Bianco Divorarsi Sul Mare
di
Banalmente
genere
dominazione
Era un fine primavera caldo ma non afoso. Il mare era intorno a lui, ai piedi di quel ristorante. Un bellissimo posto direttamente su quel mare verde. Il luccichio dell'acqua e del sole. La brezza piacevole. Il sapore di salsedine.
Lei era la. Con alle spalle il mare che incorniciava il suo volto e le donava un fascino fuori dallo spazio e dal tempo. Il verde dell'acqua si confondeva con i suoi stupendi occhi verdi che a malapena lui riusciva a scorgere, ma che lo hanno colpito dal primo momento.
Mangiando la osservava. E' molto aggraziata. Misurata. Elegante con quel vestito giallo che svolazza alla brezza del mare, carezzandola sensualmente.
Lui si alza e si avvicina.
"Non ho potuto fare a meno di notarti".
"Grazie"
"Sai, sono qui per lavoro. Consulente. Non sarebbe la stagione più adatta ed il mare per lavorare. Ma mi tocca"
"Eh si. Io sono qui invece per vacanza. Mi piace viaggiare sola"
"Non posso che dirti che hai degli occhi che il mare non potrebbe essere più bello"
"Ma sei sempre così mieloso o fai consulenza per una fabbrica di cioccolato ?"
L'universo è fatto di misteri. Non è amore, non è sesso. E' dominanza. Gli occhi che si incrociano. L'improvviso mistero della comunanza di desideri. Lei che improvvisamente vuole essere punita per la sua frase detta senza malizia. Lui che guarda gli occhi di lei ed invece del verde inizia a vedere riflesso il suo desiderio di punirla.
L'afferra per un polso, con forza, ma non eccessiva. Sguardo duro. Un gesto dominante, sgarbato, punitivo che si traduce in puro dominio. Appena percepì che lei era sua, ridusse la presa appena. Lei improvvisamente si sentiva impotente, come a sapere di avere osato troppo, di avere detto qualcosa di sbagliato. I suoi occhi guardavano verso il basso, come la sua mente dedita a lui. Lui aveva ridotto ancora la presa. Ormai la sentiva fragile, quasi minuta, bellissima, radiosa. La sentiva in suo potere e non era necessario più che la misura.
Lei non voleva altro che affidargli completamente se stessa. Lo percepiva totalmente e mentalmente come un rifugio di tutto se stessa. Voleva godere la sua punizione e cedergli irrazionalmente.
Lui la trascinava prendendola con il polso. La mostrava, in questo gesto, alla sguardo ipocritamente nascosto degli altri ospiti del ristorante.
Lei iniziava a godere di tutto questo. L'umiliazione saliva dentro. Una eccitazione mentale, fisica, totale che la prendeva mentre camminava trascinata da quel polso stretto fino ad arrivarle al cervello. Sentiva in eguale misura la forza e la dolcezza di quell'essere sua.
Era totalmente in balia. Sensazione che a dire il vero non aveva mai provato e che la stava squassando dentro. Sentiva gli sguardi degli altri e l'umiliazione le faceva provare una tremenda eccitazione anche sessuale.
Lui afferra da un tavolo una confezione monodose di miele. Non è rabbia che lo muove. Tutt'altro. E' sensazione che la punizione la renderebbe totalmente sua schiava. Anche lui non ha mai provato un sentimento così forte, così animale. Una voglia strana di possederla, punirla, ma anche proteggerla da tutto e tutti.
Questi sentimenti pervadono entrambi per la prima volta. Questo sconvolgerà la loro vita per sempre, ma vivono tutto questo come un desiderio necessario e mai si sono sentiti in così perfetta armonia con la propria natura.
Il ristorante è ormai un ricordo (e che cazzo, se pensate a chi ha pagato il conto potete anche smettere di leggere il seguito). La spiaggia. Il sole. Le cabine chiuse per la stagione ancora non iniziata.
Lui cerca una cabina aperta. Ne trova una. Con violento desiderio prende lei e la porta dentro. Lei non desidera altro che essere punita.
Prende la prima corda per legarla alla cabina e la lega con una violenza piena di rispetto.
"Ti punisco per quello che hai detto"
"Voglio essere punita per quello che ho detto"
Prende la confezione monodose, con i denti toglie la chiusura di alluminio. Affonda il dito nel miele e con il dito intriso di miele affonda la mano nel pelo e nel suo clitoride.
"Puniscimi per la mia impertinenza".
"Quello che devo fare lo so io". Sapete bene che di quel miele non ne rimarrà più neanche una goccia, con lei totalmente sopraffatta da quella violenza che ripetutamente le provoca orgasmi. Sente la lingua di lui leccare e non si pente di averlo considerato mieloso.
Improvvisamente lui la slega. Sempre con decisione. Le sussurra all'orecchio "Schiava, ti piace essere punita."
"Inginocchiati". Lei ubbidiente si inginocchia. Come se fosse l'unico desiderio in quell'istante.
"Si padrone"
"Leccami il cazzo"
La schiava non aspetta altro che questo, inizia a leccarlo come per un ordine irrinunciabile. Mentre lecca pensa a come si sente dominata. Alla umiliazione degli sguardi del ristorante. Non può rinunciare a raggiungere un nuovo squassante e totale orgasmo e donare a lui un ingoio, asservita completamente al suo padrone.
Lui, placata la sua voglia di dominanza, la slega dalle ultime corde.
La prende dolcemente ed inizia ad avvolgerla con istinto di protezione, accarezzando i suoi capelli e facendola sentire soggiogata e protetta.
