Appendice 2 a "La Postura" - Dopo il successo
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Digge
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etero
Appendice 2 a La postura - Dopo il successo
Ero ormai da una mezzoretta alla guida di una macchina presa a noleggio a Vienna, reduce da uno spettacolo al Teatro dell’Opera. Ero diretta a Praga, dove avrei incontrato Yasmin e il suo Leonardo. Loro sarebbero arrivati però solo domani, quindi avevo tempo. Per questo avevo preferito l’alternativa della macchina a quella dell’aereo. Da quando avevo preso la patente e acquistato una macchina avevo preso familiarità con la guida e facevo lunghe gite da sola o con la mamma nei brevi periodi che la mia carriera artistica ora mi consentiva. Mi piaceva vedere cose nuove e amavo la natura che circondava la mia città. Guidare poi mi dava quella rilassatezza che mi consentiva di pensare. Perchè ne avevo sempre molto io, da pensare.
A Vienna era andato tutto a gonfie vele. Successo di pubblico e sulla stampa molte lodi. Il giornalista di un grosso giornale mi aveva fatto un’intervista con il doppio scopo di scrivere su di me e di guadagnarsi il mio interesse. Il suo articolo era stato pieno di iperboli sulla mia voce e la mia presenza sulla scena. Secondo lui ”era nato un nuovo bellissimo astro nel panorama della lirica mondiale”. Così più o meno si era espresso nell’articolo. Non so cosa si aspettasse da me, ma dalle occhiate che mi aveva dato durante l’intervista e le strane domande che mi aveva fatto, avevo capito che gli piacevo molto. Era un bell’uomo, ma in quel momento non mi interessava.
La mia vita era repentinamente cambiata da quando, vinto il concorso, era iniziato il mio percorso di cantante d’opera. Il mio Maestro, che era ora divenuto mio agente, grazie ai suoi numerosi contatti anche all’estero, era riuscito subito a inserirmi in un giro di esibizioni, anzitutto in Italia, ma poi erano arrivate anche richieste dall’estero. Avevo così dovuto mettermi a studiare nuove partiture e quando poi venne la prima piccola parte in un’opera in una città italiana, dovetti inserirmi anche nel ruolo e diventare attrice oltre che cantante. Era andato comunque tutto molto bene e il successo non aveva tardato ad arrivare. Il primo vero successo venne quando dovetti fare la Mimì della Bohéme. Come sempre agli inizi, la richiesta era giunta al Maestro improvvisamente a causa dell’impedimento da parte di una cantante, che io dovevo quindi sostituire. Per fortuna conoscevo già bene la parte musicale e avevo visto l’opera più volte e non fu quindi difficile inserirmi nel ruolo. Lí compresi però anche quanto dovevo alla mia sfrontatezza. Le marachelle compiute da ragazzina e l’irriverenza con cui avevo affrontato la mia vita sessuale erano state di enorme aiuto per affrontare i miei nuovi impegni di cantante lirica e stare sulla scena.
Sapevo però che la mia carriera artistica mi avrebbe costretto a delle scelte e forse anche a qualche rinuncia. Avrei dovuto cercare dei compromessi, ma non sapevo ancora come.
Dovetti in ogni caso cominciare a badare alla dieta ed evitare cibo pesante, alcolici e via di seguito. Dovetti improvvisamente seguire con attenzione gli orari ed ora dovevo dormire in modo più regolare e evitare di andare a letto troppo tardi. Dovevo essere maggiormente disciplinata e seguire alcune regole importanti. Ero poi soprattutto condizionata dalle scelte che il mio agente faceva. Il suo obiettivo di agente ovviamente doveva essere quello di trovarmi il maggior numero di impegni possibile, perchè era lì e dalle relative percentuali che derivava il suo introito. Finora non avevo battuto ciglio ed avevo seguito i suoi schemi senza fiatare. Erano comunque arrivati in cassa molti soldi e con la mamma avevamo cominciato a vagliare la possibilità di trasferirci in una casa più grande.
Il problema era il mio bisogno di sesso, perchè il mio tempo libero era ora molto limitato e non mi concedeva molte libertà. Quello che potevo fare da sola non era sufficiente e a volte mi mortificava. Inoltre era intervenuto un grosso nuovo problema al quale non avevo pensato. Con il successo era aumentata la mia notorietà. Mie foto erano apparse sui giornali. Ora dovevo quindi osservare un comportamento esemplare se non volevo guastare per sempre il mio nome. Di questo si era preoccupato il Maestro, che ormai mi conosceva e sapeva delle mie esigenze. Naturalmente lo rassicurai che sarei stata molto attenta.
I primi tempi e con le prime esibizioni ero sempre indaffaratissima e tornavo sempre a casa stremata di forze. Dopo ogni esibizione mi sentivo poi sempre piena di adrenalina e mi sarebbe servito uno sfogo, che però non ero in grado di trovare altro che sola con me stessa. Se continuava così non ce l’avrei fatta, mi ero detta.
Mi venne un giorno incontro la mia fantastica amica Yasmin, con la quale mi ero confidata. Senza pensarci su molto se ne uscì tranquillamente quel giorno con l’idea geniale di servirci della sua rete di swinger, gli scambisti. Con gli anni e con tutti i viaggi che erano riusciti ad organizzare, lei e Leonardo, oltretutto tutti e sempre esauriti, la lista delle coppie registrate si era fatta enorme. Mi disse che lei era in grado di organizzarmi incontri nelle maggiori capitali e comunque in gran parte delle città dove mi sarei trovata ad esibirmi. Lei conosceva i miei gusti e le sarebbe stato facile trovare una coppia che mi si adattava. Avrebbe organizzato gli incontri e mi avrebbe dato per ogni incontro i dati che ne avrebbero permesso di farli senza tanti problemi.
Dovevo tener presente che nella grande maggioranza sarebbero stati incontri anonimi, dato che nè il mio nome sarebbe comparso nè quello degli altri. Ogni incontro si sarebbe svolto a casa della coppia per ovvie ragioni, di cui io non potevo conoscere l’indirizzo. Sarei quindi stata prelevata in albergo. Avrei avuto ogni volta le indicazioni del caso. Al dubbio che ritenni di sollevare, se potevo bastare io da sola, visto che non ero una coppia, Yasmin mi spiegò che spesso tra scambisti si formavono triangoli. Non era un problema. Yasmin mi aveva detto tutto questo d’un fiato. Sembrava proprio entusiasta. Io non avevo potuto fare altro che ringraziarla. Eravamo rimaste d’accordo che le avrei comunicato in tempo i luoghi dove mi sarei recata per darle il tempo di fare le ricerche. Io dovevo solo pensare a come meglio mascherarmi. Dovevo procurarmi delle parrucche, occhiali scuri e lingerie adatta, badando bene al fatto che in questi casi vigeva una precisa regola: ”no bra, no pants”, mi aveva raccomandato Yasmin ridendo. Niente reggiseno, niente mutande. Che ganza, questa Yasmin, mi ero detta.
