Pisciona mora cap 4
di
Kyknox
genere
pissing
Ormai era passato quasi un anno da quella sua prima esperienza nel parco, era tornato il caldo e così aveva dato l’addio alle calze, anche se il ragazzo aveva insistito perché lei continuasse a portarle. Per un po’ lo aveva accontentato, ma ora faceva veramente troppo caldo e gli aveva detto ‘o così o niente’.
Era appena rientrata dalla sua ennesima uscita proibita, dopo essersi cambiata, si stava rilassando in poltrona quando aveva squillato il cellulare.
Era Matteo, un suo collega d’università.
‘Ciao, Eva, ti ricordi il progetto di quella pubblicazione di cui avevamo parlato tempo fa?’
‘Certo, però mi avevi detto che c’erano delle difficoltà.’
‘Beh, sono state superate, il ministero ha sbloccato i fondi. Se passi domani da me possiamo iniziare a mettere a punto i dettagli. Ho avvertito anche gli altri colleghi interessati.
Per te va bene a casa mia domani alle 16?’
Certo che andava bene, era un progetto importante, che l’avrebbe aiutata nella carriera, e poi Matteo era una persona simpatica ed abitava in una villa bellissima in collina, dove sicuramente avrebbe fatto più fresco che in città.
Dato l’ambiente campestre, aveva scelto per l’incontro un abbigliamento sportivo: una maglietta, un paio di pantaloni leggeri ed attillati, mocassini bassi ed un giacchetto di cotone, tante volte, verso sera facesse troppo fresco.
Matteo veniva da una famiglia molto ricca e lì ci viveva da solo, dopo il divorzio con la moglie.
La condusse nell’ampio salone che affacciava sul giardino e sulla piscina, dove c’erano altre tre persone.
‘Allora, intanto ti voglio presentare agli altri colleghi …’
‘Matteo, scusa, ma ci conosciamo benissimo, forse non ti ricordi.’
‘Ti sbagli, gli ho solo parlato della topona mora, ma non ti hanno mai visto all’opera.’
Sentendo quelle parole, ad Eva si gelò il sangue.
‘Ma che dici ‘ sei impazzito …’, provò a dire balbettando.
Per tutta risposta lui prese il telecomando e lo puntò sul televisore.
Le immagini che apparvero erano inequivocabili.
Eva si mise davanti allo schermo, cercando di impedire agli altri la visione, ma il televisore era troppo grande per riuscirci.
‘Ti prego, spegni quell’accidenti …’
Matteo azionò di nuovo il telecomando ed il televisore si spense.
I timori che Eva aveva manifestato in quei mesi, e che aveva sempre frettolosamente accantonato, si stavano avverando e nel peggiore dei modi.
‘Vieni qui.’
Lei restò immobile, paralizzata, allora fu lui ad avvicinarsi.
‘Oggi avrai la possibilità di esibirti davanti ad un pubblico molto selezionato.’
Le sue mani presero la fibbia della cintura dei pantaloni e l’aprirono.
La tirò dolcemente per un capo ed Eva vide la striscia di cuoio sottile che scorreva attraverso i passanti.
Non fece nulla, restò immobile, ancora shoccata da quanto accaduto.
A questo punto Matteo prese dalla tasca della giacca una sottile catena ed iniziò a farla scorrere attraverso i passanti dei pantaloni di Eva.
Quando ebbe completato il giro, unì i due capi e li bloccò con un piccolo lucchetto.
Sul tavolino basso, in mezzo ai divani, c’era una bottiglia con un bicchiere, Matteo lo riempì e poi lo porse ad Eva.
‘Non ho sete’, provò a dire lei.
‘Non credo che tu possa rifiutarti.’
Lei, rassegnata, prese il bicchiere ed inizio a bere a piccoli sorsi.
Gli altri si erano avvicinati e la osservavano con curiosità.
Eva si mise a sedere, Matteo le riempì nuovamente il bicchiere e gli lo porse.
