Perversioni e solitudini casalinghe
di
Thomas Prostata
genere
feticismo
Alzi la mano chi di voi ragazzi, quando si è ritrovato solo in casa, non ha mai fatto cose zozze col proprio corpo. Dico sul serio, su, dai, non fate i falsi moralisti: la porta chiusa, il silenzio che rimbomba nelle stanze vuote e tu che inizi a sentire quella strana, familiare voglia di sperimentare, come se il tuo stesso corpo fosse una specie di laboratorio clandestino, senza regole, senza dover rendere conto a nessuno. E, oh sì, io lo so bene perché ci sono dentro fino al collo, e questa volta c'è pure una variabile in più: mia moglie è a Francoforte.
La Buchmesse, una cazzo di fiera del libro. Suona come una cosa noiosa, ma per lei è un parco giochi. Lì, tra cene formali e seminari infiniti, lei passa le serate a letto con agenti, editori, scrittori – probabilmente pure qualche critico se ha voglia di farsi umiliare fino in fondo. Me lo racconta pure, senza giri di parole, quando mi chiama da qualche stanza d’albergo con la voce un po’ roca e quella risata che significa solo una cosa: "Mi sto divertendo, e tu, che fai?"
Ed è qui che entro in gioco io. Perché mica è solo lei a vivere le sue perversioni. Anche io ho le mie, sottili, subdole, che vengono a galla proprio quando lei è lontana. La casa vuota diventa il mio territorio. C’è qualcosa di perverso, sì, ma anche di sorprendentemente ordinario: apro il frigo, bevo un sorso di birra direttamente dalla bottiglia, mentre il mio corpo comincia a percepire quell’elettricità, quella tensione nascosta sotto la pelle che non aspetta altro che scivolare fuori, in un modo o nell’altro.
E allora il silenzio diventa quasi un invito.
La sfida che mi ero imposto – filmarmi mentre mi scopavo il culo per quaranta minuti – era qualcosa che avevo programmato meticolosamente. Il primo tentativo, beh, durò appena 24 minuti, e poi mi arresi, esausto, il respiro corto e le gambe che tremavano. Ma quella performance, se così vogliamo chiamarla, aveva un protagonista indiscusso: un dildo enorme, una bestia lunga più di 22 centimetri, con un diametro di 5. Mi riempiva fino all’orlo, allargandomi a tal punto che il mio corpo sembrava non poter contenere altro. Ed ero diventato dannatamente bravo, nel frattempo, a gestire quel tipo di penetrazione, a rompermi il culo come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Questa volta, però, ho voluto fare le cose un po' diverse. Un ritorno alle origini, per così dire. Decisi di recuperare un paio “giocattoli” improvvisati che usavo prima di fare il salto verso l'acquisto di roba seria. Quindi, insieme al fedele dildo di Chiara - che teneva tranquillamente nel comodino assieme alle gocce per gli occhi che metteva prima di addormentarsi, la crema per il viso e la fotografia/santino del suo amato David Foster Wallace - presi dal bagno una bomboletta di deodorante per ambienti. La colonna del letto, che in passato aveva dato risultati niente male, avrebbe fatto il resto.
Anche la location era nuova. I miei video precedenti erano stati girati all'aperto, nella taverna al piano interrato, o nel bagno, dove il pavimento piastrellato si prestava perfettamente alla ventosa del dildo. Ma quei set aveva cominciato a stancarmi. Così, questa volta scelsi la camera da letto, con il termostato dell’aria condizionata sui 26 gradi. Faceva caldo, un calore che s’insinuava nella pelle, rendendo ogni tocco più intenso mentre preparavo il telefono e sistemavo i miei tre strumenti di piacere.
Premetti il tasto di registrazione della videocamera opportunamente posizionata su un cavalletto. Anche se non pubblico mai i miei video, mi piace fingere che qualcuno stia guardando. Mi eccita da morire. Sapere che ogni movimento, ogni gemito, ogni spinta potrebbe essere vista da un occhio nascosto mi fa salire quella scarica di adrenalina che rende il piacere ancora più potente, mentre inizio lo spettacolo, mentre mi perdo in quell’oscena coreografia che ho imparato a memoria.
