Coppia in crisi dodicesima parte

di
genere
dominazione

Sfreccio per le strade deserte della notte, il rombo dell’auto che rimbomba nelle orecchie, come il battito di un cuore impazzito. Simona è accanto a me, il respiro affannato, le guance arrossate e uno sguardo ancora velato di piacere. Ha appena vissuto un momento di abbandono totale, e il suo corpo ne porta ancora i segni: il sedile umido, il leggero tremito delle sue gambe. Posso sentire il calore della sua pelle e il profumo di desiderio che riempie l’abitacolo.

Dietro di noi, Michele è silenzioso. L’ho visto mentre osservava ogni mio gesto, ogni singolo tocco che sfiorava Simona, e in quel silenzio c’è una tensione quasi palpabile. Non ha detto una parola, ma posso immaginare i suoi pensieri che vorticano nella sua mente, divisi tra il desiderio e quella fitta di gelosia che non può ignorare. Sta combattendo dentro di sé, ma non vuole fermarsi. Anzi, è spinto avanti dall’eccitazione, dall’ansia che cresce mentre ci avviciniamo alla nostra destinazione.

La notte è profonda, il cielo nero come il velluto, solo le luci dell’auto tagliano l’oscurità. L’asfalto scivola sotto di noi, e ogni curva che prendo velocemente è una promessa, un anticipo di ciò che ci aspetta. Simona guarda avanti, ma sento il suo corpo ancora scosso da piccole scosse, il suo sguardo che sfugge alla strada per posarsi su di me, cercando rassicurazione, forse. O forse solo conferma che la notte è ancora lunga.

Arriviamo finalmente a una villa che appare improvvisamente tra gli alberi. L’alta recinzione in ferro battuto si staglia imponente sotto i fari, un cancello elegante e antico, illuminato da lampioni che proiettano ombre lunghe sul vialetto di ghiaia che si snoda oltre. La villa, grande e maestosa, si erge al centro di un ampio giardino. Le colonne bianche dell’ingresso si innalzano sotto un portico coperto, mentre ampie finestre dalle cornici dorate riflettono una luce calda all'interno. È una casa che sembra uscita da un’altra epoca, una di quelle dimore dove ogni segreto è custodito con cura.

Il cancello si apre lentamente, un movimento che sembra eterno, e noi ci inoltriamo lungo il vialetto. La ghiaia scricchiola sotto le ruote, un suono che spezza il silenzio della notte. Attorno a noi, gli alberi sono alti e fitti, come a proteggere la villa da occhi indiscreti. È un luogo privato, nascosto, perfetto per ciò che sta per accadere.

Simona sembra trattenere il respiro. La sua eccitazione è evidente, ma è mescolata a una tensione sottile, come se non sapesse esattamente cosa aspettarsi. La villa rappresenta un confine che stiamo per attraversare, un punto di non ritorno. La sua mano si muove lentamente, stringendo il bordo dell’abito, come a cercare di ancorarsi alla realtà. Ma io sento il suo cuore battere forte, quasi quanto il mio.

Michele, dal sedile posteriore, è immerso in un silenzio ancora più denso. La sua mente deve essere in tumulto. Ogni tanto lo vedo sporgersi in avanti, come se volesse essere più vicino a noi, come se non volesse perdere neanche un istante di ciò che sta succedendo. Ma c’è una rigidità in lui, un nervosismo che non può nascondere. È eccitato, sì, ma l’ansia si mescola a quel desiderio. Forse è la consapevolezza di ciò che è successo prima, forse è l’idea di quello che potrebbe accadere nella villa.

Percorriamo il lungo vialetto, e il peso di ciò che stiamo vivendo sembra crescere con ogni metro che ci avvicina all’ingresso. C’è una parte di me che gode di questa tensione, di questa attesa carica di promesse. Simona e Michele sono prigionieri di queste emozioni contrastanti: desiderio, gelosia, ansia e curiosità. Ogni sensazione amplificata dall’oscurità della notte e dalla solitudine di questa villa elegante e misteriosa.

Quando l’auto si ferma davanti alla scalinata d’ingresso, il silenzio è totale. Nessuno dice una parola. Siamo tutti consapevoli che da qui in avanti nulla sarà più come prima.
La villa, maestosa e avvolta nell’oscurità della notte, ci sovrasta mentre ci avviciniamo all’ingresso. Ogni dettaglio è curato, dalle colonne in marmo bianco che incorniciano la porta d’entrata, ai lampioni d’epoca che illuminano il vialetto con una luce calda e soffusa. È un luogo che trasuda lusso e mistero, una dimora che sembra appartenere a un altro tempo.

La porta si apre con un lieve cigolio, e ad accoglierci c’è un uomo alto e distinto. Il maggiordomo, impeccabilmente vestito con una giacca nera e pantaloni abbinati, ha un portamento rigido e formale, come se la sua stessa presenza fosse parte dell’arredamento elegante della villa. Ha i capelli argentei pettinati all’indietro e uno sguardo serio che non lascia trapelare alcuna emozione. I suoi occhi sono freddi e calcolatori, come se già sapesse tutto di noi. Con un leggero inchino, ci invita ad entrare senza dire una parola.

