Appendice a "La postura"
di
Digge
genere
trans
Appendice a ”La postura”
Poco dopo aver iniziato a frequentare le lezioni del Maestro Arnaldi avvenne qualcosa che volli tener segreto perchè temevo che mi potesse guastare la carriera. Ora penso di volerlo raccontare perchè non fu solo un’avventura qualsiasi, ma fu l’inizio di un´esperienza che pensavo valesse la pena di esplorare.
Ero appena uscita dal portone dopo una lezione quando vidi che pioveva. Non avevo portato con me l’ombrello. Cosa fare, mi chiesi. Guardai su. C’era aria di temporale e vedevo attorno a me solo nuvole tenebrose. Non avevo con me neppure il cellulare per chiamare un taxi e in quella zona c’era poco traffico e nessuna stazione di taxi. Non potevo tornare indietro, così decisi di avviarmi più in fretta possibile. Proteggendomi con la borsa che avevo con me, mi avviai a passo di corsa lungo le facciate cercando la protezione dei tetti.
Quando scoppiò il temporale si mise a diluviare. Vidi a distanza il portone aperto di uno dei tanti palazzotti antichi di quella zona della città. Mi ci infilai dentro scrollandomi la pioggia di dosso.
Mi trovai in un’enorme androne, di quelli dove una volta entravano le carrozze a cavallo. C’erano ancora gli agganci alle pareti. Era piuttosto buio e quella poca luce che c’era veniva da una vetrata da cui si intravedevano le palme di un giardino. Tutt’attorno il silenzio era rotto dallo scroscio della pioggia che le grondaie non riuscivano a reggere. Vidi una panca in un angolo e decisi di sedermi e aspettare che il temporale si calmasse. Mi sentivo piuttosto fradicia addosso ma non faceva freddo. Mi sarei asciugata presto.
Ero lì da una diecina di minuti quando udii il fruscìo di una porta che si apriva di fianco a me. Da un ascensore uscì un distinto signore che vedendomi si fermò, mi guardò con aria interrogativa e poi sorridendo mi disse: ”e che ci fa qui una gentile signorina?”. Mi alzai cercando di raddrizzare gli abiti che avevo addosso. ”Fuori diluvia”, risposi. Ho trovato il portone aperto e ne ho approfittato. Forse non avrei dovuto”. ”Non si preoccupi, signorina. Qualcun altro forse lo avrei cacciato fuori. Lei proprio non me la sento. Ma, signorina, io a lei l’ho già vista”, mi disse. ”Non saprei”, risposi. ”è da poco che bazzico da queste parti e io abito in un’altra parte della città”. ”Posso chiederle come mai si trova qui? Conosce qualcuno?” mi chiese. ”Prendo lezioni di canto e il mio nuovo Maestro abita non lontano da qua”, risposi. ”Lezioni di canto, ora capisco dove l’ho vista. Lei ha cantato lo scorso anno a un concerto di beneficenza. Era alla Cassa di Risparmio. Si, ora mi ricordo. Lei fece anche un bis e cantò Bellini.
”Che buona memoria!”, gli risposi. ”Io guardo molto, signorina. Sono un guardone”, e rise della sua uscita. ”Scherzi a parte, signorina. Un bel volto di donna io non lo dimentico.” Poi cambiò espressione e disse: ”Senta, io dovevo fare una piccola commissione ma con questo tempo preferisco rimandarla a domani. Sa cosa le dico? Che ne dice di venire su da me. Non si preoccupi, non sono solo. Così può darsi un’asciugata e aspettare che il tempo si rimetta”. ”Su, venga”. Aveva un aspetto molto rassicurante, quell’uomo. Non potevo dire dj no. Lo seguii al piccolo ascensore, lui pigiò al numero 2, la porta si chiuse e silenziosamente l’ascensore si mosse. Mi sentii un po’ a disagio, in piedi vicino a lui, in uno spazio cosÌ ridotto. Mi chiamo Leonardo Doveri”, mi disse con la sua voce calda. ”Grazia Morandi”, gli risposi dandogli la mano. In un attimo ci trovammo al secondo piano e lui mi fece uscire poi si diresse a una porta lì vicino. L’aprì velocemente e mi fece entrare. ”Yasmin”, chiamò a voce alta. ”Vieni, abbiamo una visita”.
Mentre lui mi faceva accomodare in una magnifica stanza con un’enorme libreria illuminata dalla luce che proveniva da due grandi finestre, udii dei passi provenire dal corridoio ed un secondo dopo apparve sull’uscio una donna che mi lasciò senza fiato. Era alta con gambe lunghe, i capelli scuri che le scendevano sulle spalle, un volto stupendo su cui spiccavano due occhi scuri che vibravano di calore. Aveva un sorriso smagliante quando mi venne incontro per salutarmi. ”Questa è Grazia Morandi, studia canto ed io la sentii cantare l’anno scorso a un concerto alla Cassa di Risparmio. Ti ricordi che ti parlai di una soprano con una gran bella voce? Ti dissi anche che era molto bella. Beh, l’ho trovata qui sotto nell’androne d’ingresso. Poverina, senza ombrello ha trovato il nostro portone aperto ed è entrata per ripararsi.”, disse Leonardo e poi continuò: ”Beh, io adesso vi lascio. Falla asciugare, mi raccomando. Io ho un paio di telefonate da fare. Voi intanto parlate.”.
Rimanemmo così sole io e la donna. Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Sembrava presa da una rivista d’alta moda. Non avevo mai incontrato da vicino una donna come lei. Tutto era perfetto. Era piena di femminilità e allo stesso tempo era semplice e piena di eleganza. Aveva una voce calda che in qualche modo andava d’accordo con l’accento che aveva. Si, era molto sexy, mi dissi, è proprio una gran figa. Ma quanti anni avrà, mi domandavo, e da dove veniva? Dall’accento e dal colore della pelle avrei detto che era brasiliana. Glielo chiesi, mi rispose di si. Ma parlava un italiano perfetto. Avrei voluto tanto chiederle l’età che aveva, ero curiosa di saperlo. Avrei detto che non aveva ancora i trent’anni.
Che relazione avessero quei due, con lui che certamente aveva passato i cinquanta, non potevo saperlo. Per ora mi bastava sapere che vivevano assieme e che in quella casa il denaro non mancava. La sua voce mi riportò alla realtà: ”Vuoi andare in bagno, vieni, ti do un asciugamano così ti asciughi un po’. Intanto vado a preparare un thè. Lo bevi il thè?”, mi domandò dandomi subito del tu.
Corse a prendere un asciugamano e me lo porse. Voltandosi la vidi dal di dietro. La sua schiena nuda era lunga e sinuosa, bellissima. La sua pelle era liscia come quella di un bebé. Mi aprì la porta del bagno degli ospiti, che era grande il doppio di quello che avevamo a casa. Non mancava niente lí dentro. Mi sarei fatta quasi una bella doccia ma mi limitai a darmi un’asciugata. Mi guardai allo specchio e mi dissi che in fondo però non sfiguravo neanche io, anche se non venivo dal Brasile.
Rientrai nella stanza che sembrava essere una biblioteca e un attimo dopo Yasmin era tornata con un vassoio con il thè. C’era anche del dolce che mi disse di aver fatto lei. Ci sedemmo, io su un basso divano dove sprofondai e lei su una poltrona di fronte a me. Vidi che sedendomi su quel divano la mia gonna si era tirata su di svariati centimetri. Le mie mutandine bianche erano perfettamente in vista dalla poltrona su cui era seduta Yasmin. Non me ne curai.
Fu lei a rompere il silenzio per domandarmi delle mie lezioni di canto. Rimase in silenzio ad ascoltarmi. Mi disse che le piaceva molto la musica anche se non era mai stata ad un’opera. Però conosceva tante arie dei vari musicisti italiani e conosceva i nomi dei maggiori cantanti. Mi chiese a chi mi ispiravo. Le risposi ridendo che cercavo di trovare una mia personalità. Continuammo a parlare per un po’, poi improvvisamente mi guardò e mi disse che aveva appena finito il modello di una blusa estiva che doveva consegnare la prossima settimana. Mi chiese se già che ero lì non potevo farle il piacere di farle da modella. ”Perchè no”, le dissi. Incuriosita poi le chiesi se lavorava con la moda. ”Si, ho una mia linea che vendo tramite una casa di moda”. Così mi disse senza specificare quale delle tante case di moda fosse. Si alzò e mi fece segno di seguirla. Andammo lungo il corridoio. La casa sembrava enorme, doveva occupare tutto il piano del palazzo.
Giungemmo in una grandissima stanza che doveva essere il suo laboratorio. Ne rimasi impressionata. In quella stanza c’era di tutto. Vidi un computer in un angolo. A una parete era appeso un enorme video, In un altro angolo c’era una lampada, uno schermo e una piccola macchina da ripresa. Su un altro lato della stanza c’era un lettino con sopra alcuni asciugamani ben ripiegati e appoggiato a una parete infine c’era un magnifico, enorme, largo divano. Le pareti poi erano piene di grandi foto. Oltre a quelle di moda ce n’erano molte che rappresentavano i corpi nudi di uomini e donne. Tutte senza volto, con le loro parti intime esibite in primo piano. Erano foto molto artistiche, tutte in bianco e nero, arricchite da vari oggetti in modo da addolcire il lato pornografico e dar loro invece un’apparenza più artistica. Vidi corpi bianchi ed altri neri, tutti assai belli, posizionati in modo elegante e sensuale. Notai il lato artistico, ma l’effetto di quei corpi nudi su di me fu molto eccitante. Alle donne il pelo sul pube sembrava pettinato e la vulva era aperta, quasi aspettasse di essere penetrata. I membri degli uomini erano tutti ben formati e quasi sull’attenti, come fossero in attesa di un incontro. Vidi che Yasmin mi osservava mentre guardavo quelle foto. Rimasi senza parole. Lei rise. ”Questo è il mio mondo. Spero che non ti dia fastidio”. La guardai ”Perché dovrei essere infastidita. Sono molto belle”, balbettai io, ”ma le hai fatte tu?”, chiesi cercando di nascondere il mio imbarazzo.
”Siediti sul divano. Vengo subito”, mi disse. Mi sedetti, o meglio mi sdraiai, tanto largo era quel divano. Un istante dopo Yasmin era rientrata. Si sedette questa volta di fianco a me, mise sul tavolo un grosso catalogo e guardandomi mi disse: ”Questa è la mostra di fotografie che ho fatto a Parigi l’anno scorso.” Cominciai in silenzio a guardare le foto, alcune delle quali avevo appena visto appese alla parete. Sentivo l’eccitazione salirmi alla testa e la presenza di Yasmin accanto a me con quella sua straordinaria femminilità mi metteva a disagio. Non avevo mai fatto sesso con una donna, ma qui, adesso, con lei lo avrei fatto se solo me lo avesse chiesto.
Cominciò a raccontarmi di lei. Mi spiegò che le erano sempre piaciuti i corpi nudi delle donne e degli uomini. Questa passione, unita all’altra della fotografia aveva fatto nascere in lei l’idea di raccogliere le foto, via via che ne faceva, e di presentarle in una mostra. Quando lo fece la prima volta non abitava ancora in Italia. A quei tempi viveva a Londra ma quello fu l’inizio di un’attività che la portò in molte altre parti del mondo.
Mi raccontò poi di come aveva cominciato con la moda. Anche lì per caso, ma sempre grazie al suo buon gusto. Perchè a lei erano sempre piaciute le cose belle.
Mentre mi parlava le guardavo il bel volto, i suoi occhi. Le guardavo la bocca e mi dicevo che avrei voluto baciarla. Ad un tratto lei si alzò. ”Vediamo la blusa come ti sta”, mi disse alzandosi. Anch’io mi alzai. Senza aggiungere una parola mi si avvicino e cominciò a sbottonarmi la camicetta che avevo addosso. Si fermò quando ebbe tolto l’ultimo bottone. La camicetta si era aperta, io non portavo reggiseno e le mie tette fecero ora bella mostra di sè. Vidi passare nei suoi occhi una strana ombra che non riuscii a decifrare. ”Che belle tette che hai”, mi disse semplicemente. Si chinò a raccogliere la blusa. Un tessuto fantastico di colori e disegni altrettanto fantastici, dettagli tutti molto ricercati. Mi resi subito conto che una blusa così in un negozio non l’avrei pagata meno di cifre vicine ai tre zeri.
Vidi le sue mani mentre armeggiava su di me con la blusa. Lunghe e affusolate, ben curate. Rabbrividii quando mi toccarono la pelle. La taglia era un po’ abbondante per me e lei con le sue belle mani provava a ritoccarla qui e là per adattarne la forma su di me. Sembrava soddisfatta. Mi venne poi di dietro per vedere come mi stava sulla schiena. Sentii il palmo delle sue mani che mi lisciavano lentamente le spalle e proseguivano lungo la schiena. Tenne le mani per un istante sui miei fianchi, poi risalì in avanti per fermarsi sulle mie tette. A quel punto non resistetti più. Mi voltai per baciarla e mi strinsi al suo corpo. Fu allora che incontrai con i miei fianchi qualcosa di duro in lei. Mi fermai di scatto guardandola a bocca spalancata. Lei mi guardava sorridendo. Mi disse tranquillamente: ”Sei sorpresa vero? Che c’è di male? Sono solo una donna col cazzo.
Io continuavo a guardarla scioccata. Lei sembrava che si aspettasse questa situazione. Si raccolse indietro sul divano e cominciò a raccontarmi.
Era ancora una ragazzina in Brasile e nonostante il corpo di uomo si era sempre sentita donna. Aveva sempre giocato con le bambine e non aveva mai avuto alcun interesse per i giochi dei maschi. I suoi genitori erano sempre stati molto comprensivi e si accorsero subito dei suoi problemi. Per fortuna i mezzi a casa loro non mancavano e vennero così consultati medici e psicologi. Quando aveva compiuto i 14 anni fu presa la decisione di iniziare il percorso del cambio del sesso. Di lì seguì quindi una lunga serie di interventi di tutti i generi, servendosi di specialisti anche in America. Il suo corpo slanciato favorì la trasformazione e gli ormoni fecero il resto. Non le piacque però l’idea di operarsi per cambiare il suo sesso. Decise di tenersi il membro maschile.
Nel frattempo lei aveva continuato ad andare a scuola, a volte solo saltuariamente, ma era riuscita a terminare senza alcun problema. Aveva cambiato scuola e si era presto abituata ad essere donna ma la sua preferenza sessuale era stata in prevalenza rivolta verso le donne. Aveva cominciato presto a viaggiare ed era così nata la sua passione per la fotografia. Poichè era bella e la sua condizione di trans aveva provocato, oltre che subbuglio tra i giovani, uomini o donne che incontrava, anche in lei un senso di spregiudicatezza. Erano così nate miriadi di brevi relazioni che finivano immancabilmente in un letto. Corpi nudi che lei cominciò presto a fotografare.
Non potei fare a meno di chiederle perché non aveva completato l’opera eliminando il sesso maschile. Mi rispose che aveva preferito così perché come mi aveva già detto le piaceva il ruolo di donna con il cazzo e il sesso preferiva farlo con le donne ma le piaceva essere posseduta dai maschi, da quelli però che le piacevano in un certo modo. Non mi disse altro.
Mentre parlava mi si era avvicinata e con le mani aveva cominciato a lisciarmi i capelli. Mi lasciai andare. Si inginocchiò allora davanti a me, mi aprì le cosce e mi sfilò le mutandine. Mi distesi sul divano, le presi la testa con le mie mani e la attirai a me. Sentii la sua lingua. sapeva dove andare e cosa fare. Chiusi gli occhi. una sua mano mi salì su una tetta, ci appoggiò la bocca. Poi si alzò e mi porse il cazzo. Lo presi in bocca e glielo succhiai. Mi sentivo disorientata. Ero con una donna, ma avevo un cazzo tra le labbra. E mi piaceva.
Mi rialzò dopo un attimo e mi attrasse sul suo corpo. Mentre mi mettevo a cavalcioni su di lei si aprì improvvisamente la porta e sull’uscio apparve Leonardo. Tranquillamente, guardandoci, disse che aveva smesso di piovere e che sarebbe uscito. Richiuse la porta e se ne andò. Mi ero fermata, ma Yasmin mi attirò nuovamente a sè. La cavalcai lentamente, come sempre facevo in quella posizione. Spingevo su di lei. Volevo sentire il cazzo riempirmi tutta. Ora mi lasciai sopraffare dai sensi. Ad un tratto fu Yasmin a staccarsi. Vidi un flutto di sperma schizzarmi addosso. Non mi sentivo però ancora appagata. Mi alzai con le anche e mi offrii alla sua bocca. Yasmin non mi fece attendere. Sentii la sua lingua titillarmi il clitoride. Mi stese poi sul divano e con una mano cominciò a masturbarmi con forza. Sentii un dito che mi frugavai nel culo. Come poteva sapere che mi piaceva? Poi ci staccammo l’una dall’altra. Rimanemmo per un po’ in silenzio, ambedue sazie.
Era stata una nuova esperienza per me. Mi era piaciuta davvero molto. Lo dissi a Yasmin e le parlai del mio mio bisogno di sesso, della mia spregiudicatezza e dei miei pochi tabù. Perchè ero aperta a qualsiasi esperienza. Le dissi quale non avevo mai avuta. Mi stette ad ascoltare senza fare commenti. Continuava a guardarmi con quei suoi occhi splendidi.
Dovevo telefonare alla mamma. Avrei fatto tardi, le avrei detto. Così mi alzai. Ero nuda e feci solo alcuni passi per prendere il telefono. Quando ebbi finito tornai al divano. Yasmin mi guardava. ”Lo sai che hai un culo fantastico?!”, mi disse con la sua voce calda.
Continuavo a pensare a Leonardo e dovetti chiedere a Yasmin come stavano realmente le cose. Lei sorrise e poi mi fece un lungo racconto.
Non erano sposati, loro due, ma avevano deciso di vivere insieme da molto tempo. Si erano messi d’accordo giurando di rispettare le reciproche libertà. Malgrado la differenza d’età avevano gli stessi interessi, che con il tempo si erano concretizzati in affari. Leo, come lei lo chiamava, aveva da giovane sofferto di un grave problema di salute, che lo aveva per sempre privato dell’erezione e dell’eiaculazione. La sua libidine si era così trasformata a suo dire in un ideale: vivere e godere guardando. Lo aveva incontrato alla sua prima mostra fotografica e da allora non si era più staccato da lei. Era un uomo pieno di fascino, di idee e di talento. Era stato lui a guidarla nel campo della moda e in tutte le altre attività che avevano con gli anni messo in atto. Era lui che aveva i contatti ed era sempre lui che aveva le idee, era lui che scriveva trame per film, traduceva libri da più lingue, scriveva romanzi erotici e produceva film erotici esclusivi, di gran classe. Insieme a lui era poi stata in un club di scambi ed era lì che era nata l’idea di organizzare viaggi per scambisti. Ma non viaggi purchessia, viaggi di gran lusso, per cui la gente spendeva delle vere fortune.
Quando ebbe finito mi prese per mano e mi portò in un enorme guardaroba dove erano appesi tutti i suoi abiti. Eravamo ambedue nude ”Scegli quella delle bluse che ti piace di più. Ti voglio fare un regalo”, mi disse dandomi un bacio sulla guancia.
La guardai. Non credevo ai miei occhi. C’erano bluse, camicie e altri capi d’abbigliamento di tutti i generi e colori. Lei mi aiutò a scegliere la taglia giusta. Alla fine feci la scelta. La indossai e mi misi davanti allo specchio. Mi stava molto bene. Ridemmo tutte e due.
Yasmin scelse poi una vestaglia e me la porse. ”Vieni ora”, mi disse. E’ ora di preparare la cena. Mangi qui, no?”.
La cucina era splendida, le attrezzature tutte di gran marca. Da un varco su una parete vidi la sala da pranzo sul cui sfondo, attraverso una larga arcata si scorgevano i mobili di un enorme salone.
Dal frigo estrasse un’aragosta. Mi disse che l’aveva comprata Leonardo il giorno prima. Leo, che era un ottimo cuoco, ne avrebbe fatto un risotto. Ci sarebbe poi stato dell’affettato e del formaggio. Yasmin aprì poi lo sportello di un enorme frigobar e mi chiese quale delle bottiglie di vino bianco preferivo. Non mi intendevo molto di vini, vidi delle bottiglie con una bella etichetta e ne scelsi una di quelle. Yasmin ne prese due, una l’aprì subito, ne riempì un bicchiere e me lo porse. Fece lo stesso con lei e facemmo un cin cin.
Mentre Yasmin preparava le altre cose io, così com’ero, nuda e a piedi scalzi, con la sola vestaglia addosso, mi sentivo un po’ a disagio. Quando poi vidi Leonardo arrivare anche lui indossando una specie di chimono, capii che avremmo mangiato così messi. Mi domandai se c’era qualcosa sotto quella tenuta inusuale per una cena o se era una loro usanza. Poi compresi quando, mentre Leo si dava da fare con l’aragosta, Yasmin mi si avvicinò e mi disse che lui mi trovava molto bella e gli sarebbe piaciuto fare dei giochi erotici con noi. La guardai interdetta. Se lui non era in grado di fare nulla, di quali giochi si trattava? Lei mi spiegò che noi avremmo recitato la nostra parte e lui si sarebbe limitato a guardare. La cosa mi piacque. Mi stavo davvero arrapando.
Yasmin preparò il tavolo che c’era in cucina, un grande tavolo rotondo di cristallo. Aveva pensato anche alla musica e nell’aria si diffondevano ora ritmi sudamericani. Leo aveva preparato un cocktail che bevemmo in piedi tutto d’un fiato. Quando tutto fu pronto ci sedemmo e cominciammo a mangiare e a bere. Tutto era squisito. Il cocktail e il vino avevano fatto il loro effetto e le parole e le risate cominciarono a scivolare di bocca. Io ero l’ospite e loro chiesero di me, dei miei studi, delle mie scuole. Leo era curioso e cominciò ad un tratto a farmi domande, che si fecero via via sempre più indiscrete. Non ne fui sorpresa dopo quello che aveva visto poco prima tra me e Yasmin e stetti al gioco. Per di più mi sentivo allegra, un pò per il vino ed un po’ per la situazione irreale in cui mi trovavo. Yasmin mi aveva raccomandato di sedermi a culo nudo sulla sedia e di tenere la vestaglia bene aperta. Lo facevo volentieri, ben conscia di dover nutrire in quel modo la libidine sofferente del povero Leo. Il fresco della sedia mi arrivava ora direttamente sulla pelle, nuda come ero. Attendevo ora da Yasmin il via a una performance che lei avrebbe innescato tra non molto. Sentivo nel corpo quella strana prurigine che mi veniva ogni volta che facevo la porcacciona.
Leonardo non mi toglieva gli occhi di dosso. Dalle cosce che vedeva attraverso il tavolo alle mie tette. Yasmin per il momento si limitava ad osservare ridacchiando. Poi ad un certo punto si alzò. ”Propongo un brindisi per il più bel culo del pianeta”, disse in tono teatrale, poi mi si avvicinò e mi tolse la vestaglia. Io non feci altro che voltarmi e mettere il culo bene in mostra. A quel punto Yasmin affondò la mano in un dolce alla panna che avevamo appena mangiato e me ne sparse addosso in abbondanza. Poi mi trascinò a terra e prese a leccarmi. ”Leo, vieni, ce n’è anche per te”, disse .In un istante mi trovai ad avere la lingua di Yasmin a leccarmi di dietro e quella di Leo che sdraiato mi leccava da sotto tra le gambe. Non ero preparata a concedermi in quel modo alla lingua di Leonardo, ma l’ebbrezza fu più forte di me. Chiusi gli occhi e mi abbandonai al piacere.
Ci volle un po’ perchè ripulissero bene da tutto l’attaccaticcio le parti intime del mio corpo ed io allargai bene le gambe per facilitare il compito. Rimasi così, a gambe larghe sul tappeto qualche istante. Yasmin ad un tratto si alzò e da un tavolo prese un grosso astuccio che mi mise in mano. ”Adesso è il tuo turno, è già lubrificato”, mi disse gettandosi sul tappeto a pancia in giù.
Aprii l’astuccio e dentro vidi con mia sorpresa uno strap-on. Non ne avevo mai visto uno da vicino nè naturalmente ne avevo fatto uso. Lo riconoscevo solo dai film pornografici. Lo presi un attimo in mano. Era nero, piccolo e leggermente ricurvo in cima. Non era difficile capire come indossarlo. Cercai di farlo rapidamente e mi piegai su Yasmin. Non sapevo come iniziare ma mi lasciai guidare dall’istinto. Dovevo entrare nel suo ano e volevo quindi prima leccarlo bene. Mi aiutai con le mani per aprirla e lei sussultò quando sentì la mia lingua. Continuai dolcemente e la sentii gemere.
