Sara 2
di
Wolfgang
genere
fisting
Le giornate fluivano, l’attesa alimentava ancor più il mio desiderio.
Facevo di tutto pur di avvicinarla, mi piaceva provocarla, dirle parole sconce all’orecchio, sapevo che quel gioco la eccitava e mi eccitava.
Capitava ad esempio, che durante la lezione di greco, la madre superiora era la nostra insegnante, cercavo di avvicinarla con una scusa qualsiasi, accostavo la mia testa alla sua, e con nonchalance le sussurravo frasi sconce. Sapevo che tutto questo la eccitava, sapevo che si stava bagnando, ma non tradiva nessuna emozione.
L’occasione giusta arrivò quando fu organizzata una gita di due giorni a Ginevra, tutte le classi del liceo erano obbligate a partecipare. L’ala della nostra zona notte, dove anche la madre superiora aveva il suo appartamento, sarebbe rimasto vuoto. Non ricordo bene cosa inventai, sta di fatto che riuscii a non partire. Concordai con la madre superiora che ci saremmo incontrate quella notte stessa.
Ero eccitata ed in preda all’ansia al contempo, avevo la sensazione che sarebbe stata una nottata indimenticabile. Avrei avuto ragione. È incredibile come a volte la realtà superi abbondantemente la fantasia.
Feci una doccia, mi profumai. Mi sedetti sul letto, la madre mi aveva procurato tutto quello che le avevo chiesto. Presi le calze di seta nera di pizzo, indossai la giarrettiera, agganciai le calze ed indossai I lunghissimi ed altissimi stivali. Non misi reggiseno, non ne avevo bisogno. Indossai la mascherina, mi coprii con uno spolverino e mi diressi verso l’appartamento della madre superiora.
Bussai. Mi apri’ la suorina cambogiana. Jean, era il suo nome.
Mi soffermai sulla porta per poterla osservare meglio, mi lèsse nel pensiero, mi si parò davanti con le gambe divaricate , era si piccola, ma molto ben proporzionata.
Era abituata ad obbedire.
Rimasi stupita dal suo abbigliamento, aveva la calotta da suora sulla testa, ma era di lattice nero, le scendeva fino alla base del collo.
Due ampie aperture all’altezza degli occhi, evidenziavano un trucco molto pesante che nonostante stonasse con l’aspetto fanciullesco, la rendeva ancor più maledettamente eccitante. L’altra ampia apertura, era all’altezza della bocca, colorata con un vistosissimo rosso carminio. Le tettine appena accennate, supportavano due capezzoli molto pronunciati, attraversati da due piccoli piercing. Scorrendo lo sguardo verso il basso si scorgeva una fighetta implume, con un altro piccolissimo piercing alla base pel piccolo clitoride.
Avevo già la figa che gocciolava.
Si voltò divaricando ancor più le gambe, inclinandosi leggermente in avanti, mostrando il culetto tornito ed il solco delle natiche al cui apice si intravedeva uno stretto buchino. Appena sotto, due labbrucce rosa ricordavano una grossa albicocca.
Sulle spalle una mantellina rossa, sempre in lattice, due calze auto reggenti anch’esse rosse e una décolleté sempre rossa. Tacchi vertiginosi, sui quali si muoveva con disinvoltura.
Un vero oggetto sessuale.
La sovrastavo di almeno mezzo metro. Richiusi la porta, Jean mi fece cenno di seguirla.
Camminava davanti a me ancheggiando oscenamente, accentuando il contrasto tra l’aspetto da bagascia, ed il corpo pre adolescenziale.. Era proprio questo che rapiva e lei lo sapeva benissimo.
Si voltò per indicarmi di svoltare a destra.
Voltammo ed entrammo nella stanza da letto, ma non c’era nessuno. Apri’ l’anta dell’armadio a muro e fece scivolare lateralmente il fondo, un passaggio introduceva ad una piccola stanza occultata perfettamente.
Davanti ai miei occhi si presentò uno scenario incredibile, quella donna mi sorprendeva sempre piu’.
Una vera stanza del piacere.
Luci soffuse, pareti foderate di rosso, musica di sottofondo. Al soffitto erano ancorati quattro grossi anelli, ai quali era agganciato un gioco di cinghie, per mezzo delle quali, una persona poteva rimanere sospesa in varie posizioni, in balia della volontà del suo dominante.