Il deodorante per ambienti fu il primo, il preludio. Dopo essermi lubrificato abbondantemente il culo, provai a infilare la bomboletta ben avvolta nella pellicola trasparente per alimenti con la parte posteriore, quella piatta, ma il mio sfintere non era ancora abbastanza rilassato. Così la girai, lasciando che la parte arrotondata, quella col tappo, scivolasse dentro con una facilità quasi indecente. Il mio culo si è serrò attorno a quella fredda lattina di metallo, e c'era qualcosa di perversamente diverso rispetto al mio solito dildo: il metallo non cedeva, era rigido, implacabile.
Una goccia di pre-sperma scese lenta dal mio cazzo molle mentre spingevo il deodorante sempre più su, e le gambe iniziarono a tremarmi. Sentivo quella lattina risalirmi dentro come un invasore implacabile, e ogni centimetro mi incendiava il fondoschiena, il piacere mescolato a un’agonia dolce, inarrestabile.
Gemetti. Gemiti ripetuti, bassi, mentre la lattina mi devastava da dentro, spingendomi oltre quella soglia di piacere che ti confonde. Alzai una gamba, così che la videocamera potesse catturare meglio ogni movimento, ogni spinta, ogni angolazione di quel tormento gioioso. Il fatto di vedermi attraverso lo schermo mi mandava in delirio. Potevo vedere ogni dettaglio della scopata che mi stavo dando, mentre quel cilindro freddo mi allungava fino al limite, riempiendomi con una perfezione crudele. Lo tiravo fuori lentamente, fino a lasciarne dentro solo la punta, poi spingevo di nuovo, fino in fondo. Alternavo i colpi: a volte veloci, altre volte lenti, centimetro per centimetro, assaporando ogni istante, ogni millimetro che il mio culo cedeva.
Il piacere stava crescendo, e il mio corpo cercava di riprendere il controllo, ma falliva miseramente, mentre continuavo a scoparmi con quella lattina di deodorante, le contrazioni interne inutili, incapaci di fermare l'assalto.
Dovetti resistere con tutte le mie forze per non toccarmi il cazzo, che pulsava e gocciolava come se fosse pronto a esplodere da un momento all’altro. Invece, mi concentrai solo sulle scosse che mi attraversavano il corpo, quelle ondate di estasi che mi travolgevano ad ogni spinta, ad ogni nuovo affondo.
Ciò durò circa due minuti, finché non tolsi la bomboletta per girarla dalla parte piatta. Questa volta il mio retto, affamato e in attesa, accettò il cazzo di metallo senza protestare. Mi spinsi giù su quel cazzo freddo, infilandolo il più a fondo possibile, lasciando che mi riempisse completamente. Ogni volta che lo facevo, la pressione sul mio cazzo aumentava, e un altro lacrima di pre-sperma colava fuori, lasciandomi sempre più vicino al limite. Dovetti fermarmi due volte, aspettando che le mie gambe smettessero di tremare per le ondate di piacere che si irradiavano dal mio buco fino a invadere ogni parte del mio corpo.
Quando il timer segnò cinque minuti, lasciai che il deodorante scivolasse fuori dal mio culo spalancato, e il mio battito cardiaco iniziò a rallentare, tornando a qualcosa di quasi normale.
Ma non era finita lì.
Toccava ora alla parte superiore del montante del letto, una bellezza lunga circa 16 centimetri. Sulla punta era stretta, poi si allargava, diventando quasi grande quanto il dildo, per poi restringersi di nuovo e infine allargarsi ancora una volta. L'altra estremità era un'asta di sostegno lunga circa 8 centimetri, parte integrante della struttura del letto, ma in quel momento, un altro strumento perfetto per il mio gioco.
