Schiavo in cella pt4
di
Giuserpe
genere
gay
Passavano i giorni ed io mi abituavo a quella vita, mi abituavo al carcere, alla mensa, alle docce comuni. Non avevo mai sentito così tanti occhi puntati addosso. Ho sempre frequentato palestre e da ragazzino i centri sportivi, gli spogliatoi, ma mai mi ero sentito così al centro delle attenzioni di tutti quegli uomini. I più adulti facevano di tutto per piazzarsi nel getto vicino al mio. I commenti non si sprecavano, molti allungavano le mani approfittando di momenti di distrazione dei miei “tutori” Amal e la cricca di Don Pietro. Palpate che erano veri atti sessuali anche se fugaci. Sentivo la carica sessuale, la bramosia, la voglia. Molti di quegli uomini non scopavano da anni o si dovevano accontentare del malcapitato bisognoso di sigarette.
Il mio corpo li faceva diventare bestie e non posso dire che la cosa non mi piacesse, ma sicuramente mi spaventava. Ero sicuramente un bersaglio, il nervo scoperto di Don Pietro che col passare dei giorni diventava sempre più gelosie non lo nascondeva.
Lui non faceva quasi mai la doccia con gli altri, nel nostro bagno ce n’era una soltanto sua. Ma spesso era bloccata. Un giorno eravamo là a lavare via il caldo della giornata, in pochi erano rimasti nello stanzone. Amal, i tre leccapiedi e qualche sprovveduto che si teneva in disparte.
Don Pietro era ovviamente vicino a me, comincio a toccarmi il sedere insaponato e a tirarlo verso il suo membro barzotto.
Mi comanda “Marco, da bravo, lavami la schiena.” Una enorme schiena pelosa, tatuata, muscolosa. Era un uomo potente in ogni senso. Vibrava di virilità.
Obbedisco e comincio un massaggio, lo sento poco a poco allentare la tensione che lo accompagnava sempre. Ad un tratto urla a tutti i guardoni che si godevano la scena e si toccavano “uscire immediatamente e dite ad Antonio che non ci rompa il cazzo”
Scapparono via.
Con mia sorpresa non cercò di sbattermi contro al muro della doccia. Si godette il mio massaggio, presi coraggio e cominciai a scendere verso le sue natiche di marmo, le cosce. Gli chiesi dolcemente di voltarsi. Si irrigidì subito. Avevo oltrepassato una linea sottile. Avevo preso iniziativa e un po’ di controllo.
Mi stupì ancora e si voltò.
Cominciai a massaggiare il viso, il collo,scendendo verso il magnifico petto con il volto di Cristo al centro, continuo sui fianchi, l’addome turgido.
Non riusciva a trattenere l’eccitamento e lo portai all’estremo. Cominciai un lavoro di edging, le mie mani arrivavano al suo inguine, sfioravano l’asta e i testicoli, il frenulo esposto davanti ai miei occhi. In quella zona concentravo il mio interesse.
Con una mano mi occupavo del cazzo, l’altra mano decise di essere più impudente e si addentrò tra le gambe leggermente divaricate, sentii che si irrigidiva, non era abituato. Allora decisi di leccare il frenulo con la punta della lingua, gli piaceva, gemeva, rilassò nuovamente i muscoli e con la mano riuscii a farmi spazio, ad arrivare tra le sue natiche, a lavorarle con cura, a rubare, millimetro dopo millimetro, spazio per arrivare al suo buco. Non volevo penetrarlo. Volevo “aprirlo” a nuove sensazioni. Volevo la sua stima, il suo benestare, la sua attenzione.