Molto presto ne avrei avuto una pratica dimostrazione.
Sulle pareti facevano capolino dildo di varie fattezze, strap-on, vibratori, c’era di che sbizzarrirsi.
Davanti a me la madre superiora, con la stessa mise con la quale la vidi la prima volta.
Al suo lato don Bruno completamente nudo, con un anello alla base dello scroto, il quale raccoglieva I testicoli, al quale era agganciata una catena. Il cazzo eretto puntava verso il soffitto, il glande ben pronunciato. Le dimensioni del suo pene erano di tutto rispetto.
Fisso Helga, negli occhi, ci riconosciamo, ha lo sguardo sensuale è una donna perversa, schiava della sua perversione, sa che siamo fatte della la stessa pasta.
Siamo arrapate come cagne.
Siamo a poco meno di un metro, la sua salivazione aumenta, un piccolissimo rivolo, le inumidisce gli angoli della bocca.
Continuiamo a fissarci, sono un lago. mi avvicino, le asciugo la saliva con la lingua.
Mi tolgo lo spolverino, gli occhi di Helga si illuminano, il desiderio aumenta.
Le passai una mano dietro il collo, avvicinai la sua bocca alla mia.
Aspettava questo momento da quando chiusi dietro di me, la porta del suo ufficio.
Apri’ la bocca, tirò fuori la lingua e comincio’ a leccarmi avidamente, era vorace.
Iniziò’ dalla base del collo, vi indugio’ qualche secondo, giunse alla punta del mio mento, apri’ la bocca, e lo ingoiò, lo espulse, ne aspirò la saliva residua e con la punta delle labbra me la fece scivolare in gola.
Richiusi ed ingoiai.
La punta della sua lingua attraversò delicatamente il solco delle mie labbra. Un brivido attraversò il mio corpo, ormai ero fuori di me, il sangue nelle vene fluiva a grande velocità. Ci scrutammo per alcuni secondi, se avesse potuto mi avrebbe ingoiata tutta.
Le spinsi violentemente la testa verso il basso, costringendola ad inginocchiarsi, la diressi verso il mio grosso clitoride ed iniziò a fargli un pompino.
Ordinai a Bruno ed alla piccola cambogiana, di avvicinarsi.
Helga aveva già intuito la mie intenzioni.
Apri’ la bocca, era molto ampia, certamente poteva ospitare cazzi di notevoli dimensioni. aveva una dentatura perfetta, le labbra non carnose.
Bruno iniziò a pisciarle nel cavo orale, non ingoiò subito tutto, aspettò il turno di Jean, era quasi pieno.
La piccola cambogiana avvicinò la sua bocca a quella di Helga, ne aspirò il liquido e lo ingoiò.
Bruno e Jean si affrettarono a nettarle le poche gocce che le scendevano dai lati della bocca.
Era il mio turno.
Mi avvicinai al suo volto, spalancai la mia figa, premetti la mia vulva contro la sua bocca aperta e mi svuotai direttamente nella sua gola.
Nel frattempo Jean afferrò il grosso cazzo del prete ed iniziò a menarlo.
La figa di Helga aveva preso a gocciolare copiosamente.
La suorina si liberò per alcuni secondi di quel fallo turgido, aveva bisogno di lubrificare la sua piccola mano.
Si avvicinò ad Helga e le mise due dita in bocca, poi quattro, stava facendo un pompino alle piccole dita della suorina.
La madre superiora, in preda all’eccitazione, prese il polso di Jean con le due mani, come fosse un cazzo.
Con la presa ben salda sul piccolo braccio, cominciò a spompinare le dita racchiuse a punta.
Poco alla volta la ingoiò, entrava ed usciva dalla bocca.
Tutta la mano era sparita nella bocca della madre superiora!
Lentamente Jean la estrasse, e riprese a leccarla sui lati, proprio come fosse un vero cazzo.
Risali’ lentamente sulla punta e spari’ di nuovo nella gola di Helga che questa volta spinse con più forza fino in fondo, più e più volte.
Lentamente Jean estrasse la mano. Era completamente fradicia, ricominciò a lavorare il cazzo.
Chinò la sua piccola testolina sul glande di Bruno e lo fece sparire nella sua gola.
