Federica, 69, piedi con le unghie rosse e la mia prima volta
di
Big Gatsby
genere
prime esperienze
La vedo seduta ad un tavolino del circolo, matita in mano ed espressione corrucciata. Fino ad un attimo prima stavo parlando con un po’di amici di Star, Melges, delle prossime Olimpiadi. Poi ho notato la sua espressione persa.
-Fede, che fai? Ti sei portata i campiti?-
-Tommi… ciao. Sto impazzendo con stò Senofonte. Tra due settimane ho gli esami di riparazione…è un casino!-
-dai ti aiuto, sono bravo in greco-
e così eccoci seduti al tavolino della terrazza del circolo di vela del Circeo. Una coca e un caffè shakerato.
Mattina fuori in barca, pomeriggio a cazzeggiare.
Federica ha la pelle bianca un po’ scottata, capelli rossi ricci e intensi occhi verdi che mi fissano increduli -aoristo? Ma sei sicuro?-
-certo, ma dai Fede, è pure una versione facile…-
-sarà ma qui non riesco a concentrarmi. Adesso vado a casa, doccia, e ci riprovo all’ombra. Mi siedo davanti ad un muro bianco che qui proprio non riesco-
-troppo sole-
-troppa gente. Ma come può mia madre pensare che possa studiare qui? Meglio tornare a Roma!-
-dai che la finiamo insieme-
e così, un sedicenne che andrà in seconda liceo e una quindicenne ginnasiale, che all’ombra del portico, il mare davanti, scartabellano il Rocci per decifrare le imprese dei 10.000 mercenari greci in fuga dall’impero persiano.
Con la coda dell’occhio vedo passare Costanza con un paio di amiche. Pantaloncini rossi e maglietta bianca. Mi fissa per un momento pensierosa.
-senti Fede perché non vieni da me domani che ti aiuto?-
-lo faresti? Davvero?- speranzosa
-certo-
mi guarda a lungo negli occhi intrappolandomi nei suoi verde smeraldo , attorcigliandosi un dito ad un ricciolo rosso.
-grazie. A che ora?-
-quando vuoi. I miei sono tornati a Roma e mio fratello Filippo è sempre in giro. Domani comunque non uscirei in barca quindi ti aspetto da me. Volentieri-
-grazie-
Guardiamo entrambi Costanza che sta ridendo, una cascata di capelli biondi buttati all’indietro.
Quanto mi manchi amore mio. Quanto mi manchi.
Mi aveva lasciato ad inizio luglio.
Dopo una gran litigata.
Il giorno seguente dovevamo uscire in barca io e lei e invece mi ha detto che non sarebbe venuta
-ok, va bene. Dopodomani allora-
-no. Non hai capito. Sono stufa Tommaso, sei pesante. Sono stufa di litigare, stufa di vivere l’estate come una tragedia. E poi a scuola. Voglio divertirmi. Quello che abbiamo avuto è stato bello, sei e rimarrai una persona importante per me ma ora andiamo avanti-
Mi era crollato il mondo addosso.
Stavamo insieme da tre anni, da quando l’avevo conosciuta proprio qui al mare. Una ragazzina magra e con le gambe lunghe che aveva appena finito le medie, io un ginnasiale dinoccolato e coi brufoli.
Poi in due anni era diventata una delle ragazze più belle dello scientifico mentre anch’io crescevo, crescevano di pari passo i muscoli, la sicurezza e il testosterone.
Andavo a prenderla in vespa fuori da scuola e la vedevo uscire dal portone, ogni giorno più bella.
Volevo fare l’amore con lei.
Era un anno che provavo ad andare oltre le pomiciate e i toccamenti. A maggio per il compleanno mi aveva fatto il primo pompino.
Impacciato, curioso, le ero venuto in bocca dopo pochi minuti. Lei mi aveva sorriso dolce e ci eravamo tenuti per mano per tanto tempo.
Ma un rapporto sessuale no. Non voleva, diceva di essere troppo giovane.
Che era presto.
Io ribollivo.
Ci provavo e riprovavo, ma niente.
Mura più sbarrate di quelle di Ilio.
E poi mi aveva lasciato.
Ed io ero stato male, malissimo. Stavo ore chiuso in camera ad ascoltare i NIN desiderando di morire.
I miei erano preoccupati
-Tommaso eddai… esci in barca, fai sport!- mio padre
-l’avevo detto che non era sano un rapporto così, a quindici anni-mia madre
-psss… Tommi -mio fratello maggiore Filippo mimando una sega con la mano e facendomi l’occhiolino.
-dai Tommi, te ne trovi un’altra con cui goderti l’estate e la dimentichi. Persino le mie amiche dicono che sei bono!- mia sorella Ginevra.
Il problema è che dimenticarla era impossibile… e come potevo fare se ce l’avevo davanti tutti i giorni alla vela, in piazzetta, alle feste. La vedevo ridere, scherzare, flirtare, come se io non fossi mai esistito.
Ogni tanto un’occhiata di amarezza da parte sua, uno sguardo di commiserazione delle sue amiche.
Avevo un po’di ragazzine che mi giravano attorno (ero bello pure io e poi ero disperato, e questo attrae) ma non mi interessavano. E l’estate continuava, inesorabile.
Il giorno dopo Federica venne a casa mia in bicicletta, una canotta verde, pantaloncini bianchi e lo zainetto di scuola.
