Nicola e Alberto Cap: XVI Pentimento Cap. I
di
Andrea10F09
genere
poesie
Ho deciso di pubblicare anche le ultime due parti per far tacere la coscienza o per far sopire il rigurgito della lettura al pruriginoso, a colui che si è scandalizzato, indignato per alcuni pezzi dello scritto: Nicola e Alberto. Vorrei informare il lettore che in alcuni miei scritti, già presentati o ancora da divulgare, il pretesto della fantasia mi viene spesso suggerito da letture, da emozioni o da fatti di cronaca che mi prendono per accompagnare il soggetto del componimento alla vita e alla luce del dono, facendogli attraversare e vivere anche esperienze orrende, crudeli, infernali.
Questo breve componimento L'ho inserito nella sezione dell'arte poetica, perché mi sembrava più adatta
Pentimento
Le cime degli alberi avvertono della vicinanza del bosco e disinteressate indicano il sentiero verso il Sinni. Sono dinosauri verdi, brillanti, a volte azzurri o bianco lattei. Il fosso che si costeggia mormora e l’acqua chiassosa è molto fredda. Il silenzio agreste avvolge e prende. Attraversi il bosco; hai la gola secca e desiderio di spogliarti, di rinfrescarti, di lavare, di ... Avanzi ancori, il fiume e finalmente, lontana, la golena, il tuo nascondiglio. Procedere fra gli arbusti non è facile, non ti spaventano ortiche o qualche rampicante spinoso; se una spina ti punge, tu stringi i denti, proseguendo. Il terreno s’impenna improvvisamente. É l’argine del fiume. La riva erbosa è scivolosa. Ti piace. Senti i muscoli delle gambe e delle natiche tendersi e contrarsi nello sforzo di ascendere il declivio. Hai il fiato pesante. Dalla cima dell’argine vedi la golena sabbiosa, pettinata, riarsa, vergine con i suoi scheletri legnosi. Nessuno l’ha ancora calpestata. Affondarvi i piedi ti fa sentire il padrone del mondo.
Cazzo! Si scivola! E ti ritrovi ai piedi dell’argine fra i rami spinosi di un arbusto di rosa canina.
Lungo il fiume ci sono un paio di grossi barconi di legno ancorati alle rive. Sono le baracche galleggianti dei pescatori, accoglienti oasi di allegria nei noiosi pomeriggi dei pensionati che arrivano dai paesi vicini a trascorrere un dopo pranzo fra amici. Ci sono un paio di biciclette appoggiate al mezzo marinaio di ancoraggio. Un fumo biancastro di legna esce dai camini e dalle finestrelle aperte si intravedono delle ombre muoversi. Vai oltre per stenderti dietro un tronco e goderti il silenzio, il sole, l’umidità dei tuoi pantaloncini. Sei solo o … Una voce squillante, argentina, acuta, ti scuote; ma come, anche qui? Perché mi hai seguito? Potevi farti male o ... Perché? Lo guardi e non puoi non sorridergli, non invitarlo a stendersi su di te. Lo sculacci, gli mordi il culetto e lui ride felice per essere fra le forti braccia dello zio. Ruzzolate sulla sabbia, giocate allegri e spensierati. Sui tuoi pantaloncini tracce di sabbia umida e lui ride indicandole con l’indice. Gli prendi la mano trascinandolo su di te e torni a sculacciarlo con il sederino sulle tue ginocchia, poi lo fissi teneramente, gli scarmigli i capelli e lo lasci posizionarsi lungo il tuo corpo, viso contro viso. Lui sa. Non è la prima volta: sul tuo addome il calore della sua profumata pipì. Ride, gioite, sui vostri visi scintilla il sole, e poi pisoli con lui che dorme a rana su di te. Qualcuno passando osserva, sorride, non vede, va oltre. Il piccolo si sveglia, ha fame e tornate a casa coperti di un profumo nuovo. Tua sorella, mamma di Alberto, capisce e vi invita a farvi una doccia. Ti spogli, lo svesti e con lui in braccio giocate sotto lo spruzzo caldo. Ohhh momenti spontanei, irripetibili, unici, felici. Il tempo passa, lui cresce, tu hai altri bisogni, ma sempre contenti, spensierati, raggianti siete nello stare assieme. Lui ha compreso, prosegue nel gioco per vederti sorridere e quando siete soli, dopo averti inzuppato, lui aspetta che gli ungi il naso della tua bianca crema o che tu l’assaggi per fargliela gustare anche a lui. Insistete nel conoscervi. La mamma e sorella sa, è a conoscenza dei vostri momenti e tu la rendi partecipe confessandole la crescita. Poi, perché tutto svanì, forse … calunnie, indiscrezioni su di te, su tua sorella? Che cattiva è la gente, non le interessa la felicità del vicino, ma godere nel procurare dispiaceri, mortificazioni, biasimi, divisioni, contrasti e lui, il piccolo birbante, il piccolo curioso, il piccolo chef delle tue essenze, diviene bullo, scorbutico, sballa. Non vuole saperne di te, della mamma. Grida, urla, sbatte le porte, rompe piatti, bottiglie, bicchieri. L’aria della casa diventa pesante, irrespirabile, soffocante, malsana per tutti e allora … che fai? Ti informi e trovi. Ti iscrivi all’associazione nudista per uomini, parli, chiedi e accetti la loro proposta. Paghi una cifra spropositata per la sua rieducazione, perché … si accetti, purché ritorni ad essere felice con te, nella tua e sua abitazione. Ma perché l’hai fatto, potevi attendere; forse il tempo portava rimedi. Potevi fargli capire, ma … l’hai portato e lasciato là, per essere rieducato. Perché?