Helga avvicinò la sua bocca al cazzo, poggiammo le nostre labbra come ventose ai suoi lati e cominciammo a muoverle all’unisono, lentamente, su a giù….
Il glande era prigioniero tra le labbra della piccola cambogiana.
Le salive si mescolarono, il ritmo aumentò.
Bruno esplose nella gola di Jean, mentre noi con le nostre ventose, spremevamo il cazzo di Bruno, per saccarne tutto lo sperma.
Le nostre bocche si avvicinarono a quella di Jean che ci versò lo sperma sulle labbra.
Mi avvicinai a Bruno, che avido, mi pulì la bocca.
Helga, non paga, si posizionò in ginocchio di fronte a Bruno, gli prese le chiappe con le due mani, ne risucchiò il glande e comincio’ ad affondare con violenza la testa alla base del cazzo, spingendo contemporaneamente le chiappe con forza verso la sua bocca.
Forte, sempre più forte, era insaziabile,
Il cazzo del prete era di nuovo turgido. Fermò le labbra alla base. Cominciò a passare la lingua sotto lo scroto, cacciò fuori la verga e cominciò a giocare con I testicoli. Ne ingoiò prima uno, poi, con facilità introdusse l’altro.
Le guance erano piene.
Jean si inginocchio dietro il prete, Helga gli allargò le chiappe e la suorina cominciò a leccarne avidamente lo sfintere.
La madre superiora serro’ le labbra e tirò le palle verso di se’. Bruno mugolava. Le mani di Helga erano tuttavia ancorate alle chiappe di Bruno, liberò I testicoli dalla sua morsa, risali’ sulla punta del glande, apri’ la bocca in maniera oscena e si abbatte’ alla base di quel cazzo poderoso. L’abile lingua fece di nuovo capolino, si riposizionò sotto lo scroto e dopo pochi movimenti, ingoiò prima uno e poi l’altro testicolo. Tutto l’apparato genitale era dentro la sua bocca. IL CAZZO E LE PALLE, sembrava un rettile nell’atto di ingoiare la sua preda.
Ricominciò a pompare come una forsennata, la bocca, si abbatteva sempre più violentemente alla base del cazzo, finché Bruno esplose nella sua gola.
Facevo di tutto pur di avvicinarla, mi piaceva provocarla, dirle parole sconce all’orecchio, sapevo che quel gioco la eccitava e mi eccitava.
Capitava ad esempio, che durante la lezione di greco, la madre superiora era la nostra insegnante, cercavo di avvicinarla con una scusa qualsiasi, accostavo la mia testa alla sua, e con nonchalance le sussurravo frasi sconce. Sapevo che tutto questo la eccitava, sapevo che si stava bagnando, ma non tradiva nessuna emozione.
L’occasione giusta arrivò quando fu organizzata una gita di due giorni a Ginevra, tutte le classi del liceo erano obbligate a partecipare. L’ala della nostra zona notte, dove anche la madre superiora aveva il suo appartamento, sarebbe rimasto vuoto. Non ricordo bene cosa inventai, sta di fatto che riuscii a non partire. Concordai con la madre superiora che ci saremmo incontrate quella notte stessa.
Ero eccitata ed in preda all’ansia al contempo, avevo la sensazione che sarebbe stata una nottata indimenticabile. Avrei avuto ragione. È incredibile come a volte la realtà superi abbondantemente la fantasia.
Feci una doccia, mi profumai. Mi sedetti sul letto, la madre mi aveva procurato tutto quello che le avevo chiesto. Presi le calze di seta nera di pizzo, indossai la giarrettiera, agganciai le calze ed indossai I lunghissimi ed altissimi stivali. Non misi reggiseno, non ne avevo bisogno. Indossai la mascherina, mi coprii con uno spolverino e mi diressi verso l’appartamento della madre superiora.
Bussai. Mi apri’ la suorina cambogiana. Jean, era il suo nome.
Mi soffermai sulla porta per poterla osservare meglio, mi lèsse nel pensiero, mi si parò davanti con le gambe divaricate , era si piccola, ma molto ben proporzionata.
Era abituata ad obbedire.
Rimasi stupita dal suo abbigliamento, aveva la calotta da suora sulla testa, ma era di lattice nero, le scendeva fino alla base del collo.