Mentre guidavo tornai a pensare a Yasmin e a tutti gli incontri che mi stava organizzando con tanta cura. Da quando ci eravamo conosciute eravamo diventate molto amiche. Continuavamo a fare sesso tra noi, sole e spesso anche con altri personaggi che il suo mondo le permetteva di continuo di conoscere. Tra noi quindi più che amicizia si era creato un vero affetto.
Tutto e dappertutto con gli incontri era sempre proceduto in modo perfetto, ma era stato il primo quello che mi era rimasto più impresso. Per tante ragioni. Per prima cosa era la prima volta che non me la sbrigavo da sola. Ero sempre, o quasi sempre stata io di mia iniziativa a crearmi le occasioni, a scegliere con chi e come fare sesso, dopo averli visti e averci parlato. Ora invece mi veniva tutto servito già pronto sul piatto, con un orario preciso, in un luogo preciso ma a me sconosciuto, con persone che non avevo mai visto. Mancava completamente l’improvvisazione, che a me era sempre tanto piaciuta.
Il primo di questi incontri anonimi era stato in questo proprio l’esempio più esemplare anche perchè era stata l’unica volta in cui tutto si era svolto con una regia studiata nei minimi particolari. C’era poi anche stata una sorpresa che non mi aspettavo affatto, ma che in fondo finì per piacermi molto. Non potrò poi mai dimenticare quel primo incontro perchè accadde tutto senza un solo scambio di parole. Per questo lo ricordo ancora così bene, nei minimi dettagli.
Successe a Lisbona dopo non ricordo quale spettacolo. Ricordo però che alla fine, dopo gli applausi, i fiori, gli abbracci, le strette di mano, le foto, le interviste e finalmente i saluti, tornai in albergo. Lì mi preparai. Sentivo ancora addosso tutta la carica di adrenalina che avevo accumulato sul palcoscenico. Ora avevo solo in mente una cosa e non stavo nella pelle per il nervosismo, io che in genere al nervosismo ero refrattaria. Le istruzioni ricevute da Yasmin erano state chiare. Decisi di indossare un leggero kimono nero. Sarebbe bastato a non farmi sentire completamente nuda. Sopra avrei messo il mio piumino lungo con relativo cappuccio ben infilato sulla testa. Alle 10 in punto una macchina sarebbe stata ad attendermi fuori dell'albergo. Avevo modello, colore e numero della targa della macchina. Non potevo sbagliare.
Indossai una parrucca di un rosso acceso che mi fece sentire molto sexy, mi misi sul volto la mascherina e quando fui pronta per uscire mi guardai allo specchio e mi dissi che potevo andare. Vidi subito la macchina ferma a qualche metro dall'entrata dell'albergo. Aveva i vetri posteriori oscurati. Giunta a un paio di metri dalla macchina estrassi di tasca il fazzoletto che era il mio segno di riconoscimento. Dalla macchina uscì un uomo in divisa da autista che si affrettò ad aprirmi la porta posteriore. Mentre entravo mi porse un cappuccio nero. Dovevo indossarlo subito. Affondai sul sedile e mi abbandonai indietro. Mi sentivo tutta eccitata. Nuda o quasi dentro il mio piumino con un cappuccio in testa che mi impediva di vedere fuori. Yasmin aveva giurato che sarei andata da persone molto altolocate e che mi sarei divertita.
Come si sarebbe svolto l’incontro? Come l’avrebbero accolta? Mi facevo un sacco di domande mentre la macchina viaggiava veloce. Sentii dopo un po’ la macchina rallentare e arrancare su per strade piene di curve. Una zona collinosa, mi dissi.
Ad un tratto ci fermammo. Sentii il cigolio di un cancello che si apriva. Riprendemmo la corsa. Questa volta sulla ghiaia di un giardino. Ancora qualche metro, poi l’auto entrò all’interno di un locale ed il motore si spense. L’autista si affrettò ad aprirmi togliendomi il cappuccio dalla testa. Vidi un grande garage con alcune grosse macchine. Ad una porta vidi ad attendermi una giovane cameriera dall’apparenza asiatica. Mi diressi verso di lei. Senza una parola la donna mi fece strada verso una sala all’interno della casa. Nella sala, sempre senza una parola mi aiutò a sfilarmi il piumino, mi indicò di sedermi su una delle poltroncine che erano schierate attorno ad un tavolo, poi, imperturbabile, si allontanò leggera sullo spesso tappeto che ricopriva il pavimento e uscì richiudendo la porta dietro di sè.
Rimasi così sola in quel locale solo ricoperta del kimono. Ero molto emozionata ma non avevo nessuna paura. Yasmin era stata molto chiara sul fatto che si trattava di persone che lei conosceva personalmente, anche se non ne conosceva il nome. Avevano ricevuto da lei istruzioni sulle mie preferenze.
Mi guardai intorno. La sala, a forma di elle, era molto elegante e illuminata solo da una luce soffusa. Era piuttosto grande per poter servire ad incontri di tutti i generi. A giudicare dal pavimento, che era ricoperto di un un tappeto rosso opaco materassato, e da come si presentavano le pareti, doveva essere completamente insonorizzata. Ad uno dei lati era appeso un enorme schermo televisivo ed alla parete adiacente erano allineate file di sedie impilabili. Dall’altra parte della sala vidi un bar, un grande divano, alcune poltrone. In mezzo vidi poi un bel palo. Sperai mentalmente che non mi chiedessero un’esibizione.
Dove io ero seduta vidi sul tavolo alcuni vassoi con vari tipi di canapè, frutta, noccioline, olive. Vidi anche alcuni bicchieri e un paio di bottiglie di champagne immerse in un secchiello con il ghiaccio. Mi servii dello champagne e ne bevvi un bel sorso che mi diede un po’ di carica. Passò qualche minuto che mi parvero secoli. Continuavo a domandarmi cosa sarebbe successo e con chi mi sarei incontrata, ben cosciente del fatto che non mi sarebbe stato dato di conoscere nessuno. Sapevo che avrei fatto sesso, non violento ma certamente molto intenso. Così mi aveva detto Yasmin. Mi accorsi solo allora della tenue musica che proveniva da diffusori nascosti nelle pareti. Faceva caldo.
Ad un tratto le luci si spensero e fu per me buio completo. Non ebbi tempo di reagire. Delle mani mi misero sugli occhi una grossa benda incuranti della mascherina che portavo, mi fecero alzare, mi tolsero il kimono ed un attimo dopo ero distesa sul tappeto. Due mani si impadronirono delle mie gambe che rimasero aperte, imprigionate in una cinghia. Altre due mani nel frattempo avevano fatto lo stesso con le mie braccia. Ero immobilizzata! Sapevo che si faceva e sapevo anche che a molti piaceva fare sesso a mani e piedi legati. Io però non l’avevo mai fatto e mi sentii lì per lì un po’ a disagio.