No, non puoi lasciarlo là! Non puoi abbandonarlo, mollarlo. Lo romperanno, sfasceranno, strazieranno, sbraneranno.
“No, non lo lascio, ma come posso? Non ho la possibilità di far fronte e saldare la penale concordata. Ohhh perché, … perché … perchééé? Ahhhhhhhhhhh!!! L’acqua è gelida, cazzo!!! Qualcuno mi aiuti, mi manca il respiro! Sembra che un milione di aghi mi stiano trafiggendo la carne. Mi sto lacerando le mani, non riesco a salire sull’asciutto. Ohhhhhhh!
Dio che freddo!!! Non riesco nemmeno a parlare, batto i denti e mi sento prudere ovunque. Devo tornare a casa e in fretta.
Non riesco a correre. Sono nudo. I vestiti? Non importa, non sono un cagasotto, un pavido, un pusillanime, un vile!!! Muovi il culo accidenti e corri!!!!!
Chiederò di sostituirlo! Mi chiederanno … Non me ne frega di quello che mi imporranno! Mi basta che torni a casa sano, salvo. É il mio nipotino, il mio cucciolo.”
Mani decise ti sfiorano, ti palpano, ti spogliano. Nudo, inginocchiato, con la gorgiera per bestie attendi la tua prima lezione.
Segni rossi, violacei, infiammati ti vestono e ti decorano; davanti a te dei rifiuti con vermi per cibo.
Questo breve componimento L'ho inserito nella sezione dell'arte poetica, perché mi sembrava più adatta
Pentimento
Le cime degli alberi avvertono della vicinanza del bosco e disinteressate indicano il sentiero verso il Sinni. Sono dinosauri verdi, brillanti, a volte azzurri o bianco lattei. Il fosso che si costeggia mormora e l’acqua chiassosa è molto fredda. Il silenzio agreste avvolge e prende. Attraversi il bosco; hai la gola secca e desiderio di spogliarti, di rinfrescarti, di lavare, di ... Avanzi ancori, il fiume e finalmente, lontana, la golena, il tuo nascondiglio. Procedere fra gli arbusti non è facile, non ti spaventano ortiche o qualche rampicante spinoso; se una spina ti punge, tu stringi i denti, proseguendo. Il terreno s’impenna improvvisamente. É l’argine del fiume. La riva erbosa è scivolosa. Ti piace. Senti i muscoli delle gambe e delle natiche tendersi e contrarsi nello sforzo di ascendere il declivio. Hai il fiato pesante. Dalla cima dell’argine vedi la golena sabbiosa, pettinata, riarsa, vergine con i suoi scheletri legnosi. Nessuno l’ha ancora calpestata. Affondarvi i piedi ti fa sentire il padrone del mondo.
Cazzo! Si scivola! E ti ritrovi ai piedi dell’argine fra i rami spinosi di un arbusto di rosa canina.
