Helga 1
di
Wolfgang
genere
fisting
Helga
Helga aveva preso i voti giovanissima, dopo la morte di Robert, il suo fidanzato. Un incidente stradale se l'era portato via, di ritorno da una cena tra amici.
Era stata assegnata alle cure della madre superiora, suor Judith. Era lei che aveva fatto richiesta presso la curia, per una valida assistente che l'aiutasse nelle incombenze amministrative della scuola. Helga aveva svolto il suo noviziato ad Hannover. presso l'istituto scolastico privato, dedicato a Maria Ausiliatrice, dove era stata apprezzata e segnalata agli alti prelati della curia locale per le sue capacità. Aveva conseguito la laurea con lode in antropologia, presso l'università di Amburgo, con una tesi sperimentale sull'impatto della "Teologia della liberazione",
in America Latina.
Avrebbe vissuto nell'appartamentino adiacente quello di suor Judith e se nel corso degli anni, avesse
mantenuto le promesse, ne avrebbe preso il posto.
Le era stata raccomandata appunto, da un alto prelato, perché la sua famiglia era tra i maggiori contribuenti dell'istituto, ma soprattutto, per attitudine e capacità, dimostrate nel saper gestire gruppi di studenti. Si era inoltre distinta, nella pianificazione ed organizzazione, di spedizioni alimentari, di aiuti in zone bisognose, in varie zone del mondo. Dalla raccolta, al destino finale. Sarebbe stata perfetta per quel ruolo, nonostante fosse ancora una novizia, a dispetto dei venticinque anni di età. Era ormai dedita interamente alla sua missione, aveva represso, non senza tentennamenti, tutti gli istinti non spirituali.
Arrivò una domenica pomeriggio dei primi di settembre, appena prima dell'inizio dell'anno scolastico. Era partita da Hannover la mattina stessa, prima dell'alba, a causa dei vari spostamenti che avrebbe dovuto effettuare prima di raggiungere la destinazione finale, un piccolo villaggio dolcemente adagiato sulle colline che costeggiano il lago di Costanza, dove poco fuori, sorgeva uno dei più prestigiosi istituti privati del mondo, una istituzione cattolica che ospitava ragazzi e ragazze, dai 14 anni, fino al conseguimento del diploma.
Lo choffer la aspettava fuori dalla piccola stazione. Era molto stanca,
La accolse con gentilezza suor Beatrice, una giovane suora Ecuadoriana.
- Ben arrivata Helga
Le disse guardandola dal basso verso l’alto. Helga era giunonica, al contrario suor Beatrice era minuta.
Nel frattempo Hans, lo choffer, si incaricò di recapitarle le valigie nel suo alloggio.
- Grazie suora, rispose
- Immagino sarai a pezzi e vorrai andare subito a riposare, ma ho ricevuto ordine dalla madre superiora, di accompagnarti da lei non appena fossi arrivata.
Helga seguì suor Beatrice, dovette moderare la falcata per non sovrastare la piccola suora. Dopo pochi passi, si fermarono davanti ad una porta e bussò. Avanti, suor Judith le stava aspettando.
Suor Beatrice si congedò ritraendo la porta dietro di se. Helga rimase immobile davanti alla porta, la madre superiora scostò la sedia, si alzò e le si fece incontro, le si parò davanti fissandola negli occhi, era molto tempo che non fissava una donna negli occhi, senza dover abbassare la testa.
Erano praticamente della stessa altezza, ma la struttura fisica era totalmente differente, tanto quanto Judith era snella e filiforme, quanto Helga era giunonica.
La sorpresa di Helga fu tanta, poiché conosceva l’età della madre superiora, l’aspetto non era certo quello di una settantenne, le avrebbe dato certamente meno di 60 anni.
Dopo essersi studiate per qualche istante, Judith si presentò e l’abbraccio’.
- Benvenuta – e la invitò a sedersi.
- So che sei molto stanca mia cara, ma desideravo conoscerti, dammi qualche minuto e saliremo nei nostri alloggi.