Attraversiamo la soglia e ci troviamo in un atrio vasto ed elegante. Il pavimento è di marmo lucido, bianco e nero, che riflette la luce dei lampadari di cristallo sospesi sopra di noi. Le pareti sono rivestite con pannelli di legno scuro intagliati, su cui si intravedono quadri antichi che sembrano osservare silenziosi ogni movimento. Al centro della stanza, una maestosa scalinata si apre davanti a noi, con una ringhiera in ferro battuto finemente lavorata che sale a spirale verso il piano superiore. I gradini di marmo brillano, consumati solo dal passare di ospiti che, come noi, sono entrati in questa villa carichi di aspettative.

Il maggiordomo ci guida con passo deciso lungo la scalinata. Il silenzio della casa è rotto solo dal suono dei nostri passi sul marmo. Simona cammina accanto a me, l’eccitazione evidente nel suo respiro rapido, mentre Michele ci segue da vicino, in un silenzio carico di tensione. Siamo consapevoli che stiamo per entrare in un mondo diverso, un luogo dove le regole sono diverse, dettate dal padrone di casa.

Arrivati al piano superiore, il maggiordomo si ferma davanti a una porta doppia, massiccia, con maniglie dorate finemente decorate. Con un gesto fluido, la apre, rivelando un salone enorme, illuminato da candelabri che pendono dal soffitto altissimo. La stanza è arredata con eleganza ma ha un’aria teatrale. Al centro del salone, disposte in semicerchio, ci sono dieci poltroncine in velluto nero. Su otto di esse siedono degli uomini, tutti vestiti in abiti eleganti e scuri. Ogni uomo indossa una mascherina nera, che copre gran parte del viso, lasciando scoperti solo gli occhi, che ci osservano con attenzione mentre entriamo. Le loro posture sono rilassate ma vigili, e dall’ombra delle mascherine percepisco che sono tutti individui di potere, uomini abituati a controllare la situazione, ma che ora, seduti lì in quel cerchio misterioso, sembrano spettatori in attesa di qualcosa di straordinario.

Davanti a queste poltroncine, al centro della stanza, troneggia un grande divano di velluto rosso, morbido e invitante, un contrasto con l’elegante sobrietà del resto dell’arredamento. È chiaro che questo è il fulcro della stanza, il punto in cui tutti gli occhi convergeranno presto.

Mentre osservo la scena, il padrone della villa si avvicina con un largo sorriso. È un uomo sulla cinquantina, con i capelli scuri striati d’argento, e un viso affabile, ma i suoi occhi rivelano una freddezza che contrasta con il calore del suo saluto. Il suo abito, di taglio impeccabile, è scuro, quasi come un'ombra che si muove con leggerezza nella stanza. Mi abbraccia affettuosamente, come un vecchio amico, e il suo tocco è sicuro, pieno di confidenza.

"Finalmente!" esclama con entusiasmo, battendomi sulla spalla. "Sapevo che non mi avresti deluso." Poi il suo sguardo si sposta su Simona e Michele, e i suoi occhi si accendono di una curiosità quasi predatoria. "E vedo che hai portato degli ospiti molto speciali."

Io mi faccio avanti, prendendo la mano di Simona e invitando Michele a venire più vicino. "Ti presento Simona e Michele," dico con un sorriso. "Loro sono pronti per questa serata."

Il padrone della villa si avvicina a Simona e le prende la mano, baciandola leggermente, il suo sguardo che scorre lentamente su di lei, apprezzando ogni dettaglio. Poi si volta verso Michele e gli stringe la mano con forza, quasi a volerlo mettere alla prova. "Benvenuti," dice con un tono calmo ma carico di sottintesi. "Sarete le star della serata."

Simona e Michele lo guardano, i loro volti segnati da una combinazione di eccitazione e ansia. È chiaro che non sanno esattamente cosa aspettarsi, ma il modo in cui il padrone di casa li accoglie, con quel sorriso enigmatico e le sue parole, fa crescere in loro una consapevolezza: questa sarà una notte diversa da qualsiasi altra, e loro ne saranno i protagonisti.
Mi siedo con calma sul grande divano di velluto rosso, il tessuto morbido che si adatta sotto di me mentre Simona si sistema accanto. Il contrasto tra la ricca stoffa del divano e il suo abito nero, ormai quasi un ricordo sfiorato dal suo corpo, sembra rendere l’atmosfera ancora più densa di tensione. Simona è visibilmente tesa, il suo respiro ancora irregolare dopo tutto quello che abbiamo vissuto fino a quel momento. Avverto la rigidità del suo corpo accanto al mio, e il peso dello sguardo di quegli otto uomini mascherati che la osservano da lontano non fa che accrescere la sua tensione. Lei sa che tutti sono lì per guardare, che ogni suo gesto, ogni suo respiro sarà osservato, giudicato, ma soprattutto desiderato.