Avvertii poi subito l’umidiccio di due lingue sul mio corpo. Mi rilassai e quando lingue e dita giunsero nei miei punti più delicati e cominciarono ad esplorare con insistenza, allora compresi. Ricordo ancora il fremito che percorse il mio corpo. Sapevo che era il senso di sottomissione che dava alla donna il piacere, ma per me non era quello. Doveva essere invece quella benda, il silenzio, l’ignoto, e quei lacci che mi immobilizzavano.Tutto era comunque molto strano, sembrava un sogno. Ricordo che attraverso la benda potevo vedere che la sala era leggermente illuminata. Loro vedevano me ma io non vedevo loro.
Le due lingue e quelle mani si attardarono a lungo sul mio corpo, poi ad un tratto sentii due dita che mi frugavano tra le labbra. Io aprii la bocca in tempo per sentirvi entrare un bel glande palpitante. Due mani si strinsero dietro la mia nuca e accennarono un movimento. Strinsi le labbra e mi diedi da fare. Mi era sempre piaciuto farlo e ora, imprigionata com’ero, senza nulla vedere e senza poterlo prendere in mano, lo trovavo ancora più eccitante. Lo sentivo solo in bocca, ne seguivo la forma con la lingua, lo assaporavo. Si, fu diverso dalle altre volte, e mi piacque molto!
Ricordo che ad un tratto la lingua che era tra le mie gambe si staccò da me. Ancora occupata con la bocca attendevo impaziente. Cosa mi avrebbero fatto ora?! Ero smaniosa di continuare. Ma non ebbi tempo di pensare oltre. Due braccia robuste mi sollevarono il bacino e un istante dopo un altro cazzo mi entrava dentro di colpo. Tale era stata la sorpresa che diedi un urlo strozzato. Avevo due uomini su di me, e evidentemente non c’era alcuna donna e quella non era una coppia! Ero stata ingannata. Ma non ero affatto delusa. Mi abbandonai con frenesia senza altro pensare.
Durò a lungo questa lotta del mio corpo immobilizzato alle prese con due cazzi. In quegli attimi di lucidità che mi venivano tra un orgasmo e l’altro pensavo a quale fosse lo strano sordido piacere che provavo ora, per la prima volta a far sesso con due uomini. Mi resi conto che godevo dell’essere spregiudicata e per la prima volta anche di essere ”posseduta” da due uomini contemporaneamente. Paralizzata braccia e gambe! Io che sempre avevo voluto possedere gli uomini che scopavo!
Per di più erano uomini che non conoscevo e che non sapevano nulla di me, una cantante lirica di fama internazionale! Questa constatazione mise le ali al mio piacere e cominciai a darci dentro anch’io con la forza che avevo, legata com’ero, grugnando come un’ossessa. D’un tratto mi sentii venire in bocca. Lui diede un gemito soffocato. Io ingoiai. L’altro si fermò. Si staccarono ambedue da me.
Provai ora a rifiatare, ma ne volevo ancora. Mi liberarono ora braccia e gambe e mi voltarono a pancia in giù. Sentii un liquido fresco scorrermi sulle natiche. Due mani cominciarono a spalmare delicatamente la pelle e ogni fessura in me con quello che pensai fosse lubrificante. Due braccia mi sollevarono dal tappeto. Dovevo stare in ginocchio, le gambe bene allargate. Una mano spinse la mia testa al tappeto. Così dovevo restare. Poi con cautela introdussero un plug nell’ano. Ricordo che rimasi un po’ esitante. Mi domandai perchè.
Quando mi arrivò la prima sculacciata urlai. Mi fece male. E mi fecero male anche le altre che mi giunsero subito dopo. Sentii la pelle bruciare ma questa volta subito due lingue vennero su di me e qualcosa di soffice che mi parve fosse una piuma mi giunse tra le natiche. Lingue e piuma si attardarono sulla mia pelle a darmi sollievo. Sadomaso, pensai, e confessai a me stessa che mi era piaciuto! Rimasi un attimo in ginocchio, le gambe aperte, in attesa. Fu allora che scoprii il mistero dei due uomini e perchè erano una coppia.
Uno dei due uomini mi arrivò improvvisamente da dietro e cominciò a scoparmi come una furia. Tardai a trovare il ritmo, ma quando ci riuscii, improvvisamente lui rallentò per riprendere subito dopo avendo dato un gemito. Al battito dei nostri due corpi si era ora unito quello di un altro corpo contro il suo. Compresi che l’altro uomo lo stava sodomizzando ed era per questo che grugniva ora come un porcellino. Uno di loro era bisessuale. Erano allora una coppia. Non ero stata ingannata!
Non so quanto tempo ci scopammo in quel modo. Il rumore dei colpi che ci davamo si mischiavano ai miei gemiti e a quelli sempre più intensi che venivano dall’uomo dietro di me. Finchè con un urlo strozzato lui esplose. Rimanemmo un attimo in silenzio prima di separarci. Io mi sedetti sfinita.
Non vedevo ancora nulla, con la benda ancora stretta sugli occhi, tutto avveniva sempre in silenzio. Solo la musica sullo sfondo, il suono dei corpi, i gemiti.
Mentre stavo ancora riflettendo mi arrivò ad un tratto alle labbra un bicchiere. Lo afferrai e bevetti lo champagne ancora fresco tutto d’un fiato. Ricordo che dissi anche ”thank you”, le uniche mie parole in tutta la serata! Avevo ancora il plug infilato nell’ano a ricordarmi che c’era ancora molto da fare. L’idea dell’anale continuava ad emozionarmi dopo la prima volta con Yasmin. Ero certa che lei si era ora raccomandata che venisse fatto con garbo. Ero impaziente.
Stavo sorseggiando lo champagne quando d’un tratto un corpo si sedette dietro di me. Una mano tolse il bicchiere dalla mia mano e mi sfilò anche il plug. Poi successe tutto molto in fretta e io mi ritrovai d’un tratto in uno di quei film porno che avevo visto dove si faceva la doppia penetrazione. Ero però io in persona che la stavo vivendo! Seduta e impalata da un cazzo da una parte e abbracciata dall’altra parte ad un uomo che ora mi stava scopando a più non posso. A vederlo in un film porno la situazione mi era sempre parsa scomoda ed esagerata e non capivo come potesse essere gradevole per la donna che lo subiva. Io invece ne rimasi avvinta. La sensazione di essere riempita da due aste dure contemporaneamente era indescrivibile e all’inizio pensavo di non farcela. Poi si trasformò invece in un mare di sensazioni splendide. Quella sera credo che battei di gran lunga il mio record di orgasmi! Ricordo che usarono ambedue il condom, che non era vuoto alla fine. Si, Lisbona lo rifarei volentieri, ora che ci penso.