- Non si preoccupi madre, faccia con comodo.
Pochi minuti dopo, stavano attraversando il corridoio, raggiunsero l’ascensore, Judith sembrava volare, tanta era la leggerezza con la quale muoveva il suo corpo, sinuoso e flessibile come un giunco a dispetto dell’età. Il leggero ancheggiare del suo andamento, le movenze, lo sguardo con il quale la invitava a seguirla, il sorriso velatamente ambiguo, col quale la guardava, falsamente distratta, le procurarono un leggero formicolio al basso ventre.
Arrivò l’ascensore, vi si introdussero all’unisono, rimasero quasi incastrate, una dietro l’altra, quel tanto che basta affinché I loro corpi si sfiorassero, le grosse tette di Helga premevano sulle spalle di Judith, i capezzoli le si inturgidirono e per una frazione di secondo, le parve che Judith facesse pressione con la schiena contro le sue tettone. La madre superiora aspettò che fosse la novizia a trarsi da quella situazione apparentemente incomoda. I loro occhi si incrociarono per un attimo, sufficiente affinché Helga ne rimanesse turbata.
Poco dopo erano davanti all'appartamento, la superiora apri la porta e fece strada. Le abitazioni erano adiacenti, con un grande e confortevole bagno in comune. Vi si poteva accedere da ambo i lati. Un foro praticato al centro di ognuna delle due porte, ospitava un disco di metallo bicolore, dall'interno lo si poteva ruotare, segnalandone lo stato: verde, libero, rosso, occupato. Gli appartamenti erano in stile provenzale, un vaso di fiori freschi e colorati troneggiava sul piccolo tavolino posizionato nel disimpegno.
Due porte davano accesso, da un lato, all’ appartamento della madre superiora, dall'altro a quello di Helga, il quale era un accogliente monolocale con angolo cottura, mentre quello della superiora era un vero e proprio appartamento. Dopo alcuni convenevoli, si congedarono. Augurandole la buona notte, Judith sfiorò delicatamente la guancia di Helga, la quale ne avvertii l'alito caldo, le poggio’ delicatamente le labbra appena al lato della bocca. Un fremito le attraversò il corpo.
- Ti auguro una serena notte tesoro.
Helga si destò in preda all'ansia, temeva di essere in ritardo, si addormentò talmente stanca da aver dimenticato di mettere la sveglia. Era un po' tardi in effetti, ma aveva tutto il tempo per prepararsi. Si infilo' le pantofole e si diresse verso il bagno, aveva la vescica piena. Il segnale era verde, entrò Si accorse dello scrosciare dell'acqua, quando già era dentro. Il vapore acqueo appannava il grande specchio.
- Suor Judith, chiamò - Nessuna risposta. Alzò il tono della voce
- SUOR JUDITH!
Gli altoparlanti diffondevano le note di “Take five”
Si rese conto che la madre superiora non poteva ascoltarla.
La vide, le dava le spalle, si stava insaponando sotto la doccia. Era come se l’immaginava, magra, snella e flessuosa, ancora abbastanza soda, segno di un corpo ancora allenato. Avrebbe scoperto in seguito che praticava yoga da molti anni. Judith inarcò la schiena, sembrava un fenicottero, le gambe lunghissime, le caviglie sottili, non un segno di cellulite, tonica, il culetto non proprio sodo, ma piccolo e ben tornito. Si avvicinò ancora un poco, aveva la visuale laterale, le vide le piccole tettine, un piercing ne attraversava I capezzoli, stranamente non ne rimase sorpresa e si che ce ne sarebbe stato di che sorprendersi, non era usuale che una suora di 70 anni, nonché madre superiora di uno dei più importanti istituti privati svizzeri, avesse dei piercing, per di più nelle parti intime. Prese una grossa spugna naturale, la intrise di bagnoschiuma e la strinse nel palmo della mano, orientò il lungo braccio dietro la schiena inarcata, portò la grossa spugna verso la vagina e prese a farla scivolare tra le sue gambe, su e giù. Si voltò dandomi le spalle continuando a far andare il braccio. A volte, nel passare sul solco della vagina, capitava che la spugna ne fosse risucchiata, per poi miracolosamente riapparire.