Due ampie aperture all’altezza degli occhi, evidenziavano un trucco molto pesante che nonostante stonasse con l’aspetto fanciullesco, la rendeva ancor più maledettamente eccitante. L’altra ampia apertura, era all’altezza della bocca, colorata con un vistosissimo rosso carminio. Le tettine appena accennate, supportavano due capezzoli molto pronunciati, attraversati da due piccoli piercing. Scorrendo lo sguardo verso il basso si scorgeva una fighetta implume, con un altro piccolissimo piercing alla base pel piccolo clitoride.
Avevo già la figa che gocciolava.
Si voltò divaricando ancor più le gambe, inclinandosi leggermente in avanti, mostrando il culetto tornito ed il solco delle natiche al cui apice si intravedeva uno stretto buchino. Appena sotto, due labbrucce rosa ricordavano una grossa albicocca.
Sulle spalle una mantellina rossa, sempre in lattice, due calze auto reggenti anch’esse rosse e una décolleté sempre rossa. Tacchi vertiginosi, sui quali si muoveva con disinvoltura.
Un vero oggetto sessuale.
La sovrastavo di almeno mezzo metro. Richiusi la porta, Jean mi fece cenno di seguirla.
Camminava davanti a me ancheggiando oscenamente, accentuando il contrasto tra l’aspetto da bagascia, ed il corpo pre adolescenziale.. Era proprio questo che rapiva e lei lo sapeva benissimo.
Si voltò per indicarmi di svoltare a destra.
Voltammo ed entrammo nella stanza da letto, ma non c’era nessuno. Apri’ l’anta dell’armadio a muro e fece scivolare lateralmente il fondo, un passaggio introduceva ad una piccola stanza occultata perfettamente.
Davanti ai miei occhi si presentò uno scenario incredibile, quella donna mi sorprendeva sempre piu’.
Una vera stanza del piacere.
Luci soffuse, pareti foderate di rosso, musica di sottofondo. Al soffitto erano ancorati quattro grossi anelli, ai quali era agganciato un gioco di cinghie, per mezzo delle quali, una persona poteva rimanere sospesa in varie posizioni, in balia della volontà del suo dominante.
Molto presto ne avrei avuto una pratica dimostrazione.
Sulle pareti facevano capolino dildo di varie fattezze, strap-on, vibratori, c’era di che sbizzarrirsi.
Davanti a me la madre superiora, con la stessa mise con la quale la vidi la prima volta.
Al suo lato don Bruno completamente nudo, con un anello alla base dello scroto, il quale raccoglieva I testicoli, al quale era agganciata una catena. Il cazzo eretto puntava verso il soffitto, il glande ben pronunciato. Le dimensioni del suo pene erano di tutto rispetto.
Fisso Helga, negli occhi, ci riconosciamo, ha lo sguardo sensuale è una donna perversa, schiava della sua perversione, sa che siamo fatte della la stessa pasta.
Siamo arrapate come cagne.
Siamo a poco meno di un metro, la sua salivazione aumenta, un piccolissimo rivolo, le inumidisce gli angoli della bocca.
Continuiamo a fissarci, sono un lago. mi avvicino, le asciugo la saliva con la lingua.
Mi tolgo lo spolverino, gli occhi di Helga si illuminano, il desiderio aumenta.
Le passai una mano dietro il collo, avvicinai la sua bocca alla mia.
Aspettava questo momento da quando chiusi dietro di me, la porta del suo ufficio.
Apri’ la bocca, tirò fuori la lingua e comincio’ a leccarmi avidamente, era vorace.
Iniziò’ dalla base del collo, vi indugio’ qualche secondo, giunse alla punta del mio mento, apri’ la bocca, e lo ingoiò, lo espulse, ne aspirò la saliva residua e con la punta delle labbra me la fece scivolare in gola.
Richiusi ed ingoiai.
La punta della sua lingua attraversò delicatamente il solco delle mie labbra. Un brivido attraversò il mio corpo, ormai ero fuori di me, il sangue nelle vene fluiva a grande velocità. Ci scrutammo per alcuni secondi, se avesse potuto mi avrebbe ingoiata tutta.
Le spinsi violentemente la testa verso il basso, costringendola ad inginocchiarsi, la diressi verso il mio grosso clitoride ed iniziò a fargli un pompino.
