L'adulterio di Franco Bianchi - Ep.10. "Pensiero stupendo"

di
genere
trio

Si presero e si diedero varie volte, e fecero anche molte pause. In una di queste parlarono del night, e di Faccia da squallido. Saltò fuori che ci aveva provato davvero ma non le aveva offerto soldi. Li aveva presi per scambisti, o qualcosa del genere, e si era offerto come ‘bull’. Franco rise di cuore.
«Beh, me l’hai raccontata bene, zoccoletta.»
«Non ti permettere, sai?» rispose mettendo un finto broncio.
«Sì certo. E posso almeno permettermi di chiederti se ci saresti stata, a fare una cosa a tre?»
«Con Faccia di squallido sicuramente no» rise Ludovica.
Franco le diede un piccolo sculaccione sul sedere.
«Lo vedi che sei un donnaccia viziosa?»
«Perchè? Tu no? Non dirmi che se ti capitasse l’occasione di scoparci un’altra, ti tireresti indietro?»
«Beh, sì. Basta che non sia la sorella di Faccia da squallido» rispose Franco ridendo.
«Sicuro. Dovrebbe essere una donna che piace anche a me» concluse Ludovica.
Franco inarcò un sopracciglio.
«Hai già in mente qualcuna?»
«Mhmm, chissà...» gli disse ridendo e saltandogli di nuovo sopra a cavalcioni.

Passarono altre settimane felici e arrivò la sagra del paese. Ludovica mise un vestito rosso che Franco adorava. Lui la fece ballare ridendo le sciocche hit del liscio, poi gli subentrò uno zio, e lui finì al chiosco a sentire da un amico, per l’ennesima volta, il resoconto dell’ormai leggendaria mangiata di cinghiale a cui era mancato solo lui. Sentì una voce femminile che lo chiamava, si voltò, e c’era Norma Calisso. Si erano rivisti a lezione, e tra loro ormai non c’era più alcuna tensione erotica, solo una lunga serie di simpatici sottintesi. Lui le disse ‘buongiorno professoressa’ e lei rise, allontanandosi con una brocca di bianco e due bicchieri. Lui la seguì con lo sguardo fino al tavolo, dove l’aspettava il marito. Poi si guardò in giro e vide Ludovica con il suo abito rosso, i suoi bei capelli, gli occhi blu che le brillavano anche da lontano. Chiacchierava amabilmente con Simona Viali, la sua capa. Anche lei era vestita a festa, ed era una gran bella donna: decisamente la più carina tra le amiche della moglie, alta, mediterranea, sempre molto abbronzata. Le due donne chiacchieravano, probabilmente di lavoro - conoscendo Ludovica - o forse no, visto che sorridevano e a tratti parevano bisbigliare. Si chiese se Ludovica avesse raccontato a qualcuno delle loro recenti ‘esperienze’. Lui non aveva aperto bocca. Lo avevano sempre infastidito gli uomini che si vantano delle loro ‘conquiste’, ma sapeva che per le donne era diverso e chissà? Magari Ludovica si era confidata con qualche amica. Magari proprio con Simona.
D’un tratto Simona si avvicinò alla moglie, le posò una mano sul braccio, in un gesto di affetto che pareva molto intimo, e le chiese qualcosa con un sussurro all’orecchio. Ludovica guardò l’amica, sorseggiando con calma il tocai nel suo calicetto. Quando riprese a parlare Simona sorrise, in modo strano. In uno di quei modi di sorridere che gli dedicava Ludovica quando gli proponeva qualche porcellata. Con quel sorriso, Simona alzò gli occhi, e fu allora che i loro sguardi si incrociarono. Simona gli fece un occhiolino e alzò il calicetto per un brindisi da lontano. Ludovica seguì lo sguardo dell’amica e trovò quello di Franco. Anche lei gli sorrise in quel modo, e alzò il calicetto.
Franco, perplesso, alzò il suo, poi tutti e tre bevvero, come a sancire un patto.

-

Per combinazione, 3 giorni dopo era il suo compleanno. Ludovica gli disse che ultimamente avevano speso un po’ troppo in week end romantici, e che gli avrebbe preparato una bella cenetta romantica a casa, e che poi ‘si sarebbe occupata di lui’. E di nuovo gli aveva fatto quello sguardo là, quello che prometteva e lo confondeva.