Lavo’ la spugna e cominciò a sciacquarsi, il fenicottero sollevò la gamba destra, poggiando la pianta del piede sul muro della doccia. Aveva la vagina oscenamente aperta, un piercing le attraversava il clitoride, alcuni anelli erano agganciati alle grandi labbra, si passò la mano sulla vagina facendo scorrere l’acqua all’interno, le dita le solcavano il grande pertugio, la sua mano, pur di una certa dimensione, non era sufficiente a coprirlo tutto, ma quello che la lasciava stupefatta, era l’estensione, davvero notevole, tra il clitoride e la parte finale che lambiva lo sfintere. Le dita indugiavano sul clitoride, il bacino si spingeva verso la mano, si infilò due dita, il bacino e le dita cominciarono a sbattere con foga sempre più violenta, ritmicamente, il respiro si faceva affannato, per qualche secondo voltò la testa verso di me, era in uno stato di beatitudine, gli occhi stravolti dal piacere, il bacino era ormai in preda alle convulsioni dell’orgasmo, scostò la gamba dal muro e si accovacciò.
Approfittò di quel momento per sgattaiolare fuori dal bagno.
Era passata una settimana, dalla scoperta che avrebbe cambiato, se non il corso della sua esistenza, certamente la direzione.
Quello cui aveva assistito, aveva risvegliato in lei l’istinto animalesco.
Aveva preso I voti molto tardi, rispetto alla media delle altre novizie, aveva avuto quindi modo di fare esperienze sessuali di diversi tipi, anche abbastanza”forti”. Non disdegnava esperienze lesbiche, a patto che ci fosse un feeling speciale. Del resto, era diventata suora a causa della perdita subita, non proprio per vocazione. Era sempre stata molto, molto caliente.
Judith, chiameremo così d'ora in poi la madre superiora, aveva percepito che qualcosa era cambiato in Helga, come se un fatto, un avvenimento, una scoperta, avesse mutato il suo umore ed il suo stato d'animo, La studiava ed osservava, con sempre maggior attenzione, cercando di passare inosservata.
La sorprendeva in posti e momenti impensati.
Helga ebbe la sensazione che qualcuno avesse frugato tra le sue cose, chi se non suor Judith? Solo loro due avevano accesso ai loro alloggi ed era lei stessa che si occupava di rassettare il suo piccolo appartamento e talvolta anche quello di Judith.
Il pensiero di quello cui i suoi occhi si erano resi testimoni, non la abbandonava. Cominciò a sognarla quasi tutte le notti. Si addormentava pensando allo sbalorditivo spettacolo cui aveva assistito, cercava di allontanarlo dalla sua mente, invano.
I sogni cominciarono a farsi inquieti. Si fecero sempre più agitati. Sognava di essere con lei nella doccia, si insaponavano a vicenda, i corpi avvinghiati scivolavamo uno contro l'altro. Lei apre le gambe, Il braccio diJudith, le si strofina nel mezzo, lasciandolo scivolare per tutta la sua lunghezza. Comincia a baciarla dappertutto, con calma, con sapienza. Solleva la sua gamba, e la invita a poggiarla sul bordo della vasca, proprio come aveva fatto lei. Si accuccia tra le sue gambe e comincia a baciarle delicatamente la punta del clitoride, lo aspira con le labbra e lo estende. Il cazzetto diventa turgido, il piccolo glande si indurisce, così come le sue grandi labbra, inizia a farle un pompino, il respiro è sempre più affannoso. Un rantolo precede l’orgasmo.
Si svegliò di soprassalto, sudata e completamente bagnata, era venuta durante il sogno, era sconvolta.
Si fece la doccia, si preparò e scese giù per la colazione.
Judith aveva notato che il volto di Helga, avvampava ogni qualvolta I loro corpi si sfioravano e ogni qualvolta I loro occhi casualmente si incrociavano. Dopo un po’ il rossore aveva ceduto alla malizia, ma il dubbio rimaneva.