‘Penso che avrai capito il programma del pomeriggio, vero?’
‘Per favore, non puoi farmi questo.’
‘Dopo che tu avrai bevuto, dovremo solo aspettare. Naturalmente non potrai toglierti i pantaloni, sarà uno spettacolo molto interessante, vede la topona mora che se la fa addosso.’
Eva prese la catena e provò a scuoterla, ma era chiusa e ben stretta.
Allora provò a strappare i passanti, ma erano cuciti saldamente.
Si rese conto di essere bloccata dentro quei maledetti pantaloni e delle inevitabili conseguenze che questo avrebbe portato.
Una cosa del genere l’aveva fatta una volta sola, nelle tante uscite con il ragazzo. Lui l’aveva avvertita prima e si era portata un cambio, ma non le era piaciuto per niente e si era rifiutata di farlo di nuovo.
‘La chiave te la ridarò dopo. Su, bevi.’
E lei bevve ancora.
Cominciava a sentirsi gonfia, mano mano che la bottiglia si svuotava.
Provò a supplicare Matteo, quasi si mise a piangere, ma lui non si lasciò impietosire, e, alla fine, sul tavolo, rimasero la bottiglia ed il bicchiere entrambi vuoti.
Gli sguardi dei quattro uomini erano puntati su di lei e spaziavano dal suo viso che mostrava tensione ed imbarazzo al suo ventre dove si aspettavano da un momento all’altro di veder comparire la prima macchia.
Eva si alzò in piedi e si diresse vero la porta finestra che affacciava sul giardino.
‘Dove vai?’
‘Non voglio sporcare il pavimento’, provò a dire, sperando così di potersi sottrarre ai loro sguardi.
‘Non ti preoccupare, poi verranno a pulire.’
La prese per un braccio e la riportò indietro. Eva rimase in piedi ed immobile, in mezzo a loro.
Teneva le gambe strette a dall’espressione si intuiva che era allo stremo.
I suoi piedi, per alleggerire la pressione, facevano dei piccoli movimenti e lei si comprimeva il ventre, nel tentativo disperato di resistere, mentre i quattro uomini, aspettavano ansiosi.
Sentì le prime gocce uscire e guardò in basso, dove vide solo una piccola macchiolina scura, allora ci mise una mano, un po’ per coprire un po’ per fermare la fuoriuscita.
Cedette di schianto.
Il flusso violento le inzuppò in un attimo le mutandine e la macchia sui pantaloni si allargò di colpo.
Eva tirò via la mano bagnata, mentre la macchia aumentava a vista d’occhio e sentiva la pipì che le scorreva lungo le cosce.
Era completamente bagnata, i pantaloni inzuppati tiravano in basso, ma la catena, ben stretta intorno alla vita, impediva che scendessero.
Allargò le gambe ed un piccolo rivolo, superata la barriera della stoffa, iniziò a colare sul pavimento.
Le sembrò che tutto durasse un’eternità, mentre i quattro osservavano compiaciuti.
Alla fine Eva rimase immobile, a gambe larghe e con il capo chino, in mezzo ad una pozza giallastra.
Matteo le porse la chiave.
‘Ora te li puoi togliere.’
Non se lo fece dire due volte e si liberò dei pantaloni inzuppati, senza preoccuparsi della presenza di quegli uomini.
Anche le mutandine finirono sul pavimento e lei rimase in mezzo a loro con indosso soltanto la maglietta.
A questo punto Matteo le prese una mano e glie la poggiò sulla vagina.
Glie la strofinò un paio di volte, poi lei continuò da sé.
A testa bassa e con i capelli davanti agli occhi, Eva si masturbò sotto i loro occhi attenti, fino a raggiungere l’orgasmo.
Solo allora le permisero di andare in bagno a darsi una lavata.
Quando rientrò nel salone era convinta che l’avrebbero scopata tutti e quattro, invece non accadde nulla.