Mi sentivo pervadere da una strana sensazione. Ero molto arrapata ma quel dildo allacciato sul mio corpo a me non dava niente. Provai ad alzare Yasmin dal tappeto. Volevo succhiare quelle belle tette. Le presi tra le mani. Lei si alzò sulle ginocchia e il cazzo fece capolino tra le gambe. Mi stesi sotto di lei e la feci sedere su di me. Lo strap-on le scivolò facilmente dentro e lei si mise a cavalcare come una furia. Ero sorpresa. Riuscivo a malapena a starle dietro. Ora le vedevo il volto. Aveva chiuso quei grandi occhi, aveva la bocca stretta e sembrava in trance. Quasi non la riconoscevo. Quando le presi il cazzo con una mano e cominciai a masturbarla emise una specie di grugnito. Ora era solo lei a sbattermi con frenesia mentre io con la mano con altrettanta frenesia le agitavo il cazzo. Fu quasi con un urlo che Yasmin improvvisamente esplose in uno spruzzo di sperma sulla mia mano e ricadde indietro sulla schiena.
L’enorme orgasmo di Yasmin mi aveva impressionato. Non ne avevo mai visto uno simile con tutti gli uomini con cui avevo scopato. Non ebbi però tempo per rifletterci. Yasmin si era alzata e Leonardo vidi che aveva posato la sua camera sul tavolo. Mi sarebbe piaciuto rivedere la scena su uno schermo.
Io non mi sentivo per nulla sazia. Tutt’altro. L’orgasmo di Yasmin mi aveva caricato ancora di più. Non mi rimaneva che attendere.
Decidemmo di farci una doccia. Nel bagno di Yasmin non mancava niente quanto a risorse. Ci infilammo entrambe nella grande vasca da idromassaggio e ci adagiammo a gustare lo spruzzo dell’acqua sui nostri corpi. Sdraiata, a occhi chiusi mi venne spontanea la domanda se i suoi orgasmi erano sempre stati così violenti. Mi rispose di si, ma solo con chi voleva lei. Non aggiunse altro. Le chiesi se aveva a che fare con la strana forma dello strap-on. Yasmin stette un attimo in silenzio, poi mi si avvicinò all’orecchio e ridacchiando mi disse ”Ti ho già detto che sono una donna con il cazzo. Poi c’è anche il punto-P”. La guardai senza capire. E non volli chiederle altro.
Yasmin prese una boccetta di unguento e me la pose. Voleva che le ungessi le spalle. Ci mettemmo in piedi ed io cominciai a farlo per bene a due mani e continuai lunga la sua bella schiena, mi soffermai a lungo sul suo culo. Passai poi con ambo le mani sul davanti, prima sulle grosse tette poi scendendo via via sempre più in basso. Quando arrivai sul suo cazzo e lo trovai bello duro cominciai a giocarci. In un attimo ci ritrovammo avvinchiate dentro la vasca.
Mi prese da dietro, tra gli spruzzi dell’idromassaggio. Mi lasciai andare a occhi chiusi e fu molto bello.
Si era fatto un po’ tardi. Decidemmo che ci saremmo riviste presto. Io mi rimisi addosso i miei abiti. Tornammo nella stanza biblioteca. Leonardo era seduto ad attenderci. Sul tavolino vicino al divano aveva preparato bevande, olive, noccioline e altri stuzzichini. Mi domandavo se lo spettacolo gli fosse piaciuto. Vidi che la camera digitale era ancora sul tavolo da pranzo. Forse pensava di usarla ancora. Gli dissi che sarei andata a casa. Lui sembrò un po’ deluso ma fu molto gentile. Mi abbracciò e mi ringraziò. Mi disse che la sua casa per me era sempre aperta e che per qualsiasi cosa bastava chiamarlo. Mi diede un biglietto da visita. Gli dissi che mi sarei fatta viva presto.
Per la strada ora c'era odore di pioggia ma il cielo era sereno. Tornavo alla realtà. L’incontro con Leonardo e le ore trascorse con Yasmin sembravano appartenere a un sogno. Eppure avevo un numero di telefono, nella borsa avevo una blusa. E addosso sentivo quello strano senso di languore che mi prendeva dopo una buona scopata. Qualcosa mi diceva che li avrei rivisti presto. Non mi sembrava solo un’avventura da dimenticare. Sapevo che Yasmin mi avrebbe voluto rivedere. E anche Leonardo. Io non avrei detto di no. Decisi però che avrei tenuto per sempre segreto questo incontro e tutto quello che ne era derivato.
Passarono così un paio di settimane e un giorno, dopo la lezione con il Maestro suonai al portone sulla strada che oggi era chiuso. Una voce chiese chi era. Sentii lo scatto del portone che si apriva ed entrai.
Yasmin mi offrì il solito thé e ci sedemmo sul solito divano del salone-biblioteca. Seppi che stavano per lasciare l’Italia per una decina di giorni. Le chiesi dove sarebbero andati e lì ebbi una lunga spiegazione dell’attività di cui già mi aveva fatto solo cenno.
Mi raccontò del loro viaggio per swingers, gli scambisti. Ne avevano in programma un nuovo tra non molto e c'erano molte cose da preparare e da controllare. Mi spiegò che trattandosi di viaggi di gran lusso tutto doveva essere programmato alla perfezione. A parte il viaggio in aereo, c'era l'albergo da trovare, adatto alle loro esigenze, per cui doveva essere o molto grande, nel qual caso prendevano un intero piano solo per il loro gruppo o, meglio ancora, uno piccolo, dove lo riservavano al completo. Ma doveva essere un gioiello. Natura, sole, eleganza, posizione, arredamento, servizio, cibo, discrezione, tutto doveva essere al top e nulla poteva essere lasciato al caso. Tutto andava scrupolosamente controllato. Leonardo in queste cose era intransigente e badava a tutto. Erano ormai da alcuni anni che si erano lanciati in questa impresa e tutto era sempre andato nel migliore dei modi. L'eco del successo di questi viaggi aveva presto fatto il giro del mondo e le richieste fioccavano da tutte le parti. Ogni volta erano costretti a dire di no a molte coppie, malgrado il costo del viaggio per coppia fosse altissimo. Mi disse anche che con quel successo erano entrati in cassa un mare di soldi. Ben guadagnati, aggiunse
Yasmin mi spiegò che perchè questi viaggi avessero successo loro erano costretti a fare una cernita delle coppie che chiedevano l'iscrizione. Generalmente i gruppi di swingers che loro portavano in giro per il mondo non erano più di dieci coppie, coppie che dovevano essere bene assortite. Il criterio non era semplice, ma trovatene alcune la cui fisionomia si accordava, bastava trovarne altre che non differissero troppo tra loro. Occorreva a volte un contatto diretto con gli interessati, che Leonardo e Yasmin facevano via Skype ed in qualche caso erano perfino costretti a chiedere informazioni tramite agenzie investigative. Non potevano rischiare che si verificassero contrasti di alcun genere tra coppia e coppia e neppure all’interno delle coppie. Erano controlli difficili da eseguire e finora erano certamente stati aiutati dalla fortuna. Leo le aveva insegnato una volta che la chiave del successo di questi viaggi e della soddisfazione dei partecipanti era un’organizzazione perfetta, dove niente veniva lasciato al caso.
Seppi che in alcuni casi le persone si iscrivevano anonimamente ed a volte si presentavano in albergo muniti di mascherina. Tra le tante coppie che loro avevano conosciuto erano sicuri di aver riconosciuto grossi politici, finanzieri, gente di spettacolo. Leonardo aveva di nascosto fotografato molti degli eventi. Ma solo per riguardarseli più tardi. Con i filmati che aveva avrebbe potuto ricattare un sacco di gente. Pensai con i brividi al film che aveva fatto con me. Ma mi fidavo di lui.
A un certo punto non potei fare a meno di chiederle quale ruolo lei preferisse quando partecipava agli scambi con le altre coppie. Lei mi aveva già spiegato quali erano le sue preferenze sessuali, ma aggiunse che dato che era come era, che poteva quindi essere passiva o attiva a seconda dei casi, tutto questo le aveva dato un enorme successo tra le coppie e mi confessò che lei in quei viaggi si divertiva un mondo.
Rimanemmo un attimo in silenzio, poi lei mi si avvicinò e con la voce più suadente che aveva mi disse: ”Perchè non vieni con noi una volta? Non ti costerà niente. La guardai sorpresa. Alla cosa non ci avevo pensato. Sarebbe stato bello e interessante, ma io dovevo pensare alla mia carriera. Il canto veniva prima di tutto. Glielo dissi. Rimase in silenzio un po’ imbronciata. Poi, guardandomi bene negli occhi, quasi implorando mi disse: ”Però voglio farti delle foto”.
Io capii a quali foto si riferisse. Risi e le risposi che non capivo che bisogno c’era di fare delle foto del mio corpo e che non poteva esserci grande differenza tra il mio corpo nudo e quello di un’altra. Il suo volto sembrò rabbuiarsi, mi guardò con aria stupita e mi disse vagliando bene le parole che ogni corpo aveva la sua forma, le sue linee, le sue ombre, i suoi contorni e un’infinità di dettagli che rendevano tutti i corpi diversi l’uno dall’altro. Finì dicendo che il mio corpo era uno dei più belli che aveva mai visto.
Corse a prendere uno dei suoi tanti cataloghi e me lo mise davanti agli occhi. ”Guarda qui il cespuglio che questa donna ha tra le gambe, guarda il monte di Venere di questa, guarda l’ombelico. Guarda questa schiena e guarda qui questo culo. Nei culi le variazioni sono infinite, ma la forma può essere più o meno bella. Dipende anche dalla forma della schiena. Ma i glutei, le ombre che si formano su quelle rotondità possono rendere un culo sublime. E poi quello che c’è lì tra le gambe. La vulva, la sua forma, l’apertura delle labbra, e quella deliziosa linea scura che a volte circonda la vulva. E l’orifizio del culo. Guardalo”, mi disse con animazione agitando davanti ai miei occhi la foto di un ano visto da vicino. ”Guarda questi altri”, proseguì ”non vedi che non ce n’è uno uguale all’altro?! Il tuo culo, la tua vulva, la tua schiena il tuo monte di Venere, sono uno schianto!”. Era molto accorata mentre mi parlava.
La guardai sorridendo. Si, certo, ora che me lo faceva notare vedevo anch’io queste cose. Mi resi conto che una donna come lei doveva aver affinato la sua sensibilità con il cambio del sesso. L’attività di fotografa doveva poi aver fatto il resto.
Perchè no, mi dissi. Nessuno potrà mai riconoscermi da una foto senza volto. Sul mio corpo poi non ci sono segni speciali che lo rendano riconoscibile. ”Va bene”, le dissi, ”ci sto. Però se le foto non mi piacciono le cancelli”.
Fu felicissima e mi disse di andare subito a farmi una doccia. Mi diede poi una crema con cui dovevo spalmarmi tutto il corpo. Lei intanto si sarebbe preparata.
Quando tornai era tutto pronto e i faretti erano già accesi. Per terra, sul tappeto aveva messo un grosso cuscino di velluto rosso. Mi disse di stendermi lì sopra. Voleva fotografarmi in diverse posizioni, mi disse, e voleva cominciare davanti. Mi sdraiai sul cuscino. Lei venne subito a spostarmi le gambe. Le raddrizzò, le piegò in più modi finchè non fu soddisfatta. A quel punto si piegò su di me. Con un pettine cominciò a pettinarmi con cura i peli del pube. ”Si deve vedere tutto”, mi disse. Con le dita poi, delicatamente cercò di dilatare le labbra. ”La vulva deve respirare”, disse.
A quel punto si rialzò e si diresse verso la fotocamera. Un attimo dopo venne da me con la fotocamera. ”Guarda”, mi disse, ”ti piace?”. Guardai la foto. Il mio volto, con il corpo in quella posizione, era nascosto. Mi vedevo ora per la prima volta in una foto, nuda a cosce spalancate. Mi sembravo oscena, eppure non lo ero. ”Si”, dissi, ”è veramente una bella foto”.
Ora dovevo voltarmi. Mi sdraiai sulla pancia questa volta e ci volle del tempo prima che lei fosse soddisfatta di quello che vedeva. O la posizione era troppo statica o le ombre non andavano bene. A un certo momento prese un oggetto e me lo pose tra i glutei. Li voleva vedere più aperti, mi disse.
Quando mi fece vedere la foto rimasi stupita. Era davvero una bellissima foto, molto erotica.
Mi rialzai. Yasmin sembrava soddisfatta. Spense i faretti e mi venne incontro. Quando mi fu vicina mi abbracciò. Sentii che il cazzo si era irrigidito. La guardai. ”Sei arrapata?”, le chiesi. ”Si, quando fotografo mi eccito”, rispose. ”Vieni che scopiamo”, le dissi prendendola per mano. Lei mi segui al divano. Ci sedemmo e io le presi il cazzo tra le mani e mi avvicinai per succhiarlo. Lei si distese con un gemito. Quando mi rialzai e stavo per sedermi su di lei mi fermò, mi venne all’orecchio e mi sussurrò: ”Me lo fai mettere nel culo?”. La guardai seria, ma lei continuò: ”Lo so che non l’hai mai voluto fare con gli uomini, ma con me è diverso. Io voglio farti godere”. Me lo disse in tono invitante. Ci pensai un attimo su. Con lei l’avrei potuto fare, ma mi preoccupavano i discorsi che avevo sentito. Non volevo subire un danno. Glielo dissi. Mi guardò e mi disse che lei lo faceva con delicatezza, che l’aveva fatto con altre donne e che non c’era mai stato un problema. Mi ripetè che era bello, che mi avrebbe fatto godere.
Rimasi in silenzio, poi scivolai sul tappeto, e mi misi in ginocchio appoggiando le braccia al divano. Va bene, pensai, se devo farmi inculare lo farò con lei.
Lei mi tirò indietro sul divano e mi fece sdraiare su un fianco. Sentii le sue mani con il lubrificante percorrermi delicatamente la pelle, fin dentro all’ano. Fece lo stesso con il suo bel cazzo a due mani e poi si distese dietro di me. La sua mano venne a cercarmi tra le gambe. Le sue dita entrarono in me Sentii ii clitoride indurirsi. Era brava Yasmin. Sapeva dove andare con le sue dita. Sentii un’ondata di piacere che mi annebbiava la testa. Continuò così per un po’ e fu solo dopo qualche istante che sentii la pressione del suo cazzo che mi entrava dentro. Il piacere si fece ora più forte, anchè lì, il suo cazzo ormai oltre lo sfintere. Fui io istintivamente a muovere le anche. Lei mi assecondò. Trovammo presto un ritmo, lento ma intenso. A occhi chiusi sentivo il piacere lungo tutto il corpo. Gemevo e ansimavo e sentivo che anche Yasmin respirava ora affannosamente. Poi si fermò. Si raddrizzò e mi attirò a sé. Montai a cavalcioni su di lei e aiutai con una mano il suo cazzo dentro di me. Ora potevo regolarmi come volevo, lei ferma ad attendere. Cominciai a muovermi lentamente, sentivo il cazzo scivolarmi dentro. Scosse di piacere mi invasero il corpo. Ora si unì anche lei al mio ritmo. Quando venni un’ultima volta mi spinsi con il corpo sopra di lei. Lei continuò a spingere ancora un istante, poi con un sussulto venne anche lei. Cascammo ambedue all’indietro e rimanemmo inerti, sfinite.
Fu lei a rifiatare per prima. Si alzò ed uscì. Tornò dopo un istante e aveva con se da bere. Vidi le bollicine nei bicchieri e compresi che dovevamo brindare alla prima inculata. Risi molto.
Sentii improvvisamente il bisogno di farle una domanda. ”Yasmin”, le dissi ”ma tu cosa preferisci fare con le donne?”. Mi rispose subito senza pensare. ”Io adoro inculare, non so perchè. Non è una questione fisica. Il culo di una donna mi ossessiona. Ne ho una vera venerazione.”
”Ma ti piace quando ti scopa un uomo?”, incalzai. ”Si mi piace, ma solo con certi uomini, te l’ho già detto.” ”In che senso”, chiesi. ”Deve essere gentile e deve avere il cazzo giusto. Allora godo come una pazza.”
Quel giorno non facemmo altro. A casa mangiai con la mamma. Le raccontai che avevo incontrato persone molto divertenti. Non le dissi altro.
Passò del tempo. Yasmin e Leonardo erano partiti per il loro viaggio e io pensavo ora solo al canto. Fu Yasmin un giorno a telefonarmi. Mi disse che erano tornati da qualche giorno e voleva che andassi da lei il giorno dopo perchè doveva farmi conoscere una persona. Le chiesi chi fosse e lei mi rispose in modo sbrigativo che era un uomo e che sarebbe venuto a pranzo, ma io dovevo venire un po’ prima perchè ci dovevamo preparare. Saremmo stati solo noi tre. Non mi volle dire altro.
Ero piuttosto eccitata il giorno dopo. Mi preparai per bene. Avevo capito che bisognava fare bella figura. Quando suonai alla porta Yasmin mi aprì quasi subito. Era uno schianto.
Mi raccontò che aveva conosciuto a Londra un modello di colore. Era bellissimo ma non era successo niente. Si erano solo scambiati gli indirizzi. Degli amici le avevano detto di lui che era bisessuale, ma i segnali che lui le aveva dato erano inequivocabili. ”Da me vuole la gnocca. Quando vedrà come sono fatta ci divertiremo un mondo. Io gliel’ho da mettere nel culo”, disse ridendo.
Ci mettemmo d’accordo che lei lo avrebbe assaltato dalla parte posteriore e io da quella anteriore.
”Devi essere più provocante,” mi disse. ”Vieni, ti do una mano”. Andammo nel suo guardaroba e fu lei a scegliere cosa dovevo indossare. ”No mutandine”, mi disse in tono perentorio. Quando mi guardai poi allo specchio quasi non mi riconoscevo. Andammo in cucina a preparare, così ci saremmo seduti subito al tavolo. Già, il tavolo di cristallo, ne vedremo delle belle, pensai.
Stan fu puntuale. Al suono del campanello Yasmin mi lasciò seduta sul divano della biblioteca e corse ad aprire. Sentii le loro voci poi dopo un attimo li vidi entrare.
Compresi subito l’entusiasmo di Yasmin. Era davvero un gran bel figo, alto, ma slanciato, non robusto. Un bellissimo volto. Aveva un aspetto gentile che mi piacque subito. Si, ci saremmo divertite pensai tra me e me.
Io parlavo male l’inglese. Così, seduti al tavolo, non feci altro che dargli la bottiglia di champagne facendogli segno di aprirla. Al botto ridemmo.
Attraverso il cristallo del tavolo vedevo i jeans di Stan da una parte e l’abito succinto dii Yasmin dall’altra. Di lei non si vedevano le mutandine perchè altrimenti rischiava di essere scoperta, ma le sue favolose lunghe gambe, che lei teneva abbondantemente aperte erano scoperte. Io avevo una specie di gonnellino e solo l’ombra impediva di vedere che non c’era nient’altro sotto. Guardai Stan per un attimo in volto. Mi sembrava un po’ imbarazzato. Chissà che idee si era messo per la testa. Comunque non sarebbe andata come pensava, mi dissi e risi tra me e me.
Yasmin aveva servito un cocktail prima che ci sedessimo al tavolo che noi ci eravamo bevuti d’un fiato. Lo champagne non facevamo in tempo a berlo che Stan ce ne riempiva di nuovo il bicchiere. Diventammo subito piuttosto allegri e le gambe mie e di Yasmin cominciarono a dare segnali che Stan non poteva non avvertire.
Finito di mangiare lasciammo la cucina e ci dirigemmo nel salone. Yasmin aveva ora preso Sten per mano. Lo portò al divano e ce lo gettò sopra. Vidi le loro bocche baciarsi di slancio e vidi una mano di Stan che stava saggiando una tetta di Yasmin. Io non feci altro che inginocchiarmi ai piedi di Stan e gli sfilai i jeans. Ne uscì fuori un cazzo bello lungo, di quelli che piacevano a me, e cominciai a succhiarglielo. Yasmin intanto aveva attirato la testa di Stan tra le sue gambe e un attimo dopo gli aveva infilato il cazzo in bocca. Quello fu per me il segnale. Ne avevamo parlato, Yasmin ed io, su come dovevamo parare quel momento. Io mi affrettai a salire su Stan e cominciai a scoparlo. Non ci fu sorpresa e il gioco proseguì senza problemi.
Ora dovevo lasciare l’iniziativa a Yasmin. Mi alzai e così fece Yasmin, che trascinò Stan sul tappeto a fianco del divano. Lo mise in ginocchio e se lo scopò. Eravamo d’accordo che io a quel punto sarei scivolata sotto Stan e gli avrei preso il cazzo in bocca. Lo feci e subito lui si piegò per leccarmi tra le gambe. Uhmm, che scena. A ripensarci ancora mi arrapo.
Yasmin aveva deciso che voleva venirgli dentro. Lo fece con una specie di urlo soffocato. A quel punto io mi voltai e offrii a Stan di scoparmi da dietro. Non volevo che si sbagliasse, perció lo aiutai con la mano a venirmi dentro. Mi sentivo arrapata come una furia e cominciai a sbatterlo a un ritmo indiavolato. In un attimo si unì al mio ritmo. Fu bellissimo e quando lui finalmente venne rimase a lungo avvinchiato a me.
Yasmin andò un attimo in cucina. Tornò con una caraffa d’acqua. Bevemmo aggrappati l’uno all’altro.
A me era rimasto un desiderio. Lo dissi a Yasmin. Lei mi guardò sorridendo. Stan sembrava sfinito, steso sul divano. Yasmin ed io eravamo sedute vicino. Lei con una mano cominciò a carezzarmi un fianco. Sentii la sua lingua scendermi tra i glutei. Prese poi il lubrificante e con quello cominciò con la mano lentamente sulla mia pelle, come aveva fatto l’altra volta. Faceva tutto piano e con cura. Io sentivo l’eccitazione che mi saliva alla testa. Mi distesi sulla pancia rilassata. Sentivo il desiderio lungo tutto il corpo.
Mi volle in ginocchio sul tappeto, la testa appoggiata sul divano. Fece poi come l’altra volta e mi attese, una mano sul clitoride a masturbarmi. A quel punto si svegliò Stan e scese sotto di me. Sentii la sua lingua su di me. Chiusi gli occhi e istintivamente mi misi in moto come in trance. Fu una meraviglia. Decisi che il sesso anale in futuro l’avrei solo fatto con Yasmin, ma sarebbe rimasto un segreto.
Non ci fu solo sesso quel giorno. Ascoltammo musica dai favolosi diffusori di Yasmin. Stan ci raccontò della sua vita, dei suoi viaggi per il mondo. Aveva una bella vita, il bel Stan, ma doveva stare attento alla dieta e curare il corpo in palestra per svolgere il suo lavoro. Chiese di me. Nel mio stentato inglese risposi solo che studiavo. Avrebbe voluto rivedermi. Mai dire mai gli risposi ridendo. Yasmin gli parlò dei viaggi per scambisti. Gli chiese se era interessato. Stan le diede il suo indirizzo email. Gli avrebbe mandato informazioni.
Rimaste sole, Yasmin ed io ci elogiammo a vicenda. Eravamo state molto brave e ci eravamo divertite un mondo. Sapevo che la domanda prima o dopo sarebbe venuta, ma quando Yasmin me la fece le dissi subito no, il viaggio no, devo pensare al mio concorso. ”Ma dopo?”, mi chiese. Anche a lei dissi ”mai dire mai”.
Da quella volta vedo Yasmin e Leonardo di tanto in tanto, sempre in segreto. Quando gli impegni con il canto me lo permettono. Non voglio rinunciare al sesso con Yasmin, fatto in quel modo, in segreto e senza alcun impegno. Diverso è invece quando sono in viaggio. Lì non devo sgarrare. Da Yasmin imparai l’idea della mascherina. Club per swingers ce n’erano dappertutto. Mi mancavano però le marachelle improvvisate con i camerieri. Chissà se sarebbero mai nate nuove occasioni? Ancora mai dire mai.
P.S. Mi erano rimaste impresse le due parole dette da Yasmin in un orecchio nel bagno a proposito del suo orgasmo. Un punto-P, mi aveva detto. Ma cos’era questo punto-P? A casa su Google nel lap-top cercai la spiegazione e allora mi resi conto e compresi che Yasmin era una gran ganza.