Judith decise di rompere gli indugi, approfittò di un pomeriggio in cui stavano svolgendo un lavoro in collaborazione Erano sedute l’una di fronte all’altra, nella scrivania della madre superiora, Helga si accorse che la stava fissando, anch’ella sollevò la testa e ne cercò lo sguardo.
Judith con un gesto pacato ed elegante si sfilò gli occhiali, appoggiò la punta della stanghetta sul bordo della bocca, prese tra l’indice ed il pollice una penna che era sulla scrivania, Poggio’ gli occhiali, scostò la poltrona dalla scrivania, sollevò il braccio e le dita lasciarono la presa.
Gli occhi negli occhi.
- Che sbadata, Helga tesoro, mi faresti il favore di raccogliermela?
Le chiese mentre riaccostava la poltrona alla scrivania.
Helga senza risponderle, scostò la sua sedia, si posizionò gattoni e scivolo’ sotto la scrivania.
Sollevò la testa, Judith aveva aperto le lunghe gambe e si era tirata su la tonaca.
Lo spettacolo che si offriva alla sua vista la fece letteralmente “arrapare”, indossava una guêpière di pizzo bianco, alla quale erano agganciate delle calze di seta, anch’esse bianche.
Le scarpe erano stile Charleston anni venti del novecento, con un tacco di 4/5 centimetri. Indossava un perizoma bianco, il cui filo spariva dentro la grande vulva, tre anelli attraversavano come orecchìni, ciascuna delle sue grandi labbra.
Era stordita.
La penna era esattamente sotto la sedia, Judith avrebbe potuto raccoglierla senza sforzo.
Gattonò verso il centro della sedia, la figa era a pochi centimetri dal suo volto, invitante.
Non sa neanche lei come resistette dall’affondarvi il volto.
Raccolse la penna e senza scomporsi, la porse alla madre superiora, la quale la prese sfiorandola con le dita lunghe ed affusolate, non una parola venne più pronunciata.
Helga aveva preso i voti giovanissima, dopo la morte di Robert, il suo fidanzato. Un incidente stradale se l'era portato via, di ritorno da una cena tra amici.
Era stata assegnata alle cure della madre superiora, suor Judith. Era lei che aveva fatto richiesta presso la curia, per una valida assistente che l'aiutasse nelle incombenze amministrative della scuola. Helga aveva svolto il suo noviziato ad Hannover. presso l'istituto scolastico privato, dedicato a Maria Ausiliatrice, dove era stata apprezzata e segnalata agli alti prelati della curia locale per le sue capacità. Aveva conseguito la laurea con lode in antropologia, presso l'università di Amburgo, con una tesi sperimentale sull'impatto della "Teologia della liberazione",
in America Latina.
Avrebbe vissuto nell'appartamentino adiacente quello di suor Judith e se nel corso degli anni, avesse
mantenuto le promesse, ne avrebbe preso il posto.
Le era stata raccomandata appunto, da un alto prelato, perché la sua famiglia era tra i maggiori contribuenti dell'istituto, ma soprattutto, per attitudine e capacità, dimostrate nel saper gestire gruppi di studenti. Si era inoltre distinta, nella pianificazione ed organizzazione, di spedizioni alimentari, di aiuti in zone bisognose, in varie zone del mondo. Dalla raccolta, al destino finale. Sarebbe stata perfetta per quel ruolo, nonostante fosse ancora una novizia, a dispetto dei venticinque anni di età. Era ormai dedita interamente alla sua missione, aveva represso, non senza tentennamenti, tutti gli istinti non spirituali.
Arrivò una domenica pomeriggio dei primi di settembre, appena prima dell'inizio dell'anno scolastico. Era partita da Hannover la mattina stessa, prima dell'alba, a causa dei vari spostamenti che avrebbe dovuto effettuare prima di raggiungere la destinazione finale, un piccolo villaggio dolcemente adagiato sulle colline che costeggiano il lago di Costanza, dove poco fuori, sorgeva uno dei più prestigiosi istituti privati del mondo, una istituzione cattolica che ospitava ragazzi e ragazze, dai 14 anni, fino al conseguimento del diploma.