A questa prima volta così disciplinata e senza una parola, con quella strana atmosfera onirica seguirono le altre che furono più normali e dove ci furono saluti, parole e anche qualche risata, oltre a tanti orgasmi. Ovunque però regnava l’anonimità. La grande diversità rispetto alla prima volta fu però che trovai sempre tra loro una donna. Erano vere coppie assortite, con alcune donne a cui piaceva fare il maschio, con tanto di strap-on. Non ci furono altrimenti cose così strane da nessuna parte, tranne in un caso, mi sembra ad Amburgo. Mi scappava la pipì e chiesi dove era il gabinetto, ma l’uomo volle che gli pisciassi addosso. Non l’avevo mai fatto e stentavo all’inizio, ma quando cominciai lo vidi godere come un ossesso, mentre la donna gli faceva un pompino!
Ebbi poi nuovamente occasione di fare una doppia penetrazione nella stessa posizione, con l’uomo sotto di me. Ne fui anche allora entusiasta e ricordo che mi dissi che avrei voluto farlo assolutamente con Yasmin assieme a qualche bel figo. A Praga forse? Pensandoci adesso, seduta in macchina, mi venne un po’ di umido tra le gambe.
Ero contenta adesso di guidare. Mi sentivo libera e soddisfatta. Ieri a Vienna c’era stato il solito successo e i giornali stamane parlavano molto bene di me e il Maestro era raggiante. Continuavano ad arrivargli richieste e lui voleva parlarne con me, ma io avevo bisogno di staccarmi per qualche giorno. L’incontro della sera era saltato. Mi era arrivato un messaggio da Yasmin. Un improvviso imprevisto. Così mi era rimasta un po’ di frustrazione addosso. Ripensando a Lisbona mi era venuto il solito umidiccio tra le gambe.
Ero tuttora in autostrada, ma avevo deciso che ne sarei uscita per percorrere un’altra strada, più lunga ma, a quanto mi avevano detto, molto bella tra boschi e montagne. Avevo tempo perchè a Praga dovevo trovarmi solo il giorno successivo.
Mi era venuta un po’ di fame e pensai di fermarmi in qualche posto per fare uno spuntino. Trovai un autogrill con un numero impressionante di Tir parcheggiati dappertutto. Trovai un posto in un parcheggio. Era primavera inoltrata ma faceva ancora freschino. Indossai il giaccone. In testa avevo la mia parrucca feriale, quella che usavo assieme agli occhiali scuri per non essere appariscente. Chiusi la macchina ed entrai poco dopo nel ristorante. Era pieno di gente e i tavoli erano occupati ovunque, in gran parte da autisti dei tir. Ordinai un Hamburger e una birra ed andai a sedermi ad un tavolino che si era appena liberato.
Tirai fuori la carta stradale. Dovevo scegliere l’itinerario e la strada maggiormente panoramica da percorrere. Non mi fu difficile. Mentre richiudevo la carta rimasi attratta da un giovane uomo seduto non lontano da me. Le mie solite antenne mi diedero quei segnali che ormai sempre riconoscevo. Ero arrapata e volevo scopare. Ci avrei provato. Lo guardai ancora e febbrilmente studiai la situazione. Decisi che sarei uscita ed avrei aspettato che anche lui uscisse dal ristorante. Lo avrei allora fermato per chiedergli informazioni sulla strada e poi gli avrei chiesto di inserire i dati sul GPS della macchina. Una volta seduti in macchina non sarebbe stato difficile sedurlo, come avevo fatto altre volte. Chi dice di no a una donna come me, mi dissi, a meno che non sia gay. Lui non lo sembrava.
Non dovetti attendere molto. Quando lo vidi uscire mi sembrò più alto di quanto mi fosse sembrato a prima vista. Era decisamenyte un bel fusto, di quelli che piacevano a me. Non veniva verso di me e dovetti quindi rincorrerlo. Alla mia voce si fermò. Col mio inglese ormai molto migliorato dopo il corso intensivo che ero stata costretta a fare due anni prima, cercai di farmi capire. Gli chiesi la strada migliore per raggiungere il posto da cui avevo scelto di percorrere l’itinerario panoramico. Gli mostrai la carta stradale ma lui mi fermò. Pensò un attimo e poi con il suo inglese balbettante mi fece capire che sul suo camion aveva un computer e con l’aiuto di quello mi avrebbe risolto il problema. Fece cenno di seguirlo. Non c’era alcun accenno di flirt da parte sua. Sembrava sicuro di sè e piuttosto tranquillo. Gli chiesi di dove era e lui mi rispose che era romeno, ma non disse altro. Passammo così in silenzio una lunga fila di tir e finalmente arrivammo al suo. Salì e disse a me di entrare dalla parte opposta. Riuscii con qualche sforzo a salire ed ad entrare nell’abitacolo. Rimasi sorpresa quando entrai nel vedere tutto lo spazio di cui era dotata la cabina di un tir, con i lettini dietro allo spazio di guida. Glielo feci notare e lui rispose che c’erano camion con cabine ancora più grandi. Gli chiesi se dormiva a bordo del camion e lui con un grosso sorriso mi fece capire che non c’erano altri posti per lui dove dormire. Doveva badare al carico.
Mi chiese se volevo un caffè. Aveva una macchinetta elettrica. Intanto io mi sistemai meglio sul sedile accanto al suo. Mi tolsi il giaccone. Sapevo che le forme della mia blusa non mentivano. Vidi i suoi occhi puntati sulle mie tette. Mi distesi meglio e allargai le gambe. Mi venne improvvisamente un’idea. Quando mi porse il bicchierino di carta con il caffè io feci in modo di versarne un po’ sui jeens. Mi bruciai e diedi un urlo. Lui prese subito uno straccio e me lo porse. Io gli feci capire che il bruciore era forte. Gli chiesi in fretta se aveva dell’unguento. Ci pensò su un attimo, poi si affrettò ad aprire uno sportello e di lì prese un barattolo che mi porse facendomi capire che era un aftershave. A quel punto io mi alzai, andai dietro al sedile, mi sedetti sul lettino, abbassai i jeens senza indugi, aprii il barattolo e con un dito ne versai un poco sul rossore che si era formato sulla coscia. Lo guardai. Lui era rimasto in silenzio. I nostri occhi si capirono. Vidi che tirò in disparte la tendina, si alzò togliendosi la giacca e mi raggiunse sul lettino. Velocemente ci spogliammo e ci assaltammo. Ora potevo decidere anch’io. Allargai le gambe più che potevo in quello spazio un po’ ristretto. Prima però gli porsi un condom che avevo preparato nella tasca del giaccone. Fu proprio la scopata che desideravo, brutale e essenziale. Ci sapeva fare, il romeno, e in quel piccolo spazio riuscì a far prendere ai nostri corpi le posizioni più svariate. Quando alla fine, dopo un bel po’ di fatica lui decise di venire mi sentii finalmente sazia e soddisfatta. Quello era il sesso che preferivo, dovetti riconoscere.
Tornando alla macchina sorridevo dentro di me. Avevo forse trovato nelle autostrade una nuova formula per dare meglio sfogo ai miei istinti sessuali. Mi resi conto che facevo sempre più sesso con sconosciuti e che stavo diventando una sorta di Dottor Jekyll e Mister Hyde al femminile. Domani mi sarei vista con Yasmin. Era parecchio tempo che non ci vedevamo.