Quella sera lei aveva preparato tutto per bene, e poi si erano seduti in salotto per un aperitivo piuttosto robusto. Per l’occasione anche lui si era messo in tiro, ma lei… Franco continuava a non abituarsi agli occhi di Ludovica truccati, a quegli occhi celesti, alla fronte chiara incorniciata dai capelli neri, alle sue gambe accavallate sul divano, alle calze e ai tacchi. Pendeva dalle sue labbra, senza peraltro riuscire a seguire un discorso che fosse uno. Si era messa un vestito verdemare, ed era terribile vederla alzarsi e andare in cucina, guardare i suoi fianchi ondeggiare mentre infilava nel secchiello con il ghiaccio la bottiglia di prosecco. E chissà cosa si era messa sotto, visto che ormai i collant erano banditi da certe serate intime. Pareva allegra, eccitata, e guardava spesso l’orologio.
D’un tratto suonò il campanello.
«Uh!» esclamò sussultando. «È arrivato il tuo regalo...»
Franco, sempre più perplesso, la vide corricchiare alla porta un po’ buffa, sulla punta delle scarpe col tacco. Da dov’era non vedeva l’ingresso, ma la sentì salutare qualcuno, e complimentarsi per la puntualità. Sentì una voce femminile risponderle. Non pareva un corriere.
«Non sa ancora niente?»
«Certo che no, sciocchina. Altrimenti che sorpresa sarebbe? Dammi il soprabito.»
Franco vide apparire prima sua moglie con un soprabito al braccio. Aveva uno sguardo curioso, pronto a cogliere ogni sua espressione, poi Simona Viali, bellissima nel suo abito da sera nero corto, particolare, con una fascia che le sottolineava i fianchi chiudendo l’abito in vita, e con una specie di fiocco su un’anca. Simona pareva suo agio sui tacchi alti e aveva un sorriso raggiante, appena un po’ imbarazzato.
«Buuuona seeera...» celiò.
Franco si alzò, incerto, chiedendosi che ci facesse lì. La salutò meccanicamente, e meccanicamente prese dalle sue mani una bottiglia gelata, con cui rimase lì imbambolato davanti a lei, che sorrise e lo abbracciò, baciandolo sulle guance, in modo appena un po’ più languido del dovuto.
«Happy birthday, mister president...» gli canticchiò nell’orecchio, poi gli fece l’occhiolino e aggiunse: «Quella va in frigo».
Poi si diresse sculettando in sala da pranzo, allegra, chiedendo lumi sul menù a Ludovica.
Franco rimase lì impalato, poi andò a mettere la bottiglia in frigo.

Le due donne lo misero in mezzo per tutta la cena. Nel tavolo tondo della sala, tenevano le sedie molto vicine, mentre lui stava di fronte. Dicevano e non dicevano. Ridacchiavano sussurrandosi alle orecchie e guardandolo come se ridessero di lui. Gli capitava di sentire un piede strusciarsi inavvertitamente contro il suo stinco, e non aveva idea di chi fosse quel piede. Ludovica si alzava per prendere una bottiglia in frigo e posava la mano sulla spalla nuda di Simona, che a sua volta portava la sua mano su quella di sua moglie, dandole una carezza, come a volerla trattenere, e nel frattempo fissava Franco con la bocca socchiusa prima di riprendere a mangiare e scherzare come niente fosse. Poi Ludovica tornava e stavolta la carezza andava ad una spalla all’altra, passando dalla nuca.
«Me la apri, amore?» gli diceva con tono angelico, porgendogli la bottiglia.
Alla fine tirarono fuori una torta, Ludovica abbassò le luci e accese le candeline. Franco vide le due donne molto vicine, illuminate dal basso dalle candeline.
«Dai, amore, soffia» gli disse con fare maliziosetto mentre le guardava inebetito. «E non dimenticare di esprimere il desiderio.»
«E non dircelo» aggiunse lasciva Simona. «Altrimenti non si avvera.»
Franco soffiò con impeto, mentre le due donne ridevano e applaudivano un po’ sciocche, un po’ brille, maledettamente sexy.