Ordinai a Bruno ed alla piccola cambogiana, di avvicinarsi.
Helga aveva già intuito la mie intenzioni.
Apri’ la bocca, era molto ampia, certamente poteva ospitare cazzi di notevoli dimensioni. aveva una dentatura perfetta, le labbra non carnose.
Bruno iniziò a pisciarle nel cavo orale, non ingoiò subito tutto, aspettò il turno di Jean, era quasi pieno.
La piccola cambogiana avvicinò la sua bocca a quella di Helga, ne aspirò il liquido e lo ingoiò.
Bruno e Jean si affrettarono a nettarle le poche gocce che le scendevano dai lati della bocca.
Era il mio turno.
Mi avvicinai al suo volto, spalancai la mia figa, premetti la mia vulva contro la sua bocca aperta e mi svuotai direttamente nella sua gola.
Nel frattempo Jean afferrò il grosso cazzo del prete ed iniziò a menarlo.
La figa di Helga aveva preso a gocciolare copiosamente.
La suorina si liberò per alcuni secondi di quel fallo turgido, aveva bisogno di lubrificare la sua piccola mano.
Si avvicinò ad Helga e le mise due dita in bocca, poi quattro, stava facendo un pompino alle piccole dita della suorina.
La madre superiora, in preda all’eccitazione, prese il polso di Jean con le due mani, come fosse un cazzo.
Con la presa ben salda sul piccolo braccio, cominciò a spompinare le dita racchiuse a punta.
Poco alla volta la ingoiò, entrava ed usciva dalla bocca.
Tutta la mano era sparita nella bocca della madre superiora!
Lentamente Jean la estrasse, e riprese a leccarla sui lati, proprio come fosse un vero cazzo.
Risali’ lentamente sulla punta e spari’ di nuovo nella gola di Helga che questa volta spinse con più forza fino in fondo, più e più volte.
Lentamente Jean estrasse la mano. Era completamente fradicia, ricominciò a lavorare il cazzo.
Chinò la sua piccola testolina sul glande di Bruno e lo fece sparire nella sua gola.
Helga avvicinò la sua bocca al cazzo, poggiammo le nostre labbra come ventose ai suoi lati e cominciammo a muoverle all’unisono, lentamente, su a giù….
Il glande era prigioniero tra le labbra della piccola cambogiana.
Le salive si mescolarono, il ritmo aumentò.
Bruno esplose nella gola di Jean, mentre noi con le nostre ventose, spremevamo il cazzo di Bruno, per saccarne tutto lo sperma.
Le nostre bocche si avvicinarono a quella di Jean che ci versò lo sperma sulle labbra.
Mi avvicinai a Bruno, che avido, mi pulì la bocca.
Helga, non paga, si posizionò in ginocchio di fronte a Bruno, gli prese le chiappe con le due mani, ne risucchiò il glande e comincio’ ad affondare con violenza la testa alla base del cazzo, spingendo contemporaneamente le chiappe con forza verso la sua bocca.
Forte, sempre più forte, era insaziabile,
Il cazzo del prete era di nuovo turgido. Fermò le labbra alla base. Cominciò a passare la lingua sotto lo scroto, cacciò fuori la verga e cominciò a giocare con I testicoli. Ne ingoiò prima uno, poi, con facilità introdusse l’altro.
Le guance erano piene.
Jean si inginocchio dietro il prete, Helga gli allargò le chiappe e la suorina cominciò a leccarne avidamente lo sfintere.
La madre superiora serro’ le labbra e tirò le palle verso di se’. Bruno mugolava. Le mani di Helga erano tuttavia ancorate alle chiappe di Bruno, liberò I testicoli dalla sua morsa, risali’ sulla punta del glande, apri’ la bocca in maniera oscena e si abbatte’ alla base di quel cazzo poderoso. L’abile lingua fece di nuovo capolino, si riposizionò sotto lo scroto e dopo pochi movimenti, ingoiò prima uno e poi l’altro testicolo. Tutto l’apparato genitale era dentro la sua bocca. IL CAZZO E LE PALLE, sembrava un rettile nell’atto di ingoiare la sua preda.
Ricominciò a pompare come una forsennata, la bocca, si abbatteva sempre più violentemente alla base del cazzo, finché Bruno esplose nella sua gola.
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