Marionette e Principesse

di
genere
saffico


“Zia zia...devo chiederti una cosa!”. La vocina squillante di mia nipote mi sveglia di soprassalto in un primo pomeriggio in cui mi ero fermata a pranzo da mia sorella. Spezzata quella pennichella pomeridiana dalla sua vocina squillante aprii gli occhi:

“tutto quello che vuoi tesoro”.

“Zia Vale mi porti a vedere lo spettacolo delle marionette?”.

“E dove lo fanno amore mio?”.

Mia sorella fece capolino dalla porta e dicendomi che alle 17,
ai giardini sotto casa, ci sarebbe stato questo spettacolino per i bambini del quartiere.

“Certo amore della zia, ti porto a vedere le marionette”.

A sette anni impazzivo anche io per marionette, pupazzi, burattini, e per ogni cosa animata a cui l'abilità umana riusciva a dare forma. Adoravo però soprattutto quando a spettacolo terminato i manovratori umani si palesavano; provavo ammirazione per loro.
Mi faccio una doccia, metto su un paio di jeans, una camicetta,
un paio di sandali, e di nuovo lo squillo della voce di mia nipote dietro la porta:

“Zia inizia tra cinque minuti!”.

Scendiamo le scale, usciamo dal portone e giusto nel momento in un cui si apre il siparietto di velluto rosso. Riusciamo a trovare posto su due seggioline. Mentre tutti i bambini, mia nipote compresa applaudono l'inizio dello spettacolo io mi guardo in giro: mamme, nonne, qualche papà e le prime file tutte occupate dai bimbi.
Una voce femminile dal marcato accento tedesco introduce brevemente il canovaccio della storia, che lì per lì a me suona trita e ritrita: tratta delle vicende della principessa Rosaspina, caduta in un sonno profondo nel mezzo di un bosco mentre era a cavallo.
Fili e bastoncini che danno vita alla principessa sono mossi con un'abilità tale che la sua caduta da cavallo strappa un “oh” di sorpresa e timore da parte dei bambini. In quel momento due personaggi femminili tirati dai fili esordiscono sulla scena per soccorrere la principessa. Sono due contadine che, caricata a dorso di mulo la nobile fanciulla la portano a palazzo. Cambio veloce di scena ed il fondale del piccolo palco si trasforma quasi magicamente nella stanza da letto della bella addormentata. E qui l'abilità della burattinaia lascia a bocca aperta anche me. Inizia un via vai di personaggi che comprendono il re e la regina, affranti e preoccupati per lo stato della figlia, il cerusico di corte, le dame di corte, ed in un angolo le due contadine, che la perizia della donna dietro le quinte anima quel tanto che basta per dare l'idea che stiano confabulando tra loro.
E le voci di ogni personaggio ben distinte al punto che socchiudendo gli occhi riesco a riconoscere quale marionetta stia parlando.
L'armonia e la manualità che una persona riesce dare all'intera scena mi lascia ammirata. La storia procede giungendo però alla più ovvia e scontata delle conclusioni: fallito ogni tentativo del cerusico, l'unica soluzione per ridestare la principessa dovrà essere un bacio.
Da quel momento gli unici personaggi rimasti al cospetto della bella addormentata sono i genitori. Via il cerusico, via le dame e via le due contadine. La voce stentorea del re stabilisce che colui che con un bacio risveglierà la figlia ne sarà lo sposo.
Inizia così la processione di giovani in elmo e armatura, sono almeno una decina questi soldati del regno ricevuti al cospetto della dormiente. Riccamente adornate ed ognuna diversa nel colore e nelle fattezze, queste marionette in guisa di valorosi guerrieri entrano nella camera, si chinano sulle labbra della principessa posandole un bacio: c'è perfino il tarchiato araldo di corte, il figlio imberbe della casata confinante, incredulo ed impacciato dal trovarsi il viso della bellissima ragazza a pochi centimetri dal suo, c'è poi l'anziano aldermanno, ricco di terre ma malfermo sulle gambe. L'ultimo pretendente è forse colui su cui gli occhi dei trepidanti genitori si posano con maggior speranza, e non solo perchè sia l'ultimo il cui bacio possa ridestare la loro amata figlia, ma anche perchè di bell'aspetto: un viso angelico, seppur celato parzialmente dall'elmo, una figura longilinea, le movenze flessuose con quest'ultimo cavaliere si appresta a baciare la dormiente. Le sfiora il naso con la punta del suo e poi la bacia, le sue labbra indugiano, la punta della sua lingua scivola tra quelle di lei, che ad un tratto ha un sussulto, i fili afflosciati ai lati del letto si tendono, e tra gli applausi dei bambini la principessa riprende vita liberandosi dal suo sonno. Le manca l'aria, tossisce, e poi sorride al suo misterioso cavaliere:
”siete voi il mio principe? Vi siete fatto aspettare...ma come siete strano, vi prego scopritevi il volto!”.
La scena si movimenta, la signora che da anima alle marionette da voce al giubilo dei personaggi, e simulando la voce baritonale del sovrano fa decretare come da promessa che questo cavaliere debba essere il prescelto come legittimo pretendente. Ma colpo di scena, una volta che il cavaliere si sfila l'elmo una folta chioma di capelli corvini si scioglie sulle sue spalle, si toglie l'armatura evidenziando tra la sorpresa di bimbi e genitori che il bel baciatore è in realtà una marionetta dalle fattezze femminili. Il racconto prosegue con il sovrano che dopo essersi consultato con la regina da il benestare a ciò che il prodigio ha voluto: “se gli dei hanno scelto te per riportare in vita la nostra Rosaspina, che la sua mano sia tua mio nobile...anzi...mia nobile...”
“Evelina è il mio nome Sire”.
La principessa si alza da letto, imbambolata e stupita. Raggiunge colei che l'ha risvegliata e la supplica di baciarla ancora. Evelina la prende tra le braccia, i due sovrani le lasciano sole ed il siparietto rosso si chiude. Applausi da tutti i bambini ma anche dal brusio di alcuni genitori, infastiditi evidentemente dalla piega poco tradizionale con cui si è conclusa la breve fiaba. Mia nipote si volta e mi guarda:
“zia ti è piaciuta”
“sulle prime mi sono un po' annoiata tesoro, ma il finale mi è piaciuto molto”
“anche se la principessa si innamora di una donna?”
“certo tesoro. L'amore prevede anche questo”.
Chiedo a mia nipote se vuole andare a vedere le marionette ormai inanimate dietro al sipario, ma in realtà sono io ad essere interessata a sapere chi è la signora che così abilmente ha dato vita a quella breve fiaba.
Ci avviciniamo al palchetto mentre ormai il resto del pubblico è sciamato via, ad eccezione di alcuni bimbi incuriositi dal vedere da vicino i vari personaggi e chiedendo alla donna come faceva a muoverli. Sulla cinquantina, una cascata di riccioli biondi, occhi azzurri, una lunga gonna colorata stile vecchia hippie ed un paio di sandali rossi infradito. Sorride e spiega ai bambini, ai quali nel frattempo si è unita mia nipote, ogni segreto sul come dar vita a quelli che loro chiamano “pupazzetti”. Io leggermente defilata la osservo ammirata dalla pazienza e dalla dedizione con cui li intrattiene. Alza lo sguardo, incrocia i miei occhi e mi sorride. Mi avvicino e le faccio i complimenti per la scelta non scontata del finale della fiaba:
“la ringrazio, sì non è un tema scontato raccontare ai bambini che l'amore può avere più forme, e nello specifico la fiaba di oggi l'ho tratta da La Bella Rosaspina Addormentata, scritta da Emma Dante, quindi non è farina del mio sacco, io mi limito a muovere fili e a confezionare i costumi”.
Ci presentiamo, si chiama Hermine , è svizzera ma vive in Italia da quando aveva ventanni, dopo un viaggio con un'amica:
“mi sono innamorata a prima vista del vostro paese, l'ho girato in lungo e in largo, fino a quando una decina d'anni fa ho smesso di fare la zingara e mi sono stabilita a Sant'Ilario, e di te cosa mi racconti mamma Valeria?”.
Le sorrido indicandole mia nipote e dicendole che non sono sua mamma ma solo la zia: “quindi confezioni pure gli abiti di queste tue creaturine meravigliose”
“sì Valeria, il ritagliare panni colorati e farne abiti è da sempre la mia passione. Ho vissuto facendo la costumista teatrale e casa mia è piena di abiti di scena”.