A quel punto, il mio culo formicolava, come se ogni nervo fosse elettrico, e il sudore mi copriva il corpo intero, un velo umido che mescolava gli odori del mio corpo e del lubrificante in una miscela inebriante. Il mio polso accelerò ancora una volta, mentre il mio cazzo molle continuava a perdere sperma.
Abbandonai ogni pretesa di prolungare la cosa e ficcai dentro il cazzo di legno. Il mio fondoschiena pulsante protestò mentre la parte più larga superava, a tutta velocità, la soglia del mio retto. Mi sdraiai indietro, il corpo rigido nel trattenere il desiderio di accarezzarmi il cazzo. Dopotutto, il mio pubblico non era lì per vedere una sega. Erano lì per vedere il mio buco del culo riempirsi fino al limite, per assistere a quell’assalto osceno. Così, invece di cedere, mi crogiolai nelle onde d'urto che attraversavano il mio corpo mentre spingevo dentro e fuori quel mostro di legno.
Dopo una dozzina buona di spinte, persi la presa, e l'oggetto cadde a terra. Senza pensarci due volte, lo raccolsi e, quasi con una sorta di reverenza perversa, leccai i succhi del culo che ricoprivano la superficie. Era la prima volta che lo facevo, avevo sempre avuto una sorta di timore, una repulsione viscerale all'idea. Ma il sapore era unico. In parte legno, in parte lubrificante, e in parte merda. Decisi all'istante di aggiungerlo al mio repertorio anale. L’idea di essere così depravato mi eccitava ancora di più, al punto che il mio cazzo continuò a gocciolare liquido preseminale, seguito da uno spruzzo lento e pesante di sperma. Il seme colò lungo l'asta e mi bagnò le palle.
Senza esitazione, raccolsi quella traccia, quella scia viscida, e mi leccai la mano, pulendola come se fosse uno spuntino proibito, gustando ogni goccia in un crescendo di piacere e disgusto che mi faceva impazzire.
Una volta pulito il palo, lo girai e lo infilai dentro, cominciando con il tassello. Questa volta fui più attento. Scoprii che potevo usare il mio culo per risucchiare il cazzo di legno fino a quando non ne rimasero esposti solo gli ultimi 3 centimetri, o giù di lì. E avevo dimenticato quanto fosse bello. Ogni volta che iniziava a scivolare fuori, il mio culo lo risucchiava di nuovo dentro, come se avesse vita propria, affamato di quel riempimento duro e immobile.
Sdraiato sulla schiena, lasciai che fosse il mio buco del culo a fare tutto il lavoro, scopandomi da solo, fino a farmi venire le convulsioni alle gambe. La tentazione di masturbarmi diventò sempre più forte, ma intrecciai le dita dietro la testa, gemendo, come se ogni respiro fosse una preghiera alla depravazione.
"Questa culo slabbrato non merita una sborrata." sussurrai, accelerando il ritmo e affondando di nuovo quel palo.
"Questa culo slabbrato merita solo di venire devastato."
Il mio buco continuava a lavorare, a scopare quel cazzo di legno, scivolando dentro e fuori, alimentando il fuoco che correva attraverso il mio inguine e si espandeva poi per tutto il mio corpo sudato.
Dopo dieci minuti, decisi che era ora di fermarmi. Tirai fuori il montante dal mio culo tremante e, senza pensarci, mi leccai via i succhi. Il sapore era un misto di umido e vergogna, e mi sentii ancora più sporco mentre lo pulivo con la lingua, un'ultima traccia del gioco perverso che avevo appena concluso.
Era giunto il momento del finale. Il dildo fucsia di mia moglie, quello che avevo cavalcato dentro e fuori per tutta la mattina, aspettava paziente. Invece di lubrificarlo come al solito, me lo infilai direttamente in bocca, spingendolo più dentro possibile, fino a riempirmi la gola. La saliva lo rivestì a sufficienza, e una volta pronto, mi girai di lato e lo infilai dentro di me. Il mio culo si richiuse immediatamente attorno all'albero morbido, forzando un nuovo fiotto di sperma dal mio cazzo molle. Un velo di sudore fresco mi coprì il corpo mentre mi scopavo il sedere con quel gigante per due buoni minuti, finché non ne potei più.
