Anni fa

di
genere
bisex

Giugno duemiladiciotto

La musica non mi piace. L'avevo detto ai miei amici che non mi fidavo ma loro hanno insistito.
E poi dicevano che sarebbe stato pieno di figa. Ma a me non sembra. E comunque, come spesso capita, loro stanno ballando con delle tipe che tanto non gliela daranno mai.
Io no.

Tutta questa fatica per scopare (ammesso e non concesso che ci riescano) per poi passare un'altra settimana in università a progettare un altro raid in posti mirabolanti.

Basta. Pausa.
Faccio un cenno. Sigaretta. Fuori.
Stampino sulla mano e esco nel parcheggio.
Cammino fumando fino alla mia auto. Perché si usa sempre la mia auto quando si va lontano.

Sono a metà della sigaretta, appoggiato al baule, quando si avvicina un tizio. Quaranta, forse cinquanta. Boh. Molto più alto di me. Capelli mossi, più grigi che neri. Barba curata. Camicia aperta con pelo e catena. Fisicato.
Mi chiede una sigaretta. Poi l'accendino.

Mi chiede perché non sono dentro a ballare.
Perché mi annoio.
Dice di capirmi. In fondo anche lui sperava in qualcosa di più divertente. Ma nel suo caso - dice - a quasi cinquant'anni ci può stare. Ma non capisce come un ragazzo giovane e carino come me non si diverta là dentro insieme agli altri.
Bella domanda. Non lo so neanch'io. Però mi annoio.
Forse ti diverte altro.

Si è massaggiato il pacco in modo evidente.

Non so come abbia fatto a capirlo. Nessuno dei miei amici lo sa. Nemmeno le mie ex lo hanno mai sospettato.
Magari ha tirato a caso. O magari mi sono immaginato io che volesse alludere.

Forse, rispondo lanciando la sigaretta e facendo il vago.
Stavolta la mano massaggia a lungo e non si stacca.
Se vuoi ti faccio divertire io.
Il viso, appena illuminato dalle luci dei lampioni, è evidententemnte arrapato.
Dove?
Mi indica la decina di piante dietro la siepe dell'aiuola che delimita il parcheggio.
Pagami.
Ti do dieci euro, troia.

In realtà ero già convinto.
Prendo i dieci euro che mi porge e lo seguo, dietro la siepe.


Mi piego sulle gambe, schiena contro l'albero mentre lui si apre i pantaloni.
Non vedo bene il suo cazzo. Ma lo sento.
Lo prendo in bocca, molle e saporito. Lecco e succhio andando avanti e indietro mentre lo sento crescere e indurirsi.
Non è certo enorme e non faccio fatica a restare immobile quanto le sue mani mi forzano ad un ingoio completo.

Vuoi scopare?
Aspetto la sua risposta leccando le palle sapide e pelose.
Risposta che arriva in un secondo.

Prendo dalla tasca il goldone che mi ero portato (almeno io l'avrò usato) e glielo infilo.
Con la bocca. Specialità della casa imparata a casa nel silenzio della mia cameretta sul fallo di lattice che nascondo in fondo all'armadio.

Mi alzo. Mi giro. Abbasso i pantaloni e gli slip.
Mi appoggio alla pianta. Le gambe non si possono aprire più di troppo.

Il rumore dello sputo, anticipa la sensazione di umido tra le chiappe.
Seguito dall'invasione rozza delle dita.
Un altro sputo.

Poi la pressione. La sensazione fresca della gomma contro l'ano.
Lui spinge. E spingo anch'io.
Finché il mio buchino cede il passaggio a quello che adesso mi sembra un enorme bastone.
Non riesco a trattenere i gemiti sulle diverse ondate con cui il tizio cerca di conficcare il suo palo nella mia pancia.
Grugnisce. Sento le sue cosce pelose sulle mie chiappe lisce.
Il cazzo scorre all'indietro e poi rientra fino in fondo con violenza.
Ahi
Ti piace così troia?
Si. Ma fai piano.
Stesso colpo. Violento come il primo.
Ah!
Ti piace farti spaccare il culo eh? Puttana!
Ah! Bastardo
Prendi il cazzo, troia!
Ahia!
Ah!
Ah!

Il culo brucia. E' in fiamme.
Ma il calore si diffonde mentre lui non smette di spingere a fondo ogni volta.
Il cilindro si adatta al pistone che ormai va avanti e indietro con sempre maggiore velocità.
Mi fa male. Ma mi piace.

Ti spacco il culo troia!
Si bastardo, scopami

Di colpo resta ficcato dentro di me con la testa piegata sulla mia spalla. Mugola gemiti e insulti come un toro soffocato.
Sta sborrando.

Si. Sborra maiale.

Quando esce fa più male di prima.
Mi massaggio il buchino straziato, mentre lui si appoggia alla pianta a fianco.
I pantaloni calati. Le mani ai fianchi. Il goldone che pende ripieno dall'uccello barzotto.

Faccio in fretta a rimettermi i pantaloni.
Lui ci mette un po' di più a togliere il profilattico, annodarlo e lanciarlo.

Ti va di pulire?

Massì perché no.
In fondo mi ha pagato.
E poi dentro la musica sarà la stessa.



Il sapore di sperma e lattice resiste anche alla seconda sigaretta.
Tanto vale rientrare e berci sopra.













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scritto il
2023-06-27
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