Ero ormai da una mezzoretta alla guida di una macchina presa a noleggio a Vienna, reduce da uno spettacolo al Teatro dell’Opera. Ero diretta a Praga, dove avrei incontrato Yasmin e il suo Leonardo. Loro sarebbero arrivati però solo domani, quindi avevo tempo. Per questo avevo preferito l’alternativa della macchina a quella dell’aereo. Da quando avevo preso la patente e acquistato una macchina avevo preso familiarità con la guida e facevo lunghe gite da sola o con la mamma nei brevi periodi che la mia carriera artistica ora mi consentiva. Mi piaceva vedere cose nuove e amavo la natura che circondava la mia città. Guidare poi mi dava quella rilassatezza che mi consentiva di pensare. Perchè ne avevo sempre molto io, da pensare.
A Vienna era andato tutto a gonfie vele. Successo di pubblico e sulla stampa molte lodi. Il giornalista di un grosso giornale mi aveva fatto un’intervista con il doppio scopo di scrivere su di me e di guadagnarsi il mio interesse. Il suo articolo era stato pieno di iperboli sulla mia voce e la mia presenza sulla scena. Secondo lui ”era nato un nuovo bellissimo astro nel panorama della lirica mondiale”. Così più o meno si era espresso nell’articolo. Non so cosa si aspettasse da me, ma dalle occhiate che mi aveva dato durante l’intervista e le strane domande che mi aveva fatto, avevo capito che gli piacevo molto. Era un bell’uomo, ma in quel momento non mi interessava.
La mia vita era repentinamente cambiata da quando, vinto il concorso, era iniziato il mio percorso di cantante d’opera. Il mio Maestro, che era ora divenuto mio agente, grazie ai suoi numerosi contatti anche all’estero, era riuscito subito a inserirmi in un giro di esibizioni, anzitutto in Italia, ma poi erano arrivate anche richieste dall’estero. Avevo così dovuto mettermi a studiare nuove partiture e quando poi venne la prima piccola parte in un’opera in una città italiana, dovetti inserirmi anche nel ruolo e diventare attrice oltre che cantante. Era andato comunque tutto molto bene e il successo non aveva tardato ad arrivare. Il primo vero successo venne quando dovetti fare la Mimì della Bohéme. Come sempre agli inizi, la richiesta era giunta al Maestro improvvisamente a causa dell’impedimento da parte di una cantante, che io dovevo quindi sostituire. Per fortuna conoscevo già bene la parte musicale e avevo visto l’opera più volte e non fu quindi difficile inserirmi nel ruolo. Lí compresi però anche quanto dovevo alla mia sfrontatezza. Le marachelle compiute da ragazzina e l’irriverenza con cui avevo affrontato la mia vita sessuale erano state di enorme aiuto per affrontare i miei nuovi impegni di cantante lirica e stare sulla scena.
Sapevo però che la mia carriera artistica mi avrebbe costretto a delle scelte e forse anche a qualche rinuncia. Avrei dovuto cercare dei compromessi, ma non sapevo ancora come.
Dovetti in ogni caso cominciare a badare alla dieta ed evitare cibo pesante, alcolici e via di seguito. Dovetti improvvisamente seguire con attenzione gli orari ed ora dovevo dormire in modo più regolare e evitare di andare a letto troppo tardi. Dovevo essere maggiormente disciplinata e seguire alcune regole importanti. Ero poi soprattutto condizionata dalle scelte che il mio agente faceva. Il suo obiettivo di agente ovviamente doveva essere quello di trovarmi il maggior numero di impegni possibile, perchè era lì e dalle relative percentuali che derivava il suo introito. Finora non avevo battuto ciglio ed avevo seguito i suoi schemi senza fiatare. Erano comunque arrivati in cassa molti soldi e con la mamma avevamo cominciato a vagliare la possibilità di trasferirci in una casa più grande.
Il problema era il mio bisogno di sesso, perchè il mio tempo libero era ora molto limitato e non mi concedeva molte libertà. Quello che potevo fare da sola non era sufficiente e a volte mi mortificava. Inoltre era intervenuto un grosso nuovo problema al quale non avevo pensato. Con il successo era aumentata la mia notorietà. Mie foto erano apparse sui giornali. Ora dovevo quindi osservare un comportamento esemplare se non volevo guastare per sempre il mio nome. Di questo si era preoccupato il Maestro, che ormai mi conosceva e sapeva delle mie esigenze. Naturalmente lo rassicurai che sarei stata molto attenta.
I primi tempi e con le prime esibizioni ero sempre indaffaratissima e tornavo sempre a casa stremata di forze. Dopo ogni esibizione mi sentivo poi sempre piena di adrenalina e mi sarebbe servito uno sfogo, che però non ero in grado di trovare altro che sola con me stessa. Se continuava così non ce l’avrei fatta, mi ero detta.
Mi venne un giorno incontro la mia fantastica amica Yasmin, con la quale mi ero confidata. Senza pensarci su molto se ne uscì tranquillamente quel giorno con l’idea geniale di servirci della sua rete di swinger, gli scambisti. Con gli anni e con tutti i viaggi che erano riusciti ad organizzare, lei e Leonardo, oltretutto tutti e sempre esauriti, la lista delle coppie registrate si era fatta enorme. Mi disse che lei era in grado di organizzarmi incontri nelle maggiori capitali e comunque in gran parte delle città dove mi sarei trovata ad esibirmi. Lei conosceva i miei gusti e le sarebbe stato facile trovare una coppia che mi si adattava. Avrebbe organizzato gli incontri e mi avrebbe dato per ogni incontro i dati che ne avrebbero permesso di farli senza tanti problemi.
Dovevo tener presente che nella grande maggioranza sarebbero stati incontri anonimi, dato che nè il mio nome sarebbe comparso nè quello degli altri. Ogni incontro si sarebbe svolto a casa della coppia per ovvie ragioni, di cui io non potevo conoscere l’indirizzo. Sarei quindi stata prelevata in albergo. Avrei avuto ogni volta le indicazioni del caso. Al dubbio che ritenni di sollevare, se potevo bastare io da sola, visto che non ero una coppia, Yasmin mi spiegò che spesso tra scambisti si formavono triangoli. Non era un problema. Yasmin mi aveva detto tutto questo d’un fiato. Sembrava proprio entusiasta. Io non avevo potuto fare altro che ringraziarla. Eravamo rimaste d’accordo che le avrei comunicato in tempo i luoghi dove mi sarei recata per darle il tempo di fare le ricerche. Io dovevo solo pensare a come meglio mascherarmi. Dovevo procurarmi delle parrucche, occhiali scuri e lingerie adatta, badando bene al fatto che in questi casi vigeva una precisa regola: ”no bra, no pants”, mi aveva raccomandato Yasmin ridendo. Niente reggiseno, niente mutande. Che ganza, questa Yasmin, mi ero detta.