Ovviamente capì subito il mio intento, abbassò la testa e mi guardo serio. La paura di una reazione improvvisa e dolorosa non mi bloccava, ero eccitatissimo. Mi prese la faccia con una mano, la strinse e bruciandomi con gli occhi disse “ragazzino…” era bloccato dall’orgoglio. Dal timore di perdere la sua immagine da Maschio. Non risposi, guardai intorno a me, la stanza vuota, solo il rumore amplificato dello scroscio d’acqua, lui fece lo stesso. Dissi “siamo soli…” e nello stesso istante portai il mio dito sul suo ano, feci solo una leggera pressione per rilassarlo e mi infilai tutta l’asta in gola senza mai perdere il contatto con i suoi occhi che strabuzzo appena la cappella andò a sbattere contro la mia gola. Cominciai un massaggio sul suo ano e succhiavo voracemente senza prendere un respiro. Mi prese la testa tra le mani e cominciò a muoversi, l’ano era rilassato e i movimenti lasciavano sempre più spazio al mio dito.
In quel momento sentimmo “don Pietro don Pietro” la voce allarmata di Antonio la guardia.
Non potevo perdere tempo! Era la mia missione!
Sentivo il suo enorme membro crescere e pulsare, stava per venire e Antonio non ci avrebbe rovinato il momento.
Presi coraggio e allo stesso momento infilai tutto il cazzo nella mia gola facendola vibrare di goduria, e il dito interamente nel suo buco che ormai lo voleva. Fu un’esplosione. Un suono gutturale, animalesco dalla sua gola. Tremava e schizzava fiotti di seme caldo direttamente nel mio stomaco, lo sentivo scendere. Le mani sulla testa non mi lasciavano scampo, non avevo più aria nei polmoni e la vista mi si stava annebbiando. Esplosi in un orgasmo sconquassante. Doloroso. Incredibile. Il mio dito si sfilò dal suo buco e lo sentii urlare “che cazzo hai fatto?!?”.
Antonio entrò proprio mentre mi stava lasciando la testa e il suo membro usciva, floscio e pieno di una ragnatela di umori, dalla mia gola. Caddi semi cosciente. Antonio che urlava “forza che ci sono i controlli!” Don Pietro che con una sberla in viso “riprenditi, alzati forza, non costringermi a portarti in spalla.” Non era arrabbiato. Mi sembrava sinceramente preoccupato.
Tornando in cella mi disse calmo “ragazzino, se lo dici a qualcuno ti faccio sbattere da quelle bestie in doccia. So bene come ti guardano. Sei stato bravo” sorrise timidamente e mi palpò una natica come a dire “adesso voglio lui!” Il mio sguardo diceva “prendilo!”
Il mio corpo li faceva diventare bestie e non posso dire che la cosa non mi piacesse, ma sicuramente mi spaventava. Ero sicuramente un bersaglio, il nervo scoperto di Don Pietro che col passare dei giorni diventava sempre più gelosie non lo nascondeva.
Lui non faceva quasi mai la doccia con gli altri, nel nostro bagno ce n’era una soltanto sua. Ma spesso era bloccata. Un giorno eravamo là a lavare via il caldo della giornata, in pochi erano rimasti nello stanzone. Amal, i tre leccapiedi e qualche sprovveduto che si teneva in disparte.
Don Pietro era ovviamente vicino a me, comincio a toccarmi il sedere insaponato e a tirarlo verso il suo membro barzotto.
Mi comanda “Marco, da bravo, lavami la schiena.” Una enorme schiena pelosa, tatuata, muscolosa. Era un uomo potente in ogni senso. Vibrava di virilità.
Obbedisco e comincio un massaggio, lo sento poco a poco allentare la tensione che lo accompagnava sempre. Ad un tratto urla a tutti i guardoni che si godevano la scena e si toccavano “uscire immediatamente e dite ad Antonio che non ci rompa il cazzo”
Scapparono via.
Con mia sorpresa non cercò di sbattermi contro al muro della doccia. Si godette il mio massaggio, presi coraggio e cominciai a scendere verso le sue natiche di marmo, le cosce. Gli chiesi dolcemente di voltarsi. Si irrigidì subito. Avevo oltrepassato una linea sottile. Avevo preso iniziativa e un po’ di controllo.