Lo choffer la aspettava fuori dalla piccola stazione. Era molto stanca,
La accolse con gentilezza suor Beatrice, una giovane suora Ecuadoriana.
- Ben arrivata Helga
Le disse guardandola dal basso verso l’alto. Helga era giunonica, al contrario suor Beatrice era minuta.
Nel frattempo Hans, lo choffer, si incaricò di recapitarle le valigie nel suo alloggio.
- Grazie suora, rispose
- Immagino sarai a pezzi e vorrai andare subito a riposare, ma ho ricevuto ordine dalla madre superiora, di accompagnarti da lei non appena fossi arrivata.
Helga seguì suor Beatrice, dovette moderare la falcata per non sovrastare la piccola suora. Dopo pochi passi, si fermarono davanti ad una porta e bussò. Avanti, suor Judith le stava aspettando.
Suor Beatrice si congedò ritraendo la porta dietro di se. Helga rimase immobile davanti alla porta, la madre superiora scostò la sedia, si alzò e le si fece incontro, le si parò davanti fissandola negli occhi, era molto tempo che non fissava una donna negli occhi, senza dover abbassare la testa.
Erano praticamente della stessa altezza, ma la struttura fisica era totalmente differente, tanto quanto Judith era snella e filiforme, quanto Helga era giunonica.
La sorpresa di Helga fu tanta, poiché conosceva l’età della madre superiora, l’aspetto non era certo quello di una settantenne, le avrebbe dato certamente meno di 60 anni.
Dopo essersi studiate per qualche istante, Judith si presentò e l’abbraccio’.
- Benvenuta – e la invitò a sedersi.
- So che sei molto stanca mia cara, ma desideravo conoscerti, dammi qualche minuto e saliremo nei nostri alloggi.
- Non si preoccupi madre, faccia con comodo.
Pochi minuti dopo, stavano attraversando il corridoio, raggiunsero l’ascensore, Judith sembrava volare, tanta era la leggerezza con la quale muoveva il suo corpo, sinuoso e flessibile come un giunco a dispetto dell’età. Il leggero ancheggiare del suo andamento, le movenze, lo sguardo con il quale la invitava a seguirla, il sorriso velatamente ambiguo, col quale la guardava, falsamente distratta, le procurarono un leggero formicolio al basso ventre.
Arrivò l’ascensore, vi si introdussero all’unisono, rimasero quasi incastrate, una dietro l’altra, quel tanto che basta affinché I loro corpi si sfiorassero, le grosse tette di Helga premevano sulle spalle di Judith, i capezzoli le si inturgidirono e per una frazione di secondo, le parve che Judith facesse pressione con la schiena contro le sue tettone. La madre superiora aspettò che fosse la novizia a trarsi da quella situazione apparentemente incomoda. I loro occhi si incrociarono per un attimo, sufficiente affinché Helga ne rimanesse turbata.
Poco dopo erano davanti all'appartamento, la superiora apri la porta e fece strada. Le abitazioni erano adiacenti, con un grande e confortevole bagno in comune. Vi si poteva accedere da ambo i lati. Un foro praticato al centro di ognuna delle due porte, ospitava un disco di metallo bicolore, dall'interno lo si poteva ruotare, segnalandone lo stato: verde, libero, rosso, occupato. Gli appartamenti erano in stile provenzale, un vaso di fiori freschi e colorati troneggiava sul piccolo tavolino posizionato nel disimpegno.
Due porte davano accesso, da un lato, all’ appartamento della madre superiora, dall'altro a quello di Helga, il quale era un accogliente monolocale con angolo cottura, mentre quello della superiora era un vero e proprio appartamento. Dopo alcuni convenevoli, si congedarono. Augurandole la buona notte, Judith sfiorò delicatamente la guancia di Helga, la quale ne avvertii l'alito caldo, le poggio’ delicatamente le labbra appena al lato della bocca. Un fremito le attraversò il corpo.
