fughe d'amore all'estero. Nel '19 fu Violet a cedere alle pressioni familiari e a doversi sposare". Le chiesi dove riposasse ora e che mi avrebbe fatto un piacere immenso accompagnarla a metterle un fiore sulla tomba. Si tolse gli occhiali e mi sorrise mesta. "lei riposa nella tua bella Italia mia adorabile Valeria. nello stesso cimitero dove è mia nonna Alice". Cercò qualcosa nella scatola e tirò fuori un bigliettino con una nota scritta a mano: "Cimitero degli Allori - via Senese- Florence Italy". Verso sera cenammo presto, mi presi cura di pulire la cucina e poi lei si congedò augurandomi la buonanotte e dandomi un bacio sulla fronte. Ultimate quelle incombenze mi ritirai in camera, ma il pensiero che si stava facendo strada nella mia testa era uno, ben chiaro, e confidando sul fatto che Rosalind fosse ancora sveglia bussai alla sua porta: "entra pure tesoro". Distesa sul letto stava leggendo un libro con due cuscini sotto la schiena e uno sotto le caviglie: "Rosalind ci andremo insieme" le dissi di getto. Si tolse gli occhiali e mi guardò stranita: "andare dove tesoro'?". Mi sedetti sul letto accanto a lei e le presi una mano tra le mie: "In Italia, a portare un fiore sulla tomba di Violet e di tua nonna Alice". Le si illuminò il viso e mi strinse a sè per poi fissarmi con quegli occhi meravigliosi. Rimanemmo a guardarci mute per quella che mi sembrò un'eternità, e non resistetti, le posai un bacio all'angolo della bocca e mi sentii esplodere il cuore quando dischiudendo le sue labbra rispose al mio bacio, ebbi la sensazione che il tempo fosse sospeso e che per lei si fosse rotto un sottile diaframma tra ciò che era: una tranquilla signora di mezza età dell'alta borghesia britannica, abituata a tener sopiti certi desideri, e ciò che avrebbe voluto essere; una donna libera come fu Violet. La sentii vibrare non appena la mia lingua le saettò tra le labbra, e la sua ad accogliere la mia, ad avvolgerla e a rincorrerla nella mia bocca. Ci staccammo solo un attimo per tornare a guardarci, silenziosa io, silenziosa lei, quasi a scrutare negli occhi dell'altra l'emozione che entrambe stavamo provando. Si abbassò le spalline della sua vestaglia scoprendo il seno, feci lo stesso e di più: mi alzai e sciolsi la mia lasciando che scivolasse ai miei piedi. Rimase a guardarmi per alcuni secondi, forse per realizzare che una donna era sul punto di entrare nuda nel suo letto. Si liberò dei cuscini che aveva sotto la schiena, scalciò quello aveva sotto le caviglie, mi sorrise e fu lei stessa, rimanendo distesa, a chiedermi di sfilarle la vestaglia. Mi sedetti in fondo al letto e non potei fare a meno di accarezzarle il dorso dei piedi, bellissimi, affusolati e dalle lunghe dita. Incuriosita dallo sguardo prolungato che dedicavo alle sue estremità ne sollevò uno accarezzandomi un seno, la guardai, e portandomi un dito alle labbra le indicai dove dove sfiorarmi con quel piedino delizioso, e così fece, mi accarezzò il mento con l'alluce, la mia bocca dischiusa e pronta ad avvolgerle ognuna delle dita. Socchiusi gli occhi e lasciai che fosse lei a muovere il suo piede sul mio viso, mi bastarono il calore e l'afrore che emanava per farmi scendere piccoli rivoli di rugiada dal mio fiore. Annusavo e baciavo quel piede, la mia lingua saettava tra le sue dita assaporandone quell'essenza così intima e lasciando che la mia saliva le rivestisse fino a farle luccicare alla luce fioca dell'abat jour. Appoggiò la caviglia dietro la mia nuca, mi attirò a sè, e come due tessere di un puzzle perfettamente combacianti ci serrammo in un abbraccio e tornammo ad incollare le nostre labbra. Ci staccammo solo per un attimo e ci guardammo, entrambe stupefatte da quello che ci stava accadendo, mi sorrise: "sei tu un sogno Valeria?", le baciai la fronte, le palpebre e le risposi che eravamo l'una il sogno dell'altra. Scesi a baciarle un seno mentre le dita di una sua mano mi solcavano i capelli. Ritto come un chiodino mi dedicai a succhiarle quel capezzolo come se fosse una fragolina per poi afferrarle tra le labbra l'altro. Scesi a baciarle e a tracciare una striscia di saliva lungo il suo ventre, e fu lei questa volta a lasciarmi libera di portarla in un paradiso chissà da quanto atteso. Il suo vello color sale e pepe  a solleticarmi le labbra e dal profumo intenso fu un' emozione ulteriore, come lo fu la sua vagina già umida e quei due petali che le solcai come il più morbido degli aratri. Le titillai il clitoride ancora nascosto fino a sentirmelo crescere  sulla punta della lingua mentre le sue mani afferrarono le mie stringendole così forte da farmi dolere le dita. Sollevò il bacino e iniziò a gemere sempre più forte e ad accompagnare con il movimento pelvico il ritmo della mia lingua, fino a quando la sentii contrarre le pareti vaginali e inondarmi la bocca del suo nettare salato. Tornai a ritroso sul sentiero dei miei baci e posai il mio viso accanto al suo, i suoi occhi ed il suo sorriso non li dimenticherò mai più, così come mai dimenticherò l'emozione da me provata.  Nei mesi che seguirono diventammo amanti appassionate e oltre agli studi in un college universitario la mia vita ebbe lei come mia stella polare, e nella mente di entrambe un viaggio insieme a mettere un fiore sulle tombe di sua zia Violet e sua nonna Alice.
di
scritto il
2023-02-25
3 . 6 K
visite
1
voti
valutazione
9
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

La Befana vien di notte
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.