Mi stupì ancora e si voltò.
Cominciai a massaggiare il viso, il collo,scendendo verso il magnifico petto con il volto di Cristo al centro, continuo sui fianchi, l’addome turgido.
Non riusciva a trattenere l’eccitamento e lo portai all’estremo. Cominciai un lavoro di edging, le mie mani arrivavano al suo inguine, sfioravano l’asta e i testicoli, il frenulo esposto davanti ai miei occhi. In quella zona concentravo il mio interesse.
Con una mano mi occupavo del cazzo, l’altra mano decise di essere più impudente e si addentrò tra le gambe leggermente divaricate, sentii che si irrigidiva, non era abituato. Allora decisi di leccare il frenulo con la punta della lingua, gli piaceva, gemeva, rilassò nuovamente i muscoli e con la mano riuscii a farmi spazio, ad arrivare tra le sue natiche, a lavorarle con cura, a rubare, millimetro dopo millimetro, spazio per arrivare al suo buco. Non volevo penetrarlo. Volevo “aprirlo” a nuove sensazioni. Volevo la sua stima, il suo benestare, la sua attenzione.
Ovviamente capì subito il mio intento, abbassò la testa e mi guardo serio. La paura di una reazione improvvisa e dolorosa non mi bloccava, ero eccitatissimo. Mi prese la faccia con una mano, la strinse e bruciandomi con gli occhi disse “ragazzino…” era bloccato dall’orgoglio. Dal timore di perdere la sua immagine da Maschio. Non risposi, guardai intorno a me, la stanza vuota, solo il rumore amplificato dello scroscio d’acqua, lui fece lo stesso. Dissi “siamo soli…” e nello stesso istante portai il mio dito sul suo ano, feci solo una leggera pressione per rilassarlo e mi infilai tutta l’asta in gola senza mai perdere il contatto con i suoi occhi che strabuzzo appena la cappella andò a sbattere contro la mia gola. Cominciai un massaggio sul suo ano e succhiavo voracemente senza prendere un respiro. Mi prese la testa tra le mani e cominciò a muoversi, l’ano era rilassato e i movimenti lasciavano sempre più spazio al mio dito.
In quel momento sentimmo “don Pietro don Pietro” la voce allarmata di Antonio la guardia.
Non potevo perdere tempo! Era la mia missione!
Sentivo il suo enorme membro crescere e pulsare, stava per venire e Antonio non ci avrebbe rovinato il momento.
Presi coraggio e allo stesso momento infilai tutto il cazzo nella mia gola facendola vibrare di goduria, e il dito interamente nel suo buco che ormai lo voleva. Fu un’esplosione. Un suono gutturale, animalesco dalla sua gola. Tremava e schizzava fiotti di seme caldo direttamente nel mio stomaco, lo sentivo scendere. Le mani sulla testa non mi lasciavano scampo, non avevo più aria nei polmoni e la vista mi si stava annebbiando. Esplosi in un orgasmo sconquassante. Doloroso. Incredibile. Il mio dito si sfilò dal suo buco e lo sentii urlare “che cazzo hai fatto?!?”.
Antonio entrò proprio mentre mi stava lasciando la testa e il suo membro usciva, floscio e pieno di una ragnatela di umori, dalla mia gola. Caddi semi cosciente. Antonio che urlava “forza che ci sono i controlli!” Don Pietro che con una sberla in viso “riprenditi, alzati forza, non costringermi a portarti in spalla.” Non era arrabbiato. Mi sembrava sinceramente preoccupato.
Tornando in cella mi disse calmo “ragazzino, se lo dici a qualcuno ti faccio sbattere da quelle bestie in doccia. So bene come ti guardano. Sei stato bravo” sorrise timidamente e mi palpò una natica come a dire “adesso voglio lui!” Il mio sguardo diceva “prendilo!”
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