Appendice a ”La postura”
Poco dopo aver iniziato a frequentare le lezioni del Maestro Arnaldi avvenne qualcosa che volli tener segreto perchè temevo che mi potesse guastare la carriera. Ora penso di volerlo raccontare perchè non fu solo un’avventura qualsiasi, ma fu l’inizio di un´esperienza che pensavo valesse la pena di esplorare.
Ero appena uscita dal portone dopo una lezione quando vidi che pioveva. Non avevo portato con me l’ombrello. Cosa fare, mi chiesi. Guardai su. C’era aria di temporale e vedevo attorno a me solo nuvole tenebrose. Non avevo con me neppure il cellulare per chiamare un taxi e in quella zona c’era poco traffico e nessuna stazione di taxi. Non potevo tornare indietro, così decisi di avviarmi più in fretta possibile. Proteggendomi con la borsa che avevo con me, mi avviai a passo di corsa lungo le facciate cercando la protezione dei tetti.
Quando scoppiò il temporale si mise a diluviare. Vidi a distanza il portone aperto di uno dei tanti palazzotti antichi di quella zona della città. Mi ci infilai dentro scrollandomi la pioggia di dosso.
Mi trovai in un’enorme androne, di quelli dove una volta entravano le carrozze a cavallo. C’erano ancora gli agganci alle pareti. Era piuttosto buio e quella poca luce che c’era veniva da una vetrata da cui si intravedevano le palme di un giardino. Tutt’attorno il silenzio era rotto dallo scroscio della pioggia che le grondaie non riuscivano a reggere. Vidi una panca in un angolo e decisi di sedermi e aspettare che il temporale si calmasse. Mi sentivo piuttosto fradicia addosso ma non faceva freddo. Mi sarei asciugata presto.
Ero lì da una diecina di minuti quando udii il fruscìo di una porta che si apriva di fianco a me. Da un ascensore uscì un distinto signore che vedendomi si fermò, mi guardò con aria interrogativa e poi sorridendo mi disse: ”e che ci fa qui una gentile signorina?”. Mi alzai cercando di raddrizzare gli abiti che avevo addosso. ”Fuori diluvia”, risposi. Ho trovato il portone aperto e ne ho approfittato. Forse non avrei dovuto”. ”Non si preoccupi, signorina. Qualcun altro forse lo avrei cacciato fuori. Lei proprio non me la sento. Ma, signorina, io a lei l’ho già vista”, mi disse. ”Non saprei”, risposi. ”è da poco che bazzico da queste parti e io abito in un’altra parte della città”. ”Posso chiederle come mai si trova qui? Conosce qualcuno?” mi chiese. ”Prendo lezioni di canto e il mio nuovo Maestro abita non lontano da qua”, risposi. ”Lezioni di canto, ora capisco dove l’ho vista. Lei ha cantato lo scorso anno a un concerto di beneficenza. Era alla Cassa di Risparmio. Si, ora mi ricordo. Lei fece anche un bis e cantò Bellini.
”Che buona memoria!”, gli risposi. ”Io guardo molto, signorina. Sono un guardone”, e rise della sua uscita. ”Scherzi a parte, signorina. Un bel volto di donna io non lo dimentico.” Poi cambiò espressione e disse: ”Senta, io dovevo fare una piccola commissione ma con questo tempo preferisco rimandarla a domani. Sa cosa le dico? Che ne dice di venire su da me. Non si preoccupi, non sono solo. Così può darsi un’asciugata e aspettare che il tempo si rimetta”. ”Su, venga”. Aveva un aspetto molto rassicurante, quell’uomo. Non potevo dire dj no. Lo seguii al piccolo ascensore, lui pigiò al numero 2, la porta si chiuse e silenziosamente l’ascensore si mosse. Mi sentii un po’ a disagio, in piedi vicino a lui, in uno spazio cosÌ ridotto. Mi chiamo Leonardo Doveri”, mi disse con la sua voce calda. ”Grazia Morandi”, gli risposi dandogli la mano. In un attimo ci trovammo al secondo piano e lui mi fece uscire poi si diresse a una porta lì vicino. L’aprì velocemente e mi fece entrare. ”Yasmin”, chiamò a voce alta. ”Vieni, abbiamo una visita”.
Mentre lui mi faceva accomodare in una magnifica stanza con un’enorme libreria illuminata dalla luce che proveniva da due grandi finestre, udii dei passi provenire dal corridoio ed un secondo dopo apparve sull’uscio una donna che mi lasciò senza fiato. Era alta con gambe lunghe, i capelli scuri che le scendevano sulle spalle, un volto stupendo su cui spiccavano due occhi scuri che vibravano di calore. Aveva un sorriso smagliante quando mi venne incontro per salutarmi. ”Questa è Grazia Morandi, studia canto ed io la sentii cantare l’anno scorso a un concerto alla Cassa di Risparmio. Ti ricordi che ti parlai di una soprano con una gran bella voce? Ti dissi anche che era molto bella. Beh, l’ho trovata qui sotto nell’androne d’ingresso. Poverina, senza ombrello ha trovato il nostro portone aperto ed è entrata per ripararsi.”, disse Leonardo e poi continuò: ”Beh, io adesso vi lascio. Falla asciugare, mi raccomando. Io ho un paio di telefonate da fare. Voi intanto parlate.”.
Rimanemmo così sole io e la donna. Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Sembrava presa da una rivista d’alta moda. Non avevo mai incontrato da vicino una donna come lei. Tutto era perfetto. Era piena di femminilità e allo stesso tempo era semplice e piena di eleganza. Aveva una voce calda che in qualche modo andava d’accordo con l’accento che aveva. Si, era molto sexy, mi dissi, è proprio una gran figa. Ma quanti anni avrà, mi domandavo, e da dove veniva? Dall’accento e dal colore della pelle avrei detto che era brasiliana. Glielo chiesi, mi rispose di si. Ma parlava un italiano perfetto. Avrei voluto tanto chiederle l’età che aveva, ero curiosa di saperlo. Avrei detto che non aveva ancora i trent’anni.
Che relazione avessero quei due, con lui che certamente aveva passato i cinquanta, non potevo saperlo. Per ora mi bastava sapere che vivevano assieme e che in quella casa il denaro non mancava. La sua voce mi riportò alla realtà: ”Vuoi andare in bagno, vieni, ti do un asciugamano così ti asciughi un po’. Intanto vado a preparare un thè. Lo bevi il thè?”, mi domandò dandomi subito del tu.
Corse a prendere un asciugamano e me lo porse. Voltandosi la vidi dal di dietro. La sua schiena nuda era lunga e sinuosa, bellissima. La sua pelle era liscia come quella di un bebé. Mi aprì la porta del bagno degli ospiti, che era grande il doppio di quello che avevamo a casa. Non mancava niente lí dentro. Mi sarei fatta quasi una bella doccia ma mi limitai a darmi un’asciugata. Mi guardai allo specchio e mi dissi che in fondo però non sfiguravo neanche io, anche se non venivo dal Brasile.
Rientrai nella stanza che sembrava essere una biblioteca e un attimo dopo Yasmin era tornata con un vassoio con il thè. C’era anche del dolce che mi disse di aver fatto lei. Ci sedemmo, io su un basso divano dove sprofondai e lei su una poltrona di fronte a me. Vidi che sedendomi su quel divano la mia gonna si era tirata su di svariati centimetri. Le mie mutandine bianche erano perfettamente in vista dalla poltrona su cui era seduta Yasmin. Non me ne curai.
Fu lei a rompere il silenzio per domandarmi delle mie lezioni di canto. Rimase in silenzio ad ascoltarmi. Mi disse che le piaceva molto la musica anche se non era mai stata ad un’opera. Però conosceva tante arie dei vari musicisti italiani e conosceva i nomi dei maggiori cantanti. Mi chiese a chi mi ispiravo. Le risposi ridendo che cercavo di trovare una mia personalità. Continuammo a parlare per un po’, poi improvvisamente mi guardò e mi disse che aveva appena finito il modello di una blusa estiva che doveva consegnare la prossima settimana. Mi chiese se già che ero lì non potevo farle il piacere di farle da modella. ”Perchè no”, le dissi. Incuriosita poi le chiesi se lavorava con la moda. ”Si, ho una mia linea che vendo tramite una casa di moda”. Così mi disse senza specificare quale delle tante case di moda fosse. Si alzò e mi fece segno di seguirla. Andammo lungo il corridoio. La casa sembrava enorme, doveva occupare tutto il piano del palazzo.
Giungemmo in una grandissima stanza che doveva essere il suo laboratorio. Ne rimasi impressionata. In quella stanza c’era di tutto. Vidi un computer in un angolo. A una parete era appeso un enorme video, In un altro angolo c’era una lampada, uno schermo e una piccola macchina da ripresa. Su un altro lato della stanza c’era un lettino con sopra alcuni asciugamani ben ripiegati e appoggiato a una parete infine c’era un magnifico, enorme, largo divano. Le pareti poi erano piene di grandi foto. Oltre a quelle di moda ce n’erano molte che rappresentavano i corpi nudi di uomini e donne. Tutte senza volto, con le loro parti intime esibite in primo piano. Erano foto molto artistiche, tutte in bianco e nero, arricchite da vari oggetti in modo da addolcire il lato pornografico e dar loro invece un’apparenza più artistica. Vidi corpi bianchi ed altri neri, tutti assai belli, posizionati in modo elegante e sensuale. Notai il lato artistico, ma l’effetto di quei corpi nudi su di me fu molto eccitante. Alle donne il pelo sul pube sembrava pettinato e la vulva era aperta, quasi aspettasse di essere penetrata. I membri degli uomini erano tutti ben formati e quasi sull’attenti, come fossero in attesa di un incontro. Vidi che Yasmin mi osservava mentre guardavo quelle foto. Rimasi senza parole. Lei rise. ”Questo è il mio mondo. Spero che non ti dia fastidio”. La guardai ”Perché dovrei essere infastidita. Sono molto belle”, balbettai io, ”ma le hai fatte tu?”, chiesi cercando di nascondere il mio imbarazzo.
”Siediti sul divano. Vengo subito”, mi disse. Mi sedetti, o meglio mi sdraiai, tanto largo era quel divano. Un istante dopo Yasmin era rientrata. Si sedette questa volta di fianco a me, mise sul tavolo un grosso catalogo e guardandomi mi disse: ”Questa è la mostra di fotografie che ho fatto a Parigi l’anno scorso.” Cominciai in silenzio a guardare le foto, alcune delle quali avevo appena visto appese alla parete. Sentivo l’eccitazione salirmi alla testa e la presenza di Yasmin accanto a me con quella sua straordinaria femminilità mi metteva a disagio. Non avevo mai fatto sesso con una donna, ma qui, adesso, con lei lo avrei fatto se solo me lo avesse chiesto.
Cominciò a raccontarmi di lei. Mi spiegò che le erano sempre piaciuti i corpi nudi delle donne e degli uomini. Questa passione, unita all’altra della fotografia aveva fatto nascere in lei l’idea di raccogliere le foto, via via che ne faceva, e di presentarle in una mostra. Quando lo fece la prima volta non abitava ancora in Italia. A quei tempi viveva a Londra ma quello fu l’inizio di un’attività che la portò in molte altre parti del mondo.
Mi raccontò poi di come aveva cominciato con la moda. Anche lì per caso, ma sempre grazie al suo buon gusto. Perchè a lei erano sempre piaciute le cose belle.
Mentre mi parlava le guardavo il bel volto, i suoi occhi. Le guardavo la bocca e mi dicevo che avrei voluto baciarla. Ad un tratto lei si alzò. ”Vediamo la blusa come ti sta”, mi disse alzandosi. Anch’io mi alzai. Senza aggiungere una parola mi si avvicino e cominciò a sbottonarmi la camicetta che avevo addosso. Si fermò quando ebbe tolto l’ultimo bottone. La camicetta si era aperta, io non portavo reggiseno e le mie tette fecero ora bella mostra di sè. Vidi passare nei suoi occhi una strana ombra che non riuscii a decifrare. ”Che belle tette che hai”, mi disse semplicemente. Si chinò a raccogliere la blusa. Un tessuto fantastico di colori e disegni altrettanto fantastici, dettagli tutti molto ricercati. Mi resi subito conto che una blusa così in un negozio non l’avrei pagata meno di cifre vicine ai tre zeri.
Vidi le sue mani mentre armeggiava su di me con la blusa. Lunghe e affusolate, ben curate. Rabbrividii quando mi toccarono la pelle. La taglia era un po’ abbondante per me e lei con le sue belle mani provava a ritoccarla qui e là per adattarne la forma su di me. Sembrava soddisfatta. Mi venne poi di dietro per vedere come mi stava sulla schiena. Sentii il palmo delle sue mani che mi lisciavano lentamente le spalle e proseguivano lungo la schiena. Tenne le mani per un istante sui miei fianchi, poi risalì in avanti per fermarsi sulle mie tette. A quel punto non resistetti più. Mi voltai per baciarla e mi strinsi al suo corpo. Fu allora che incontrai con i miei fianchi qualcosa di duro in lei. Mi fermai di scatto guardandola a bocca spalancata. Lei mi guardava sorridendo. Mi disse tranquillamente: ”Sei sorpresa vero? Che c’è di male? Sono solo una donna col cazzo.
Io continuavo a guardarla scioccata. Lei sembrava che si aspettasse questa situazione. Si raccolse indietro sul divano e cominciò a raccontarmi.
Era ancora una ragazzina in Brasile e nonostante il corpo di uomo si era sempre sentita donna. Aveva sempre giocato con le bambine e non aveva mai avuto alcun interesse per i giochi dei maschi. I suoi genitori erano sempre stati molto comprensivi e si accorsero subito dei suoi problemi. Per fortuna i mezzi a casa loro non mancavano e vennero così consultati medici e psicologi. Quando aveva compiuto i 14 anni fu presa la decisione di iniziare il percorso del cambio del sesso. Di lì seguì quindi una lunga serie di interventi di tutti i generi, servendosi di specialisti anche in America. Il suo corpo slanciato favorì la trasformazione e gli ormoni fecero il resto. Non le piacque però l’idea di operarsi per cambiare il suo sesso. Decise di tenersi il membro maschile.
Nel frattempo lei aveva continuato ad andare a scuola, a volte solo saltuariamente, ma era riuscita a terminare senza alcun problema. Aveva cambiato scuola e si era presto abituata ad essere donna ma la sua preferenza sessuale era stata in prevalenza rivolta verso le donne. Aveva cominciato presto a viaggiare ed era così nata la sua passione per la fotografia. Poichè era bella e la sua condizione di trans aveva provocato, oltre che subbuglio tra i giovani, uomini o donne che incontrava, anche in lei un senso di spregiudicatezza. Erano così nate miriadi di brevi relazioni che finivano immancabilmente in un letto. Corpi nudi che lei cominciò presto a fotografare.
Non potei fare a meno di chiederle perché non aveva completato l’opera eliminando il sesso maschile. Mi rispose che aveva preferito così perché come mi aveva già detto le piaceva il ruolo di donna con il cazzo e il sesso preferiva farlo con le donne ma le piaceva essere posseduta dai maschi, da quelli però che le piacevano in un certo modo. Non mi disse altro.
Mentre parlava mi si era avvicinata e con le mani aveva cominciato a lisciarmi i capelli. Mi lasciai andare. Si inginocchiò allora davanti a me, mi aprì le cosce e mi sfilò le mutandine. Mi distesi sul divano, le presi la testa con le mie mani e la attirai a me. Sentii la sua lingua. sapeva dove andare e cosa fare. Chiusi gli occhi. una sua mano mi salì su una tetta, ci appoggiò la bocca. Poi si alzò e mi porse il cazzo. Lo presi in bocca e glielo succhiai. Mi sentivo disorientata. Ero con una donna, ma avevo un cazzo tra le labbra. E mi piaceva.
Mi rialzò dopo un attimo e mi attrasse sul suo corpo. Mentre mi mettevo a cavalcioni su di lei si aprì improvvisamente la porta e sull’uscio apparve Leonardo. Tranquillamente, guardandoci, disse che aveva smesso di piovere e che sarebbe uscito. Richiuse la porta e se ne andò. Mi ero fermata, ma Yasmin mi attirò nuovamente a sè. La cavalcai lentamente, come sempre facevo in quella posizione. Spingevo su di lei. Volevo sentire il cazzo riempirmi tutta. Ora mi lasciai sopraffare dai sensi. Ad un tratto fu Yasmin a staccarsi. Vidi un flutto di sperma schizzarmi addosso. Non mi sentivo però ancora appagata. Mi alzai con le anche e mi offrii alla sua bocca. Yasmin non mi fece attendere. Sentii la sua lingua titillarmi il clitoride. Mi stese poi sul divano e con una mano cominciò a masturbarmi con forza. Sentii un dito che mi frugavai nel culo. Come poteva sapere che mi piaceva? Poi ci staccammo l’una dall’altra. Rimanemmo per un po’ in silenzio, ambedue sazie.
Era stata una nuova esperienza per me. Mi era piaciuta davvero molto. Lo dissi a Yasmin e le parlai del mio mio bisogno di sesso, della mia spregiudicatezza e dei miei pochi tabù. Perchè ero aperta a qualsiasi esperienza. Le dissi quale non avevo mai avuta. Mi stette ad ascoltare senza fare commenti. Continuava a guardarmi con quei suoi occhi splendidi.
Dovevo telefonare alla mamma. Avrei fatto tardi, le avrei detto. Così mi alzai. Ero nuda e feci solo alcuni passi per prendere il telefono. Quando ebbi finito tornai al divano. Yasmin mi guardava. ”Lo sai che hai un culo fantastico?!”, mi disse con la sua voce calda.
Continuavo a pensare a Leonardo e dovetti chiedere a Yasmin come stavano realmente le cose. Lei sorrise e poi mi fece un lungo racconto.
Non erano sposati, loro due, ma avevano deciso di vivere insieme da molto tempo. Si erano messi d’accordo giurando di rispettare le reciproche libertà. Malgrado la differenza d’età avevano gli stessi interessi, che con il tempo si erano concretizzati in affari. Leo, come lei lo chiamava, aveva da giovane sofferto di un grave problema di salute, che lo aveva per sempre privato dell’erezione e dell’eiaculazione. La sua libidine si era così trasformata a suo dire in un ideale: vivere e godere guardando. Lo aveva incontrato alla sua prima mostra fotografica e da allora non si era più staccato da lei. Era un uomo pieno di fascino, di idee e di talento. Era stato lui a guidarla nel campo della moda e in tutte le altre attività che avevano con gli anni messo in atto. Era lui che aveva i contatti ed era sempre lui che aveva le idee, era lui che scriveva trame per film, traduceva libri da più lingue, scriveva romanzi erotici e produceva film erotici esclusivi, di gran classe. Insieme a lui era poi stata in un club di scambi ed era lì che era nata l’idea di organizzare viaggi per scambisti. Ma non viaggi purchessia, viaggi di gran lusso, per cui la gente spendeva delle vere fortune.
Quando ebbe finito mi prese per mano e mi portò in un enorme guardaroba dove erano appesi tutti i suoi abiti. Eravamo ambedue nude ”Scegli quella delle bluse che ti piace di più. Ti voglio fare un regalo”, mi disse dandomi un bacio sulla guancia.
La guardai. Non credevo ai miei occhi. C’erano bluse, camicie e altri capi d’abbigliamento di tutti i generi e colori. Lei mi aiutò a scegliere la taglia giusta. Alla fine feci la scelta. La indossai e mi misi davanti allo specchio. Mi stava molto bene. Ridemmo tutte e due.
Yasmin scelse poi una vestaglia e me la porse. ”Vieni ora”, mi disse. E’ ora di preparare la cena. Mangi qui, no?”.
La cucina era splendida, le attrezzature tutte di gran marca. Da un varco su una parete vidi la sala da pranzo sul cui sfondo, attraverso una larga arcata si scorgevano i mobili di un enorme salone.
Dal frigo estrasse un’aragosta. Mi disse che l’aveva comprata Leonardo il giorno prima. Leo, che era un ottimo cuoco, ne avrebbe fatto un risotto. Ci sarebbe poi stato dell’affettato e del formaggio. Yasmin aprì poi lo sportello di un enorme frigobar e mi chiese quale delle bottiglie di vino bianco preferivo. Non mi intendevo molto di vini, vidi delle bottiglie con una bella etichetta e ne scelsi una di quelle. Yasmin ne prese due, una l’aprì subito, ne riempì un bicchiere e me lo porse. Fece lo stesso con lei e facemmo un cin cin.
Mentre Yasmin preparava le altre cose io, così com’ero, nuda e a piedi scalzi, con la sola vestaglia addosso, mi sentivo un po’ a disagio. Quando poi vidi Leonardo arrivare anche lui indossando una specie di chimono, capii che avremmo mangiato così messi. Mi domandai se c’era qualcosa sotto quella tenuta inusuale per una cena o se era una loro usanza. Poi compresi quando, mentre Leo si dava da fare con l’aragosta, Yasmin mi si avvicinò e mi disse che lui mi trovava molto bella e gli sarebbe piaciuto fare dei giochi erotici con noi. La guardai interdetta. Se lui non era in grado di fare nulla, di quali giochi si trattava? Lei mi spiegò che noi avremmo recitato la nostra parte e lui si sarebbe limitato a guardare. La cosa mi piacque. Mi stavo davvero arrapando.
Yasmin preparò il tavolo che c’era in cucina, un grande tavolo rotondo di cristallo. Aveva pensato anche alla musica e nell’aria si diffondevano ora ritmi sudamericani. Leo aveva preparato un cocktail che bevemmo in piedi tutto d’un fiato. Quando tutto fu pronto ci sedemmo e cominciammo a mangiare e a bere. Tutto era squisito. Il cocktail e il vino avevano fatto il loro effetto e le parole e le risate cominciarono a scivolare di bocca. Io ero l’ospite e loro chiesero di me, dei miei studi, delle mie scuole. Leo era curioso e cominciò ad un tratto a farmi domande, che si fecero via via sempre più indiscrete. Non ne fui sorpresa dopo quello che aveva visto poco prima tra me e Yasmin e stetti al gioco. Per di più mi sentivo allegra, un pò per il vino ed un po’ per la situazione irreale in cui mi trovavo. Yasmin mi aveva raccomandato di sedermi a culo nudo sulla sedia e di tenere la vestaglia bene aperta. Lo facevo volentieri, ben conscia di dover nutrire in quel modo la libidine sofferente del povero Leo. Il fresco della sedia mi arrivava ora direttamente sulla pelle, nuda come ero. Attendevo ora da Yasmin il via a una performance che lei avrebbe innescato tra non molto. Sentivo nel corpo quella strana prurigine che mi veniva ogni volta che facevo la porcacciona.
Leonardo non mi toglieva gli occhi di dosso. Dalle cosce che vedeva attraverso il tavolo alle mie tette. Yasmin per il momento si limitava ad osservare ridacchiando. Poi ad un certo punto si alzò. ”Propongo un brindisi per il più bel culo del pianeta”, disse in tono teatrale, poi mi si avvicinò e mi tolse la vestaglia. Io non feci altro che voltarmi e mettere il culo bene in mostra. A quel punto Yasmin affondò la mano in un dolce alla panna che avevamo appena mangiato e me ne sparse addosso in abbondanza. Poi mi trascinò a terra e prese a leccarmi. ”Leo, vieni, ce n’è anche per te”, disse .In un istante mi trovai ad avere la lingua di Yasmin a leccarmi di dietro e quella di Leo che sdraiato mi leccava da sotto tra le gambe. Non ero preparata a concedermi in quel modo alla lingua di Leonardo, ma l’ebbrezza fu più forte di me. Chiusi gli occhi e mi abbandonai al piacere.
Ci volle un po’ perchè ripulissero bene da tutto l’attaccaticcio le parti intime del mio corpo ed io allargai bene le gambe per facilitare il compito. Rimasi così, a gambe larghe sul tappeto qualche istante. Yasmin ad un tratto si alzò e da un tavolo prese un grosso astuccio che mi mise in mano. ”Adesso è il tuo turno, è già lubrificato”, mi disse gettandosi sul tappeto a pancia in giù.
Aprii l’astuccio e dentro vidi con mia sorpresa uno strap-on. Non ne avevo mai visto uno da vicino nè naturalmente ne avevo fatto uso. Lo riconoscevo solo dai film pornografici. Lo presi un attimo in mano. Era nero, piccolo e leggermente ricurvo in cima. Non era difficile capire come indossarlo. Cercai di farlo rapidamente e mi piegai su Yasmin. Non sapevo come iniziare ma mi lasciai guidare dall’istinto. Dovevo entrare nel suo ano e volevo quindi prima leccarlo bene. Mi aiutai con le mani per aprirla e lei sussultò quando sentì la mia lingua. Continuai dolcemente e la sentii gemere.
