Sottomissione completa XXXII

di
genere
dominazione

Samantha si alzava ogni mattina con un groppo nello stomaco. Le prime ore della giornata erano sempre le peggiori, quando il silenzio della casa sembrava assordante e la sua mente era una giostra di pensieri confusi. Ogni suono le faceva sobbalzare il cuore, ogni ombra fuori dalla finestra la faceva irrigidire. Era come se il mondo stesso fosse in attesa di esplodere da un momento all’altro. E il motivo di tutto quel nervosismo aveva un nome: Aldo.

Era passato più di un mese da quando lui aveva partecipato alla serata per samantha molto umiliante. L’ansia era diventata un peso che non riusciva a togliersi di dosso. Ma adesso, stranamente, qualcosa sembrava essere cambiato.

Ogni giorno che passava senza sentire notizie da lui, l’ansia di Samantha diminuiva poco a poco. All'inizio, non se ne era nemmeno accorta: si era svegliata una mattina e il suo cuore non aveva battuto all’impazzata come al solito. Non aveva controllato il telefono immediatamente, né aveva avuto l’istinto di chiudere a chiave tutte le porte di casa.

I giorni seguenti avevano portato una calma crescente. Il silenzio di Aldo le sembrava finalmente un segnale. Forse aveva capito, forse aveva deciso di lasciarla in pace. In fondo, Samantha sapeva che Aldo non era stupido; sapeva riconoscere quando era il momento di mollare la presa. Quella convinzione si era radicata in lei, tanto da farle ritrovare una parvenza di serenità.

Dopo una settimana, Samantha si sentiva quasi normale. Era un pomeriggio tranquillo, uno di quelli in cui i rumori della città arrivavano ovattati dalle finestre socchiuse. Lei stava finendo di pulire la cucina. Con movimenti lenti ma metodici, strofinava il piano di lavoro, eliminando le ultime tracce di farina rimaste dal pane che aveva impastato la mattina. Il profumo di lievito e calore riempiva la stanza. Poi, si chinò a raccogliere alcune briciole cadute a terra, notando come il pavimento fosse lucido e immacolato dopo la pulizia profonda.

Il secchio per l’immondizia era già quasi pieno, così si preparò a cambiarlo. Tolse il sacco con cura e lo sigillò, prima di aprire un nuovo sacco e sistemarlo con precisione nel bidone. Ogni gesto era una piccola vittoria contro quella sensazione di caos che l’aveva tormentata per tanto tempo. Lavò le mani sotto l’acqua fresca del rubinetto, osservando le gocce che scivolavano via, portando con sé la fatica della giornata.

Poi, all'improvviso, il suono del campanello ruppe l’armonia del momento. Samantha sobbalzò, il cuore riprese a battere forte. Per un attimo rimase immobile, come paralizzata. Si pulì velocemente le mani nel grembiule e andò verso la porta con passi incerti, trattenendo il respiro. Quando afferrò la maniglia, il suo stomaco si contrasse per la tensione, ma cercò di scacciare il pensiero. **Non è Aldo**, si disse, mentre apriva la porta con un gesto esitante.

Ma quando la porta si spalancò, i suoi occhi si spalancarono per lo shock.

Aldo era lì, in piedi sul pianerottolo. La sua espressione era impenetrabile, un misto di calma apparente e qualcosa di più oscuro. Ma non era solo. Al suo fianco c’erano due uomini, enormi, ben più alti e robusti di lui. Due figure massicce, dalla pelle scura e dalle spalle larghe. Erano due ragazzi atletici, possenti, il tipo di uomini che attiravano l’attenzione ovunque andassero. Indossavano entrambi abiti sportivi: tute nere aderenti, scarpe da ginnastica, e giubbotti di pelle leggeri. Le braccia muscolose sporgevano dalle maniche corte, lasciando intravedere tatuaggi intricati che coprivano parte delle loro pelle liscia e lucida. I volti erano inespressivi, come se la situazione fosse per loro una semplice routine.

Uno dei due aveva un taglio di capelli cortissimo, quasi rasato, con una cicatrice sottile che gli attraversava il sopracciglio destro. L’altro, invece, portava i capelli in trecce ordinate che gli scendevano fino alle spalle, e i suoi occhi scuri avevano un'aria vagamente annoiata, come se si trovasse lì controvoglia.

Samantha rimase lì, senza parole, sentendo il sangue gelarsi nelle vene. Il silenzio che seguì fu carico di tensione, un momento eterno in cui tutto sembrava rallentare.