Accarezzandomi il cazzo, mi sedetti sul grosso dildo, lasciando che il calore si accumulasse nelle mie palle. Un'elettricità ardente mi risaliva lungo il membro semi-eretto, e con la mano a coppa sotto la testa del mio cazzo pulsante, sentii un flusso di sperma riempirmi il palmo. Lo divorai senza esitazione, gustando ogni goccia, mentre il dildo fucsia scivolava fuori dal mio culo ormai soddisfatto.
Dopo essermi leccato la mano per pulirla, spensi la telecamera. Mi alzai, stremato e appagato, e aprii la doccia, lasciando che l'acqua lavasse via gli ultimi resti di quella mattinata di perversione.
E così, mentre l’acqua scivolava lungo il mio corpo e lavava via il sudore e i resti della mia esplorazione, vi chiedo: siete scandalizzati?
È curioso, non trovate? Come la natura umana sembri sempre spingersi oltre i propri limiti, cercando l'estremo, sfidando le barriere del piacere e del dolore. Il corpo è un tempio, ma è anche una giungla selvaggia, dove ogni istinto ci porta a esplorare territori inesplorati. È un gioco di equilibri, una danza tra l’euforia e la pena, dove il confine si dissolve e ci ritroviamo a inseguire l'ignoto.
Il dolore, in tutta la sua crudele bellezza, riesce a fondersi con il piacere in modi che solo i corpi avventurosi possono comprendere. Non si tratta solo di ricerca di sensazioni estreme, ma di una ricerca profonda, quasi ancestrale, che ci porta a conoscere noi stessi in modi che non avremmo mai immaginato. Siamo creature di contraddizioni, in perenne lotta tra ciò che ci frena e ciò che ci libera, cazzo, e ogni volta che ci abbandoniamo a questa danza, ci avviciniamo un po' di più a quell’essenza primordiale che ci definisce.
E mentre la mia mente si svuota e il vapore avvolge il mio corpo, mi rendo conto che, in fondo, non è solo un atto di perversione. È la celebrazione di un'esperienza umana, un viaggio dentro e oltre me stesso, dove il piacere e il dolore diventano un’unica sinfonia, un’ode alla vita stessa.
La Buchmesse, una cazzo di fiera del libro. Suona come una cosa noiosa, ma per lei è un parco giochi. Lì, tra cene formali e seminari infiniti, lei passa le serate a letto con agenti, editori, scrittori – probabilmente pure qualche critico se ha voglia di farsi umiliare fino in fondo. Me lo racconta pure, senza giri di parole, quando mi chiama da qualche stanza d’albergo con la voce un po’ roca e quella risata che significa solo una cosa: "Mi sto divertendo, e tu, che fai?"
Ed è qui che entro in gioco io. Perché mica è solo lei a vivere le sue perversioni. Anche io ho le mie, sottili, subdole, che vengono a galla proprio quando lei è lontana. La casa vuota diventa il mio territorio. C’è qualcosa di perverso, sì, ma anche di sorprendentemente ordinario: apro il frigo, bevo un sorso di birra direttamente dalla bottiglia, mentre il mio corpo comincia a percepire quell’elettricità, quella tensione nascosta sotto la pelle che non aspetta altro che scivolare fuori, in un modo o nell’altro.
E allora il silenzio diventa quasi un invito.