Mentre guidavo tornai a pensare a Yasmin e a tutti gli incontri che mi stava organizzando con tanta cura. Da quando ci eravamo conosciute eravamo diventate molto amiche. Continuavamo a fare sesso tra noi, sole e spesso anche con altri personaggi che il suo mondo le permetteva di continuo di conoscere. Tra noi quindi più che amicizia si era creato un vero affetto.
Tutto e dappertutto con gli incontri era sempre proceduto in modo perfetto, ma era stato il primo quello che mi era rimasto più impresso. Per tante ragioni. Per prima cosa era la prima volta che non me la sbrigavo da sola. Ero sempre, o quasi sempre stata io di mia iniziativa a crearmi le occasioni, a scegliere con chi e come fare sesso, dopo averli visti e averci parlato. Ora invece mi veniva tutto servito già pronto sul piatto, con un orario preciso, in un luogo preciso ma a me sconosciuto, con persone che non avevo mai visto. Mancava completamente l’improvvisazione, che a me era sempre tanto piaciuta.
Il primo di questi incontri anonimi era stato in questo proprio l’esempio più esemplare anche perchè era stata l’unica volta in cui tutto si era svolto con una regia studiata nei minimi particolari. C’era poi anche stata una sorpresa che non mi aspettavo affatto, ma che in fondo finì per piacermi molto. Non potrò poi mai dimenticare quel primo incontro perchè accadde tutto senza un solo scambio di parole. Per questo lo ricordo ancora così bene, nei minimi dettagli.
Successe a Lisbona dopo non ricordo quale spettacolo. Ricordo però che alla fine, dopo gli applausi, i fiori, gli abbracci, le strette di mano, le foto, le interviste e finalmente i saluti, tornai in albergo. Lì mi preparai. Sentivo ancora addosso tutta la carica di adrenalina che avevo accumulato sul palcoscenico. Ora avevo solo in mente una cosa e non stavo nella pelle per il nervosismo, io che in genere al nervosismo ero refrattaria. Le istruzioni ricevute da Yasmin erano state chiare. Decisi di indossare un leggero kimono nero. Sarebbe bastato a non farmi sentire completamente nuda. Sopra avrei messo il mio piumino lungo con relativo cappuccio ben infilato sulla testa. Alle 10 in punto una macchina sarebbe stata ad attendermi fuori dell'albergo. Avevo modello, colore e numero della targa della macchina. Non potevo sbagliare.
Indossai una parrucca di un rosso acceso che mi fece sentire molto sexy, mi misi sul volto la mascherina e quando fui pronta per uscire mi guardai allo specchio e mi dissi che potevo andare. Vidi subito la macchina ferma a qualche metro dall'entrata dell'albergo. Aveva i vetri posteriori oscurati. Giunta a un paio di metri dalla macchina estrassi di tasca il fazzoletto che era il mio segno di riconoscimento. Dalla macchina uscì un uomo in divisa da autista che si affrettò ad aprirmi la porta posteriore. Mentre entravo mi porse un cappuccio nero. Dovevo indossarlo subito. Affondai sul sedile e mi abbandonai indietro. Mi sentivo tutta eccitata. Nuda o quasi dentro il mio piumino con un cappuccio in testa che mi impediva di vedere fuori. Yasmin aveva giurato che sarei andata da persone molto altolocate e che mi sarei divertita.
Come si sarebbe svolto l’incontro? Come l’avrebbero accolta? Mi facevo un sacco di domande mentre la macchina viaggiava veloce. Sentii dopo un po’ la macchina rallentare e arrancare su per strade piene di curve. Una zona collinosa, mi dissi.
Ad un tratto ci fermammo. Sentii il cigolio di un cancello che si apriva. Riprendemmo la corsa. Questa volta sulla ghiaia di un giardino. Ancora qualche metro, poi l’auto entrò all’interno di un locale ed il motore si spense. L’autista si affrettò ad aprirmi togliendomi il cappuccio dalla testa. Vidi un grande garage con alcune grosse macchine. Ad una porta vidi ad attendermi una giovane cameriera dall’apparenza asiatica. Mi diressi verso di lei. Senza una parola la donna mi fece strada verso una sala all’interno della casa. Nella sala, sempre senza una parola mi aiutò a sfilarmi il piumino, mi indicò di sedermi su una delle poltroncine che erano schierate attorno ad un tavolo, poi, imperturbabile, si allontanò leggera sullo spesso tappeto che ricopriva il pavimento e uscì richiudendo la porta dietro di sè.
Rimasi così sola in quel locale solo ricoperta del kimono. Ero molto emozionata ma non avevo nessuna paura. Yasmin era stata molto chiara sul fatto che si trattava di persone che lei conosceva personalmente, anche se non ne conosceva il nome. Avevano ricevuto da lei istruzioni sulle mie preferenze.
Mi guardai intorno. La sala, a forma di elle, era molto elegante e illuminata solo da una luce soffusa. Era piuttosto grande per poter servire ad incontri di tutti i generi. A giudicare dal pavimento, che era ricoperto di un un tappeto rosso opaco materassato, e da come si presentavano le pareti, doveva essere completamente insonorizzata. Ad uno dei lati era appeso un enorme schermo televisivo ed alla parete adiacente erano allineate file di sedie impilabili. Dall’altra parte della sala vidi un bar, un grande divano, alcune poltrone. In mezzo vidi poi un bel palo. Sperai mentalmente che non mi chiedessero un’esibizione.
Dove io ero seduta vidi sul tavolo alcuni vassoi con vari tipi di canapè, frutta, noccioline, olive. Vidi anche alcuni bicchieri e un paio di bottiglie di champagne immerse in un secchiello con il ghiaccio. Mi servii dello champagne e ne bevvi un bel sorso che mi diede un po’ di carica. Passò qualche minuto che mi parvero secoli. Continuavo a domandarmi cosa sarebbe successo e con chi mi sarei incontrata, ben cosciente del fatto che non mi sarebbe stato dato di conoscere nessuno. Sapevo che avrei fatto sesso, non violento ma certamente molto intenso. Così mi aveva detto Yasmin. Mi accorsi solo allora della tenue musica che proveniva da diffusori nascosti nelle pareti. Faceva caldo.
Ad un tratto le luci si spensero e fu per me buio completo. Non ebbi tempo di reagire. Delle mani mi misero sugli occhi una grossa benda incuranti della mascherina che portavo, mi fecero alzare, mi tolsero il kimono ed un attimo dopo ero distesa sul tappeto. Due mani si impadronirono delle mie gambe che rimasero aperte, imprigionate in una cinghia. Altre due mani nel frattempo avevano fatto lo stesso con le mie braccia. Ero immobilizzata! Sapevo che si faceva e sapevo anche che a molti piaceva fare sesso a mani e piedi legati. Io però non l’avevo mai fatto e mi sentii lì per lì un po’ a disagio.
