Luca lo schiavo (parte 4)

di
genere
sadomaso

Al mattino, la mia padrona tornò nella cella. Senza una parola, sbloccò le catene che mi tenevano divaricato e mi condusse, ancora una volta, fuori dalla cella. Questa volta mi portò in una stanza sotterranea, illuminata solo da torce alle pareti. Al centro della stanza, c'era un grande tavolo di legno massiccio, con cinghie di cuoio e strumenti di tortura disposti ordinatamente intorno ad esso.

Mi fece sdraiare sul tavolo, assicurandomi con le cinghie ai polsi e alle caviglie, rendendomi completamente immobile. Sentii il freddo del legno contro la mia pelle nuda, e il cuore iniziò a battere più forte in attesa di quello che sarebbe successo.

La mia padrona mi guardò con un sorriso freddo e sadico. Prese un panno e lo posizionò sul mio volto. Poi, lentamente, iniziò a versare acqua sul panno, coprendo il mio naso e la mia bocca. La sensazione era immediata e terrificante: l'acqua penetrava attraverso il tessuto, facendomi sentire come se stessi annegando. Cercavo di respirare, ma ogni tentativo era inutile, il terrore di soffocare mi pervadeva.

Mi dibattevo, ma le cinghie mi tenevano fermo. Ogni respiro era una lotta, un misto di panico e disperazione. Dopo quello che sembrava un'eternità, finalmente smise, lasciandomi ansimante e tremante. Tuttavia, non c'era tregua: tolse il panno e mi lasciò riprendere fiato solo per pochi istanti, prima di ripetere il procedimento. La mia mente era in uno stato di panico assoluto, ogni fibra del mio essere urlava per la paura.

Quando finalmente decise che avevo sofferto abbastanza, rimosse il panno e mi lasciò lì, il mio corpo tremante e coperto di sudore. Ma la tortura non era finita. Prese un frustino e iniziò a percuotermi con colpi rapidi e precisi. Ogni frustata bruciava sulla mia pelle già sensibile e martoriata. Il mio corpo reagiva con un misto di dolore e desiderio. La mia mente era in uno stato di confusione, perso tra la sofferenza e il piacere che solo la mia padrona poteva darmi.

Quando finalmente terminò, mi lasciò legato sul tavolo, il mio corpo tremante e coperto di sudore. Mi guardò con un'espressione di soddisfazione, sapendo di avermi spinto ai limiti delle mie capacità. Mi slegò e mi aiutò a rialzarmi, le sue mani gentili contrastavano con la brutalità delle punizioni appena subite.

Mi condusse di nuovo nella mia cella, dove mi lasciò a riposare, le ferite sul mio corpo erano un promemoria della nostra intensa sessione. Nonostante tutto, un senso di appagamento mi pervadeva, sapendo di aver soddisfatto le aspettative della mia padrona e di aver dimostrato la mia totale devozione a lei.

scritto il
2024-07-02
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