La sfida che mi ero imposto – filmarmi mentre mi scopavo il culo per quaranta minuti – era qualcosa che avevo programmato meticolosamente. Il primo tentativo, beh, durò appena 24 minuti, e poi mi arresi, esausto, il respiro corto e le gambe che tremavano. Ma quella performance, se così vogliamo chiamarla, aveva un protagonista indiscusso: un dildo enorme, una bestia lunga più di 22 centimetri, con un diametro di 5. Mi riempiva fino all’orlo, allargandomi a tal punto che il mio corpo sembrava non poter contenere altro. Ed ero diventato dannatamente bravo, nel frattempo, a gestire quel tipo di penetrazione, a rompermi il culo come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Questa volta, però, ho voluto fare le cose un po' diverse. Un ritorno alle origini, per così dire. Decisi di recuperare un paio “giocattoli” improvvisati che usavo prima di fare il salto verso l'acquisto di roba seria. Quindi, insieme al fedele dildo di Chiara - che teneva tranquillamente nel comodino assieme alle gocce per gli occhi che metteva prima di addormentarsi, la crema per il viso e la fotografia/santino del suo amato David Foster Wallace - presi dal bagno una bomboletta di deodorante per ambienti. La colonna del letto, che in passato aveva dato risultati niente male, avrebbe fatto il resto.
Anche la location era nuova. I miei video precedenti erano stati girati all'aperto, nella taverna al piano interrato, o nel bagno, dove il pavimento piastrellato si prestava perfettamente alla ventosa del dildo. Ma quei set aveva cominciato a stancarmi. Così, questa volta scelsi la camera da letto, con il termostato dell’aria condizionata sui 26 gradi. Faceva caldo, un calore che s’insinuava nella pelle, rendendo ogni tocco più intenso mentre preparavo il telefono e sistemavo i miei tre strumenti di piacere.
Premetti il tasto di registrazione della videocamera opportunamente posizionata su un cavalletto. Anche se non pubblico mai i miei video, mi piace fingere che qualcuno stia guardando. Mi eccita da morire. Sapere che ogni movimento, ogni gemito, ogni spinta potrebbe essere vista da un occhio nascosto mi fa salire quella scarica di adrenalina che rende il piacere ancora più potente, mentre inizio lo spettacolo, mentre mi perdo in quell’oscena coreografia che ho imparato a memoria.
Il deodorante per ambienti fu il primo, il preludio. Dopo essermi lubrificato abbondantemente il culo, provai a infilare la bomboletta ben avvolta nella pellicola trasparente per alimenti con la parte posteriore, quella piatta, ma il mio sfintere non era ancora abbastanza rilassato. Così la girai, lasciando che la parte arrotondata, quella col tappo, scivolasse dentro con una facilità quasi indecente. Il mio culo si è serrò attorno a quella fredda lattina di metallo, e c'era qualcosa di perversamente diverso rispetto al mio solito dildo: il metallo non cedeva, era rigido, implacabile.
Una goccia di pre-sperma scese lenta dal mio cazzo molle mentre spingevo il deodorante sempre più su, e le gambe iniziarono a tremarmi. Sentivo quella lattina risalirmi dentro come un invasore implacabile, e ogni centimetro mi incendiava il fondoschiena, il piacere mescolato a un’agonia dolce, inarrestabile.
Gemetti. Gemiti ripetuti, bassi, mentre la lattina mi devastava da dentro, spingendomi oltre quella soglia di piacere che ti confonde. Alzai una gamba, così che la videocamera potesse catturare meglio ogni movimento, ogni spinta, ogni angolazione di quel tormento gioioso. Il fatto di vedermi attraverso lo schermo mi mandava in delirio. Potevo vedere ogni dettaglio della scopata che mi stavo dando, mentre quel cilindro freddo mi allungava fino al limite, riempiendomi con una perfezione crudele. Lo tiravo fuori lentamente, fino a lasciarne dentro solo la punta, poi spingevo di nuovo, fino in fondo. Alternavo i colpi: a volte veloci, altre volte lenti, centimetro per centimetro, assaporando ogni istante, ogni millimetro che il mio culo cedeva.
Il piacere stava crescendo, e il mio corpo cercava di riprendere il controllo, ma falliva miseramente, mentre continuavo a scoparmi con quella lattina di deodorante, le contrazioni interne inutili, incapaci di fermare l'assalto.