Aldo fece un passo avanti, il suo sguardo freddo puntato su di lei, e disse con voce calma, quasi rassicurante:
"Possiamo parlare, Samantha?"
Samantha sentì le ginocchia tremare mentre Aldo entrava senza aspettare un invito, facendo un cenno ai due uomini di seguirlo. Il suo corpo sembrava paralizzato, incollato al pavimento, eppure la sua mente era in subbuglio. Quella calma fragile che aveva costruito negli ultimi giorni si era frantumata in un attimo, come un castello di carte spazzato via da una tempesta.

Aldo si avvicinò al centro della stanza e si voltò verso di lei, con quel sorriso sottile che sembrava sempre sul punto di esplodere in qualcosa di più crudele. I due ragazzi si fermarono ai suoi lati, imponenti come statue nere di marmo, le braccia incrociate sul petto, osservandola con occhi distaccati.

"Questi sono Malik e Deon," disse Aldo, facendo un cenno con il mento verso di loro. "Due persone con cui ho... un piccolo problema." Fece una pausa, quasi a voler sottolineare la gravità della situazione, mentre il suo sguardo rimaneva fisso su di lei. "Vedi, Samantha, devo a loro una somma di denaro piuttosto importante. E, beh, diciamo che non ho i fondi necessari per saldare il debito."

Samantha cercò di rispondere, ma le parole si spezzavano in gola, un nodo di terrore che le bloccava il respiro. Lo fissava con occhi sbarrati, incapace di formulare un pensiero chiaro.

Aldo continuò, con quella voce morbida che diventava più sinistra ad ogni parola: "Così ho fatto loro una proposta. Ho detto che avrei trovato una soluzione alternativa. Una che li avrebbe resi molto... soddisfatti. E indovina chi ho pensato potesse risolvere tutto questo problema?"

La sua risata era un sibilo velenoso, e Samantha sentì il suo stomaco rivoltarsi. Sentiva già dove stava andando quella conversazione, e il panico cominciava a salirle fino alla gola.

"Tu," disse Aldo, puntandola con un dito, senza smettere di sorridere. "Ho detto loro che avrebbero avuto te come schiava sessuale, diciamo."

Samantha barcollò indietro, appoggiandosi al tavolo della cucina per non cadere. Le sue mani cominciarono a tremare visibilmente. "Cosa?" balbettò, con un filo di voce. "Io non... Non sono la tua schiava! Io... io ho già un padrone!"

Le parole uscirono a fatica, come se l’aria stessa fosse diventata troppo densa da respirare. La sua mente correva, cercando disperatamente una via di fuga, una soluzione a quel caos improvviso. **Non può essere vero. Questo non sta succedendo.**

Aldo la guardò con un’espressione di sorpresa teatrale, poi rise, scuotendo la testa. "Ah, sì, il tuo padrone. Quasi me ne dimenticavo. Bene, bene, se è così, allora chiamiamolo. Contattalo subito e vediamo cosa ci dice."

Samantha tremava visibilmente mentre cercava freneticamente il telefono. Le mani erano sudate, i polpastrelli scivolavano sullo schermo mentre cercava il numero. Il battito del suo cuore era così forte che sembrava volerle uscire dal petto. Sentiva gli occhi dei due uomini fissi su di lei, osservandola come se fosse già una loro proprietà. Malik, quello con la testa rasata, sorrise in modo sinistro, le labbra sottili si piegarono appena, mentre Deon, con le sue trecce lunghe, la guardava con occhi di ghiaccio.

Finalmente trovò il numero. Le mani tremavano così tanto che quasi non riusciva a digitare. Fece partire la chiamata, sperando che il suo padrone rispondesse, che potesse risolvere tutto con una parola. Ma quando sentì il segnale di libero, l’ansia montò ulteriormente. **Rispondi, rispondi...**

Aldo incrociò le braccia, osservando la scena con una calma inquietante. "Quando risponde," disse in tono casuale, "passamelo subito. Voglio parlarci io con il tuo padrone."

Samantha chiuse gli occhi per un attimo, cercando di rallentare il respiro. Sentiva la paura che la consumava, ma doveva restare lucida. Il telefono squillava ancora. Poi, finalmente, una voce rispose dall'altro lato.
Il cuore di Samantha accelerò quando sentì la voce di Max dall'altro capo della linea. C'era qualcosa di poco rassicurante in quel suono profondo e autoritario, ma anche una tensione sottile, un senso di pericolo che non riusciva a ignorare. Era il suo padrone, e finora l'aveva sempre umiliata, ma la situazione che si trovava ad affrontare adesso era diversa, più oscura, più opprimente.

“Pronto,” disse Max, con il tono calmo che usava sempre.

Samantha deglutì, sentendo gli occhi di Aldo su di lei. Con un tremito nella voce, rispose: “Max… c’è qui Aldo… ha bisogno di parlarti. È… importante.”