Avvertii poi subito l’umidiccio di due lingue sul mio corpo. Mi rilassai e quando lingue e dita giunsero nei miei punti più delicati e cominciarono ad esplorare con insistenza, allora compresi. Ricordo ancora il fremito che percorse il mio corpo. Sapevo che era il senso di sottomissione che dava alla donna il piacere, ma per me non era quello. Doveva essere invece quella benda, il silenzio, l’ignoto, e quei lacci che mi immobilizzavano.Tutto era comunque molto strano, sembrava un sogno. Ricordo che attraverso la benda potevo vedere che la sala era leggermente illuminata. Loro vedevano me ma io non vedevo loro.
Le due lingue e quelle mani si attardarono a lungo sul mio corpo, poi ad un tratto sentii due dita che mi frugavano tra le labbra. Io aprii la bocca in tempo per sentirvi entrare un bel glande palpitante. Due mani si strinsero dietro la mia nuca e accennarono un movimento. Strinsi le labbra e mi diedi da fare. Mi era sempre piaciuto farlo e ora, imprigionata com’ero, senza nulla vedere e senza poterlo prendere in mano, lo trovavo ancora più eccitante. Lo sentivo solo in bocca, ne seguivo la forma con la lingua, lo assaporavo. Si, fu diverso dalle altre volte, e mi piacque molto!
Ricordo che ad un tratto la lingua che era tra le mie gambe si staccò da me. Ancora occupata con la bocca attendevo impaziente. Cosa mi avrebbero fatto ora?! Ero smaniosa di continuare. Ma non ebbi tempo di pensare oltre. Due braccia robuste mi sollevarono il bacino e un istante dopo un altro cazzo mi entrava dentro di colpo. Tale era stata la sorpresa che diedi un urlo strozzato. Avevo due uomini su di me, e evidentemente non c’era alcuna donna e quella non era una coppia! Ero stata ingannata. Ma non ero affatto delusa. Mi abbandonai con frenesia senza altro pensare.
Durò a lungo questa lotta del mio corpo immobilizzato alle prese con due cazzi. In quegli attimi di lucidità che mi venivano tra un orgasmo e l’altro pensavo a quale fosse lo strano sordido piacere che provavo ora, per la prima volta a far sesso con due uomini. Mi resi conto che godevo dell’essere spregiudicata e per la prima volta anche di essere ”posseduta” da due uomini contemporaneamente. Paralizzata braccia e gambe! Io che sempre avevo voluto possedere gli uomini che scopavo!
Per di più erano uomini che non conoscevo e che non sapevano nulla di me, una cantante lirica di fama internazionale! Questa constatazione mise le ali al mio piacere e cominciai a darci dentro anch’io con la forza che avevo, legata com’ero, grugnando come un’ossessa. D’un tratto mi sentii venire in bocca. Lui diede un gemito soffocato. Io ingoiai. L’altro si fermò. Si staccarono ambedue da me.
Provai ora a rifiatare, ma ne volevo ancora. Mi liberarono ora braccia e gambe e mi voltarono a pancia in giù. Sentii un liquido fresco scorrermi sulle natiche. Due mani cominciarono a spalmare delicatamente la pelle e ogni fessura in me con quello che pensai fosse lubrificante. Due braccia mi sollevarono dal tappeto. Dovevo stare in ginocchio, le gambe bene allargate. Una mano spinse la mia testa al tappeto. Così dovevo restare. Poi con cautela introdussero un plug nell’ano. Ricordo che rimasi un po’ esitante. Mi domandai perchè.
Quando mi arrivò la prima sculacciata urlai. Mi fece male. E mi fecero male anche le altre che mi giunsero subito dopo. Sentii la pelle bruciare ma questa volta subito due lingue vennero su di me e qualcosa di soffice che mi parve fosse una piuma mi giunse tra le natiche. Lingue e piuma si attardarono sulla mia pelle a darmi sollievo. Sadomaso, pensai, e confessai a me stessa che mi era piaciuto! Rimasi un attimo in ginocchio, le gambe aperte, in attesa. Fu allora che scoprii il mistero dei due uomini e perchè erano una coppia.
Uno dei due uomini mi arrivò improvvisamente da dietro e cominciò a scoparmi come una furia. Tardai a trovare il ritmo, ma quando ci riuscii, improvvisamente lui rallentò per riprendere subito dopo avendo dato un gemito. Al battito dei nostri due corpi si era ora unito quello di un altro corpo contro il suo. Compresi che l’altro uomo lo stava sodomizzando ed era per questo che grugniva ora come un porcellino. Uno di loro era bisessuale. Erano allora una coppia. Non ero stata ingannata!
Non so quanto tempo ci scopammo in quel modo. Il rumore dei colpi che ci davamo si mischiavano ai miei gemiti e a quelli sempre più intensi che venivano dall’uomo dietro di me. Finchè con un urlo strozzato lui esplose. Rimanemmo un attimo in silenzio prima di separarci. Io mi sedetti sfinita.
Non vedevo ancora nulla, con la benda ancora stretta sugli occhi, tutto avveniva sempre in silenzio. Solo la musica sullo sfondo, il suono dei corpi, i gemiti.
Mentre stavo ancora riflettendo mi arrivò ad un tratto alle labbra un bicchiere. Lo afferrai e bevetti lo champagne ancora fresco tutto d’un fiato. Ricordo che dissi anche ”thank you”, le uniche mie parole in tutta la serata! Avevo ancora il plug infilato nell’ano a ricordarmi che c’era ancora molto da fare. L’idea dell’anale continuava ad emozionarmi dopo la prima volta con Yasmin. Ero certa che lei si era ora raccomandata che venisse fatto con garbo. Ero impaziente.
Stavo sorseggiando lo champagne quando d’un tratto un corpo si sedette dietro di me. Una mano tolse il bicchiere dalla mia mano e mi sfilò anche il plug. Poi successe tutto molto in fretta e io mi ritrovai d’un tratto in uno di quei film porno che avevo visto dove si faceva la doppia penetrazione. Ero però io in persona che la stavo vivendo! Seduta e impalata da un cazzo da una parte e abbracciata dall’altra parte ad un uomo che ora mi stava scopando a più non posso. A vederlo in un film porno la situazione mi era sempre parsa scomoda ed esagerata e non capivo come potesse essere gradevole per la donna che lo subiva. Io invece ne rimasi avvinta. La sensazione di essere riempita da due aste dure contemporaneamente era indescrivibile e all’inizio pensavo di non farcela. Poi si trasformò invece in un mare di sensazioni splendide. Quella sera credo che battei di gran lunga il mio record di orgasmi! Ricordo che usarono ambedue il condom, che non era vuoto alla fine. Si, Lisbona lo rifarei volentieri, ora che ci penso.
A questa prima volta così disciplinata e senza una parola, con quella strana atmosfera onirica seguirono le altre che furono più normali e dove ci furono saluti, parole e anche qualche risata, oltre a tanti orgasmi. Ovunque però regnava l’anonimità. La grande diversità rispetto alla prima volta fu però che trovai sempre tra loro una donna. Erano vere coppie assortite, con alcune donne a cui piaceva fare il maschio, con tanto di strap-on. Non ci furono altrimenti cose così strane da nessuna parte, tranne in un caso, mi sembra ad Amburgo. Mi scappava la pipì e chiesi dove era il gabinetto, ma l’uomo volle che gli pisciassi addosso. Non l’avevo mai fatto e stentavo all’inizio, ma quando cominciai lo vidi godere come un ossesso, mentre la donna gli faceva un pompino!