Matteo le diede un paio di pantaloni di una tuta per coprire la parte inferiore del suo corpo e lei poté tornare tranquillamente in città, anche se sapeva che a quella prima esperienza ci sarebbe stato sicuramente un seguito.
Era appena rientrata dalla sua ennesima uscita proibita, dopo essersi cambiata, si stava rilassando in poltrona quando aveva squillato il cellulare.
Era Matteo, un suo collega d’università.
‘Ciao, Eva, ti ricordi il progetto di quella pubblicazione di cui avevamo parlato tempo fa?’
‘Certo, però mi avevi detto che c’erano delle difficoltà.’
‘Beh, sono state superate, il ministero ha sbloccato i fondi. Se passi domani da me possiamo iniziare a mettere a punto i dettagli. Ho avvertito anche gli altri colleghi interessati.
Per te va bene a casa mia domani alle 16?’
Certo che andava bene, era un progetto importante, che l’avrebbe aiutata nella carriera, e poi Matteo era una persona simpatica ed abitava in una villa bellissima in collina, dove sicuramente avrebbe fatto più fresco che in città.
Dato l’ambiente campestre, aveva scelto per l’incontro un abbigliamento sportivo: una maglietta, un paio di pantaloni leggeri ed attillati, mocassini bassi ed un giacchetto di cotone, tante volte, verso sera facesse troppo fresco.
Matteo veniva da una famiglia molto ricca e lì ci viveva da solo, dopo il divorzio con la moglie.
La condusse nell’ampio salone che affacciava sul giardino e sulla piscina, dove c’erano altre tre persone.
‘Allora, intanto ti voglio presentare agli altri colleghi …’
‘Matteo, scusa, ma ci conosciamo benissimo, forse non ti ricordi.’
‘Ti sbagli, gli ho solo parlato della topona mora, ma non ti hanno mai visto all’opera.’
Sentendo quelle parole, ad Eva si gelò il sangue.
‘Ma che dici ‘ sei impazzito …’, provò a dire balbettando.
Per tutta risposta lui prese il telecomando e lo puntò sul televisore.
Le immagini che apparvero erano inequivocabili.
Eva si mise davanti allo schermo, cercando di impedire agli altri la visione, ma il televisore era troppo grande per riuscirci.
‘Ti prego, spegni quell’accidenti …’
Matteo azionò di nuovo il telecomando ed il televisore si spense.
I timori che Eva aveva manifestato in quei mesi, e che aveva sempre frettolosamente accantonato, si stavano avverando e nel peggiore dei modi.
‘Vieni qui.’
Lei restò immobile, paralizzata, allora fu lui ad avvicinarsi.
‘Oggi avrai la possibilità di esibirti davanti ad un pubblico molto selezionato.’
Le sue mani presero la fibbia della cintura dei pantaloni e l’aprirono.
La tirò dolcemente per un capo ed Eva vide la striscia di cuoio sottile che scorreva attraverso i passanti.
Non fece nulla, restò immobile, ancora shoccata da quanto accaduto.
A questo punto Matteo prese dalla tasca della giacca una sottile catena ed iniziò a farla scorrere attraverso i passanti dei pantaloni di Eva.
Quando ebbe completato il giro, unì i due capi e li bloccò con un piccolo lucchetto.
Sul tavolino basso, in mezzo ai divani, c’era una bottiglia con un bicchiere, Matteo lo riempì e poi lo porse ad Eva.
‘Non ho sete’, provò a dire lei.
‘Non credo che tu possa rifiutarti.’
Lei, rassegnata, prese il bicchiere ed inizio a bere a piccoli sorsi.
Gli altri si erano avvicinati e la osservavano con curiosità.
Eva si mise a sedere, Matteo le riempì nuovamente il bicchiere e gli lo porse.
‘Penso che avrai capito il programma del pomeriggio, vero?’
‘Per favore, non puoi farmi questo.’