Mi sentivo pervadere da una strana sensazione. Ero molto arrapata ma quel dildo allacciato sul mio corpo a me non dava niente. Provai ad alzare Yasmin dal tappeto. Volevo succhiare quelle belle tette. Le presi tra le mani. Lei si alzò sulle ginocchia e il cazzo fece capolino tra le gambe. Mi stesi sotto di lei e la feci sedere su di me. Lo strap-on le scivolò facilmente dentro e lei si mise a cavalcare come una furia. Ero sorpresa. Riuscivo a malapena a starle dietro. Ora le vedevo il volto. Aveva chiuso quei grandi occhi, aveva la bocca stretta e sembrava in trance. Quasi non la riconoscevo. Quando le presi il cazzo con una mano e cominciai a masturbarla emise una specie di grugnito. Ora era solo lei a sbattermi con frenesia mentre io con la mano con altrettanta frenesia le agitavo il cazzo. Fu quasi con un urlo che Yasmin improvvisamente esplose in uno spruzzo di sperma sulla mia mano e ricadde indietro sulla schiena.
L’enorme orgasmo di Yasmin mi aveva impressionato. Non ne avevo mai visto uno simile con tutti gli uomini con cui avevo scopato. Non ebbi però tempo per rifletterci. Yasmin si era alzata e Leonardo vidi che aveva posato la sua camera sul tavolo. Mi sarebbe piaciuto rivedere la scena su uno schermo.
Io non mi sentivo per nulla sazia. Tutt’altro. L’orgasmo di Yasmin mi aveva caricato ancora di più. Non mi rimaneva che attendere.
Decidemmo di farci una doccia. Nel bagno di Yasmin non mancava niente quanto a risorse. Ci infilammo entrambe nella grande vasca da idromassaggio e ci adagiammo a gustare lo spruzzo dell’acqua sui nostri corpi. Sdraiata, a occhi chiusi mi venne spontanea la domanda se i suoi orgasmi erano sempre stati così violenti. Mi rispose di si, ma solo con chi voleva lei. Non aggiunse altro. Le chiesi se aveva a che fare con la strana forma dello strap-on. Yasmin stette un attimo in silenzio, poi mi si avvicinò all’orecchio e ridacchiando mi disse ”Ti ho già detto che sono una donna con il cazzo. Poi c’è anche il punto-P”. La guardai senza capire. E non volli chiederle altro.
Yasmin prese una boccetta di unguento e me la pose. Voleva che le ungessi le spalle. Ci mettemmo in piedi ed io cominciai a farlo per bene a due mani e continuai lunga la sua bella schiena, mi soffermai a lungo sul suo culo. Passai poi con ambo le mani sul davanti, prima sulle grosse tette poi scendendo via via sempre più in basso. Quando arrivai sul suo cazzo e lo trovai bello duro cominciai a giocarci. In un attimo ci ritrovammo avvinchiate dentro la vasca.
Mi prese da dietro, tra gli spruzzi dell’idromassaggio. Mi lasciai andare a occhi chiusi e fu molto bello.
Si era fatto un po’ tardi. Decidemmo che ci saremmo riviste presto. Io mi rimisi addosso i miei abiti. Tornammo nella stanza biblioteca. Leonardo era seduto ad attenderci. Sul tavolino vicino al divano aveva preparato bevande, olive, noccioline e altri stuzzichini. Mi domandavo se lo spettacolo gli fosse piaciuto. Vidi che la camera digitale era ancora sul tavolo da pranzo. Forse pensava di usarla ancora. Gli dissi che sarei andata a casa. Lui sembrò un po’ deluso ma fu molto gentile. Mi abbracciò e mi ringraziò. Mi disse che la sua casa per me era sempre aperta e che per qualsiasi cosa bastava chiamarlo. Mi diede un biglietto da visita. Gli dissi che mi sarei fatta viva presto.
Per la strada ora c'era odore di pioggia ma il cielo era sereno. Tornavo alla realtà. L’incontro con Leonardo e le ore trascorse con Yasmin sembravano appartenere a un sogno. Eppure avevo un numero di telefono, nella borsa avevo una blusa. E addosso sentivo quello strano senso di languore che mi prendeva dopo una buona scopata. Qualcosa mi diceva che li avrei rivisti presto. Non mi sembrava solo un’avventura da dimenticare. Sapevo che Yasmin mi avrebbe voluto rivedere. E anche Leonardo. Io non avrei detto di no. Decisi però che avrei tenuto per sempre segreto questo incontro e tutto quello che ne era derivato.
Passarono così un paio di settimane e un giorno, dopo la lezione con il Maestro suonai al portone sulla strada che oggi era chiuso. Una voce chiese chi era. Sentii lo scatto del portone che si apriva ed entrai.
Yasmin mi offrì il solito thé e ci sedemmo sul solito divano del salone-biblioteca. Seppi che stavano per lasciare l’Italia per una decina di giorni. Le chiesi dove sarebbero andati e lì ebbi una lunga spiegazione dell’attività di cui già mi aveva fatto solo cenno.
Mi raccontò del loro viaggio per swingers, gli scambisti. Ne avevano in programma un nuovo tra non molto e c'erano molte cose da preparare e da controllare. Mi spiegò che trattandosi di viaggi di gran lusso tutto doveva essere programmato alla perfezione. A parte il viaggio in aereo, c'era l'albergo da trovare, adatto alle loro esigenze, per cui doveva essere o molto grande, nel qual caso prendevano un intero piano solo per il loro gruppo o, meglio ancora, uno piccolo, dove lo riservavano al completo. Ma doveva essere un gioiello. Natura, sole, eleganza, posizione, arredamento, servizio, cibo, discrezione, tutto doveva essere al top e nulla poteva essere lasciato al caso. Tutto andava scrupolosamente controllato. Leonardo in queste cose era intransigente e badava a tutto. Erano ormai da alcuni anni che si erano lanciati in questa impresa e tutto era sempre andato nel migliore dei modi. L'eco del successo di questi viaggi aveva presto fatto il giro del mondo e le richieste fioccavano da tutte le parti. Ogni volta erano costretti a dire di no a molte coppie, malgrado il costo del viaggio per coppia fosse altissimo. Mi disse anche che con quel successo erano entrati in cassa un mare di soldi. Ben guadagnati, aggiunse
Yasmin mi spiegò che perchè questi viaggi avessero successo loro erano costretti a fare una cernita delle coppie che chiedevano l'iscrizione. Generalmente i gruppi di swingers che loro portavano in giro per il mondo non erano più di dieci coppie, coppie che dovevano essere bene assortite. Il criterio non era semplice, ma trovatene alcune la cui fisionomia si accordava, bastava trovarne altre che non differissero troppo tra loro. Occorreva a volte un contatto diretto con gli interessati, che Leonardo e Yasmin facevano via Skype ed in qualche caso erano perfino costretti a chiedere informazioni tramite agenzie investigative. Non potevano rischiare che si verificassero contrasti di alcun genere tra coppia e coppia e neppure all’interno delle coppie. Erano controlli difficili da eseguire e finora erano certamente stati aiutati dalla fortuna. Leo le aveva insegnato una volta che la chiave del successo di questi viaggi e della soddisfazione dei partecipanti era un’organizzazione perfetta, dove niente veniva lasciato al caso.
Seppi che in alcuni casi le persone si iscrivevano anonimamente ed a volte si presentavano in albergo muniti di mascherina. Tra le tante coppie che loro avevano conosciuto erano sicuri di aver riconosciuto grossi politici, finanzieri, gente di spettacolo. Leonardo aveva di nascosto fotografato molti degli eventi. Ma solo per riguardarseli più tardi. Con i filmati che aveva avrebbe potuto ricattare un sacco di gente. Pensai con i brividi al film che aveva fatto con me. Ma mi fidavo di lui.
A un certo punto non potei fare a meno di chiederle quale ruolo lei preferisse quando partecipava agli scambi con le altre coppie. Lei mi aveva già spiegato quali erano le sue preferenze sessuali, ma aggiunse che dato che era come era, che poteva quindi essere passiva o attiva a seconda dei casi, tutto questo le aveva dato un enorme successo tra le coppie e mi confessò che lei in quei viaggi si divertiva un mondo.
Rimanemmo un attimo in silenzio, poi lei mi si avvicinò e con la voce più suadente che aveva mi disse: ”Perchè non vieni con noi una volta? Non ti costerà niente. La guardai sorpresa. Alla cosa non ci avevo pensato. Sarebbe stato bello e interessante, ma io dovevo pensare alla mia carriera. Il canto veniva prima di tutto. Glielo dissi. Rimase in silenzio un po’ imbronciata. Poi, guardandomi bene negli occhi, quasi implorando mi disse: ”Però voglio farti delle foto”.
Io capii a quali foto si riferisse. Risi e le risposi che non capivo che bisogno c’era di fare delle foto del mio corpo e che non poteva esserci grande differenza tra il mio corpo nudo e quello di un’altra. Il suo volto sembrò rabbuiarsi, mi guardò con aria stupita e mi disse vagliando bene le parole che ogni corpo aveva la sua forma, le sue linee, le sue ombre, i suoi contorni e un’infinità di dettagli che rendevano tutti i corpi diversi l’uno dall’altro. Finì dicendo che il mio corpo era uno dei più belli che aveva mai visto.
Corse a prendere uno dei suoi tanti cataloghi e me lo mise davanti agli occhi. ”Guarda qui il cespuglio che questa donna ha tra le gambe, guarda il monte di Venere di questa, guarda l’ombelico. Guarda questa schiena e guarda qui questo culo. Nei culi le variazioni sono infinite, ma la forma può essere più o meno bella. Dipende anche dalla forma della schiena. Ma i glutei, le ombre che si formano su quelle rotondità possono rendere un culo sublime. E poi quello che c’è lì tra le gambe. La vulva, la sua forma, l’apertura delle labbra, e quella deliziosa linea scura che a volte circonda la vulva. E l’orifizio del culo. Guardalo”, mi disse con animazione agitando davanti ai miei occhi la foto di un ano visto da vicino. ”Guarda questi altri”, proseguì ”non vedi che non ce n’è uno uguale all’altro?! Il tuo culo, la tua vulva, la tua schiena il tuo monte di Venere, sono uno schianto!”. Era molto accorata mentre mi parlava.
La guardai sorridendo. Si, certo, ora che me lo faceva notare vedevo anch’io queste cose. Mi resi conto che una donna come lei doveva aver affinato la sua sensibilità con il cambio del sesso. L’attività di fotografa doveva poi aver fatto il resto.
Perchè no, mi dissi. Nessuno potrà mai riconoscermi da una foto senza volto. Sul mio corpo poi non ci sono segni speciali che lo rendano riconoscibile. ”Va bene”, le dissi, ”ci sto. Però se le foto non mi piacciono le cancelli”.
Fu felicissima e mi disse di andare subito a farmi una doccia. Mi diede poi una crema con cui dovevo spalmarmi tutto il corpo. Lei intanto si sarebbe preparata.
Quando tornai era tutto pronto e i faretti erano già accesi. Per terra, sul tappeto aveva messo un grosso cuscino di velluto rosso. Mi disse di stendermi lì sopra. Voleva fotografarmi in diverse posizioni, mi disse, e voleva cominciare davanti. Mi sdraiai sul cuscino. Lei venne subito a spostarmi le gambe. Le raddrizzò, le piegò in più modi finchè non fu soddisfatta. A quel punto si piegò su di me. Con un pettine cominciò a pettinarmi con cura i peli del pube. ”Si deve vedere tutto”, mi disse. Con le dita poi, delicatamente cercò di dilatare le labbra. ”La vulva deve respirare”, disse.
A quel punto si rialzò e si diresse verso la fotocamera. Un attimo dopo venne da me con la fotocamera. ”Guarda”, mi disse, ”ti piace?”. Guardai la foto. Il mio volto, con il corpo in quella posizione, era nascosto. Mi vedevo ora per la prima volta in una foto, nuda a cosce spalancate. Mi sembravo oscena, eppure non lo ero. ”Si”, dissi, ”è veramente una bella foto”.
Ora dovevo voltarmi. Mi sdraiai sulla pancia questa volta e ci volle del tempo prima che lei fosse soddisfatta di quello che vedeva. O la posizione era troppo statica o le ombre non andavano bene. A un certo momento prese un oggetto e me lo pose tra i glutei. Li voleva vedere più aperti, mi disse.
Quando mi fece vedere la foto rimasi stupita. Era davvero una bellissima foto, molto erotica.
Mi rialzai. Yasmin sembrava soddisfatta. Spense i faretti e mi venne incontro. Quando mi fu vicina mi abbracciò. Sentii che il cazzo si era irrigidito. La guardai. ”Sei arrapata?”, le chiesi. ”Si, quando fotografo mi eccito”, rispose. ”Vieni che scopiamo”, le dissi prendendola per mano. Lei mi segui al divano. Ci sedemmo e io le presi il cazzo tra le mani e mi avvicinai per succhiarlo. Lei si distese con un gemito. Quando mi rialzai e stavo per sedermi su di lei mi fermò, mi venne all’orecchio e mi sussurrò: ”Me lo fai mettere nel culo?”. La guardai seria, ma lei continuò: ”Lo so che non l’hai mai voluto fare con gli uomini, ma con me è diverso. Io voglio farti godere”. Me lo disse in tono invitante. Ci pensai un attimo su. Con lei l’avrei potuto fare, ma mi preoccupavano i discorsi che avevo sentito. Non volevo subire un danno. Glielo dissi. Mi guardò e mi disse che lei lo faceva con delicatezza, che l’aveva fatto con altre donne e che non c’era mai stato un problema. Mi ripetè che era bello, che mi avrebbe fatto godere.
Rimasi in silenzio, poi scivolai sul tappeto, e mi misi in ginocchio appoggiando le braccia al divano. Va bene, pensai, se devo farmi inculare lo farò con lei.
Lei mi tirò indietro sul divano e mi fece sdraiare su un fianco. Sentii le sue mani con il lubrificante percorrermi delicatamente la pelle, fin dentro all’ano. Fece lo stesso con il suo bel cazzo a due mani e poi si distese dietro di me. La sua mano venne a cercarmi tra le gambe. Le sue dita entrarono in me Sentii ii clitoride indurirsi. Era brava Yasmin. Sapeva dove andare con le sue dita. Sentii un’ondata di piacere che mi annebbiava la testa. Continuò così per un po’ e fu solo dopo qualche istante che sentii la pressione del suo cazzo che mi entrava dentro. Il piacere si fece ora più forte, anchè lì, il suo cazzo ormai oltre lo sfintere. Fui io istintivamente a muovere le anche. Lei mi assecondò. Trovammo presto un ritmo, lento ma intenso. A occhi chiusi sentivo il piacere lungo tutto il corpo. Gemevo e ansimavo e sentivo che anche Yasmin respirava ora affannosamente. Poi si fermò. Si raddrizzò e mi attirò a sé. Montai a cavalcioni su di lei e aiutai con una mano il suo cazzo dentro di me. Ora potevo regolarmi come volevo, lei ferma ad attendere. Cominciai a muovermi lentamente, sentivo il cazzo scivolarmi dentro. Scosse di piacere mi invasero il corpo. Ora si unì anche lei al mio ritmo. Quando venni un’ultima volta mi spinsi con il corpo sopra di lei. Lei continuò a spingere ancora un istante, poi con un sussulto venne anche lei. Cascammo ambedue all’indietro e rimanemmo inerti, sfinite.
Fu lei a rifiatare per prima. Si alzò ed uscì. Tornò dopo un istante e aveva con se da bere. Vidi le bollicine nei bicchieri e compresi che dovevamo brindare alla prima inculata. Risi molto.
Sentii improvvisamente il bisogno di farle una domanda. ”Yasmin”, le dissi ”ma tu cosa preferisci fare con le donne?”. Mi rispose subito senza pensare. ”Io adoro inculare, non so perchè. Non è una questione fisica. Il culo di una donna mi ossessiona. Ne ho una vera venerazione.”
”Ma ti piace quando ti scopa un uomo?”, incalzai. ”Si mi piace, ma solo con certi uomini, te l’ho già detto.” ”In che senso”, chiesi. ”Deve essere gentile e deve avere il cazzo giusto. Allora godo come una pazza.”
Quel giorno non facemmo altro. A casa mangiai con la mamma. Le raccontai che avevo incontrato persone molto divertenti. Non le dissi altro.
Passò del tempo. Yasmin e Leonardo erano partiti per il loro viaggio e io pensavo ora solo al canto. Fu Yasmin un giorno a telefonarmi. Mi disse che erano tornati da qualche giorno e voleva che andassi da lei il giorno dopo perchè doveva farmi conoscere una persona. Le chiesi chi fosse e lei mi rispose in modo sbrigativo che era un uomo e che sarebbe venuto a pranzo, ma io dovevo venire un po’ prima perchè ci dovevamo preparare. Saremmo stati solo noi tre. Non mi volle dire altro.
Ero piuttosto eccitata il giorno dopo. Mi preparai per bene. Avevo capito che bisognava fare bella figura. Quando suonai alla porta Yasmin mi aprì quasi subito. Era uno schianto.
Mi raccontò che aveva conosciuto a Londra un modello di colore. Era bellissimo ma non era successo niente. Si erano solo scambiati gli indirizzi. Degli amici le avevano detto di lui che era bisessuale, ma i segnali che lui le aveva dato erano inequivocabili. ”Da me vuole la gnocca. Quando vedrà come sono fatta ci divertiremo un mondo. Io gliel’ho da mettere nel culo”, disse ridendo.
Ci mettemmo d’accordo che lei lo avrebbe assaltato dalla parte posteriore e io da quella anteriore.
”Devi essere più provocante,” mi disse. ”Vieni, ti do una mano”. Andammo nel suo guardaroba e fu lei a scegliere cosa dovevo indossare. ”No mutandine”, mi disse in tono perentorio. Quando mi guardai poi allo specchio quasi non mi riconoscevo. Andammo in cucina a preparare, così ci saremmo seduti subito al tavolo. Già, il tavolo di cristallo, ne vedremo delle belle, pensai.
Stan fu puntuale. Al suono del campanello Yasmin mi lasciò seduta sul divano della biblioteca e corse ad aprire. Sentii le loro voci poi dopo un attimo li vidi entrare.
Compresi subito l’entusiasmo di Yasmin. Era davvero un gran bel figo, alto, ma slanciato, non robusto. Un bellissimo volto. Aveva un aspetto gentile che mi piacque subito. Si, ci saremmo divertite pensai tra me e me.
Io parlavo male l’inglese. Così, seduti al tavolo, non feci altro che dargli la bottiglia di champagne facendogli segno di aprirla. Al botto ridemmo.
Attraverso il cristallo del tavolo vedevo i jeans di Stan da una parte e l’abito succinto dii Yasmin dall’altra. Di lei non si vedevano le mutandine perchè altrimenti rischiava di essere scoperta, ma le sue favolose lunghe gambe, che lei teneva abbondantemente aperte erano scoperte. Io avevo una specie di gonnellino e solo l’ombra impediva di vedere che non c’era nient’altro sotto. Guardai Stan per un attimo in volto. Mi sembrava un po’ imbarazzato. Chissà che idee si era messo per la testa. Comunque non sarebbe andata come pensava, mi dissi e risi tra me e me.
Yasmin aveva servito un cocktail prima che ci sedessimo al tavolo che noi ci eravamo bevuti d’un fiato. Lo champagne non facevamo in tempo a berlo che Stan ce ne riempiva di nuovo il bicchiere. Diventammo subito piuttosto allegri e le gambe mie e di Yasmin cominciarono a dare segnali che Stan non poteva non avvertire.
Finito di mangiare lasciammo la cucina e ci dirigemmo nel salone. Yasmin aveva ora preso Sten per mano. Lo portò al divano e ce lo gettò sopra. Vidi le loro bocche baciarsi di slancio e vidi una mano di Stan che stava saggiando una tetta di Yasmin. Io non feci altro che inginocchiarmi ai piedi di Stan e gli sfilai i jeans. Ne uscì fuori un cazzo bello lungo, di quelli che piacevano a me, e cominciai a succhiarglielo. Yasmin intanto aveva attirato la testa di Stan tra le sue gambe e un attimo dopo gli aveva infilato il cazzo in bocca. Quello fu per me il segnale. Ne avevamo parlato, Yasmin ed io, su come dovevamo parare quel momento. Io mi affrettai a salire su Stan e cominciai a scoparlo. Non ci fu sorpresa e il gioco proseguì senza problemi.
Ora dovevo lasciare l’iniziativa a Yasmin. Mi alzai e così fece Yasmin, che trascinò Stan sul tappeto a fianco del divano. Lo mise in ginocchio e se lo scopò. Eravamo d’accordo che io a quel punto sarei scivolata sotto Stan e gli avrei preso il cazzo in bocca. Lo feci e subito lui si piegò per leccarmi tra le gambe. Uhmm, che scena. A ripensarci ancora mi arrapo.
Yasmin aveva deciso che voleva venirgli dentro. Lo fece con una specie di urlo soffocato. A quel punto io mi voltai e offrii a Stan di scoparmi da dietro. Non volevo che si sbagliasse, perció lo aiutai con la mano a venirmi dentro. Mi sentivo arrapata come una furia e cominciai a sbatterlo a un ritmo indiavolato. In un attimo si unì al mio ritmo. Fu bellissimo e quando lui finalmente venne rimase a lungo avvinchiato a me.
Yasmin andò un attimo in cucina. Tornò con una caraffa d’acqua. Bevemmo aggrappati l’uno all’altro.
A me era rimasto un desiderio. Lo dissi a Yasmin. Lei mi guardò sorridendo. Stan sembrava sfinito, steso sul divano. Yasmin ed io eravamo sedute vicino. Lei con una mano cominciò a carezzarmi un fianco. Sentii la sua lingua scendermi tra i glutei. Prese poi il lubrificante e con quello cominciò con la mano lentamente sulla mia pelle, come aveva fatto l’altra volta. Faceva tutto piano e con cura. Io sentivo l’eccitazione che mi saliva alla testa. Mi distesi sulla pancia rilassata. Sentivo il desiderio lungo tutto il corpo.
Mi volle in ginocchio sul tappeto, la testa appoggiata sul divano. Fece poi come l’altra volta e mi attese, una mano sul clitoride a masturbarmi. A quel punto si svegliò Stan e scese sotto di me. Sentii la sua lingua su di me. Chiusi gli occhi e istintivamente mi misi in moto come in trance. Fu una meraviglia. Decisi che il sesso anale in futuro l’avrei solo fatto con Yasmin, ma sarebbe rimasto un segreto.
Non ci fu solo sesso quel giorno. Ascoltammo musica dai favolosi diffusori di Yasmin. Stan ci raccontò della sua vita, dei suoi viaggi per il mondo. Aveva una bella vita, il bel Stan, ma doveva stare attento alla dieta e curare il corpo in palestra per svolgere il suo lavoro. Chiese di me. Nel mio stentato inglese risposi solo che studiavo. Avrebbe voluto rivedermi. Mai dire mai gli risposi ridendo. Yasmin gli parlò dei viaggi per scambisti. Gli chiese se era interessato. Stan le diede il suo indirizzo email. Gli avrebbe mandato informazioni.
Rimaste sole, Yasmin ed io ci elogiammo a vicenda. Eravamo state molto brave e ci eravamo divertite un mondo. Sapevo che la domanda prima o dopo sarebbe venuta, ma quando Yasmin me la fece le dissi subito no, il viaggio no, devo pensare al mio concorso. ”Ma dopo?”, mi chiese. Anche a lei dissi ”mai dire mai”.
Da quella volta vedo Yasmin e Leonardo di tanto in tanto, sempre in segreto. Quando gli impegni con il canto me lo permettono. Non voglio rinunciare al sesso con Yasmin, fatto in quel modo, in segreto e senza alcun impegno. Diverso è invece quando sono in viaggio. Lì non devo sgarrare. Da Yasmin imparai l’idea della mascherina. Club per swingers ce n’erano dappertutto. Mi mancavano però le marachelle improvvisate con i camerieri. Chissà se sarebbero mai nate nuove occasioni? Ancora mai dire mai.
P.S. Mi erano rimaste impresse le due parole dette da Yasmin in un orecchio nel bagno a proposito del suo orgasmo. Un punto-P, mi aveva detto. Ma cos’era questo punto-P? A casa su Google nel lap-top cercai la spiegazione e allora mi resi conto e compresi che Yasmin era una gran ganza.