Ci fu una breve pausa dall’altro lato del telefono. Poi la voce di Max si fece più grave, ma senza traccia di sorpresa. “Passamelo.”

Samantha allungò la mano, offrendo il telefono ad Aldo. Lui lo prese con un sorriso soddisfatto, facendosi avanti con la sua solita disinvoltura. “Max, vecchio amico,” iniziò, con un tono di finta cortesia. “Abbiamo un piccolo problema qui. Un problema che, sono sicuro, possiamo risolvere insieme.”

Dall'altro capo, Max rimase in silenzio per qualche istante, poi rispose, il tono leggermente più duro. “Cosa vuoi, Aldo?”

Aldo ridacchiò, facendo un cenno verso Samantha, come se il fatto stesso che fosse lì rendesse la situazione divertente. “Sai, Max, ho un debito piuttosto consistente con alcuni amici qui presenti. Malik e Deon, due tipi che non sono molto inclini a dimenticare quando qualcuno gli deve dei soldi. Ora, il problema è che non ho il denaro per ripagarli, ma ho fatto una promessa. Ho detto che la nostra cara Samantha avrebbe… compensato per me.”

Ci fu un’altra pausa, e Samantha trattenne il fiato, il cuore che martellava nel petto. Il silenzio di Max dall’altra parte della linea era quasi più spaventoso delle parole di Aldo.

“E in che modo avrebbe ‘compensato’?” chiese infine Max, la sua voce ancora più fredda, come una lama affilata.

Aldo fece un passo avanti, avvicinandosi a Samantha mentre continuava a parlare. “Semplice. Malik e Deon qui sono disposti ad accettare qualcosa di più… personale. Ho detto loro che Samantha sarà completamente a loro disposizione. Sessualmente, intendo. Finché non saranno soddisfatti.”

Samantha sussultò, il terrore la investì come un’onda improvvisa. Si sentì mancare le forze, e si appoggiò con entrambe le mani al tavolo della cucina per non cadere. Aldo la osservava con quel sorriso malvagio, sicuro che ormai avesse il controllo della situazione.

Il silenzio che seguì fu pesante, ogni secondo sembrava un’eternità. Poi Max parlò, e la sua voce era fredda e decisa, priva di esitazione. “Aldo, mi stai dicendo che hai promesso a loro qualcosa che non è tuo da offrire.”

Aldo fece spallucce, con un sorriso di scherno. “Beh, tecnicamente Samantha è tua, no? Non sto facendo altro che… prendere in prestito.”

“Non funziona così,” rispose Max con una freddezza glaciale. “Ma capisco la tua situazione. Diciamo che potrei essere disposto a concedere un accordo. Se Samantha può risolvere il tuo problema, potrebbe essere vantaggioso per tutti.”

A quel punto, Samantha sentì il sangue gelarsi nelle vene. Non poteva credere a quello che stava succedendo. Sentiva il mondo crollarle addosso, come se fosse intrappolata in un incubo dal quale non riusciva a svegliarsi.

Aldo sorrise, soddisfatto dalla piega che stava prendendo la conversazione. “Esattamente quello che pensavo. Quindi, Samantha sarà a completa disposizione dei miei amici qui, fino a quando il debito sarà estinto. Corretto?”

Dall'altro capo del telefono, la voce di Max rimase imperturbabile. “Corretto. Samantha farà quello che serve per risolvere questa situazione. Finché tu non avrai più problemi con Malik e Deon, lei sarà a loro disposizione.”

Samantha sentì le ginocchia cedere. Le parole di Max erano come un colpo diretto allo stomaco. Si appoggiò di nuovo al tavolo, questa volta più forte, cercando di mantenere l'equilibrio mentre il mondo sembrava girarle intorno. Le lacrime cominciavano a formarsi nei suoi occhi, ma le trattenne con tutte le forze.

Aldo abbassò il telefono e lo rimise nelle mani tremanti di Samantha, osservandola con un’espressione che mescolava trionfo e crudeltà.

“Bene, Samantha. Hai sentito. Max è d’accordo. Ora tocca a te.” Fece un passo indietro, indicando Malik e Deon. “Spero che tu sappia cosa fare.”

Samantha rimase immobile, gli occhi persi nel vuoto. La sua mente era un turbine di emozioni, paura, rabbia, disperazione. Ma non aveva via di scampo. Non adesso.

Malik e Deon si scambiarono uno sguardo e poi si avvicinarono lentamente a lei, con movimenti predatori, come lupi che si avvicinano alla preda.

per commenti suggerimenti ed info masterfill72@gmail.com
scritto il
2024-10-14
2 . 2 K
visite
2 5
voti
valutazione
4.8
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.