-ciao, vuoi un the freddo, qualcosa? I miei non ci sono, Filippo torna stasera, mia sorella è in Inghilterra-
-dopo grazie Tommi. E grazie dell’aiuto. Immagino avresti altro da fare che aiutare una quindicenne a ripassare greco-
-ma no, che dici. Non è una grande estate per me. Sono contento di stare un po’ lontano dal circolo-
-per via di Costanza vero?-
-già. Tanto lo sapete tutti-
-si, a luglio non si parlava d’altro… sembravate così… così innamorati. Eravate un po’ una certezza … Tommaso e Costanza. Come una cosa sola-
la guardo con tristezza
-vabbè dai, fanculo. Vediamo greco-
-esatto fanculo. E comunque da soli non si sta così male. Io non ho mai avuto una storia che durasse più di un mese. So cosa dicono di me le altre sai… ma io voglio divertirmi.
Poi a trent’anni magari mi sposo, ingrasso e faccio cinque figli ma ora no-
La guardo divertito. Sorrido.
Lei grassa era inimmaginabile.
Si china in avanti e io non posso fare a meno di sbirciarle nella scollatura della canottiera dove piccole lentiggini rosa macchiano la sommità dei seni.
Se ne accorge e mi sorride.
Mi prende la mano e se la appoggia sul petto.
Posso sentire due capezzoli turgidi. Niente reggiseno.
La accarezzo.
-allora mi baci o no?-
La bacio.
E ci ritroviamo in casa.
La porto sul mio letto, la camera inondata di sole, le porte finestre aperte sul giardino in ombra per i grandi pini marittimi.
-aspetta- mi dice -siediti sul letto-
Si spoglia in silenzio.
Un corpo perfetto, senza pudore. Bianco latte, piccole efelidi più scure, un minuscolo ciuffo rossiccio tra le gambe.
Costanza non l’ho mai vista tutta nuda. La conoscevo a pezzi trai vestiti. Sempre con l’esigenza di doversi ricomporre in fretta, il bisogno di rimanere celati, la pudicizia e la fretta di darsi piacere. Un pomeriggio io ero nudo nella sua casa vuota, lei solo in maglietta. Stava per toglierla. Ma entró sua sorella e tutto finì nel rossore e l’imbarazzo.
-spogliati tu ora-
mi spoglio e lei osserva il mio ventre piatto, i pettorali cotti dal sole, le gambe lunghe con qualche pelo scuro, il pene eretto.
-vieni qui. Prendo la pillola già da un anno-
Mani, ci tocchiamo seduti uno accanto all’altra. Poi lei me lo prende trai seni e comincia a farmi una spagnola, sputandomi sulla punta per lubrificarlo. Dopo un po’mi sdraia e si sdraia su di me girata. Il mio primo 69.
Mi prende in bocca. Io vorrei guardarla come guardavo Costanza mentre me lo succhiava.
Scacciare l’immagine di una testa bionda con questa medusa rossa.
Invece ho davanti agli occhi la sua patatina, le grandi labbra che divido tra le dita, il buchino dell’ano leggermente scuro e chiuso. Comincio a leccarla.
Un sapore e un profumo diverso da Costanza, più acido, più forte, più inebriante.
Lei geme e si ri-immerge su di me.
Scarica elettrica che dall’uccello mi risale al cervello mentre lei lo lecca veloce e mi riporta al quì e adesso… infilo la mia lingua dentro di lei per dimenticare.
Sto per venire
-no no- le dico -sto venendo-
Lei si tira su e masturbandomi mi fa eiaculare sulle sue tette.
La guardo. Lei sorride.
-non abbiamo ancora finito-
mi stende e comincia a giocare col mio cazzo floscio trai piedi. Lenta. Noto ora le sue unghie smaltate di rosso.
Lo prende tra alluce e indice, lo tira, poi prende il mio sperma dal seno e se lo spalma sulle piante dei piedi, ci mischia della saliva con le mani e comincia una lenta masturbazione con le piante, con le dita.
Costanza non me l’ha mai fatto.
Tra i suoi piedi mi torna duro in pochi minuti
-cazzo Fede, sei incredibile- mormoro.
Lei mi porta di nuovo vicino all’orgasmo (a sedici anni il periodo refrattario non esiste), si ferma e si gira mostrandomi le natiche.
-dai forza, adesso mettimelo dentro-
Io non me lo faccio ripetere (al diavolo Costanza, questa sì che è una donna!) e la penetro a pecorina.
La monto così, guardando lo spettacolo della sua schiena tesa, dei riccioli rossi a coprirle collo e orecchie, la sento gemere. E la sento stretta ma sempre più bagnata.
È questo allora che non mi hai dato per tutto questo tempo. Aumento il ritmo,
Federica geme, grida
-si sì spaccami, aprimi Tommaso- poi gode.
-basta basta- ma io continuo, lei si lascia affondare sul cuscino, distende le braccia mentre io continuo a martellarla.
Mi sembra duri ore. Mi perdo, chiudo gli occhi e alla fine vengo di nuovo, stavolta dentro di lei.
Mi lascio cadere spossato sul letto. Lei è sdraiata accanto a me, la testa sul mio petto.
Gioco coi suoi capelli rossi mentre mi accarezza il ventre.
-penso ci divertiremo quest’estate- dice sorniona.
Penso di sì Federica.
Grazie.
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