Poco dopo aver iniziato a frequentare le lezioni del Maestro Arnaldi avvenne qualcosa che volli tener segreto perchè temevo che mi potesse guastare la carriera. Ora penso di volerlo raccontare perchè non fu solo un’avventura qualsiasi, ma fu l’inizio di un´esperienza che pensavo valesse la pena di esplorare.
Ero appena uscita dal portone dopo una lezione quando vidi che pioveva. Non avevo portato con me l’ombrello. Cosa fare, mi chiesi. Guardai su. C’era aria di temporale e vedevo attorno a me solo nuvole tenebrose. Non avevo con me neppure il cellulare per chiamare un taxi e in quella zona c’era poco traffico e nessuna stazione di taxi. Non potevo tornare indietro, così decisi di avviarmi più in fretta possibile. Proteggendomi con la borsa che avevo con me, mi avviai a passo di corsa lungo le facciate cercando la protezione dei tetti.
Quando scoppiò il temporale si mise a diluviare. Vidi a distanza il portone aperto di uno dei tanti palazzotti antichi di quella zona della città. Mi ci infilai dentro scrollandomi la pioggia di dosso.
Mi trovai in un’enorme androne, di quelli dove una volta entravano le carrozze a cavallo. C’erano ancora gli agganci alle pareti. Era piuttosto buio e quella poca luce che c’era veniva da una vetrata da cui si intravedevano le palme di un giardino. Tutt’attorno il silenzio era rotto dallo scroscio della pioggia che le grondaie non riuscivano a reggere. Vidi una panca in un angolo e decisi di sedermi e aspettare che il temporale si calmasse. Mi sentivo piuttosto fradicia addosso ma non faceva freddo. Mi sarei asciugata presto.
Ero lì da una diecina di minuti quando udii il fruscìo di una porta che si apriva di fianco a me. Da un ascensore uscì un distinto signore che vedendomi si fermò, mi guardò con aria interrogativa e poi sorridendo mi disse: ”e che ci fa qui una gentile signorina?”. Mi alzai cercando di raddrizzare gli abiti che avevo addosso. ”Fuori diluvia”, risposi. Ho trovato il portone aperto e ne ho approfittato. Forse non avrei dovuto”. ”Non si preoccupi, signorina. Qualcun altro forse lo avrei cacciato fuori. Lei proprio non me la sento. Ma, signorina, io a lei l’ho già vista”, mi disse. ”Non saprei”, risposi. ”è da poco che bazzico da queste parti e io abito in un’altra parte della città”. ”Posso chiederle come mai si trova qui? Conosce qualcuno?” mi chiese. ”Prendo lezioni di canto e il mio nuovo Maestro abita non lontano da qua”, risposi. ”Lezioni di canto, ora capisco dove l’ho vista. Lei ha cantato lo scorso anno a un concerto di beneficenza. Era alla Cassa di Risparmio. Si, ora mi ricordo. Lei fece anche un bis e cantò Bellini.
”Che buona memoria!”, gli risposi. ”Io guardo molto, signorina. Sono un guardone”, e rise della sua uscita. ”Scherzi a parte, signorina. Un bel volto di donna io non lo dimentico.” Poi cambiò espressione e disse: ”Senta, io dovevo fare una piccola commissione ma con questo tempo preferisco rimandarla a domani. Sa cosa le dico? Che ne dice di venire su da me. Non si preoccupi, non sono solo. Così può darsi un’asciugata e aspettare che il tempo si rimetta”. ”Su, venga”. Aveva un aspetto molto rassicurante, quell’uomo. Non potevo dire dj no. Lo seguii al piccolo ascensore, lui pigiò al numero 2, la porta si chiuse e silenziosamente l’ascensore si mosse. Mi sentii un po’ a disagio, in piedi vicino a lui, in uno spazio cosÌ ridotto. Mi chiamo Leonardo Doveri”, mi disse con la sua voce calda. ”Grazia Morandi”, gli risposi dandogli la mano. In un attimo ci trovammo al secondo piano e lui mi fece uscire poi si diresse a una porta lì vicino. L’aprì velocemente e mi fece entrare. ”Yasmin”, chiamò a voce alta. ”Vieni, abbiamo una visita”.
Mentre lui mi faceva accomodare in una magnifica stanza con un’enorme libreria illuminata dalla luce che proveniva da due grandi finestre, udii dei passi provenire dal corridoio ed un secondo dopo apparve sull’uscio una donna che mi lasciò senza fiato. Era alta con gambe lunghe, i capelli scuri che le scendevano sulle spalle, un volto stupendo su cui spiccavano due occhi scuri che vibravano di calore. Aveva un sorriso smagliante quando mi venne incontro per salutarmi. ”Questa è Grazia Morandi, studia canto ed io la sentii cantare l’anno scorso a un concerto alla Cassa di Risparmio. Ti ricordi che ti parlai di una soprano con una gran bella voce? Ti dissi anche che era molto bella. Beh, l’ho trovata qui sotto nell’androne d’ingresso. Poverina, senza ombrello ha trovato il nostro portone aperto ed è entrata per ripararsi.”, disse Leonardo e poi continuò: ”Beh, io adesso vi lascio. Falla asciugare, mi raccomando. Io ho un paio di telefonate da fare. Voi intanto parlate.”.
Rimanemmo così sole io e la donna. Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Sembrava presa da una rivista d’alta moda. Non avevo mai incontrato da vicino una donna come lei. Tutto era perfetto. Era piena di femminilità e allo stesso tempo era semplice e piena di eleganza. Aveva una voce calda che in qualche modo andava d’accordo con l’accento che aveva. Si, era molto sexy, mi dissi, è proprio una gran figa. Ma quanti anni avrà, mi domandavo, e da dove veniva? Dall’accento e dal colore della pelle avrei detto che era brasiliana. Glielo chiesi, mi rispose di si. Ma parlava un italiano perfetto. Avrei voluto tanto chiederle l’età che aveva, ero curiosa di saperlo. Avrei detto che non aveva ancora i trent’anni.
Che relazione avessero quei due, con lui che certamente aveva passato i cinquanta, non potevo saperlo. Per ora mi bastava sapere che vivevano assieme e che in quella casa il denaro non mancava. La sua voce mi riportò alla realtà: ”Vuoi andare in bagno, vieni, ti do un asciugamano così ti asciughi un po’. Intanto vado a preparare un thè. Lo bevi il thè?”, mi domandò dandomi subito del tu.
Corse a prendere un asciugamano e me lo porse. Voltandosi la vidi dal di dietro. La sua schiena nuda era lunga e sinuosa, bellissima. La sua pelle era liscia come quella di un bebé. Mi aprì la porta del bagno degli ospiti, che era grande il doppio di quello che avevamo a casa. Non mancava niente lí dentro. Mi sarei fatta quasi una bella doccia ma mi limitai a darmi un’asciugata. Mi guardai allo specchio e mi dissi che in fondo però non sfiguravo neanche io, anche se non venivo dal Brasile.
Rientrai nella stanza che sembrava essere una biblioteca e un attimo dopo Yasmin era tornata con un vassoio con il thè. C’era anche del dolce che mi disse di aver fatto lei. Ci sedemmo, io su un basso divano dove sprofondai e lei su una poltrona di fronte a me. Vidi che sedendomi su quel divano la mia gonna si era tirata su di svariati centimetri. Le mie mutandine bianche erano perfettamente in vista dalla poltrona su cui era seduta Yasmin. Non me ne curai.
Fu lei a rompere il silenzio per domandarmi delle mie lezioni di canto. Rimase in silenzio ad ascoltarmi. Mi disse che le piaceva molto la musica anche se non era mai stata ad un’opera. Però conosceva tante arie dei vari musicisti italiani e conosceva i nomi dei maggiori cantanti. Mi chiese a chi mi ispiravo. Le risposi ridendo che cercavo di trovare una mia personalità. Continuammo a parlare per un po’, poi improvvisamente mi guardò e mi disse che aveva appena finito il modello di una blusa estiva che doveva consegnare la prossima settimana. Mi chiese se già che ero lì non potevo farle il piacere di farle da modella. ”Perchè no”, le dissi. Incuriosita poi le chiesi se lavorava con la moda. ”Si, ho una mia linea che vendo tramite una casa di moda”. Così mi disse senza specificare quale delle tante case di moda fosse. Si alzò e mi fece segno di seguirla. Andammo lungo il corridoio. La casa sembrava enorme, doveva occupare tutto il piano del palazzo.
Giungemmo in una grandissima stanza che doveva essere il suo laboratorio. Ne rimasi impressionata. In quella stanza c’era di tutto. Vidi un computer in un angolo. A una parete era appeso un enorme video, In un altro angolo c’era una lampada, uno schermo e una piccola macchina da ripresa. Su un altro lato della stanza c’era un lettino con sopra alcuni asciugamani ben ripiegati e appoggiato a una parete infine c’era un magnifico, enorme, largo divano. Le pareti poi erano piene di grandi foto. Oltre a quelle di moda ce n’erano molte che rappresentavano i corpi nudi di uomini e donne. Tutte senza volto, con le loro parti intime esibite in primo piano. Erano foto molto artistiche, tutte in bianco e nero, arricchite da vari oggetti in modo da addolcire il lato pornografico e dar loro invece un’apparenza più artistica. Vidi corpi bianchi ed altri neri, tutti assai belli, posizionati in modo elegante e sensuale. Notai il lato artistico, ma l’effetto di quei corpi nudi su di me fu molto eccitante. Alle donne il pelo sul pube sembrava pettinato e la vulva era aperta, quasi aspettasse di essere penetrata. I membri degli uomini erano tutti ben formati e quasi sull’attenti, come fossero in attesa di un incontro. Vidi che Yasmin mi osservava mentre guardavo quelle foto. Rimasi senza parole. Lei rise. ”Questo è il mio mondo. Spero che non ti dia fastidio”. La guardai ”Perché dovrei essere infastidita. Sono molto belle”, balbettai io, ”ma le hai fatte tu?”, chiesi cercando di nascondere il mio imbarazzo.
”Siediti sul divano. Vengo subito”, mi disse. Mi sedetti, o meglio mi sdraiai, tanto largo era quel divano. Un istante dopo Yasmin era rientrata. Si sedette questa volta di fianco a me, mise sul tavolo un grosso catalogo e guardandomi mi disse: ”Questa è la mostra di fotografie che ho fatto a Parigi l’anno scorso.” Cominciai in silenzio a guardare le foto, alcune delle quali avevo appena visto appese alla parete. Sentivo l’eccitazione salirmi alla testa e la presenza di Yasmin accanto a me con quella sua straordinaria femminilità mi metteva a disagio. Non avevo mai fatto sesso con una donna, ma qui, adesso, con lei lo avrei fatto se solo me lo avesse chiesto.
Cominciò a raccontarmi di lei. Mi spiegò che le erano sempre piaciuti i corpi nudi delle donne e degli uomini. Questa passione, unita all’altra della fotografia aveva fatto nascere in lei l’idea di raccogliere le foto, via via che ne faceva, e di presentarle in una mostra. Quando lo fece la prima volta non abitava ancora in Italia. A quei tempi viveva a Londra ma quello fu l’inizio di un’attività che la portò in molte altre parti del mondo.
Mi raccontò poi di come aveva cominciato con la moda. Anche lì per caso, ma sempre grazie al suo buon gusto. Perchè a lei erano sempre piaciute le cose belle.
Mentre mi parlava le guardavo il bel volto, i suoi occhi. Le guardavo la bocca e mi dicevo che avrei voluto baciarla. Ad un tratto lei si alzò. ”Vediamo la blusa come ti sta”, mi disse alzandosi. Anch’io mi alzai. Senza aggiungere una parola mi si avvicino e cominciò a sbottonarmi la camicetta che avevo addosso. Si fermò quando ebbe tolto l’ultimo bottone. La camicetta si era aperta, io non portavo reggiseno e le mie tette fecero ora bella mostra di sè. Vidi passare nei suoi occhi una strana ombra che non riuscii a decifrare. ”Che belle tette che hai”, mi disse semplicemente. Si chinò a raccogliere la blusa. Un tessuto fantastico di colori e disegni altrettanto fantastici, dettagli tutti molto ricercati. Mi resi subito conto che una blusa così in un negozio non l’avrei pagata meno di cifre vicine ai tre zeri.
Vidi le sue mani mentre armeggiava su di me con la blusa. Lunghe e affusolate, ben curate. Rabbrividii quando mi toccarono la pelle. La taglia era un po’ abbondante per me e lei con le sue belle mani provava a ritoccarla qui e là per adattarne la forma su di me. Sembrava soddisfatta. Mi venne poi di dietro per vedere come mi stava sulla schiena. Sentii il palmo delle sue mani che mi lisciavano lentamente le spalle e proseguivano lungo la schiena. Tenne le mani per un istante sui miei fianchi, poi risalì in avanti per fermarsi sulle mie tette. A quel punto non resistetti più. Mi voltai per baciarla e mi strinsi al suo corpo. Fu allora che incontrai con i miei fianchi qualcosa di duro in lei. Mi fermai di scatto guardandola a bocca spalancata. Lei mi guardava sorridendo. Mi disse tranquillamente: ”Sei sorpresa vero? Che c’è di male? Sono solo una donna col cazzo.
Io continuavo a guardarla scioccata. Lei sembrava che si aspettasse questa situazione. Si raccolse indietro sul divano e cominciò a raccontarmi.
Era ancora una ragazzina in Brasile e nonostante il corpo di uomo si era sempre sentita donna. Aveva sempre giocato con le bambine e non aveva mai avuto alcun interesse per i giochi dei maschi. I suoi genitori erano sempre stati molto comprensivi e si accorsero subito dei suoi problemi. Per fortuna i mezzi a casa loro non mancavano e vennero così consultati medici e psicologi. Quando aveva compiuto i 14 anni fu presa la decisione di iniziare il percorso del cambio del sesso. Di lì seguì quindi una lunga serie di interventi di tutti i generi, servendosi di specialisti anche in America. Il suo corpo slanciato favorì la trasformazione e gli ormoni fecero il resto. Non le piacque però l’idea di operarsi per cambiare il suo sesso. Decise di tenersi il membro maschile.
Nel frattempo lei aveva continuato ad andare a scuola, a volte solo saltuariamente, ma era riuscita a terminare senza alcun problema. Aveva cambiato scuola e si era presto abituata ad essere donna ma la sua preferenza sessuale era stata in prevalenza rivolta verso le donne. Aveva cominciato presto a viaggiare ed era così nata la sua passione per la fotografia. Poichè era bella e la sua condizione di trans aveva provocato, oltre che subbuglio tra i giovani, uomini o donne che incontrava, anche in lei un senso di spregiudicatezza. Erano così nate miriadi di brevi relazioni che finivano immancabilmente in un letto. Corpi nudi che lei cominciò presto a fotografare.
Non potei fare a meno di chiederle perché non aveva completato l’opera eliminando il sesso maschile. Mi rispose che aveva preferito così perché come mi aveva già detto le piaceva il ruolo di donna con il cazzo e il sesso preferiva farlo con le donne ma le piaceva essere posseduta dai maschi, da quelli però che le piacevano in un certo modo. Non mi disse altro.
Mentre parlava mi si era avvicinata e con le mani aveva cominciato a lisciarmi i capelli. Mi lasciai andare. Si inginocchiò allora davanti a me, mi aprì le cosce e mi sfilò le mutandine. Mi distesi sul divano, le presi la testa con le mie mani e la attirai a me. Sentii la sua lingua. sapeva dove andare e cosa fare. Chiusi gli occhi. una sua mano mi salì su una tetta, ci appoggiò la bocca. Poi si alzò e mi porse il cazzo. Lo presi in bocca e glielo succhiai. Mi sentivo disorientata. Ero con una donna, ma avevo un cazzo tra le labbra. E mi piaceva.
Mi rialzò dopo un attimo e mi attrasse sul suo corpo. Mentre mi mettevo a cavalcioni su di lei si aprì improvvisamente la porta e sull’uscio apparve Leonardo. Tranquillamente, guardandoci, disse che aveva smesso di piovere e che sarebbe uscito. Richiuse la porta e se ne andò. Mi ero fermata, ma Yasmin mi attirò nuovamente a sè. La cavalcai lentamente, come sempre facevo in quella posizione. Spingevo su di lei. Volevo sentire il cazzo riempirmi tutta. Ora mi lasciai sopraffare dai sensi. Ad un tratto fu Yasmin a staccarsi. Vidi un flutto di sperma schizzarmi addosso. Non mi sentivo però ancora appagata. Mi alzai con le anche e mi offrii alla sua bocca. Yasmin non mi fece attendere. Sentii la sua lingua titillarmi il clitoride. Mi stese poi sul divano e con una mano cominciò a masturbarmi con forza. Sentii un dito che mi frugavai nel culo. Come poteva sapere che mi piaceva? Poi ci staccammo l’una dall’altra. Rimanemmo per un po’ in silenzio, ambedue sazie.
Era stata una nuova esperienza per me. Mi era piaciuta davvero molto. Lo dissi a Yasmin e le parlai del mio mio bisogno di sesso, della mia spregiudicatezza e dei miei pochi tabù. Perchè ero aperta a qualsiasi esperienza. Le dissi quale non avevo mai avuta. Mi stette ad ascoltare senza fare commenti. Continuava a guardarmi con quei suoi occhi splendidi.
Dovevo telefonare alla mamma. Avrei fatto tardi, le avrei detto. Così mi alzai. Ero nuda e feci solo alcuni passi per prendere il telefono. Quando ebbi finito tornai al divano. Yasmin mi guardava. ”Lo sai che hai un culo fantastico?!”, mi disse con la sua voce calda.
Continuavo a pensare a Leonardo e dovetti chiedere a Yasmin come stavano realmente le cose. Lei sorrise e poi mi fece un lungo racconto.
Non erano sposati, loro due, ma avevano deciso di vivere insieme da molto tempo. Si erano messi d’accordo giurando di rispettare le reciproche libertà. Malgrado la differenza d’età avevano gli stessi interessi, che con il tempo si erano concretizzati in affari. Leo, come lei lo chiamava, aveva da giovane sofferto di un grave problema di salute, che lo aveva per sempre privato dell’erezione e dell’eiaculazione. La sua libidine si era così trasformata a suo dire in un ideale: vivere e godere guardando. Lo aveva incontrato alla sua prima mostra fotografica e da allora non si era più staccato da lei. Era un uomo pieno di fascino, di idee e di talento. Era stato lui a guidarla nel campo della moda e in tutte le altre attività che avevano con gli anni messo in atto. Era lui che aveva i contatti ed era sempre lui che aveva le idee, era lui che scriveva trame per film, traduceva libri da più lingue, scriveva romanzi erotici e produceva film erotici esclusivi, di gran classe. Insieme a lui era poi stata in un club di scambi ed era lì che era nata l’idea di organizzare viaggi per scambisti. Ma non viaggi purchessia, viaggi di gran lusso, per cui la gente spendeva delle vere fortune.
Quando ebbe finito mi prese per mano e mi portò in un enorme guardaroba dove erano appesi tutti i suoi abiti. Eravamo ambedue nude ”Scegli quella delle bluse che ti piace di più. Ti voglio fare un regalo”, mi disse dandomi un bacio sulla guancia.
La guardai. Non credevo ai miei occhi. C’erano bluse, camicie e altri capi d’abbigliamento di tutti i generi e colori. Lei mi aiutò a scegliere la taglia giusta. Alla fine feci la scelta. La indossai e mi misi davanti allo specchio. Mi stava molto bene. Ridemmo tutte e due.
Yasmin scelse poi una vestaglia e me la porse. ”Vieni ora”, mi disse. E’ ora di preparare la cena. Mangi qui, no?”.
La cucina era splendida, le attrezzature tutte di gran marca. Da un varco su una parete vidi la sala da pranzo sul cui sfondo, attraverso una larga arcata si scorgevano i mobili di un enorme salone.
Dal frigo estrasse un’aragosta. Mi disse che l’aveva comprata Leonardo il giorno prima. Leo, che era un ottimo cuoco, ne avrebbe fatto un risotto. Ci sarebbe poi stato dell’affettato e del formaggio. Yasmin aprì poi lo sportello di un enorme frigobar e mi chiese quale delle bottiglie di vino bianco preferivo. Non mi intendevo molto di vini, vidi delle bottiglie con una bella etichetta e ne scelsi una di quelle. Yasmin ne prese due, una l’aprì subito, ne riempì un bicchiere e me lo porse. Fece lo stesso con lei e facemmo un cin cin.
Mentre Yasmin preparava le altre cose io, così com’ero, nuda e a piedi scalzi, con la sola vestaglia addosso, mi sentivo un po’ a disagio. Quando poi vidi Leonardo arrivare anche lui indossando una specie di chimono, capii che avremmo mangiato così messi. Mi domandai se c’era qualcosa sotto quella tenuta inusuale per una cena o se era una loro usanza. Poi compresi quando, mentre Leo si dava da fare con l’aragosta, Yasmin mi si avvicinò e mi disse che lui mi trovava molto bella e gli sarebbe piaciuto fare dei giochi erotici con noi. La guardai interdetta. Se lui non era in grado di fare nulla, di quali giochi si trattava? Lei mi spiegò che noi avremmo recitato la nostra parte e lui si sarebbe limitato a guardare. La cosa mi piacque. Mi stavo davvero arrapando.
Yasmin preparò il tavolo che c’era in cucina, un grande tavolo rotondo di cristallo. Aveva pensato anche alla musica e nell’aria si diffondevano ora ritmi sudamericani. Leo aveva preparato un cocktail che bevemmo in piedi tutto d’un fiato. Quando tutto fu pronto ci sedemmo e cominciammo a mangiare e a bere. Tutto era squisito. Il cocktail e il vino avevano fatto il loro effetto e le parole e le risate cominciarono a scivolare di bocca. Io ero l’ospite e loro chiesero di me, dei miei studi, delle mie scuole. Leo era curioso e cominciò ad un tratto a farmi domande, che si fecero via via sempre più indiscrete. Non ne fui sorpresa dopo quello che aveva visto poco prima tra me e Yasmin e stetti al gioco. Per di più mi sentivo allegra, un pò per il vino ed un po’ per la situazione irreale in cui mi trovavo. Yasmin mi aveva raccomandato di sedermi a culo nudo sulla sedia e di tenere la vestaglia bene aperta. Lo facevo volentieri, ben conscia di dover nutrire in quel modo la libidine sofferente del povero Leo. Il fresco della sedia mi arrivava ora direttamente sulla pelle, nuda come ero. Attendevo ora da Yasmin il via a una performance che lei avrebbe innescato tra non molto. Sentivo nel corpo quella strana prurigine che mi veniva ogni volta che facevo la porcacciona.
Leonardo non mi toglieva gli occhi di dosso. Dalle cosce che vedeva attraverso il tavolo alle mie tette. Yasmin per il momento si limitava ad osservare ridacchiando. Poi ad un certo punto si alzò. ”Propongo un brindisi per il più bel culo del pianeta”, disse in tono teatrale, poi mi si avvicinò e mi tolse la vestaglia. Io non feci altro che voltarmi e mettere il culo bene in mostra. A quel punto Yasmin affondò la mano in un dolce alla panna che avevamo appena mangiato e me ne sparse addosso in abbondanza. Poi mi trascinò a terra e prese a leccarmi. ”Leo, vieni, ce n’è anche per te”, disse .In un istante mi trovai ad avere la lingua di Yasmin a leccarmi di dietro e quella di Leo che sdraiato mi leccava da sotto tra le gambe. Non ero preparata a concedermi in quel modo alla lingua di Leonardo, ma l’ebbrezza fu più forte di me. Chiusi gli occhi e mi abbandonai al piacere.
Ci volle un po’ perchè ripulissero bene da tutto l’attaccaticcio le parti intime del mio corpo ed io allargai bene le gambe per facilitare il compito. Rimasi così, a gambe larghe sul tappeto qualche istante. Yasmin ad un tratto si alzò e da un tavolo prese un grosso astuccio che mi mise in mano. ”Adesso è il tuo turno, è già lubrificato”, mi disse gettandosi sul tappeto a pancia in giù.
Aprii l’astuccio e dentro vidi con mia sorpresa uno strap-on. Non ne avevo mai visto uno da vicino nè naturalmente ne avevo fatto uso. Lo riconoscevo solo dai film pornografici. Lo presi un attimo in mano. Era nero, piccolo e leggermente ricurvo in cima. Non era difficile capire come indossarlo. Cercai di farlo rapidamente e mi piegai su Yasmin. Non sapevo come iniziare ma mi lasciai guidare dall’istinto. Dovevo entrare nel suo ano e volevo quindi prima leccarlo bene. Mi aiutai con le mani per aprirla e lei sussultò quando sentì la mia lingua. Continuai dolcemente e la sentii gemere.