Finito il dolce, dopo il caffè corretto (con la penna blu) si alzarono e lasciarono tutto lì. Franco, che ormai era un diga minata, pronta a travolgere il mondo, e aspettava solo che qualcuno che gli accendesse la miccia. Guardò Ludovica che andava al computer, che dava la musica della solita radio svizzera di jazz. Sua moglie alzò appena un po’ il volume, poi gli si avvicinò e, senza tanto riguardo, gli si strinse contro e gli riempì la bocca di lingua. Durò abbastanza da far sentire alla donna il suo cazzo che spingeva, mentre Simona, lì a un passo, li guardava mordendosi un labbro.
«Amore,» gli disse con tono da porno scolaretta mentre si scostava e gli si metteva di fianco, sottobraccio, rivolta verso Simona «è ore di scartare il tuo regalo.»
“Devo saltarle addosso?” si chiese Franco.
Simona rispose per lui, prendendogli una mano e portandosela a quella specie di fiocco che aveva sul fianco. Lui prese un lembo e, quando lei fece un passo indietro, lentamente, fissandolo in modo invitante, il fiocco iniziò a sciogliersi. Simona Viali, al ritmo lento della musica, fece un altro passo indietro e il fiocco si sciolse del tutto, mentre il vestito si apriva rivelando il suo corpo superbo, un reggiseno a balconcino, un ombelico paradisiaco e delle mutandine indossate sopra il reggicalze. Il coordinato era rosso cupo, con decorazioni in nero, ed era pazzesco sulla pelle sempre abbronzata della donna. Non soddisfatta, Simona ruotò su se stessa, lenta, mostrando una schiena sinuosa, un sedere alto, valorizzato dalle mutandine. Il vestito rimase in mano a Franco come la carta di una caramella.
«Sai cara,» disse Franco a Ludovica, senza distogliere gli occhi da Simona, «questo regalo, è stato davvero un pensiero stupendo».
Senza mollare il fianco di sua moglie con la destra, allungò la sinistra sul suo ‘regalo’, la fece avvicinare posandole la mano sul fianco, poi sulla schiena, appena sopra il reggicalze, la guardò negli occhi neri e finalmente la baciò. D’un tratto sentì sul dorso della mano con cui stava circuendo Simona, la mano di Ludovica. Sentì che se ne impadroniva e la spingeva verso il basso, verso il triangolino posteriore delle mutandine di Simona. Arrivati a quel punto, scese ancora, praticamente palpando il culo dell’amica con la mano del marito.
Franco smise di baciare Simona e guardò la moglie, riconoscendo nei suoi occhi blu quella febbre di quando era disponibile e disposta a tutto. La baciò, mentre sentiva la mano di Simona infilarglisi sotto la sua giacca, passare sui suoi fianchi e scendere fino alle natiche.
Lasciò le labbra della moglie e guardò le due donne. Anche Simona aveva negli occhi quella febbre. Entrambe lo fissavano, con la bocca socchiusa, e quella dannata febbre negli occhi. Si scambiarono uno sguardo, poi ripresero a fissarlo. Quindi Ludovica e Simona avvicinarono le bocche accese dal rossetto e dalla passione, sempre con gli occhi fissi su Franco, come a distillare ogni goccia di tensione dalle sue pupille dilatate. Si baciarono così, sulle labbra, osservandolo, poi si guardarono tra loro, con desiderio, e si baciarono ancora, ad occhi chiusi per godersi l’una le labbra dell’altra, l’una la lingua dell’altra.
Fu Ludovica a scostarsi.
«Fa caldo qui» sussurrò rivolta a Franco. «Mi aiuti con lo zip?»
Mentre le due riprendevano dolcemente ad assaporare l’una la bocca dell’altra, Franco si portò alle spalle della moglie. Con le sue dita grosse ma abili, fece scendere la cerniera. Anche lei portava reggiseno e reggicalze, però era in tinta con il vestito verdemare, i bordi in pizzo neri.
Franco si allontanò un attimo per posare su una sedia il vestito di sua moglie, poi rimase un attimo a guardare le due donne abbracciate, il contrasto tra la pelle alabastro di Ludovica e quella molto solare di Simona. Si slacciò la cravatta, poi tolse la giacca e la camicia rimanendo con i pantaloni e la canotta nera che gli aveva comprato la moglie. La canotta era bella tesa sui suoi pettorali e il suo cazzo duro era ben visibile di traverso nei pantaloni. Le due donne smisero di baciarsi per guardarlo.
«Ti piace il mio uomo, zoccoletta?» disse Ludovica all’amica.
Simona lo squadrò da capo a piedi, come se fosse una statua, un manichino, o una moto nuova.
«Non male. Ma vorrei provarlo prima di parlare, porcellina».
«Serviti pure, gattina».
«”Gattina”?» chiese ridendo Simona.
«Sì, “gattina”. E ora fatti sotto che hai un topolino da catturare».
Obbediente, la gattina si inginocchiò e gattonò flessuosa sul tappeto fino a Franco. Lì si sollevò sulla ginocchia e, guardando dal basso l’uomo, miagolò, poi con le mani slacciò la cintura, abbassò i boxer e iniziò a giocherellare con il suo topolino. Ben presto Ludovica le si inginocchiò accanto.

- Fine? -
scritto il
2023-05-04
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