Queste ultime parole le pronuncia con la luce che le fanno brillare quei meravigliosi occhi azzurri, e lì gioco il ruolo della “donnaiola” che mi scatta ogni santa volta che provo attrazione, e soprattutto empatia verso un'altra donna:
“non so cosa darei per vedere quegli abiti Hermine”
”e io sarei onorata e lusingata di mostrarteli Valeria, ora carico tutta la mia roba sul furgone e andrò a casa, mi farebbe piacere averti come ospite”.
Accetto il suo invito a patto che la possa aiutare a smontare il palchetto e a riporre le marionette ciascuna nella propria custodia. Mia nipote entusiasta di fare la sua parte mentre la bella Hermine non smette di guardarmi e di sorridermi. Sorrisi che da parte mia non manco di restituirle. Una volta che tutto è caricato sul suo furgone le chiedo di attendermi cinque minuti per riportare mia nipote a casa. Torno da lei ed insieme partiamo alla volta di Nervi per poi salire a Sant'Ilario. Durante il tragitto sono io a raccontarmi un po', le parlo del mio lavoro in università e la vedo molto incuriosita quando le dico che insegno storia antica. Non faccio però accenni al mio orientamento sessuale, un po' perchè la conosco da neppure dieci minuti, ma soprattutto perchè sono quasi sicura che anche a lei piacciano le donne; lo percepisco in maniera chiara da come mi fissa negli occhi ogni volta che si volta per dirmi qualcosa. Sguardi i miei che cadono inevitabilmente sulle sue gambe nude ogni volta che lei ha gli occhi fissi sulla strada: la sua lunga gonna raccolta a metà coscia e i suoi piedi sono l'unica spia che le potrebbero far capire che me la sto mangiando con gli occhi. Ma voglio che sia lei a fare la prima mossa, almeno una volta la sedotta desidero essere io, nelle sue mani come una delle sue principesse. Saliamo da Nervi verso le alture di questo angolo del levante genovese che è un vero e proprio paradiso ed in meno di dieci minuti siamo davanti a casa sua: un giardino e la palazzina a due piani completamente isolata dal resto del piccolo borgo. Scendiamo dall'auto e mi guardo in giro: il mare davanti agli occhi visto da questa altura è uno spettacolo che quasi stordisce per bellezza. Svuotiamo il furgone e la seguo, ognuna con gli scatoloni dove sono riposte marionette e altri oggetti di scena. La guardo mentre agile e flessuosa sale le scale che portano al magazzino a lato della casa, apre la porta e appena accende la luce compaiono decine di manichini che visti così all'improvviso mi inquietano non poco. Ma è solo un attimo, ognuno di loro veste abiti bellissimi: uno di Mirandolina, un altro da nobildonna del '700, un altro ancora da ballerina di flamenco. La mia inquietudine iniziale lascia il posto alla meraviglia mentre posiamo gli scatoloni:
”benvenuta nel mio antro mia cara Valeria, qui è dove taglio, cucio, creo e disfo, sentiti libera di curiosare mentre io finisco di prendere le ultime cose dal furgone”.
Dando un''occhiata in giro vedo scaffali su due pareti piene di scatole basse tipiche di quelle che contengono vestiari, una macchina da cucire , uno specchio ovale per figura intera, ed una scrivania su cui è presente una foto in bianco e nero di una bimba con riccioli biondi, ed un uomo seduto accanto. Giurerei che si tratti di Hermine e del suo papà, e a darmene conferma è lei stessa che nel frattempo, posate le ultime cose si avvicina a me:
”quella sono io a due anni con il mio papi a Montagnola nel canton Ticino, e colui che scatta la foto è Hermann Hesse, di cui sicuramente avrai sentito parlare...”
“certo Hermine, lo scrittore...ma in che anno è stata scattata?”
“primavera del '62 Valeria, pochi mesi prima che Hermann morisse. Erano molto amici , al punto che mio padre volle darmi il nome di uno dei protagonisti di Der Steppenwolf”.
“Ma certo, Erminia, la donna che Harry Haller incontra in una squallida balera trascinandolo poi in un mondo fantastico...”.
Mi passa un braccio lungo al fianco stringendomi a sé:
“dai ti faccio vedere qualche abito”.