Lungo il fiume ci sono un paio di grossi barconi di legno ancorati alle rive. Sono le baracche galleggianti dei pescatori, accoglienti oasi di allegria nei noiosi pomeriggi dei pensionati che arrivano dai paesi vicini a trascorrere un dopo pranzo fra amici. Ci sono un paio di biciclette appoggiate al mezzo marinaio di ancoraggio. Un fumo biancastro di legna esce dai camini e dalle finestrelle aperte si intravedono delle ombre muoversi. Vai oltre per stenderti dietro un tronco e goderti il silenzio, il sole, l’umidità dei tuoi pantaloncini. Sei solo o … Una voce squillante, argentina, acuta, ti scuote; ma come, anche qui? Perché mi hai seguito? Potevi farti male o ... Perché? Lo guardi e non puoi non sorridergli, non invitarlo a stendersi su di te. Lo sculacci, gli mordi il culetto e lui ride felice per essere fra le forti braccia dello zio. Ruzzolate sulla sabbia, giocate allegri e spensierati. Sui tuoi pantaloncini tracce di sabbia umida e lui ride indicandole con l’indice. Gli prendi la mano trascinandolo su di te e torni a sculacciarlo con il sederino sulle tue ginocchia, poi lo fissi teneramente, gli scarmigli i capelli e lo lasci posizionarsi lungo il tuo corpo, viso contro viso. Lui sa. Non è la prima volta: sul tuo addome il calore della sua profumata pipì. Ride, gioite, sui vostri visi scintilla il sole, e poi pisoli con lui che dorme a rana su di te. Qualcuno passando osserva, sorride, non vede, va oltre. Il piccolo si sveglia, ha fame e tornate a casa coperti di un profumo nuovo. Tua sorella, mamma di Alberto, capisce e vi invita a farvi una doccia. Ti spogli, lo svesti e con lui in braccio giocate sotto lo spruzzo caldo. Ohhh momenti spontanei, irripetibili, unici, felici. Il tempo passa, lui cresce, tu hai altri bisogni, ma sempre contenti, spensierati, raggianti siete nello stare assieme. Lui ha compreso, prosegue nel gioco per vederti sorridere e quando siete soli, dopo averti inzuppato, lui aspetta che gli ungi il naso della tua bianca crema o che tu l’assaggi per fargliela gustare anche a lui. Insistete nel conoscervi. La mamma e sorella sa, è a conoscenza dei vostri momenti e tu la rendi partecipe confessandole la crescita. Poi, perché tutto svanì, forse … calunnie, indiscrezioni su di te, su tua sorella? Che cattiva è la gente, non le interessa la felicità del vicino, ma godere nel procurare dispiaceri, mortificazioni, biasimi, divisioni, contrasti e lui, il piccolo birbante, il piccolo curioso, il piccolo chef delle tue essenze, diviene bullo, scorbutico, sballa. Non vuole saperne di te, della mamma. Grida, urla, sbatte le porte, rompe piatti, bottiglie, bicchieri. L’aria della casa diventa pesante, irrespirabile, soffocante, malsana per tutti e allora … che fai? Ti informi e trovi. Ti iscrivi all’associazione nudista per uomini, parli, chiedi e accetti la loro proposta. Paghi una cifra spropositata per la sua rieducazione, perché … si accetti, purché ritorni ad essere felice con te, nella tua e sua abitazione. Ma perché l’hai fatto, potevi attendere; forse il tempo portava rimedi. Potevi fargli capire, ma … l’hai portato e lasciato là, per essere rieducato. Perché?
No, non puoi lasciarlo là! Non puoi abbandonarlo, mollarlo. Lo romperanno, sfasceranno, strazieranno, sbraneranno.
“No, non lo lascio, ma come posso? Non ho la possibilità di far fronte e saldare la penale concordata. Ohhh perché, … perché … perchééé? Ahhhhhhhhhhh!!! L’acqua è gelida, cazzo!!! Qualcuno mi aiuti, mi manca il respiro! Sembra che un milione di aghi mi stiano trafiggendo la carne. Mi sto lacerando le mani, non riesco a salire sull’asciutto. Ohhhhhhh!
Dio che freddo!!! Non riesco nemmeno a parlare, batto i denti e mi sento prudere ovunque. Devo tornare a casa e in fretta.
Non riesco a correre. Sono nudo. I vestiti? Non importa, non sono un cagasotto, un pavido, un pusillanime, un vile!!! Muovi il culo accidenti e corri!!!!!
Chiederò di sostituirlo! Mi chiederanno … Non me ne frega di quello che mi imporranno! Mi basta che torni a casa sano, salvo. É il mio nipotino, il mio cucciolo.”
Mani decise ti sfiorano, ti palpano, ti spogliano. Nudo, inginocchiato, con la gorgiera per bestie attendi la tua prima lezione.
Segni rossi, violacei, infiammati ti vestono e ti decorano; davanti a te dei rifiuti con vermi per cibo.
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