Dovetti resistere con tutte le mie forze per non toccarmi il cazzo, che pulsava e gocciolava come se fosse pronto a esplodere da un momento all’altro. Invece, mi concentrai solo sulle scosse che mi attraversavano il corpo, quelle ondate di estasi che mi travolgevano ad ogni spinta, ad ogni nuovo affondo.
Ciò durò circa due minuti, finché non tolsi la bomboletta per girarla dalla parte piatta. Questa volta il mio retto, affamato e in attesa, accettò il cazzo di metallo senza protestare. Mi spinsi giù su quel cazzo freddo, infilandolo il più a fondo possibile, lasciando che mi riempisse completamente. Ogni volta che lo facevo, la pressione sul mio cazzo aumentava, e un altro lacrima di pre-sperma colava fuori, lasciandomi sempre più vicino al limite. Dovetti fermarmi due volte, aspettando che le mie gambe smettessero di tremare per le ondate di piacere che si irradiavano dal mio buco fino a invadere ogni parte del mio corpo.
Quando il timer segnò cinque minuti, lasciai che il deodorante scivolasse fuori dal mio culo spalancato, e il mio battito cardiaco iniziò a rallentare, tornando a qualcosa di quasi normale.
Ma non era finita lì.
Toccava ora alla parte superiore del montante del letto, una bellezza lunga circa 16 centimetri. Sulla punta era stretta, poi si allargava, diventando quasi grande quanto il dildo, per poi restringersi di nuovo e infine allargarsi ancora una volta. L'altra estremità era un'asta di sostegno lunga circa 8 centimetri, parte integrante della struttura del letto, ma in quel momento, un altro strumento perfetto per il mio gioco.
A quel punto, il mio culo formicolava, come se ogni nervo fosse elettrico, e il sudore mi copriva il corpo intero, un velo umido che mescolava gli odori del mio corpo e del lubrificante in una miscela inebriante. Il mio polso accelerò ancora una volta, mentre il mio cazzo molle continuava a perdere sperma.
Abbandonai ogni pretesa di prolungare la cosa e ficcai dentro il cazzo di legno. Il mio fondoschiena pulsante protestò mentre la parte più larga superava, a tutta velocità, la soglia del mio retto. Mi sdraiai indietro, il corpo rigido nel trattenere il desiderio di accarezzarmi il cazzo. Dopotutto, il mio pubblico non era lì per vedere una sega. Erano lì per vedere il mio buco del culo riempirsi fino al limite, per assistere a quell’assalto osceno. Così, invece di cedere, mi crogiolai nelle onde d'urto che attraversavano il mio corpo mentre spingevo dentro e fuori quel mostro di legno.
Dopo una dozzina buona di spinte, persi la presa, e l'oggetto cadde a terra. Senza pensarci due volte, lo raccolsi e, quasi con una sorta di reverenza perversa, leccai i succhi del culo che ricoprivano la superficie. Era la prima volta che lo facevo, avevo sempre avuto una sorta di timore, una repulsione viscerale all'idea. Ma il sapore era unico. In parte legno, in parte lubrificante, e in parte merda. Decisi all'istante di aggiungerlo al mio repertorio anale. L’idea di essere così depravato mi eccitava ancora di più, al punto che il mio cazzo continuò a gocciolare liquido preseminale, seguito da uno spruzzo lento e pesante di sperma. Il seme colò lungo l'asta e mi bagnò le palle.
Senza esitazione, raccolsi quella traccia, quella scia viscida, e mi leccai la mano, pulendola come se fosse uno spuntino proibito, gustando ogni goccia in un crescendo di piacere e disgusto che mi faceva impazzire.
Una volta pulito il palo, lo girai e lo infilai dentro, cominciando con il tassello. Questa volta fui più attento. Scoprii che potevo usare il mio culo per risucchiare il cazzo di legno fino a quando non ne rimasero esposti solo gli ultimi 3 centimetri, o giù di lì. E avevo dimenticato quanto fosse bello. Ogni volta che iniziava a scivolare fuori, il mio culo lo risucchiava di nuovo dentro, come se avesse vita propria, affamato di quel riempimento duro e immobile.