- Ti auguro una serena notte tesoro.
Helga si destò in preda all'ansia, temeva di essere in ritardo, si addormentò talmente stanca da aver dimenticato di mettere la sveglia. Era un po' tardi in effetti, ma aveva tutto il tempo per prepararsi. Si infilo' le pantofole e si diresse verso il bagno, aveva la vescica piena. Il segnale era verde, entrò Si accorse dello scrosciare dell'acqua, quando già era dentro. Il vapore acqueo appannava il grande specchio.
- Suor Judith, chiamò - Nessuna risposta. Alzò il tono della voce
- SUOR JUDITH!
Gli altoparlanti diffondevano le note di “Take five”
Si rese conto che la madre superiora non poteva ascoltarla.
La vide, le dava le spalle, si stava insaponando sotto la doccia. Era come se l’immaginava, magra, snella e flessuosa, ancora abbastanza soda, segno di un corpo ancora allenato. Avrebbe scoperto in seguito che praticava yoga da molti anni. Judith inarcò la schiena, sembrava un fenicottero, le gambe lunghissime, le caviglie sottili, non un segno di cellulite, tonica, il culetto non proprio sodo, ma piccolo e ben tornito. Si avvicinò ancora un poco, aveva la visuale laterale, le vide le piccole tettine, un piercing ne attraversava I capezzoli, stranamente non ne rimase sorpresa e si che ce ne sarebbe stato di che sorprendersi, non era usuale che una suora di 70 anni, nonché madre superiora di uno dei più importanti istituti privati svizzeri, avesse dei piercing, per di più nelle parti intime. Prese una grossa spugna naturale, la intrise di bagnoschiuma e la strinse nel palmo della mano, orientò il lungo braccio dietro la schiena inarcata, portò la grossa spugna verso la vagina e prese a farla scivolare tra le sue gambe, su e giù. Si voltò dandomi le spalle continuando a far andare il braccio. A volte, nel passare sul solco della vagina, capitava che la spugna ne fosse risucchiata, per poi miracolosamente riapparire.
Lavo’ la spugna e cominciò a sciacquarsi, il fenicottero sollevò la gamba destra, poggiando la pianta del piede sul muro della doccia. Aveva la vagina oscenamente aperta, un piercing le attraversava il clitoride, alcuni anelli erano agganciati alle grandi labbra, si passò la mano sulla vagina facendo scorrere l’acqua all’interno, le dita le solcavano il grande pertugio, la sua mano, pur di una certa dimensione, non era sufficiente a coprirlo tutto, ma quello che la lasciava stupefatta, era l’estensione, davvero notevole, tra il clitoride e la parte finale che lambiva lo sfintere. Le dita indugiavano sul clitoride, il bacino si spingeva verso la mano, si infilò due dita, il bacino e le dita cominciarono a sbattere con foga sempre più violenta, ritmicamente, il respiro si faceva affannato, per qualche secondo voltò la testa verso di me, era in uno stato di beatitudine, gli occhi stravolti dal piacere, il bacino era ormai in preda alle convulsioni dell’orgasmo, scostò la gamba dal muro e si accovacciò.
Approfittò di quel momento per sgattaiolare fuori dal bagno.
Era passata una settimana, dalla scoperta che avrebbe cambiato, se non il corso della sua esistenza, certamente la direzione.
Quello cui aveva assistito, aveva risvegliato in lei l’istinto animalesco.
Aveva preso I voti molto tardi, rispetto alla media delle altre novizie, aveva avuto quindi modo di fare esperienze sessuali di diversi tipi, anche abbastanza”forti”. Non disdegnava esperienze lesbiche, a patto che ci fosse un feeling speciale. Del resto, era diventata suora a causa della perdita subita, non proprio per vocazione. Era sempre stata molto, molto caliente.