‘Dopo che tu avrai bevuto, dovremo solo aspettare. Naturalmente non potrai toglierti i pantaloni, sarà uno spettacolo molto interessante, vede la topona mora che se la fa addosso.’
Eva prese la catena e provò a scuoterla, ma era chiusa e ben stretta.
Allora provò a strappare i passanti, ma erano cuciti saldamente.
Si rese conto di essere bloccata dentro quei maledetti pantaloni e delle inevitabili conseguenze che questo avrebbe portato.
Una cosa del genere l’aveva fatta una volta sola, nelle tante uscite con il ragazzo. Lui l’aveva avvertita prima e si era portata un cambio, ma non le era piaciuto per niente e si era rifiutata di farlo di nuovo.
‘La chiave te la ridarò dopo. Su, bevi.’
E lei bevve ancora.
Cominciava a sentirsi gonfia, mano mano che la bottiglia si svuotava.
Provò a supplicare Matteo, quasi si mise a piangere, ma lui non si lasciò impietosire, e, alla fine, sul tavolo, rimasero la bottiglia ed il bicchiere entrambi vuoti.
Gli sguardi dei quattro uomini erano puntati su di lei e spaziavano dal suo viso che mostrava tensione ed imbarazzo al suo ventre dove si aspettavano da un momento all’altro di veder comparire la prima macchia.
Eva si alzò in piedi e si diresse vero la porta finestra che affacciava sul giardino.
‘Dove vai?’
‘Non voglio sporcare il pavimento’, provò a dire, sperando così di potersi sottrarre ai loro sguardi.
‘Non ti preoccupare, poi verranno a pulire.’
La prese per un braccio e la riportò indietro. Eva rimase in piedi ed immobile, in mezzo a loro.
Teneva le gambe strette a dall’espressione si intuiva che era allo stremo.
I suoi piedi, per alleggerire la pressione, facevano dei piccoli movimenti e lei si comprimeva il ventre, nel tentativo disperato di resistere, mentre i quattro uomini, aspettavano ansiosi.
Sentì le prime gocce uscire e guardò in basso, dove vide solo una piccola macchiolina scura, allora ci mise una mano, un po’ per coprire un po’ per fermare la fuoriuscita.
Cedette di schianto.
Il flusso violento le inzuppò in un attimo le mutandine e la macchia sui pantaloni si allargò di colpo.
Eva tirò via la mano bagnata, mentre la macchia aumentava a vista d’occhio e sentiva la pipì che le scorreva lungo le cosce.
Era completamente bagnata, i pantaloni inzuppati tiravano in basso, ma la catena, ben stretta intorno alla vita, impediva che scendessero.
Allargò le gambe ed un piccolo rivolo, superata la barriera della stoffa, iniziò a colare sul pavimento.
Le sembrò che tutto durasse un’eternità, mentre i quattro osservavano compiaciuti.
Alla fine Eva rimase immobile, a gambe larghe e con il capo chino, in mezzo ad una pozza giallastra.
Matteo le porse la chiave.
‘Ora te li puoi togliere.’
Non se lo fece dire due volte e si liberò dei pantaloni inzuppati, senza preoccuparsi della presenza di quegli uomini.
Anche le mutandine finirono sul pavimento e lei rimase in mezzo a loro con indosso soltanto la maglietta.
A questo punto Matteo le prese una mano e glie la poggiò sulla vagina.
Glie la strofinò un paio di volte, poi lei continuò da sé.
A testa bassa e con i capelli davanti agli occhi, Eva si masturbò sotto i loro occhi attenti, fino a raggiungere l’orgasmo.
Solo allora le permisero di andare in bagno a darsi una lavata.
Quando rientrò nel salone era convinta che l’avrebbero scopata tutti e quattro, invece non accadde nulla.
Matteo le diede un paio di pantaloni di una tuta per coprire la parte inferiore del suo corpo e lei poté tornare tranquillamente in città, anche se sapeva che a quella prima esperienza ci sarebbe stato sicuramente un seguito.
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