Mi sentivo pervadere da una strana sensazione. Ero molto arrapata ma quel dildo allacciato sul mio corpo a me non dava niente. Provai ad alzare Yasmin dal tappeto. Volevo succhiare quelle belle tette. Le presi tra le mani. Lei si alzò sulle ginocchia e il cazzo fece capolino tra le gambe. Mi stesi sotto di lei e la feci sedere su di me. Lo strap-on le scivolò facilmente dentro e lei si mise a cavalcare come una furia. Ero sorpresa. Riuscivo a malapena a starle dietro. Ora le vedevo il volto. Aveva chiuso quei grandi occhi, aveva la bocca stretta e sembrava in trance. Quasi non la riconoscevo. Quando le presi il cazzo con una mano e cominciai a masturbarla emise una specie di grugnito. Ora era solo lei a sbattermi con frenesia mentre io con la mano con altrettanta frenesia le agitavo il cazzo. Fu quasi con un urlo che Yasmin improvvisamente esplose in uno spruzzo di sperma sulla mia mano e ricadde indietro sulla schiena.
L’enorme orgasmo di Yasmin mi aveva impressionato. Non ne avevo mai visto uno simile con tutti gli uomini con cui avevo scopato. Non ebbi però tempo per rifletterci. Yasmin si era alzata e Leonardo vidi che aveva posato la sua camera sul tavolo. Mi sarebbe piaciuto rivedere la scena su uno schermo.
Io non mi sentivo per nulla sazia. Tutt’altro. L’orgasmo di Yasmin mi aveva caricato ancora di più. Non mi rimaneva che attendere.
Decidemmo di farci una doccia. Nel bagno di Yasmin non mancava niente quanto a risorse. Ci infilammo entrambe nella grande vasca da idromassaggio e ci adagiammo a gustare lo spruzzo dell’acqua sui nostri corpi. Sdraiata, a occhi chiusi mi venne spontanea la domanda se i suoi orgasmi erano sempre stati così violenti. Mi rispose di si, ma solo con chi voleva lei. Non aggiunse altro. Le chiesi se aveva a che fare con la strana forma dello strap-on. Yasmin stette un attimo in silenzio, poi mi si avvicinò all’orecchio e ridacchiando mi disse ”Ti ho già detto che sono una donna con il cazzo. Poi c’è anche il punto-P”. La guardai senza capire. E non volli chiederle altro.
Yasmin prese una boccetta di unguento e me la pose. Voleva che le ungessi le spalle. Ci mettemmo in piedi ed io cominciai a farlo per bene a due mani e continuai lunga la sua bella schiena, mi soffermai a lungo sul suo culo. Passai poi con ambo le mani sul davanti, prima sulle grosse tette poi scendendo via via sempre più in basso. Quando arrivai sul suo cazzo e lo trovai bello duro cominciai a giocarci. In un attimo ci ritrovammo avvinchiate dentro la vasca.
Mi prese da dietro, tra gli spruzzi dell’idromassaggio. Mi lasciai andare a occhi chiusi e fu molto bello.
Si era fatto un po’ tardi. Decidemmo che ci saremmo riviste presto. Io mi rimisi addosso i miei abiti. Tornammo nella stanza biblioteca. Leonardo era seduto ad attenderci. Sul tavolino vicino al divano aveva preparato bevande, olive, noccioline e altri stuzzichini. Mi domandavo se lo spettacolo gli fosse piaciuto. Vidi che la camera digitale era ancora sul tavolo da pranzo. Forse pensava di usarla ancora. Gli dissi che sarei andata a casa. Lui sembrò un po’ deluso ma fu molto gentile. Mi abbracciò e mi ringraziò. Mi disse che la sua casa per me era sempre aperta e che per qualsiasi cosa bastava chiamarlo. Mi diede un biglietto da visita. Gli dissi che mi sarei fatta viva presto.
Per la strada ora c'era odore di pioggia ma il cielo era sereno. Tornavo alla realtà. L’incontro con Leonardo e le ore trascorse con Yasmin sembravano appartenere a un sogno. Eppure avevo un numero di telefono, nella borsa avevo una blusa. E addosso sentivo quello strano senso di languore che mi prendeva dopo una buona scopata. Qualcosa mi diceva che li avrei rivisti presto. Non mi sembrava solo un’avventura da dimenticare. Sapevo che Yasmin mi avrebbe voluto rivedere. E anche Leonardo. Io non avrei detto di no. Decisi però che avrei tenuto per sempre segreto questo incontro e tutto quello che ne era derivato.
Passarono così un paio di settimane e un giorno, dopo la lezione con il Maestro suonai al portone sulla strada che oggi era chiuso. Una voce chiese chi era. Sentii lo scatto del portone che si apriva ed entrai.
Yasmin mi offrì il solito thé e ci sedemmo sul solito divano del salone-biblioteca. Seppi che stavano per lasciare l’Italia per una decina di giorni. Le chiesi dove sarebbero andati e lì ebbi una lunga spiegazione dell’attività di cui già mi aveva fatto solo cenno.
Mi raccontò del loro viaggio per swingers, gli scambisti. Ne avevano in programma un nuovo tra non molto e c'erano molte cose da preparare e da controllare. Mi spiegò che trattandosi di viaggi di gran lusso tutto doveva essere programmato alla perfezione. A parte il viaggio in aereo, c'era l'albergo da trovare, adatto alle loro esigenze, per cui doveva essere o molto grande, nel qual caso prendevano un intero piano solo per il loro gruppo o, meglio ancora, uno piccolo, dove lo riservavano al completo. Ma doveva essere un gioiello. Natura, sole, eleganza, posizione, arredamento, servizio, cibo, discrezione, tutto doveva essere al top e nulla poteva essere lasciato al caso. Tutto andava scrupolosamente controllato. Leonardo in queste cose era intransigente e badava a tutto. Erano ormai da alcuni anni che si erano lanciati in questa impresa e tutto era sempre andato nel migliore dei modi. L'eco del successo di questi viaggi aveva presto fatto il giro del mondo e le richieste fioccavano da tutte le parti. Ogni volta erano costretti a dire di no a molte coppie, malgrado il costo del viaggio per coppia fosse altissimo. Mi disse anche che con quel successo erano entrati in cassa un mare di soldi. Ben guadagnati, aggiunse
Yasmin mi spiegò che perchè questi viaggi avessero successo loro erano costretti a fare una cernita delle coppie che chiedevano l'iscrizione. Generalmente i gruppi di swingers che loro portavano in giro per il mondo non erano più di dieci coppie, coppie che dovevano essere bene assortite. Il criterio non era semplice, ma trovatene alcune la cui fisionomia si accordava, bastava trovarne altre che non differissero troppo tra loro. Occorreva a volte un contatto diretto con gli interessati, che Leonardo e Yasmin facevano via Skype ed in qualche caso erano perfino costretti a chiedere informazioni tramite agenzie investigative. Non potevano rischiare che si verificassero contrasti di alcun genere tra coppia e coppia e neppure all’interno delle coppie. Erano controlli difficili da eseguire e finora erano certamente stati aiutati dalla fortuna. Leo le aveva insegnato una volta che la chiave del successo di questi viaggi e della soddisfazione dei partecipanti era un’organizzazione perfetta, dove niente veniva lasciato al caso.
Seppi che in alcuni casi le persone si iscrivevano anonimamente ed a volte si presentavano in albergo muniti di mascherina. Tra le tante coppie che loro avevano conosciuto erano sicuri di aver riconosciuto grossi politici, finanzieri, gente di spettacolo. Leonardo aveva di nascosto fotografato molti degli eventi. Ma solo per riguardarseli più tardi. Con i filmati che aveva avrebbe potuto ricattare un sacco di gente. Pensai con i brividi al film che aveva fatto con me. Ma mi fidavo di lui.
A un certo punto non potei fare a meno di chiederle quale ruolo lei preferisse quando partecipava agli scambi con le altre coppie. Lei mi aveva già spiegato quali erano le sue preferenze sessuali, ma aggiunse che dato che era come era, che poteva quindi essere passiva o attiva a seconda dei casi, tutto questo le aveva dato un enorme successo tra le coppie e mi confessò che lei in quei viaggi si divertiva un mondo.
Rimanemmo un attimo in silenzio, poi lei mi si avvicinò e con la voce più suadente che aveva mi disse: ”Perchè non vieni con noi una volta? Non ti costerà niente. La guardai sorpresa. Alla cosa non ci avevo pensato. Sarebbe stato bello e interessante, ma io dovevo pensare alla mia carriera. Il canto veniva prima di tutto. Glielo dissi. Rimase in silenzio un po’ imbronciata. Poi, guardandomi bene negli occhi, quasi implorando mi disse: ”Però voglio farti delle foto”.
Io capii a quali foto si riferisse. Risi e le risposi che non capivo che bisogno c’era di fare delle foto del mio corpo e che non poteva esserci grande differenza tra il mio corpo nudo e quello di un’altra. Il suo volto sembrò rabbuiarsi, mi guardò con aria stupita e mi disse vagliando bene le parole che ogni corpo aveva la sua forma, le sue linee, le sue ombre, i suoi contorni e un’infinità di dettagli che rendevano tutti i corpi diversi l’uno dall’altro. Finì dicendo che il mio corpo era uno dei più belli che aveva mai visto.
Corse a prendere uno dei suoi tanti cataloghi e me lo mise davanti agli occhi. ”Guarda qui il cespuglio che questa donna ha tra le gambe, guarda il monte di Venere di questa, guarda l’ombelico. Guarda questa schiena e guarda qui questo culo. Nei culi le variazioni sono infinite, ma la forma può essere più o meno bella. Dipende anche dalla forma della schiena. Ma i glutei, le ombre che si formano su quelle rotondità possono rendere un culo sublime. E poi quello che c’è lì tra le gambe. La vulva, la sua forma, l’apertura delle labbra, e quella deliziosa linea scura che a volte circonda la vulva. E l’orifizio del culo. Guardalo”, mi disse con animazione agitando davanti ai miei occhi la foto di un ano visto da vicino. ”Guarda questi altri”, proseguì ”non vedi che non ce n’è uno uguale all’altro?! Il tuo culo, la tua vulva, la tua schiena il tuo monte di Venere, sono uno schianto!”. Era molto accorata mentre mi parlava.
La guardai sorridendo. Si, certo, ora che me lo faceva notare vedevo anch’io queste cose. Mi resi conto che una donna come lei doveva aver affinato la sua sensibilità con il cambio del sesso. L’attività di fotografa doveva poi aver fatto il resto.
Perchè no, mi dissi. Nessuno potrà mai riconoscermi da una foto senza volto. Sul mio corpo poi non ci sono segni speciali che lo rendano riconoscibile. ”Va bene”, le dissi, ”ci sto. Però se le foto non mi piacciono le cancelli”.
Fu felicissima e mi disse di andare subito a farmi una doccia. Mi diede poi una crema con cui dovevo spalmarmi tutto il corpo. Lei intanto si sarebbe preparata.
Quando tornai era tutto pronto e i faretti erano già accesi. Per terra, sul tappeto aveva messo un grosso cuscino di velluto rosso. Mi disse di stendermi lì sopra. Voleva fotografarmi in diverse posizioni, mi disse, e voleva cominciare davanti. Mi sdraiai sul cuscino. Lei venne subito a spostarmi le gambe. Le raddrizzò, le piegò in più modi finchè non fu soddisfatta. A quel punto si piegò su di me. Con un pettine cominciò a pettinarmi con cura i peli del pube. ”Si deve vedere tutto”, mi disse. Con le dita poi, delicatamente cercò di dilatare le labbra. ”La vulva deve respirare”, disse.
A quel punto si rialzò e si diresse verso la fotocamera. Un attimo dopo venne da me con la fotocamera. ”Guarda”, mi disse, ”ti piace?”. Guardai la foto. Il mio volto, con il corpo in quella posizione, era nascosto. Mi vedevo ora per la prima volta in una foto, nuda a cosce spalancate. Mi sembravo oscena, eppure non lo ero. ”Si”, dissi, ”è veramente una bella foto”.
Ora dovevo voltarmi. Mi sdraiai sulla pancia questa volta e ci volle del tempo prima che lei fosse soddisfatta di quello che vedeva. O la posizione era troppo statica o le ombre non andavano bene. A un certo momento prese un oggetto e me lo pose tra i glutei. Li voleva vedere più aperti, mi disse.
Quando mi fece vedere la foto rimasi stupita. Era davvero una bellissima foto, molto erotica.
Mi rialzai. Yasmin sembrava soddisfatta. Spense i faretti e mi venne incontro. Quando mi fu vicina mi abbracciò. Sentii che il cazzo si era irrigidito. La guardai. ”Sei arrapata?”, le chiesi. ”Si, quando fotografo mi eccito”, rispose. ”Vieni che scopiamo”, le dissi prendendola per mano. Lei mi segui al divano. Ci sedemmo e io le presi il cazzo tra le mani e mi avvicinai per succhiarlo. Lei si distese con un gemito. Quando mi rialzai e stavo per sedermi su di lei mi fermò, mi venne all’orecchio e mi sussurrò: ”Me lo fai mettere nel culo?”. La guardai seria, ma lei continuò: ”Lo so che non l’hai mai voluto fare con gli uomini, ma con me è diverso. Io voglio farti godere”. Me lo disse in tono invitante. Ci pensai un attimo su. Con lei l’avrei potuto fare, ma mi preoccupavano i discorsi che avevo sentito. Non volevo subire un danno. Glielo dissi. Mi guardò e mi disse che lei lo faceva con delicatezza, che l’aveva fatto con altre donne e che non c’era mai stato un problema. Mi ripetè che era bello, che mi avrebbe fatto godere.
Rimasi in silenzio, poi scivolai sul tappeto, e mi misi in ginocchio appoggiando le braccia al divano. Va bene, pensai, se devo farmi inculare lo farò con lei.
Lei mi tirò indietro sul divano e mi fece sdraiare su un fianco. Sentii le sue mani con il lubrificante percorrermi delicatamente la pelle, fin dentro all’ano. Fece lo stesso con il suo bel cazzo a due mani e poi si distese dietro di me. La sua mano venne a cercarmi tra le gambe. Le sue dita entrarono in me Sentii ii clitoride indurirsi. Era brava Yasmin. Sapeva dove andare con le sue dita. Sentii un’ondata di piacere che mi annebbiava la testa. Continuò così per un po’ e fu solo dopo qualche istante che sentii la pressione del suo cazzo che mi entrava dentro. Il piacere si fece ora più forte, anchè lì, il suo cazzo ormai oltre lo sfintere. Fui io istintivamente a muovere le anche. Lei mi assecondò. Trovammo presto un ritmo, lento ma intenso. A occhi chiusi sentivo il piacere lungo tutto il corpo. Gemevo e ansimavo e sentivo che anche Yasmin respirava ora affannosamente. Poi si fermò. Si raddrizzò e mi attirò a sé. Montai a cavalcioni su di lei e aiutai con una mano il suo cazzo dentro di me. Ora potevo regolarmi come volevo, lei ferma ad attendere. Cominciai a muovermi lentamente, sentivo il cazzo scivolarmi dentro. Scosse di piacere mi invasero il corpo. Ora si unì anche lei al mio ritmo. Quando venni un’ultima volta mi spinsi con il corpo sopra di lei. Lei continuò a spingere ancora un istante, poi con un sussulto venne anche lei. Cascammo ambedue all’indietro e rimanemmo inerti, sfinite.
Fu lei a rifiatare per prima. Si alzò ed uscì. Tornò dopo un istante e aveva con se da bere. Vidi le bollicine nei bicchieri e compresi che dovevamo brindare alla prima inculata. Risi molto.
Sentii improvvisamente il bisogno di farle una domanda. ”Yasmin”, le dissi ”ma tu cosa preferisci fare con le donne?”. Mi rispose subito senza pensare. ”Io adoro inculare, non so perchè. Non è una questione fisica. Il culo di una donna mi ossessiona. Ne ho una vera venerazione.”
”Ma ti piace quando ti scopa un uomo?”, incalzai. ”Si mi piace, ma solo con certi uomini, te l’ho già detto.” ”In che senso”, chiesi. ”Deve essere gentile e deve avere il cazzo giusto. Allora godo come una pazza.”
Quel giorno non facemmo altro. A casa mangiai con la mamma. Le raccontai che avevo incontrato persone molto divertenti. Non le dissi altro.
Passò del tempo. Yasmin e Leonardo erano partiti per il loro viaggio e io pensavo ora solo al canto. Fu Yasmin un giorno a telefonarmi. Mi disse che erano tornati da qualche giorno e voleva che andassi da lei il giorno dopo perchè doveva farmi conoscere una persona. Le chiesi chi fosse e lei mi rispose in modo sbrigativo che era un uomo e che sarebbe venuto a pranzo, ma io dovevo venire un po’ prima perchè ci dovevamo preparare. Saremmo stati solo noi tre. Non mi volle dire altro.
Ero piuttosto eccitata il giorno dopo. Mi preparai per bene. Avevo capito che bisognava fare bella figura. Quando suonai alla porta Yasmin mi aprì quasi subito. Era uno schianto.
Mi raccontò che aveva conosciuto a Londra un modello di colore. Era bellissimo ma non era successo niente. Si erano solo scambiati gli indirizzi. Degli amici le avevano detto di lui che era bisessuale, ma i segnali che lui le aveva dato erano inequivocabili. ”Da me vuole la gnocca. Quando vedrà come sono fatta ci divertiremo un mondo. Io gliel’ho da mettere nel culo”, disse ridendo.
Ci mettemmo d’accordo che lei lo avrebbe assaltato dalla parte posteriore e io da quella anteriore.
”Devi essere più provocante,” mi disse. ”Vieni, ti do una mano”. Andammo nel suo guardaroba e fu lei a scegliere cosa dovevo indossare. ”No mutandine”, mi disse in tono perentorio. Quando mi guardai poi allo specchio quasi non mi riconoscevo. Andammo in cucina a preparare, così ci saremmo seduti subito al tavolo. Già, il tavolo di cristallo, ne vedremo delle belle, pensai.
Stan fu puntuale. Al suono del campanello Yasmin mi lasciò seduta sul divano della biblioteca e corse ad aprire. Sentii le loro voci poi dopo un attimo li vidi entrare.
Compresi subito l’entusiasmo di Yasmin. Era davvero un gran bel figo, alto, ma slanciato, non robusto. Un bellissimo volto. Aveva un aspetto gentile che mi piacque subito. Si, ci saremmo divertite pensai tra me e me.
Io parlavo male l’inglese. Così, seduti al tavolo, non feci altro che dargli la bottiglia di champagne facendogli segno di aprirla. Al botto ridemmo.
Attraverso il cristallo del tavolo vedevo i jeans di Stan da una parte e l’abito succinto dii Yasmin dall’altra. Di lei non si vedevano le mutandine perchè altrimenti rischiava di essere scoperta, ma le sue favolose lunghe gambe, che lei teneva abbondantemente aperte erano scoperte. Io avevo una specie di gonnellino e solo l’ombra impediva di vedere che non c’era nient’altro sotto. Guardai Stan per un attimo in volto. Mi sembrava un po’ imbarazzato. Chissà che idee si era messo per la testa. Comunque non sarebbe andata come pensava, mi dissi e risi tra me e me.
Yasmin aveva servito un cocktail prima che ci sedessimo al tavolo che noi ci eravamo bevuti d’un fiato. Lo champagne non facevamo in tempo a berlo che Stan ce ne riempiva di nuovo il bicchiere. Diventammo subito piuttosto allegri e le gambe mie e di Yasmin cominciarono a dare segnali che Stan non poteva non avvertire.
Finito di mangiare lasciammo la cucina e ci dirigemmo nel salone. Yasmin aveva ora preso Sten per mano. Lo portò al divano e ce lo gettò sopra. Vidi le loro bocche baciarsi di slancio e vidi una mano di Stan che stava saggiando una tetta di Yasmin. Io non feci altro che inginocchiarmi ai piedi di Stan e gli sfilai i jeans. Ne uscì fuori un cazzo bello lungo, di quelli che piacevano a me, e cominciai a succhiarglielo. Yasmin intanto aveva attirato la testa di Stan tra le sue gambe e un attimo dopo gli aveva infilato il cazzo in bocca. Quello fu per me il segnale. Ne avevamo parlato, Yasmin ed io, su come dovevamo parare quel momento. Io mi affrettai a salire su Stan e cominciai a scoparlo. Non ci fu sorpresa e il gioco proseguì senza problemi.
Ora dovevo lasciare l’iniziativa a Yasmin. Mi alzai e così fece Yasmin, che trascinò Stan sul tappeto a fianco del divano. Lo mise in ginocchio e se lo scopò. Eravamo d’accordo che io a quel punto sarei scivolata sotto Stan e gli avrei preso il cazzo in bocca. Lo feci e subito lui si piegò per leccarmi tra le gambe. Uhmm, che scena. A ripensarci ancora mi arrapo.
Yasmin aveva deciso che voleva venirgli dentro. Lo fece con una specie di urlo soffocato. A quel punto io mi voltai e offrii a Stan di scoparmi da dietro. Non volevo che si sbagliasse, perció lo aiutai con la mano a venirmi dentro. Mi sentivo arrapata come una furia e cominciai a sbatterlo a un ritmo indiavolato. In un attimo si unì al mio ritmo. Fu bellissimo e quando lui finalmente venne rimase a lungo avvinchiato a me.
Yasmin andò un attimo in cucina. Tornò con una caraffa d’acqua. Bevemmo aggrappati l’uno all’altro.
A me era rimasto un desiderio. Lo dissi a Yasmin. Lei mi guardò sorridendo. Stan sembrava sfinito, steso sul divano. Yasmin ed io eravamo sedute vicino. Lei con una mano cominciò a carezzarmi un fianco. Sentii la sua lingua scendermi tra i glutei. Prese poi il lubrificante e con quello cominciò con la mano lentamente sulla mia pelle, come aveva fatto l’altra volta. Faceva tutto piano e con cura. Io sentivo l’eccitazione che mi saliva alla testa. Mi distesi sulla pancia rilassata. Sentivo il desiderio lungo tutto il corpo.
Mi volle in ginocchio sul tappeto, la testa appoggiata sul divano. Fece poi come l’altra volta e mi attese, una mano sul clitoride a masturbarmi. A quel punto si svegliò Stan e scese sotto di me. Sentii la sua lingua su di me. Chiusi gli occhi e istintivamente mi misi in moto come in trance. Fu una meraviglia. Decisi che il sesso anale in futuro l’avrei solo fatto con Yasmin, ma sarebbe rimasto un segreto.
Non ci fu solo sesso quel giorno. Ascoltammo musica dai favolosi diffusori di Yasmin. Stan ci raccontò della sua vita, dei suoi viaggi per il mondo. Aveva una bella vita, il bel Stan, ma doveva stare attento alla dieta e curare il corpo in palestra per svolgere il suo lavoro. Chiese di me. Nel mio stentato inglese risposi solo che studiavo. Avrebbe voluto rivedermi. Mai dire mai gli risposi ridendo. Yasmin gli parlò dei viaggi per scambisti. Gli chiese se era interessato. Stan le diede il suo indirizzo email. Gli avrebbe mandato informazioni.
Rimaste sole, Yasmin ed io ci elogiammo a vicenda. Eravamo state molto brave e ci eravamo divertite un mondo. Sapevo che la domanda prima o dopo sarebbe venuta, ma quando Yasmin me la fece le dissi subito no, il viaggio no, devo pensare al mio concorso. ”Ma dopo?”, mi chiese. Anche a lei dissi ”mai dire mai”.
Da quella volta vedo Yasmin e Leonardo di tanto in tanto, sempre in segreto. Quando gli impegni con il canto me lo permettono. Non voglio rinunciare al sesso con Yasmin, fatto in quel modo, in segreto e senza alcun impegno. Diverso è invece quando sono in viaggio. Lì non devo sgarrare. Da Yasmin imparai l’idea della mascherina. Club per swingers ce n’erano dappertutto. Mi mancavano però le marachelle improvvisate con i camerieri. Chissà se sarebbero mai nate nuove occasioni? Ancora mai dire mai.
P.S. Mi erano rimaste impresse le due parole dette da Yasmin in un orecchio nel bagno a proposito del suo orgasmo. Un punto-P, mi aveva detto. Ma cos’era questo punto-P? A casa su Google nel lap-top cercai la spiegazione e allora mi resi conto e compresi che Yasmin era una gran ganza.