Ebbi poi nuovamente occasione di fare una doppia penetrazione nella stessa posizione, con l’uomo sotto di me. Ne fui anche allora entusiasta e ricordo che mi dissi che avrei voluto farlo assolutamente con Yasmin assieme a qualche bel figo. A Praga forse? Pensandoci adesso, seduta in macchina, mi venne un po’ di umido tra le gambe.
Ero contenta adesso di guidare. Mi sentivo libera e soddisfatta. Ieri a Vienna c’era stato il solito successo e i giornali stamane parlavano molto bene di me e il Maestro era raggiante. Continuavano ad arrivargli richieste e lui voleva parlarne con me, ma io avevo bisogno di staccarmi per qualche giorno. L’incontro della sera era saltato. Mi era arrivato un messaggio da Yasmin. Un improvviso imprevisto. Così mi era rimasta un po’ di frustrazione addosso. Ripensando a Lisbona mi era venuto il solito umidiccio tra le gambe.
Ero tuttora in autostrada, ma avevo deciso che ne sarei uscita per percorrere un’altra strada, più lunga ma, a quanto mi avevano detto, molto bella tra boschi e montagne. Avevo tempo perchè a Praga dovevo trovarmi solo il giorno successivo.
Mi era venuta un po’ di fame e pensai di fermarmi in qualche posto per fare uno spuntino. Trovai un autogrill con un numero impressionante di Tir parcheggiati dappertutto. Trovai un posto in un parcheggio. Era primavera inoltrata ma faceva ancora freschino. Indossai il giaccone. In testa avevo la mia parrucca feriale, quella che usavo assieme agli occhiali scuri per non essere appariscente. Chiusi la macchina ed entrai poco dopo nel ristorante. Era pieno di gente e i tavoli erano occupati ovunque, in gran parte da autisti dei tir. Ordinai un Hamburger e una birra ed andai a sedermi ad un tavolino che si era appena liberato.
Tirai fuori la carta stradale. Dovevo scegliere l’itinerario e la strada maggiormente panoramica da percorrere. Non mi fu difficile. Mentre richiudevo la carta rimasi attratta da un giovane uomo seduto non lontano da me. Le mie solite antenne mi diedero quei segnali che ormai sempre riconoscevo. Ero arrapata e volevo scopare. Ci avrei provato. Lo guardai ancora e febbrilmente studiai la situazione. Decisi che sarei uscita ed avrei aspettato che anche lui uscisse dal ristorante. Lo avrei allora fermato per chiedergli informazioni sulla strada e poi gli avrei chiesto di inserire i dati sul GPS della macchina. Una volta seduti in macchina non sarebbe stato difficile sedurlo, come avevo fatto altre volte. Chi dice di no a una donna come me, mi dissi, a meno che non sia gay. Lui non lo sembrava.
Non dovetti attendere molto. Quando lo vidi uscire mi sembrò più alto di quanto mi fosse sembrato a prima vista. Era decisamenyte un bel fusto, di quelli che piacevano a me. Non veniva verso di me e dovetti quindi rincorrerlo. Alla mia voce si fermò. Col mio inglese ormai molto migliorato dopo il corso intensivo che ero stata costretta a fare due anni prima, cercai di farmi capire. Gli chiesi la strada migliore per raggiungere il posto da cui avevo scelto di percorrere l’itinerario panoramico. Gli mostrai la carta stradale ma lui mi fermò. Pensò un attimo e poi con il suo inglese balbettante mi fece capire che sul suo camion aveva un computer e con l’aiuto di quello mi avrebbe risolto il problema. Fece cenno di seguirlo. Non c’era alcun accenno di flirt da parte sua. Sembrava sicuro di sè e piuttosto tranquillo. Gli chiesi di dove era e lui mi rispose che era romeno, ma non disse altro. Passammo così in silenzio una lunga fila di tir e finalmente arrivammo al suo. Salì e disse a me di entrare dalla parte opposta. Riuscii con qualche sforzo a salire ed ad entrare nell’abitacolo. Rimasi sorpresa quando entrai nel vedere tutto lo spazio di cui era dotata la cabina di un tir, con i lettini dietro allo spazio di guida. Glielo feci notare e lui rispose che c’erano camion con cabine ancora più grandi. Gli chiesi se dormiva a bordo del camion e lui con un grosso sorriso mi fece capire che non c’erano altri posti per lui dove dormire. Doveva badare al carico.
Mi chiese se volevo un caffè. Aveva una macchinetta elettrica. Intanto io mi sistemai meglio sul sedile accanto al suo. Mi tolsi il giaccone. Sapevo che le forme della mia blusa non mentivano. Vidi i suoi occhi puntati sulle mie tette. Mi distesi meglio e allargai le gambe. Mi venne improvvisamente un’idea. Quando mi porse il bicchierino di carta con il caffè io feci in modo di versarne un po’ sui jeens. Mi bruciai e diedi un urlo. Lui prese subito uno straccio e me lo porse. Io gli feci capire che il bruciore era forte. Gli chiesi in fretta se aveva dell’unguento. Ci pensò su un attimo, poi si affrettò ad aprire uno sportello e di lì prese un barattolo che mi porse facendomi capire che era un aftershave. A quel punto io mi alzai, andai dietro al sedile, mi sedetti sul lettino, abbassai i jeens senza indugi, aprii il barattolo e con un dito ne versai un poco sul rossore che si era formato sulla coscia. Lo guardai. Lui era rimasto in silenzio. I nostri occhi si capirono. Vidi che tirò in disparte la tendina, si alzò togliendosi la giacca e mi raggiunse sul lettino. Velocemente ci spogliammo e ci assaltammo. Ora potevo decidere anch’io. Allargai le gambe più che potevo in quello spazio un po’ ristretto. Prima però gli porsi un condom che avevo preparato nella tasca del giaccone. Fu proprio la scopata che desideravo, brutale e essenziale. Ci sapeva fare, il romeno, e in quel piccolo spazio riuscì a far prendere ai nostri corpi le posizioni più svariate. Quando alla fine, dopo un bel po’ di fatica lui decise di venire mi sentii finalmente sazia e soddisfatta. Quello era il sesso che preferivo, dovetti riconoscere.
Tornando alla macchina sorridevo dentro di me. Avevo forse trovato nelle autostrade una nuova formula per dare meglio sfogo ai miei istinti sessuali. Mi resi conto che facevo sempre più sesso con sconosciuti e che stavo diventando una sorta di Dottor Jekyll e Mister Hyde al femminile. Domani mi sarei vista con Yasmin. Era parecchio tempo che non ci vedevamo.
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