Ordino a Michele di spogliarsi completamente, lui esegue con un pò di imbarazzo ma non vuole deludermi,una volta nudo tutti possono vedere la gabbiettà che circodna il suo pene simbolo di completa sottomissione, è stato fatto accomodare su un piccolo panchetto di fronte a noi, molto basso, quasi a sottolineare la sua posizione subordinata in questa scena accanto a lui un grande bicchiedere di cristallo e forma conica. Da dove si trova, ha una visuale perfetta di tutto, ma deve guardare dal basso, come se fosse un osservatore relegato a uno spettacolo che non può toccare, soltanto guardare. Il suo respiro è profondo, le sue mani poggiano sulle ginocchia, ma posso vedere la tensione nei suoi occhi, il desiderio misto a una fitta di gelosia che si riflette nel suo volto. Non dice nulla, resta immobile, ma i suoi occhi non ci lasciano mai.

Mi volto verso Simona, con lentezza, e senza dire una parola, poso una mano delicatamente sulla sua gamba, sopra il tessuto che ancora la copre. Lei sobbalza leggermente al mio tocco, i suoi muscoli sono tesi, quasi pronti a scattare. So che è nervosa, che la presenza di quegli uomini la mette in imbarazzo, ma sento anche il suo desiderio crescente, quel fremito sotto la pelle che vuole lasciarsi andare. La mia mano inizia a scivolare lentamente sulla sua coscia, carezzandola con dolcezza, un gesto che vuole rassicurarla, che la invita a rilassarsi.

Mi avvicino al suo viso e, con un sorriso appena accennato, inizio a baciarla. All’inizio è rigida, non del tutto presente nel momento. Le sue labbra sono tese, quasi trattenute, come se stesse ancora combattendo contro la consapevolezza di essere osservata. Ma con ogni bacio, con ogni carezza leggera che le passo sulla pelle, sento che qualcosa in lei comincia a sciogliersi. Il suo respiro diventa più profondo, il suo corpo inizia a rilassarsi piano piano, arrendendosi al mio tocco.

Continuo a baciarla, prima dolcemente, poi con una passione crescente. Le mie mani si muovono con lentezza, sfiorandole il collo, le spalle, e poi giù, seguendo la linea del suo abito. Lei si lascia andare sempre di più, e mentre la mia bocca esplora la sua, le sue mani cominciano a rispondere, poggiandosi timidamente sulle mie braccia. I suoi occhi, che all’inizio cercavano disperatamente di evitare lo sguardo degli uomini seduti di fronte a noi, si chiudono lentamente. In quel momento, è come se tutto il resto scomparisse. Non c’è più il salone, non ci sono più le poltroncine, né i volti nascosti dietro le maschere. Ci siamo solo io e lei, e il nostro respiro che si intreccia.

Le mie mani scivolano lungo il suo corpo con una lentezza studiata, sfiorando il bordo del suo vestito. Inizio a sollevarlo delicatamente, il tessuto si arrende sotto le mie dita, scoprendo sempre più pelle. Lei non oppone resistenza, il suo corpo si distende sotto il mio tocco, e posso sentire il calore che emana da lei. Il vestito si alza, lasciando scoperta la sua gamba nuda, quella che pochi istanti fa era nascosta sotto lo spacco dell’abito. La mia mano continua a risalire, e lei si lascia trasportare, il suo respiro si fa più pesante, quasi ansimante, mentre le mie dita sfiorano il pizzo sottile del suo perizoma rosso.

Ora il vestito è a metà, e lei è esposta, vulnerabile, ma completamente assorbita da quel momento. Le mie mani la toccano con delicatezza, sfiorando la sua pelle, e sento che il suo corpo vibra sotto di me. Continuo a spogliarla lentamente, il tessuto che si arriccia sotto le mie mani, scivolando giù dalle sue spalle fino a rivelare la curva morbida dei suoi seni con le sue areole rosa ben evidenti leggermente increspate e due capezzoli durissimi che svettano al centro segno inequivocabile della sua grande eccitazione. Lei non si ferma, non si ritrae; al contrario, il suo corpo risponde, un fremito di piacere attraversa il suo corpo, e posso vedere come, pian piano, dimentichi completamente la presenza degli altri.

Davanti a noi, Michele è fermo, osserva ogni movimento, ogni tocco, con gli occhi spalancati e il respiro accelerato. Sa di non poter intervenire, e quella consapevolezza lo divora, ma allo stesso tempo lo tiene ancorato a quella scena. Il desiderio e la gelosia si mescolano nei suoi occhi, e posso quasi sentire il suo conflitto interiore, la voglia di essere parte di tutto ciò e, allo stesso tempo, il tormento di vedere Simona abbandonarsi completamente a me, sotto lo sguardo attento di quegli otto uomini mascherati.

E io, consapevole di tutto questo, continuo.

masterfill72@gmail.com
scritto il
2024-10-21
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