In quel giorno, entrambi capirono che qualcosa non sarebbe stato più come prima. Nella loro mente, nei loro corpi.
Lei era la. Con alle spalle il mare che incorniciava il suo volto e le donava un fascino fuori dallo spazio e dal tempo. Il verde dell'acqua si confondeva con i suoi stupendi occhi verdi che a malapena lui riusciva a scorgere, ma che lo hanno colpito dal primo momento.
Mangiando la osservava. E' molto aggraziata. Misurata. Elegante con quel vestito giallo che svolazza alla brezza del mare, carezzandola sensualmente.
Lui si alza e si avvicina.
"Non ho potuto fare a meno di notarti".
"Grazie"
"Sai, sono qui per lavoro. Consulente. Non sarebbe la stagione più adatta ed il mare per lavorare. Ma mi tocca"
"Eh si. Io sono qui invece per vacanza. Mi piace viaggiare sola"
"Non posso che dirti che hai degli occhi che il mare non potrebbe essere più bello"
"Ma sei sempre così mieloso o fai consulenza per una fabbrica di cioccolato ?"
L'universo è fatto di misteri. Non è amore, non è sesso. E' dominanza. Gli occhi che si incrociano. L'improvviso mistero della comunanza di desideri. Lei che improvvisamente vuole essere punita per la sua frase detta senza malizia. Lui che guarda gli occhi di lei ed invece del verde inizia a vedere riflesso il suo desiderio di punirla.
L'afferra per un polso, con forza, ma non eccessiva. Sguardo duro. Un gesto dominante, sgarbato, punitivo che si traduce in puro dominio. Appena percepì che lei era sua, ridusse la presa appena. Lei improvvisamente si sentiva impotente, come a sapere di avere osato troppo, di avere detto qualcosa di sbagliato. I suoi occhi guardavano verso il basso, come la sua mente dedita a lui. Lui aveva ridotto ancora la presa. Ormai la sentiva fragile, quasi minuta, bellissima, radiosa. La sentiva in suo potere e non era necessario più che la misura.
Lei non voleva altro che affidargli completamente se stessa. Lo percepiva totalmente e mentalmente come un rifugio di tutto se stessa. Voleva godere la sua punizione e cedergli irrazionalmente.
Lui la trascinava prendendola con il polso. La mostrava, in questo gesto, alla sguardo ipocritamente nascosto degli altri ospiti del ristorante.
Lei iniziava a godere di tutto questo. L'umiliazione saliva dentro. Una eccitazione mentale, fisica, totale che la prendeva mentre camminava trascinata da quel polso stretto fino ad arrivarle al cervello. Sentiva in eguale misura la forza e la dolcezza di quell'essere sua.
Era totalmente in balia. Sensazione che a dire il vero non aveva mai provato e che la stava squassando dentro. Sentiva gli sguardi degli altri e l'umiliazione le faceva provare una tremenda eccitazione anche sessuale.
Lui afferra da un tavolo una confezione monodose di miele. Non è rabbia che lo muove. Tutt'altro. E' sensazione che la punizione la renderebbe totalmente sua schiava. Anche lui non ha mai provato un sentimento così forte, così animale. Una voglia strana di possederla, punirla, ma anche proteggerla da tutto e tutti.
Questi sentimenti pervadono entrambi per la prima volta. Questo sconvolgerà la loro vita per sempre, ma vivono tutto questo come un desiderio necessario e mai si sono sentiti in così perfetta armonia con la propria natura.
Il ristorante è ormai un ricordo (e che cazzo, se pensate a chi ha pagato il conto potete anche smettere di leggere il seguito). La spiaggia. Il sole. Le cabine chiuse per la stagione ancora non iniziata.
Lui cerca una cabina aperta. Ne trova una. Con violento desiderio prende lei e la porta dentro. Lei non desidera altro che essere punita.
Prende la prima corda per legarla alla cabina e la lega con una violenza piena di rispetto.
"Ti punisco per quello che hai detto"
"Voglio essere punita per quello che ho detto"
Prende la confezione monodose, con i denti toglie la chiusura di alluminio. Affonda il dito nel miele e con il dito intriso di miele affonda la mano nel pelo e nel suo clitoride.
"Puniscimi per la mia impertinenza".
"Quello che devo fare lo so io". Sapete bene che di quel miele non ne rimarrà più neanche una goccia, con lei totalmente sopraffatta da quella violenza che ripetutamente le provoca orgasmi. Sente la lingua di lui leccare e non si pente di averlo considerato mieloso.
Improvvisamente lui la slega. Sempre con decisione. Le sussurra all'orecchio "Schiava, ti piace essere punita."
"Inginocchiati". Lei ubbidiente si inginocchia. Come se fosse l'unico desiderio in quell'istante.
"Si padrone"
"Leccami il cazzo"
La schiava non aspetta altro che questo, inizia a leccarlo come per un ordine irrinunciabile. Mentre lecca pensa a come si sente dominata. Alla umiliazione degli sguardi del ristorante. Non può rinunciare a raggiungere un nuovo squassante e totale orgasmo e donare a lui un ingoio, asservita completamente al suo padrone.
Lui, placata la sua voglia di dominanza, la slega dalle ultime corde.
La prende dolcemente ed inizia ad avvolgerla con istinto di protezione, accarezzando i suoi capelli e facendola sentire soggiogata e protetta.
In quel giorno, entrambi capirono che qualcosa non sarebbe stato più come prima. Nella loro mente, nei loro corpi.
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