Appendice a ”La postura”
Poco dopo aver iniziato a frequentare le lezioni del Maestro Arnaldi avvenne qualcosa che volli tener segreto perchè temevo che mi potesse guastare la carriera. Ora penso di volerlo raccontare perchè non fu solo un’avventura qualsiasi, ma fu l’inizio di un´esperienza che pensavo valesse la pena di esplorare.
Ero appena uscita dal portone dopo una lezione quando vidi che pioveva. Non avevo portato con me l’ombrello. Cosa fare, mi chiesi. Guardai su. C’era aria di temporale e vedevo attorno a me solo nuvole tenebrose. Non avevo con me neppure il cellulare per chiamare un taxi e in quella zona c’era poco traffico e nessuna stazione di taxi. Non potevo tornare indietro, così decisi di avviarmi più in fretta possibile. Proteggendomi con la borsa che avevo con me, mi avviai a passo di corsa lungo le facciate cercando la protezione dei tetti.
Quando scoppiò il temporale si mise a diluviare. Vidi a distanza il portone aperto di uno dei tanti palazzotti antichi di quella zona della città. Mi ci infilai dentro scrollandomi la pioggia di dosso.
Mi trovai in un’enorme androne, di quelli dove una volta entravano le carrozze a cavallo. C’erano ancora gli agganci alle pareti. Era piuttosto buio e quella poca luce che c’era veniva da una vetrata da cui si intravedevano le palme di un giardino. Tutt’attorno il silenzio era rotto dallo scroscio della pioggia che le grondaie non riuscivano a reggere. Vidi una panca in un angolo e decisi di sedermi e aspettare che il temporale si calmasse. Mi sentivo piuttosto fradicia addosso ma non faceva freddo. Mi sarei asciugata presto.
Ero lì da una diecina di minuti quando udii il fruscìo di una porta che si apriva di fianco a me. Da un ascensore uscì un distinto signore che vedendomi si fermò, mi guardò con aria interrogativa e poi sorridendo mi disse: ”e che ci fa qui una gentile signorina?”. Mi alzai cercando di raddrizzare gli abiti che avevo addosso. ”Fuori diluvia”, risposi. Ho trovato il portone aperto e ne ho approfittato. Forse non avrei dovuto”. ”Non si preoccupi, signorina. Qualcun altro forse lo avrei cacciato fuori. Lei proprio non me la sento. Ma, signorina, io a lei l’ho già vista”, mi disse. ”Non saprei”, risposi. ”è da poco che bazzico da queste parti e io abito in un’altra parte della città”. ”Posso chiederle come mai si trova qui? Conosce qualcuno?” mi chiese. ”Prendo lezioni di canto e il mio nuovo Maestro abita non lontano da qua”, risposi. ”Lezioni di canto, ora capisco dove l’ho vista. Lei ha cantato lo scorso anno a un concerto di beneficenza. Era alla Cassa di Risparmio. Si, ora mi ricordo. Lei fece anche un bis e cantò Bellini.
”Che buona memoria!”, gli risposi. ”Io guardo molto, signorina. Sono un guardone”, e rise della sua uscita. ”Scherzi a parte, signorina. Un bel volto di donna io non lo dimentico.” Poi cambiò espressione e disse: ”Senta, io dovevo fare una piccola commissione ma con questo tempo preferisco rimandarla a domani. Sa cosa le dico? Che ne dice di venire su da me. Non si preoccupi, non sono solo. Così può darsi un’asciugata e aspettare che il tempo si rimetta”. ”Su, venga”. Aveva un aspetto molto rassicurante, quell’uomo. Non potevo dire dj no. Lo seguii al piccolo ascensore, lui pigiò al numero 2, la porta si chiuse e silenziosamente l’ascensore si mosse. Mi sentii un po’ a disagio, in piedi vicino a lui, in uno spazio cosÌ ridotto. Mi chiamo Leonardo Doveri”, mi disse con la sua voce calda. ”Grazia Morandi”, gli risposi dandogli la mano. In un attimo ci trovammo al secondo piano e lui mi fece uscire poi si diresse a una porta lì vicino. L’aprì velocemente e mi fece entrare. ”Yasmin”, chiamò a voce alta. ”Vieni, abbiamo una visita”.
Mentre lui mi faceva accomodare in una magnifica stanza con un’enorme libreria illuminata dalla luce che proveniva da due grandi finestre, udii dei passi provenire dal corridoio ed un secondo dopo apparve sull’uscio una donna che mi lasciò senza fiato. Era alta con gambe lunghe, i capelli scuri che le scendevano sulle spalle, un volto stupendo su cui spiccavano due occhi scuri che vibravano di calore. Aveva un sorriso smagliante quando mi venne incontro per salutarmi. ”Questa è Grazia Morandi, studia canto ed io la sentii cantare l’anno scorso a un concerto alla Cassa di Risparmio. Ti ricordi che ti parlai di una soprano con una gran bella voce? Ti dissi anche che era molto bella. Beh, l’ho trovata qui sotto nell’androne d’ingresso. Poverina, senza ombrello ha trovato il nostro portone aperto ed è entrata per ripararsi.”, disse Leonardo e poi continuò: ”Beh, io adesso vi lascio. Falla asciugare, mi raccomando. Io ho un paio di telefonate da fare. Voi intanto parlate.”.
Rimanemmo così sole io e la donna. Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Sembrava presa da una rivista d’alta moda. Non avevo mai incontrato da vicino una donna come lei. Tutto era perfetto. Era piena di femminilità e allo stesso tempo era semplice e piena di eleganza. Aveva una voce calda che in qualche modo andava d’accordo con l’accento che aveva. Si, era molto sexy, mi dissi, è proprio una gran figa. Ma quanti anni avrà, mi domandavo, e da dove veniva? Dall’accento e dal colore della pelle avrei detto che era brasiliana. Glielo chiesi, mi rispose di si. Ma parlava un italiano perfetto. Avrei voluto tanto chiederle l’età che aveva, ero curiosa di saperlo. Avrei detto che non aveva ancora i trent’anni.
Che relazione avessero quei due, con lui che certamente aveva passato i cinquanta, non potevo saperlo. Per ora mi bastava sapere che vivevano assieme e che in quella casa il denaro non mancava. La sua voce mi riportò alla realtà: ”Vuoi andare in bagno, vieni, ti do un asciugamano così ti asciughi un po’. Intanto vado a preparare un thè. Lo bevi il thè?”, mi domandò dandomi subito del tu.
Corse a prendere un asciugamano e me lo porse. Voltandosi la vidi dal di dietro. La sua schiena nuda era lunga e sinuosa, bellissima. La sua pelle era liscia come quella di un bebé. Mi aprì la porta del bagno degli ospiti, che era grande il doppio di quello che avevamo a casa. Non mancava niente lí dentro. Mi sarei fatta quasi una bella doccia ma mi limitai a darmi un’asciugata. Mi guardai allo specchio e mi dissi che in fondo però non sfiguravo neanche io, anche se non venivo dal Brasile.
Rientrai nella stanza che sembrava essere una biblioteca e un attimo dopo Yasmin era tornata con un vassoio con il thè. C’era anche del dolce che mi disse di aver fatto lei. Ci sedemmo, io su un basso divano dove sprofondai e lei su una poltrona di fronte a me. Vidi che sedendomi su quel divano la mia gonna si era tirata su di svariati centimetri. Le mie mutandine bianche erano perfettamente in vista dalla poltrona su cui era seduta Yasmin. Non me ne curai.
Fu lei a rompere il silenzio per domandarmi delle mie lezioni di canto. Rimase in silenzio ad ascoltarmi. Mi disse che le piaceva molto la musica anche se non era mai stata ad un’opera. Però conosceva tante arie dei vari musicisti italiani e conosceva i nomi dei maggiori cantanti. Mi chiese a chi mi ispiravo. Le risposi ridendo che cercavo di trovare una mia personalità. Continuammo a parlare per un po’, poi improvvisamente mi guardò e mi disse che aveva appena finito il modello di una blusa estiva che doveva consegnare la prossima settimana. Mi chiese se già che ero lì non potevo farle il piacere di farle da modella. ”Perchè no”, le dissi. Incuriosita poi le chiesi se lavorava con la moda. ”Si, ho una mia linea che vendo tramite una casa di moda”. Così mi disse senza specificare quale delle tante case di moda fosse. Si alzò e mi fece segno di seguirla. Andammo lungo il corridoio. La casa sembrava enorme, doveva occupare tutto il piano del palazzo.
Giungemmo in una grandissima stanza che doveva essere il suo laboratorio. Ne rimasi impressionata. In quella stanza c’era di tutto. Vidi un computer in un angolo. A una parete era appeso un enorme video, In un altro angolo c’era una lampada, uno schermo e una piccola macchina da ripresa. Su un altro lato della stanza c’era un lettino con sopra alcuni asciugamani ben ripiegati e appoggiato a una parete infine c’era un magnifico, enorme, largo divano. Le pareti poi erano piene di grandi foto. Oltre a quelle di moda ce n’erano molte che rappresentavano i corpi nudi di uomini e donne. Tutte senza volto, con le loro parti intime esibite in primo piano. Erano foto molto artistiche, tutte in bianco e nero, arricchite da vari oggetti in modo da addolcire il lato pornografico e dar loro invece un’apparenza più artistica. Vidi corpi bianchi ed altri neri, tutti assai belli, posizionati in modo elegante e sensuale. Notai il lato artistico, ma l’effetto di quei corpi nudi su di me fu molto eccitante. Alle donne il pelo sul pube sembrava pettinato e la vulva era aperta, quasi aspettasse di essere penetrata. I membri degli uomini erano tutti ben formati e quasi sull’attenti, come fossero in attesa di un incontro. Vidi che Yasmin mi osservava mentre guardavo quelle foto. Rimasi senza parole. Lei rise. ”Questo è il mio mondo. Spero che non ti dia fastidio”. La guardai ”Perché dovrei essere infastidita. Sono molto belle”, balbettai io, ”ma le hai fatte tu?”, chiesi cercando di nascondere il mio imbarazzo.
”Siediti sul divano. Vengo subito”, mi disse. Mi sedetti, o meglio mi sdraiai, tanto largo era quel divano. Un istante dopo Yasmin era rientrata. Si sedette questa volta di fianco a me, mise sul tavolo un grosso catalogo e guardandomi mi disse: ”Questa è la mostra di fotografie che ho fatto a Parigi l’anno scorso.” Cominciai in silenzio a guardare le foto, alcune delle quali avevo appena visto appese alla parete. Sentivo l’eccitazione salirmi alla testa e la presenza di Yasmin accanto a me con quella sua straordinaria femminilità mi metteva a disagio. Non avevo mai fatto sesso con una donna, ma qui, adesso, con lei lo avrei fatto se solo me lo avesse chiesto.
Cominciò a raccontarmi di lei. Mi spiegò che le erano sempre piaciuti i corpi nudi delle donne e degli uomini. Questa passione, unita all’altra della fotografia aveva fatto nascere in lei l’idea di raccogliere le foto, via via che ne faceva, e di presentarle in una mostra. Quando lo fece la prima volta non abitava ancora in Italia. A quei tempi viveva a Londra ma quello fu l’inizio di un’attività che la portò in molte altre parti del mondo.
Mi raccontò poi di come aveva cominciato con la moda. Anche lì per caso, ma sempre grazie al suo buon gusto. Perchè a lei erano sempre piaciute le cose belle.
Mentre mi parlava le guardavo il bel volto, i suoi occhi. Le guardavo la bocca e mi dicevo che avrei voluto baciarla. Ad un tratto lei si alzò. ”Vediamo la blusa come ti sta”, mi disse alzandosi. Anch’io mi alzai. Senza aggiungere una parola mi si avvicino e cominciò a sbottonarmi la camicetta che avevo addosso. Si fermò quando ebbe tolto l’ultimo bottone. La camicetta si era aperta, io non portavo reggiseno e le mie tette fecero ora bella mostra di sè. Vidi passare nei suoi occhi una strana ombra che non riuscii a decifrare. ”Che belle tette che hai”, mi disse semplicemente. Si chinò a raccogliere la blusa. Un tessuto fantastico di colori e disegni altrettanto fantastici, dettagli tutti molto ricercati. Mi resi subito conto che una blusa così in un negozio non l’avrei pagata meno di cifre vicine ai tre zeri.
Vidi le sue mani mentre armeggiava su di me con la blusa. Lunghe e affusolate, ben curate. Rabbrividii quando mi toccarono la pelle. La taglia era un po’ abbondante per me e lei con le sue belle mani provava a ritoccarla qui e là per adattarne la forma su di me. Sembrava soddisfatta. Mi venne poi di dietro per vedere come mi stava sulla schiena. Sentii il palmo delle sue mani che mi lisciavano lentamente le spalle e proseguivano lungo la schiena. Tenne le mani per un istante sui miei fianchi, poi risalì in avanti per fermarsi sulle mie tette. A quel punto non resistetti più. Mi voltai per baciarla e mi strinsi al suo corpo. Fu allora che incontrai con i miei fianchi qualcosa di duro in lei. Mi fermai di scatto guardandola a bocca spalancata. Lei mi guardava sorridendo. Mi disse tranquillamente: ”Sei sorpresa vero? Che c’è di male? Sono solo una donna col cazzo.
Io continuavo a guardarla scioccata. Lei sembrava che si aspettasse questa situazione. Si raccolse indietro sul divano e cominciò a raccontarmi.
Era ancora una ragazzina in Brasile e nonostante il corpo di uomo si era sempre sentita donna. Aveva sempre giocato con le bambine e non aveva mai avuto alcun interesse per i giochi dei maschi. I suoi genitori erano sempre stati molto comprensivi e si accorsero subito dei suoi problemi. Per fortuna i mezzi a casa loro non mancavano e vennero così consultati medici e psicologi. Quando aveva compiuto i 14 anni fu presa la decisione di iniziare il percorso del cambio del sesso. Di lì seguì quindi una lunga serie di interventi di tutti i generi, servendosi di specialisti anche in America. Il suo corpo slanciato favorì la trasformazione e gli ormoni fecero il resto. Non le piacque però l’idea di operarsi per cambiare il suo sesso. Decise di tenersi il membro maschile.
Nel frattempo lei aveva continuato ad andare a scuola, a volte solo saltuariamente, ma era riuscita a terminare senza alcun problema. Aveva cambiato scuola e si era presto abituata ad essere donna ma la sua preferenza sessuale era stata in prevalenza rivolta verso le donne. Aveva cominciato presto a viaggiare ed era così nata la sua passione per la fotografia. Poichè era bella e la sua condizione di trans aveva provocato, oltre che subbuglio tra i giovani, uomini o donne che incontrava, anche in lei un senso di spregiudicatezza. Erano così nate miriadi di brevi relazioni che finivano immancabilmente in un letto. Corpi nudi che lei cominciò presto a fotografare.
Non potei fare a meno di chiederle perché non aveva completato l’opera eliminando il sesso maschile. Mi rispose che aveva preferito così perché come mi aveva già detto le piaceva il ruolo di donna con il cazzo e il sesso preferiva farlo con le donne ma le piaceva essere posseduta dai maschi, da quelli però che le piacevano in un certo modo. Non mi disse altro.
Mentre parlava mi si era avvicinata e con le mani aveva cominciato a lisciarmi i capelli. Mi lasciai andare. Si inginocchiò allora davanti a me, mi aprì le cosce e mi sfilò le mutandine. Mi distesi sul divano, le presi la testa con le mie mani e la attirai a me. Sentii la sua lingua. sapeva dove andare e cosa fare. Chiusi gli occhi. una sua mano mi salì su una tetta, ci appoggiò la bocca. Poi si alzò e mi porse il cazzo. Lo presi in bocca e glielo succhiai. Mi sentivo disorientata. Ero con una donna, ma avevo un cazzo tra le labbra. E mi piaceva.
Mi rialzò dopo un attimo e mi attrasse sul suo corpo. Mentre mi mettevo a cavalcioni su di lei si aprì improvvisamente la porta e sull’uscio apparve Leonardo. Tranquillamente, guardandoci, disse che aveva smesso di piovere e che sarebbe uscito. Richiuse la porta e se ne andò. Mi ero fermata, ma Yasmin mi attirò nuovamente a sè. La cavalcai lentamente, come sempre facevo in quella posizione. Spingevo su di lei. Volevo sentire il cazzo riempirmi tutta. Ora mi lasciai sopraffare dai sensi. Ad un tratto fu Yasmin a staccarsi. Vidi un flutto di sperma schizzarmi addosso. Non mi sentivo però ancora appagata. Mi alzai con le anche e mi offrii alla sua bocca. Yasmin non mi fece attendere. Sentii la sua lingua titillarmi il clitoride. Mi stese poi sul divano e con una mano cominciò a masturbarmi con forza. Sentii un dito che mi frugavai nel culo. Come poteva sapere che mi piaceva? Poi ci staccammo l’una dall’altra. Rimanemmo per un po’ in silenzio, ambedue sazie.
Era stata una nuova esperienza per me. Mi era piaciuta davvero molto. Lo dissi a Yasmin e le parlai del mio mio bisogno di sesso, della mia spregiudicatezza e dei miei pochi tabù. Perchè ero aperta a qualsiasi esperienza. Le dissi quale non avevo mai avuta. Mi stette ad ascoltare senza fare commenti. Continuava a guardarmi con quei suoi occhi splendidi.
Dovevo telefonare alla mamma. Avrei fatto tardi, le avrei detto. Così mi alzai. Ero nuda e feci solo alcuni passi per prendere il telefono. Quando ebbi finito tornai al divano. Yasmin mi guardava. ”Lo sai che hai un culo fantastico?!”, mi disse con la sua voce calda.
Continuavo a pensare a Leonardo e dovetti chiedere a Yasmin come stavano realmente le cose. Lei sorrise e poi mi fece un lungo racconto.
Non erano sposati, loro due, ma avevano deciso di vivere insieme da molto tempo. Si erano messi d’accordo giurando di rispettare le reciproche libertà. Malgrado la differenza d’età avevano gli stessi interessi, che con il tempo si erano concretizzati in affari. Leo, come lei lo chiamava, aveva da giovane sofferto di un grave problema di salute, che lo aveva per sempre privato dell’erezione e dell’eiaculazione. La sua libidine si era così trasformata a suo dire in un ideale: vivere e godere guardando. Lo aveva incontrato alla sua prima mostra fotografica e da allora non si era più staccato da lei. Era un uomo pieno di fascino, di idee e di talento. Era stato lui a guidarla nel campo della moda e in tutte le altre attività che avevano con gli anni messo in atto. Era lui che aveva i contatti ed era sempre lui che aveva le idee, era lui che scriveva trame per film, traduceva libri da più lingue, scriveva romanzi erotici e produceva film erotici esclusivi, di gran classe. Insieme a lui era poi stata in un club di scambi ed era lì che era nata l’idea di organizzare viaggi per scambisti. Ma non viaggi purchessia, viaggi di gran lusso, per cui la gente spendeva delle vere fortune.
Quando ebbe finito mi prese per mano e mi portò in un enorme guardaroba dove erano appesi tutti i suoi abiti. Eravamo ambedue nude ”Scegli quella delle bluse che ti piace di più. Ti voglio fare un regalo”, mi disse dandomi un bacio sulla guancia.
La guardai. Non credevo ai miei occhi. C’erano bluse, camicie e altri capi d’abbigliamento di tutti i generi e colori. Lei mi aiutò a scegliere la taglia giusta. Alla fine feci la scelta. La indossai e mi misi davanti allo specchio. Mi stava molto bene. Ridemmo tutte e due.
Yasmin scelse poi una vestaglia e me la porse. ”Vieni ora”, mi disse. E’ ora di preparare la cena. Mangi qui, no?”.
La cucina era splendida, le attrezzature tutte di gran marca. Da un varco su una parete vidi la sala da pranzo sul cui sfondo, attraverso una larga arcata si scorgevano i mobili di un enorme salone.
Dal frigo estrasse un’aragosta. Mi disse che l’aveva comprata Leonardo il giorno prima. Leo, che era un ottimo cuoco, ne avrebbe fatto un risotto. Ci sarebbe poi stato dell’affettato e del formaggio. Yasmin aprì poi lo sportello di un enorme frigobar e mi chiese quale delle bottiglie di vino bianco preferivo. Non mi intendevo molto di vini, vidi delle bottiglie con una bella etichetta e ne scelsi una di quelle. Yasmin ne prese due, una l’aprì subito, ne riempì un bicchiere e me lo porse. Fece lo stesso con lei e facemmo un cin cin.
Mentre Yasmin preparava le altre cose io, così com’ero, nuda e a piedi scalzi, con la sola vestaglia addosso, mi sentivo un po’ a disagio. Quando poi vidi Leonardo arrivare anche lui indossando una specie di chimono, capii che avremmo mangiato così messi. Mi domandai se c’era qualcosa sotto quella tenuta inusuale per una cena o se era una loro usanza. Poi compresi quando, mentre Leo si dava da fare con l’aragosta, Yasmin mi si avvicinò e mi disse che lui mi trovava molto bella e gli sarebbe piaciuto fare dei giochi erotici con noi. La guardai interdetta. Se lui non era in grado di fare nulla, di quali giochi si trattava? Lei mi spiegò che noi avremmo recitato la nostra parte e lui si sarebbe limitato a guardare. La cosa mi piacque. Mi stavo davvero arrapando.
Yasmin preparò il tavolo che c’era in cucina, un grande tavolo rotondo di cristallo. Aveva pensato anche alla musica e nell’aria si diffondevano ora ritmi sudamericani. Leo aveva preparato un cocktail che bevemmo in piedi tutto d’un fiato. Quando tutto fu pronto ci sedemmo e cominciammo a mangiare e a bere. Tutto era squisito. Il cocktail e il vino avevano fatto il loro effetto e le parole e le risate cominciarono a scivolare di bocca. Io ero l’ospite e loro chiesero di me, dei miei studi, delle mie scuole. Leo era curioso e cominciò ad un tratto a farmi domande, che si fecero via via sempre più indiscrete. Non ne fui sorpresa dopo quello che aveva visto poco prima tra me e Yasmin e stetti al gioco. Per di più mi sentivo allegra, un pò per il vino ed un po’ per la situazione irreale in cui mi trovavo. Yasmin mi aveva raccomandato di sedermi a culo nudo sulla sedia e di tenere la vestaglia bene aperta. Lo facevo volentieri, ben conscia di dover nutrire in quel modo la libidine sofferente del povero Leo. Il fresco della sedia mi arrivava ora direttamente sulla pelle, nuda come ero. Attendevo ora da Yasmin il via a una performance che lei avrebbe innescato tra non molto. Sentivo nel corpo quella strana prurigine che mi veniva ogni volta che facevo la porcacciona.
Leonardo non mi toglieva gli occhi di dosso. Dalle cosce che vedeva attraverso il tavolo alle mie tette. Yasmin per il momento si limitava ad osservare ridacchiando. Poi ad un certo punto si alzò. ”Propongo un brindisi per il più bel culo del pianeta”, disse in tono teatrale, poi mi si avvicinò e mi tolse la vestaglia. Io non feci altro che voltarmi e mettere il culo bene in mostra. A quel punto Yasmin affondò la mano in un dolce alla panna che avevamo appena mangiato e me ne sparse addosso in abbondanza. Poi mi trascinò a terra e prese a leccarmi. ”Leo, vieni, ce n’è anche per te”, disse .In un istante mi trovai ad avere la lingua di Yasmin a leccarmi di dietro e quella di Leo che sdraiato mi leccava da sotto tra le gambe. Non ero preparata a concedermi in quel modo alla lingua di Leonardo, ma l’ebbrezza fu più forte di me. Chiusi gli occhi e mi abbandonai al piacere.
Ci volle un po’ perchè ripulissero bene da tutto l’attaccaticcio le parti intime del mio corpo ed io allargai bene le gambe per facilitare il compito. Rimasi così, a gambe larghe sul tappeto qualche istante. Yasmin ad un tratto si alzò e da un tavolo prese un grosso astuccio che mi mise in mano. ”Adesso è il tuo turno, è già lubrificato”, mi disse gettandosi sul tappeto a pancia in giù.
Aprii l’astuccio e dentro vidi con mia sorpresa uno strap-on. Non ne avevo mai visto uno da vicino nè naturalmente ne avevo fatto uso. Lo riconoscevo solo dai film pornografici. Lo presi un attimo in mano. Era nero, piccolo e leggermente ricurvo in cima. Non era difficile capire come indossarlo. Cercai di farlo rapidamente e mi piegai su Yasmin. Non sapevo come iniziare ma mi lasciai guidare dall’istinto. Dovevo entrare nel suo ano e volevo quindi prima leccarlo bene. Mi aiutai con le mani per aprirla e lei sussultò quando sentì la mia lingua. Continuai dolcemente e la sentii gemere.