Judith, chiameremo così d'ora in poi la madre superiora, aveva percepito che qualcosa era cambiato in Helga, come se un fatto, un avvenimento, una scoperta, avesse mutato il suo umore ed il suo stato d'animo, La studiava ed osservava, con sempre maggior attenzione, cercando di passare inosservata.
La sorprendeva in posti e momenti impensati.
Helga ebbe la sensazione che qualcuno avesse frugato tra le sue cose, chi se non suor Judith? Solo loro due avevano accesso ai loro alloggi ed era lei stessa che si occupava di rassettare il suo piccolo appartamento e talvolta anche quello di Judith.
Il pensiero di quello cui i suoi occhi si erano resi testimoni, non la abbandonava. Cominciò a sognarla quasi tutte le notti. Si addormentava pensando allo sbalorditivo spettacolo cui aveva assistito, cercava di allontanarlo dalla sua mente, invano.
I sogni cominciarono a farsi inquieti. Si fecero sempre più agitati. Sognava di essere con lei nella doccia, si insaponavano a vicenda, i corpi avvinghiati scivolavamo uno contro l'altro. Lei apre le gambe, Il braccio diJudith, le si strofina nel mezzo, lasciandolo scivolare per tutta la sua lunghezza. Comincia a baciarla dappertutto, con calma, con sapienza. Solleva la sua gamba, e la invita a poggiarla sul bordo della vasca, proprio come aveva fatto lei. Si accuccia tra le sue gambe e comincia a baciarle delicatamente la punta del clitoride, lo aspira con le labbra e lo estende. Il cazzetto diventa turgido, il piccolo glande si indurisce, così come le sue grandi labbra, inizia a farle un pompino, il respiro è sempre più affannoso. Un rantolo precede l’orgasmo.
Si svegliò di soprassalto, sudata e completamente bagnata, era venuta durante il sogno, era sconvolta.
Si fece la doccia, si preparò e scese giù per la colazione.
Judith aveva notato che il volto di Helga, avvampava ogni qualvolta I loro corpi si sfioravano e ogni qualvolta I loro occhi casualmente si incrociavano. Dopo un po’ il rossore aveva ceduto alla malizia, ma il dubbio rimaneva.
Judith decise di rompere gli indugi, approfittò di un pomeriggio in cui stavano svolgendo un lavoro in collaborazione Erano sedute l’una di fronte all’altra, nella scrivania della madre superiora, Helga si accorse che la stava fissando, anch’ella sollevò la testa e ne cercò lo sguardo.
Judith con un gesto pacato ed elegante si sfilò gli occhiali, appoggiò la punta della stanghetta sul bordo della bocca, prese tra l’indice ed il pollice una penna che era sulla scrivania, Poggio’ gli occhiali, scostò la poltrona dalla scrivania, sollevò il braccio e le dita lasciarono la presa.
Gli occhi negli occhi.
- Che sbadata, Helga tesoro, mi faresti il favore di raccogliermela?
Le chiese mentre riaccostava la poltrona alla scrivania.
Helga senza risponderle, scostò la sua sedia, si posizionò gattoni e scivolo’ sotto la scrivania.
Sollevò la testa, Judith aveva aperto le lunghe gambe e si era tirata su la tonaca.
Lo spettacolo che si offriva alla sua vista la fece letteralmente “arrapare”, indossava una guêpière di pizzo bianco, alla quale erano agganciate delle calze di seta, anch’esse bianche.
Le scarpe erano stile Charleston anni venti del novecento, con un tacco di 4/5 centimetri. Indossava un perizoma bianco, il cui filo spariva dentro la grande vulva, tre anelli attraversavano come orecchìni, ciascuna delle sue grandi labbra.
Era stordita.
La penna era esattamente sotto la sedia, Judith avrebbe potuto raccoglierla senza sforzo.
Gattonò verso il centro della sedia, la figa era a pochi centimetri dal suo volto, invitante.
Non sa neanche lei come resistette dall’affondarvi il volto.
Raccolse la penna e senza scomporsi, la porse alla madre superiora, la quale la prese sfiorandola con le dita lunghe ed affusolate, non una parola venne più pronunciata.
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