Sdraiato sulla schiena, lasciai che fosse il mio buco del culo a fare tutto il lavoro, scopandomi da solo, fino a farmi venire le convulsioni alle gambe. La tentazione di masturbarmi diventò sempre più forte, ma intrecciai le dita dietro la testa, gemendo, come se ogni respiro fosse una preghiera alla depravazione.
"Questa culo slabbrato non merita una sborrata." sussurrai, accelerando il ritmo e affondando di nuovo quel palo.
"Questa culo slabbrato merita solo di venire devastato."
Il mio buco continuava a lavorare, a scopare quel cazzo di legno, scivolando dentro e fuori, alimentando il fuoco che correva attraverso il mio inguine e si espandeva poi per tutto il mio corpo sudato.
Dopo dieci minuti, decisi che era ora di fermarmi. Tirai fuori il montante dal mio culo tremante e, senza pensarci, mi leccai via i succhi. Il sapore era un misto di umido e vergogna, e mi sentii ancora più sporco mentre lo pulivo con la lingua, un'ultima traccia del gioco perverso che avevo appena concluso.
Era giunto il momento del finale. Il dildo fucsia di mia moglie, quello che avevo cavalcato dentro e fuori per tutta la mattina, aspettava paziente. Invece di lubrificarlo come al solito, me lo infilai direttamente in bocca, spingendolo più dentro possibile, fino a riempirmi la gola. La saliva lo rivestì a sufficienza, e una volta pronto, mi girai di lato e lo infilai dentro di me. Il mio culo si richiuse immediatamente attorno all'albero morbido, forzando un nuovo fiotto di sperma dal mio cazzo molle. Un velo di sudore fresco mi coprì il corpo mentre mi scopavo il sedere con quel gigante per due buoni minuti, finché non ne potei più.
Accarezzandomi il cazzo, mi sedetti sul grosso dildo, lasciando che il calore si accumulasse nelle mie palle. Un'elettricità ardente mi risaliva lungo il membro semi-eretto, e con la mano a coppa sotto la testa del mio cazzo pulsante, sentii un flusso di sperma riempirmi il palmo. Lo divorai senza esitazione, gustando ogni goccia, mentre il dildo fucsia scivolava fuori dal mio culo ormai soddisfatto.
Dopo essermi leccato la mano per pulirla, spensi la telecamera. Mi alzai, stremato e appagato, e aprii la doccia, lasciando che l'acqua lavasse via gli ultimi resti di quella mattinata di perversione.
E così, mentre l’acqua scivolava lungo il mio corpo e lavava via il sudore e i resti della mia esplorazione, vi chiedo: siete scandalizzati?
È curioso, non trovate? Come la natura umana sembri sempre spingersi oltre i propri limiti, cercando l'estremo, sfidando le barriere del piacere e del dolore. Il corpo è un tempio, ma è anche una giungla selvaggia, dove ogni istinto ci porta a esplorare territori inesplorati. È un gioco di equilibri, una danza tra l’euforia e la pena, dove il confine si dissolve e ci ritroviamo a inseguire l'ignoto.
Il dolore, in tutta la sua crudele bellezza, riesce a fondersi con il piacere in modi che solo i corpi avventurosi possono comprendere. Non si tratta solo di ricerca di sensazioni estreme, ma di una ricerca profonda, quasi ancestrale, che ci porta a conoscere noi stessi in modi che non avremmo mai immaginato. Siamo creature di contraddizioni, in perenne lotta tra ciò che ci frena e ciò che ci libera, cazzo, e ogni volta che ci abbandoniamo a questa danza, ci avviciniamo un po' di più a quell’essenza primordiale che ci definisce.
E mentre la mia mente si svuota e il vapore avvolge il mio corpo, mi rendo conto che, in fondo, non è solo un atto di perversione. È la celebrazione di un'esperienza umana, un viaggio dentro e oltre me stesso, dove il piacere e il dolore diventano un’unica sinfonia, un’ode alla vita stessa.
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