Mi sentivo pervadere da una strana sensazione. Ero molto arrapata ma quel dildo allacciato sul mio corpo a me non dava niente. Provai ad alzare Yasmin dal tappeto. Volevo succhiare quelle belle tette. Le presi tra le mani. Lei si alzò sulle ginocchia e il cazzo fece capolino tra le gambe. Mi stesi sotto di lei e la feci sedere su di me. Lo strap-on le scivolò facilmente dentro e lei si mise a cavalcare come una furia. Ero sorpresa. Riuscivo a malapena a starle dietro. Ora le vedevo il volto. Aveva chiuso quei grandi occhi, aveva la bocca stretta e sembrava in trance. Quasi non la riconoscevo. Quando le presi il cazzo con una mano e cominciai a masturbarla emise una specie di grugnito. Ora era solo lei a sbattermi con frenesia mentre io con la mano con altrettanta frenesia le agitavo il cazzo. Fu quasi con un urlo che Yasmin improvvisamente esplose in uno spruzzo di sperma sulla mia mano e ricadde indietro sulla schiena.
L’enorme orgasmo di Yasmin mi aveva impressionato. Non ne avevo mai visto uno simile con tutti gli uomini con cui avevo scopato. Non ebbi però tempo per rifletterci. Yasmin si era alzata e Leonardo vidi che aveva posato la sua camera sul tavolo. Mi sarebbe piaciuto rivedere la scena su uno schermo.
Io non mi sentivo per nulla sazia. Tutt’altro. L’orgasmo di Yasmin mi aveva caricato ancora di più. Non mi rimaneva che attendere.
Decidemmo di farci una doccia. Nel bagno di Yasmin non mancava niente quanto a risorse. Ci infilammo entrambe nella grande vasca da idromassaggio e ci adagiammo a gustare lo spruzzo dell’acqua sui nostri corpi. Sdraiata, a occhi chiusi mi venne spontanea la domanda se i suoi orgasmi erano sempre stati così violenti. Mi rispose di si, ma solo con chi voleva lei. Non aggiunse altro. Le chiesi se aveva a che fare con la strana forma dello strap-on. Yasmin stette un attimo in silenzio, poi mi si avvicinò all’orecchio e ridacchiando mi disse ”Ti ho già detto che sono una donna con il cazzo. Poi c’è anche il punto-P”. La guardai senza capire. E non volli chiederle altro.
Yasmin prese una boccetta di unguento e me la pose. Voleva che le ungessi le spalle. Ci mettemmo in piedi ed io cominciai a farlo per bene a due mani e continuai lunga la sua bella schiena, mi soffermai a lungo sul suo culo. Passai poi con ambo le mani sul davanti, prima sulle grosse tette poi scendendo via via sempre più in basso. Quando arrivai sul suo cazzo e lo trovai bello duro cominciai a giocarci. In un attimo ci ritrovammo avvinchiate dentro la vasca.
Mi prese da dietro, tra gli spruzzi dell’idromassaggio. Mi lasciai andare a occhi chiusi e fu molto bello.
Si era fatto un po’ tardi. Decidemmo che ci saremmo riviste presto. Io mi rimisi addosso i miei abiti. Tornammo nella stanza biblioteca. Leonardo era seduto ad attenderci. Sul tavolino vicino al divano aveva preparato bevande, olive, noccioline e altri stuzzichini. Mi domandavo se lo spettacolo gli fosse piaciuto. Vidi che la camera digitale era ancora sul tavolo da pranzo. Forse pensava di usarla ancora. Gli dissi che sarei andata a casa. Lui sembrò un po’ deluso ma fu molto gentile. Mi abbracciò e mi ringraziò. Mi disse che la sua casa per me era sempre aperta e che per qualsiasi cosa bastava chiamarlo. Mi diede un biglietto da visita. Gli dissi che mi sarei fatta viva presto.
Per la strada ora c'era odore di pioggia ma il cielo era sereno. Tornavo alla realtà. L’incontro con Leonardo e le ore trascorse con Yasmin sembravano appartenere a un sogno. Eppure avevo un numero di telefono, nella borsa avevo una blusa. E addosso sentivo quello strano senso di languore che mi prendeva dopo una buona scopata. Qualcosa mi diceva che li avrei rivisti presto. Non mi sembrava solo un’avventura da dimenticare. Sapevo che Yasmin mi avrebbe voluto rivedere. E anche Leonardo. Io non avrei detto di no. Decisi però che avrei tenuto per sempre segreto questo incontro e tutto quello che ne era derivato.
Passarono così un paio di settimane e un giorno, dopo la lezione con il Maestro suonai al portone sulla strada che oggi era chiuso. Una voce chiese chi era. Sentii lo scatto del portone che si apriva ed entrai.
Yasmin mi offrì il solito thé e ci sedemmo sul solito divano del salone-biblioteca. Seppi che stavano per lasciare l’Italia per una decina di giorni. Le chiesi dove sarebbero andati e lì ebbi una lunga spiegazione dell’attività di cui già mi aveva fatto solo cenno.
Mi raccontò del loro viaggio per swingers, gli scambisti. Ne avevano in programma un nuovo tra non molto e c'erano molte cose da preparare e da controllare. Mi spiegò che trattandosi di viaggi di gran lusso tutto doveva essere programmato alla perfezione. A parte il viaggio in aereo, c'era l'albergo da trovare, adatto alle loro esigenze, per cui doveva essere o molto grande, nel qual caso prendevano un intero piano solo per il loro gruppo o, meglio ancora, uno piccolo, dove lo riservavano al completo. Ma doveva essere un gioiello. Natura, sole, eleganza, posizione, arredamento, servizio, cibo, discrezione, tutto doveva essere al top e nulla poteva essere lasciato al caso. Tutto andava scrupolosamente controllato. Leonardo in queste cose era intransigente e badava a tutto. Erano ormai da alcuni anni che si erano lanciati in questa impresa e tutto era sempre andato nel migliore dei modi. L'eco del successo di questi viaggi aveva presto fatto il giro del mondo e le richieste fioccavano da tutte le parti. Ogni volta erano costretti a dire di no a molte coppie, malgrado il costo del viaggio per coppia fosse altissimo. Mi disse anche che con quel successo erano entrati in cassa un mare di soldi. Ben guadagnati, aggiunse
Yasmin mi spiegò che perchè questi viaggi avessero successo loro erano costretti a fare una cernita delle coppie che chiedevano l'iscrizione. Generalmente i gruppi di swingers che loro portavano in giro per il mondo non erano più di dieci coppie, coppie che dovevano essere bene assortite. Il criterio non era semplice, ma trovatene alcune la cui fisionomia si accordava, bastava trovarne altre che non differissero troppo tra loro. Occorreva a volte un contatto diretto con gli interessati, che Leonardo e Yasmin facevano via Skype ed in qualche caso erano perfino costretti a chiedere informazioni tramite agenzie investigative. Non potevano rischiare che si verificassero contrasti di alcun genere tra coppia e coppia e neppure all’interno delle coppie. Erano controlli difficili da eseguire e finora erano certamente stati aiutati dalla fortuna. Leo le aveva insegnato una volta che la chiave del successo di questi viaggi e della soddisfazione dei partecipanti era un’organizzazione perfetta, dove niente veniva lasciato al caso.
Seppi che in alcuni casi le persone si iscrivevano anonimamente ed a volte si presentavano in albergo muniti di mascherina. Tra le tante coppie che loro avevano conosciuto erano sicuri di aver riconosciuto grossi politici, finanzieri, gente di spettacolo. Leonardo aveva di nascosto fotografato molti degli eventi. Ma solo per riguardarseli più tardi. Con i filmati che aveva avrebbe potuto ricattare un sacco di gente. Pensai con i brividi al film che aveva fatto con me. Ma mi fidavo di lui.
A un certo punto non potei fare a meno di chiederle quale ruolo lei preferisse quando partecipava agli scambi con le altre coppie. Lei mi aveva già spiegato quali erano le sue preferenze sessuali, ma aggiunse che dato che era come era, che poteva quindi essere passiva o attiva a seconda dei casi, tutto questo le aveva dato un enorme successo tra le coppie e mi confessò che lei in quei viaggi si divertiva un mondo.
Rimanemmo un attimo in silenzio, poi lei mi si avvicinò e con la voce più suadente che aveva mi disse: ”Perchè non vieni con noi una volta? Non ti costerà niente. La guardai sorpresa. Alla cosa non ci avevo pensato. Sarebbe stato bello e interessante, ma io dovevo pensare alla mia carriera. Il canto veniva prima di tutto. Glielo dissi. Rimase in silenzio un po’ imbronciata. Poi, guardandomi bene negli occhi, quasi implorando mi disse: ”Però voglio farti delle foto”.
Io capii a quali foto si riferisse. Risi e le risposi che non capivo che bisogno c’era di fare delle foto del mio corpo e che non poteva esserci grande differenza tra il mio corpo nudo e quello di un’altra. Il suo volto sembrò rabbuiarsi, mi guardò con aria stupita e mi disse vagliando bene le parole che ogni corpo aveva la sua forma, le sue linee, le sue ombre, i suoi contorni e un’infinità di dettagli che rendevano tutti i corpi diversi l’uno dall’altro. Finì dicendo che il mio corpo era uno dei più belli che aveva mai visto.
Corse a prendere uno dei suoi tanti cataloghi e me lo mise davanti agli occhi. ”Guarda qui il cespuglio che questa donna ha tra le gambe, guarda il monte di Venere di questa, guarda l’ombelico. Guarda questa schiena e guarda qui questo culo. Nei culi le variazioni sono infinite, ma la forma può essere più o meno bella. Dipende anche dalla forma della schiena. Ma i glutei, le ombre che si formano su quelle rotondità possono rendere un culo sublime. E poi quello che c’è lì tra le gambe. La vulva, la sua forma, l’apertura delle labbra, e quella deliziosa linea scura che a volte circonda la vulva. E l’orifizio del culo. Guardalo”, mi disse con animazione agitando davanti ai miei occhi la foto di un ano visto da vicino. ”Guarda questi altri”, proseguì ”non vedi che non ce n’è uno uguale all’altro?! Il tuo culo, la tua vulva, la tua schiena il tuo monte di Venere, sono uno schianto!”. Era molto accorata mentre mi parlava.
La guardai sorridendo. Si, certo, ora che me lo faceva notare vedevo anch’io queste cose. Mi resi conto che una donna come lei doveva aver affinato la sua sensibilità con il cambio del sesso. L’attività di fotografa doveva poi aver fatto il resto.
Perchè no, mi dissi. Nessuno potrà mai riconoscermi da una foto senza volto. Sul mio corpo poi non ci sono segni speciali che lo rendano riconoscibile. ”Va bene”, le dissi, ”ci sto. Però se le foto non mi piacciono le cancelli”.
Fu felicissima e mi disse di andare subito a farmi una doccia. Mi diede poi una crema con cui dovevo spalmarmi tutto il corpo. Lei intanto si sarebbe preparata.
Quando tornai era tutto pronto e i faretti erano già accesi. Per terra, sul tappeto aveva messo un grosso cuscino di velluto rosso. Mi disse di stendermi lì sopra. Voleva fotografarmi in diverse posizioni, mi disse, e voleva cominciare davanti. Mi sdraiai sul cuscino. Lei venne subito a spostarmi le gambe. Le raddrizzò, le piegò in più modi finchè non fu soddisfatta. A quel punto si piegò su di me. Con un pettine cominciò a pettinarmi con cura i peli del pube. ”Si deve vedere tutto”, mi disse. Con le dita poi, delicatamente cercò di dilatare le labbra. ”La vulva deve respirare”, disse.
A quel punto si rialzò e si diresse verso la fotocamera. Un attimo dopo venne da me con la fotocamera. ”Guarda”, mi disse, ”ti piace?”. Guardai la foto. Il mio volto, con il corpo in quella posizione, era nascosto. Mi vedevo ora per la prima volta in una foto, nuda a cosce spalancate. Mi sembravo oscena, eppure non lo ero. ”Si”, dissi, ”è veramente una bella foto”.
Ora dovevo voltarmi. Mi sdraiai sulla pancia questa volta e ci volle del tempo prima che lei fosse soddisfatta di quello che vedeva. O la posizione era troppo statica o le ombre non andavano bene. A un certo momento prese un oggetto e me lo pose tra i glutei. Li voleva vedere più aperti, mi disse.
Quando mi fece vedere la foto rimasi stupita. Era davvero una bellissima foto, molto erotica.
Mi rialzai. Yasmin sembrava soddisfatta. Spense i faretti e mi venne incontro. Quando mi fu vicina mi abbracciò. Sentii che il cazzo si era irrigidito. La guardai. ”Sei arrapata?”, le chiesi. ”Si, quando fotografo mi eccito”, rispose. ”Vieni che scopiamo”, le dissi prendendola per mano. Lei mi segui al divano. Ci sedemmo e io le presi il cazzo tra le mani e mi avvicinai per succhiarlo. Lei si distese con un gemito. Quando mi rialzai e stavo per sedermi su di lei mi fermò, mi venne all’orecchio e mi sussurrò: ”Me lo fai mettere nel culo?”. La guardai seria, ma lei continuò: ”Lo so che non l’hai mai voluto fare con gli uomini, ma con me è diverso. Io voglio farti godere”. Me lo disse in tono invitante. Ci pensai un attimo su. Con lei l’avrei potuto fare, ma mi preoccupavano i discorsi che avevo sentito. Non volevo subire un danno. Glielo dissi. Mi guardò e mi disse che lei lo faceva con delicatezza, che l’aveva fatto con altre donne e che non c’era mai stato un problema. Mi ripetè che era bello, che mi avrebbe fatto godere.
Rimasi in silenzio, poi scivolai sul tappeto, e mi misi in ginocchio appoggiando le braccia al divano. Va bene, pensai, se devo farmi inculare lo farò con lei.
Lei mi tirò indietro sul divano e mi fece sdraiare su un fianco. Sentii le sue mani con il lubrificante percorrermi delicatamente la pelle, fin dentro all’ano. Fece lo stesso con il suo bel cazzo a due mani e poi si distese dietro di me. La sua mano venne a cercarmi tra le gambe. Le sue dita entrarono in me Sentii ii clitoride indurirsi. Era brava Yasmin. Sapeva dove andare con le sue dita. Sentii un’ondata di piacere che mi annebbiava la testa. Continuò così per un po’ e fu solo dopo qualche istante che sentii la pressione del suo cazzo che mi entrava dentro. Il piacere si fece ora più forte, anchè lì, il suo cazzo ormai oltre lo sfintere. Fui io istintivamente a muovere le anche. Lei mi assecondò. Trovammo presto un ritmo, lento ma intenso. A occhi chiusi sentivo il piacere lungo tutto il corpo. Gemevo e ansimavo e sentivo che anche Yasmin respirava ora affannosamente. Poi si fermò. Si raddrizzò e mi attirò a sé. Montai a cavalcioni su di lei e aiutai con una mano il suo cazzo dentro di me. Ora potevo regolarmi come volevo, lei ferma ad attendere. Cominciai a muovermi lentamente, sentivo il cazzo scivolarmi dentro. Scosse di piacere mi invasero il corpo. Ora si unì anche lei al mio ritmo. Quando venni un’ultima volta mi spinsi con il corpo sopra di lei. Lei continuò a spingere ancora un istante, poi con un sussulto venne anche lei. Cascammo ambedue all’indietro e rimanemmo inerti, sfinite.
Fu lei a rifiatare per prima. Si alzò ed uscì. Tornò dopo un istante e aveva con se da bere. Vidi le bollicine nei bicchieri e compresi che dovevamo brindare alla prima inculata. Risi molto.
Sentii improvvisamente il bisogno di farle una domanda. ”Yasmin”, le dissi ”ma tu cosa preferisci fare con le donne?”. Mi rispose subito senza pensare. ”Io adoro inculare, non so perchè. Non è una questione fisica. Il culo di una donna mi ossessiona. Ne ho una vera venerazione.”
”Ma ti piace quando ti scopa un uomo?”, incalzai. ”Si mi piace, ma solo con certi uomini, te l’ho già detto.” ”In che senso”, chiesi. ”Deve essere gentile e deve avere il cazzo giusto. Allora godo come una pazza.”
Quel giorno non facemmo altro. A casa mangiai con la mamma. Le raccontai che avevo incontrato persone molto divertenti. Non le dissi altro.
Passò del tempo. Yasmin e Leonardo erano partiti per il loro viaggio e io pensavo ora solo al canto. Fu Yasmin un giorno a telefonarmi. Mi disse che erano tornati da qualche giorno e voleva che andassi da lei il giorno dopo perchè doveva farmi conoscere una persona. Le chiesi chi fosse e lei mi rispose in modo sbrigativo che era un uomo e che sarebbe venuto a pranzo, ma io dovevo venire un po’ prima perchè ci dovevamo preparare. Saremmo stati solo noi tre. Non mi volle dire altro.
Ero piuttosto eccitata il giorno dopo. Mi preparai per bene. Avevo capito che bisognava fare bella figura. Quando suonai alla porta Yasmin mi aprì quasi subito. Era uno schianto.
Mi raccontò che aveva conosciuto a Londra un modello di colore. Era bellissimo ma non era successo niente. Si erano solo scambiati gli indirizzi. Degli amici le avevano detto di lui che era bisessuale, ma i segnali che lui le aveva dato erano inequivocabili. ”Da me vuole la gnocca. Quando vedrà come sono fatta ci divertiremo un mondo. Io gliel’ho da mettere nel culo”, disse ridendo.
Ci mettemmo d’accordo che lei lo avrebbe assaltato dalla parte posteriore e io da quella anteriore.
”Devi essere più provocante,” mi disse. ”Vieni, ti do una mano”. Andammo nel suo guardaroba e fu lei a scegliere cosa dovevo indossare. ”No mutandine”, mi disse in tono perentorio. Quando mi guardai poi allo specchio quasi non mi riconoscevo. Andammo in cucina a preparare, così ci saremmo seduti subito al tavolo. Già, il tavolo di cristallo, ne vedremo delle belle, pensai.
Stan fu puntuale. Al suono del campanello Yasmin mi lasciò seduta sul divano della biblioteca e corse ad aprire. Sentii le loro voci poi dopo un attimo li vidi entrare.
Compresi subito l’entusiasmo di Yasmin. Era davvero un gran bel figo, alto, ma slanciato, non robusto. Un bellissimo volto. Aveva un aspetto gentile che mi piacque subito. Si, ci saremmo divertite pensai tra me e me.
Io parlavo male l’inglese. Così, seduti al tavolo, non feci altro che dargli la bottiglia di champagne facendogli segno di aprirla. Al botto ridemmo.
Attraverso il cristallo del tavolo vedevo i jeans di Stan da una parte e l’abito succinto dii Yasmin dall’altra. Di lei non si vedevano le mutandine perchè altrimenti rischiava di essere scoperta, ma le sue favolose lunghe gambe, che lei teneva abbondantemente aperte erano scoperte. Io avevo una specie di gonnellino e solo l’ombra impediva di vedere che non c’era nient’altro sotto. Guardai Stan per un attimo in volto. Mi sembrava un po’ imbarazzato. Chissà che idee si era messo per la testa. Comunque non sarebbe andata come pensava, mi dissi e risi tra me e me.
Yasmin aveva servito un cocktail prima che ci sedessimo al tavolo che noi ci eravamo bevuti d’un fiato. Lo champagne non facevamo in tempo a berlo che Stan ce ne riempiva di nuovo il bicchiere. Diventammo subito piuttosto allegri e le gambe mie e di Yasmin cominciarono a dare segnali che Stan non poteva non avvertire.
Finito di mangiare lasciammo la cucina e ci dirigemmo nel salone. Yasmin aveva ora preso Sten per mano. Lo portò al divano e ce lo gettò sopra. Vidi le loro bocche baciarsi di slancio e vidi una mano di Stan che stava saggiando una tetta di Yasmin. Io non feci altro che inginocchiarmi ai piedi di Stan e gli sfilai i jeans. Ne uscì fuori un cazzo bello lungo, di quelli che piacevano a me, e cominciai a succhiarglielo. Yasmin intanto aveva attirato la testa di Stan tra le sue gambe e un attimo dopo gli aveva infilato il cazzo in bocca. Quello fu per me il segnale. Ne avevamo parlato, Yasmin ed io, su come dovevamo parare quel momento. Io mi affrettai a salire su Stan e cominciai a scoparlo. Non ci fu sorpresa e il gioco proseguì senza problemi.
Ora dovevo lasciare l’iniziativa a Yasmin. Mi alzai e così fece Yasmin, che trascinò Stan sul tappeto a fianco del divano. Lo mise in ginocchio e se lo scopò. Eravamo d’accordo che io a quel punto sarei scivolata sotto Stan e gli avrei preso il cazzo in bocca. Lo feci e subito lui si piegò per leccarmi tra le gambe. Uhmm, che scena. A ripensarci ancora mi arrapo.
Yasmin aveva deciso che voleva venirgli dentro. Lo fece con una specie di urlo soffocato. A quel punto io mi voltai e offrii a Stan di scoparmi da dietro. Non volevo che si sbagliasse, perció lo aiutai con la mano a venirmi dentro. Mi sentivo arrapata come una furia e cominciai a sbatterlo a un ritmo indiavolato. In un attimo si unì al mio ritmo. Fu bellissimo e quando lui finalmente venne rimase a lungo avvinchiato a me.
Yasmin andò un attimo in cucina. Tornò con una caraffa d’acqua. Bevemmo aggrappati l’uno all’altro.
A me era rimasto un desiderio. Lo dissi a Yasmin. Lei mi guardò sorridendo. Stan sembrava sfinito, steso sul divano. Yasmin ed io eravamo sedute vicino. Lei con una mano cominciò a carezzarmi un fianco. Sentii la sua lingua scendermi tra i glutei. Prese poi il lubrificante e con quello cominciò con la mano lentamente sulla mia pelle, come aveva fatto l’altra volta. Faceva tutto piano e con cura. Io sentivo l’eccitazione che mi saliva alla testa. Mi distesi sulla pancia rilassata. Sentivo il desiderio lungo tutto il corpo.
Mi volle in ginocchio sul tappeto, la testa appoggiata sul divano. Fece poi come l’altra volta e mi attese, una mano sul clitoride a masturbarmi. A quel punto si svegliò Stan e scese sotto di me. Sentii la sua lingua su di me. Chiusi gli occhi e istintivamente mi misi in moto come in trance. Fu una meraviglia. Decisi che il sesso anale in futuro l’avrei solo fatto con Yasmin, ma sarebbe rimasto un segreto.
Non ci fu solo sesso quel giorno. Ascoltammo musica dai favolosi diffusori di Yasmin. Stan ci raccontò della sua vita, dei suoi viaggi per il mondo. Aveva una bella vita, il bel Stan, ma doveva stare attento alla dieta e curare il corpo in palestra per svolgere il suo lavoro. Chiese di me. Nel mio stentato inglese risposi solo che studiavo. Avrebbe voluto rivedermi. Mai dire mai gli risposi ridendo. Yasmin gli parlò dei viaggi per scambisti. Gli chiese se era interessato. Stan le diede il suo indirizzo email. Gli avrebbe mandato informazioni.
Rimaste sole, Yasmin ed io ci elogiammo a vicenda. Eravamo state molto brave e ci eravamo divertite un mondo. Sapevo che la domanda prima o dopo sarebbe venuta, ma quando Yasmin me la fece le dissi subito no, il viaggio no, devo pensare al mio concorso. ”Ma dopo?”, mi chiese. Anche a lei dissi ”mai dire mai”.
Da quella volta vedo Yasmin e Leonardo di tanto in tanto, sempre in segreto. Quando gli impegni con il canto me lo permettono. Non voglio rinunciare al sesso con Yasmin, fatto in quel modo, in segreto e senza alcun impegno. Diverso è invece quando sono in viaggio. Lì non devo sgarrare. Da Yasmin imparai l’idea della mascherina. Club per swingers ce n’erano dappertutto. Mi mancavano però le marachelle improvvisate con i camerieri. Chissà se sarebbero mai nate nuove occasioni? Ancora mai dire mai.
P.S. Mi erano rimaste impresse le due parole dette da Yasmin in un orecchio nel bagno a proposito del suo orgasmo. Un punto-P, mi aveva detto. Ma cos’era questo punto-P? A casa su Google nel lap-top cercai la spiegazione e allora mi resi conto e compresi che Yasmin era una gran ganza.
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