Prende una scala, la apre in prossimità di uno degli scaffali chiedendomi di tenerla ferma. Sale cinque pioli, quel tanto che basta dall'avere i suoi piedi all'altezza del mio viso, ne sale un altro, e per arrivare allo scaffale prescelto si alza sulle punte facendo sì che i talloni fuoriescano dai suoi sandali. Ho il cuore che accelera, avvicino il viso alle sue estremità e la tentazione di posarci le labbra è fortissima.
“Eccoli, l'ho trovati!”
Scende tenendo sottobraccio due scatole, ne apre una: all'interno un bellissimo kimono nero a stampe floreali gialle, mi prende per mano e mi porta davanti allo specchio, le sorrido, mi sfilo i sandali, i jeans ed infine la camicetta. E' lei stessa ad avvolgermelo mentre ci guardiamo riflesse, l'una negli occhi dell'altra. Fa due passi indietro per osservarmi meglio e poi si volta per aprire l'altra:
“ora quello che ho scelto per me”.
E' lei a posizionarsi davanti allo specchio adesso. Si spoglia senza smettere di guardarmi; le piace cercare un segnale nei miei occhi, e da parte mia non gliene faccio mancare. Sono io questa volta a vestirla col kimono scelto per sé, ed è la sottoscritta a cingerle la vita e a stringerla in quello che è più di un abbraccio davanti a quello specchio. E' il desiderio di lei che non riesco più a nasconderle, le faccio cenno di sì con la testa, mi sorride, prende una delle mani facendosela scivolare sul seno, e quell'accenno di vestizione diventa subito il suo contrario. Scivolano ai nostri piedi quegli abiti orientali, solo un pretesto per quel gioco di seduzione deciso da lei. Reclina la testa mentre prendo tra indice e pollice uno dei suoi capezzoli, le bacio il collo e la sento vibrare, si volta a guardarmi cercando e trovando le mie labbra, ed è un bacio che sembrava mancarle da tempo. Si afferra a me mentre la sua lingua scivola tra le mie labbra. Si stacca e, prendendomi per mano, mi porta dietro uno degli scaffali dove una scala a chiocciola sale ad un piano superiore. Tira i fili di una tenda rossa damascata e davanti ai miei occhi appare un bellissimo letto rotondo. Ci distendiamo nude l'una accanto all'altra, silenziose e sorridenti, le dita di due delle nostre mani si cercano e si intrecciano . E poi sono le sue labbra a posarsi con la lievità di una farfalla sulle mie, e rispondo a quel bacio scivolando con il mio corpo sopra di lei, come due tessere di un puzzle perfettamente aderenti e destinate a formare un pezzetto di cielo tutto nostro, colorato dalle nostre carezze e dal gioco delle nostre lingue. Scendo a baciarle i seni ed i suoi capezzoli ritti mentre con una mano mi accarezza la testa, mi soffermo su quei bottoncini carnosi afferrandone uno tra le labbra e strizzandole dolcemente l'altro tra pollice ed indice. E poi più giù con la mia bocca, le bacio il ventre, e scendendo ancora arrivo sul suo vello soffice imperlato da gocce di rugiada; le sue grandi labbra appena dischiuse sembrano supplicarli i miei baci, la sento ridacchiare non appena con un soffio leggero dirado i suoi peli , ed è lei stessa a portarsi una delle mani sulla vagina allargandosi le labbra con due dita, la punta della mia lingua le scivola nel fiore. Le porgo le mie mani a cui lei si afferra spingendomi il pube sulla bocca. Solco i due petali fermandomi a giocare sul clitoride, serra le cosce intorno al mio viso, ma è solo un attimo, si rilassa aprendo il suo fiore alla mia bocca e rivelandomi le labbrine rosso fuoco e lucide dei suoi umori, alzo gli occhi a cercare i suoi per poi affondarle la lingua iniziando a scoparla dolcemente, le nostre dita intrecciate e serrate mentre la sento gemere. Rallento il ritmo della mia lingua e risalgo a cercare la sua bocca donandole il suo stesso sapore, e lasciando che siano le dita di una delle mie mani a non interrompere l'onda di piacere su cui l'ho portata. Lente come due pennellini le nostre lingue si scambiano fili di saliva mentre con una mano mi accarezza il viso. Aumento il ritmo delle mie dita fino a sentirmela gemere sulla bocca afferrando le mie labbra tra le sue. Respiriamo l'una il respiro dell'altra mentre l'onda di piacere la travolge. La sua pelle diafana e luccicante per il sudore. Mi stringe a sé, e poi, senza smettere di accarezzarmi una guancia e giocare con una ciocca dei miei capelli mi guarda:
”quando ti ho vista ai giardini con tua nipote mai avrei immaginato che ti piacessero le donne“.
Le sorrido posandole un bacio sulla fronte:
“per forza, pensavi che fossi una delle tante mammine che assistono alle tue fiabe meravigliose...e comunque mi piaci tu Hermine, i tuoi capelli colore del grano, quegli occhi azzurri da cui non riesco a staccare i miei...e ogni tuo angolo segreto su cui devo ancora posare le mie labbra”.
Mi guarda, sorridente e incuriosita. Mi sciolgo dal suo abbraccio e riprendo a scendere con le mie labbra, fino a posare il viso accanto ai suoi piedi, mi soffermo a guardarglieli incantata, accenno a baciarle quello che ho ad un centimetro dalla bocca ma lo ritrae ridendo dicendomi che soffre il solletico, la guardo con una smorfia di disappunto e decide , pur esitante, di riavvicinarlo al mio viso.
La guardo dritta negli occhi mentre con la delicatezza di una farfalla poso le mie labbra sul mignolo del suo piede sinistro, mi sorride accarezzandosi il seno e pizzicandosi i capezzoli. Le bacio poi ognuna delle dita come se volassi di petalo in petalo, gliele avvolgo tra le labbra ed è lei stessa ad allungare il suo piede destro accarezzandomi una guancia con la sua pianta. Le piace sentire il calore del mio viso, ed io sono persa nel lasciare che le mie narici si riempiano dell'afrore leggero di quelle meravigliose estremità. Una delle mie mani me la porto sul mio fiore iniziando a roteare indice e medio sul pistillo già gonfio e pulsante, vibro dalla voglia di lei, e dai suoi piedi risalgo a cercare i suoi occhi, il suo sorriso e le sue labbra. Mi lascio scivolare dentro l'indice ed il medio per poi portarmeli alla bocca, ma lei mi ferma, prende la mia mano passandosi i polpastrelli sulla lingua prima di avvolgerseli tra le labbra e tornare a baciarmi. Le nostre lingue si rincorrono l'una nella bocca dell'altra, adora baciarmi ed io stessa la bacerei per ore. Sembriamo due gatte in amore mentre miagoliamo l'una sulla bocca dell'altra . E' lei a scendere con la sua bocca ora, le mie mani affondate nei suoi ricci color del grano mentre i suoi baci dal mio seno calano rapidi fin oltre il mio ventre. Sento il suo respiro sulla mia passera, e poi il contatto tiepido delle sue labbra, me la bacia e alza lo sguardo a cercare il mio, mi sorride e affonda la sua lingua dentro di me iniziando a scoparmi proiettandomi in paradiso. Rimaniamo abbracciate ad accarezzarci, mi bacia la fronte sorridendomi:
“mi sembra di essere Rosaspina che si risveglia”.
Le accarezzo il viso, le sorrido e le chiedo da quanto non fa l'amore:
“con una donna da tanto tempo mia dolce Valeria, ma è qualcosa che temo”.
La guardo perplessa chiedendole cosa debba temere dal uno scambio di effusioni con un'altra donna. Si mette supina guardando il soffitto come a cercare le parole più adatte per esprimere ciò che pensa.
“Gli uomini li ho sempre fatti entrare e uscire dalla mia vita senza rimpiangerne uno, con le donne è diverso, tendo ad innamorarmene, di questo ho paura”.
“Quindi avresti paura di innamorarti di me...”
Si volta a guardarmi limitandosi ad annuire.
Me la stringo sul seno baciandole il naso e le labbra:
“E se fossi io ad innamorarmi di te Hermine?”
“Ho quasi il doppio dei tuoi anni tesoro mio, che te ne fai di una burattinaia zingara e solitaria tra i piedi?”
“Magari sarei io a volere stare tra i tuoi...e massaggiarteli...e baciarteli ogni sera che rientri a casa esausta dopo aver raccontato la fiaba della bella Rosaspina addormentata in qualche giardino della città. Anche tu come lei destinata ad incontrare la tua Evelina”. Mi sorride intrecciandosi a me, mi bacia e mi accarezza il viso:
“va bene tesoro mio, la vivremo giorno per giorno...e poi mi hai fatto scoprire che non soffro il solletico ai piedi”.
di
scritto il
2022-10-16
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