Una serata come tante
di
Rebecca pallida
genere
sentimentali
Quello che segue non è un vero e proprio racconto, diciamo che lo vedo più come un’immagine fissata nel tempo scrivendola. Non credo sia neppure particolarmente erotico, quindi, tutto sommato, non avrebbe molte ragioni per essere qui, ma cosa vi devo dire, le donne sono come i gatti, non ci puoi ragionare, fanno quello che gli passa per la testa e basta.
Volevo scrivere qualcosa, raccontare qualche altro avvenimento, ma in realtà non mi viene in mente nulla, i ricordi sono tanti ma per un motivo o per l’altro li scarto tutti.
O non sono particolarmente interessanti per un lettore, o troppo personali per essere raccontati, o chissà, forse semplicemente non ne ho voglia. Come quasi ogni volta in cui scrivo sono in salotto, fa molto freddo e abbiamo acceso il camino, è vero, i termosifoni funzionano meglio, ma che vi devo dire, sono un’inguaribile romantica e il fuoco, il profumo della legna…sono tutta un’altra cosa. Stiamo ascoltando un disco a cui sono molto, molto legata, lo sento spesso, praticamente da quasi vent’anni ormai, eppure ogni volta è qualcosa che mi tocca il cuore.
Ten good reasons to stay alive
Ten good reasons that I can’t find
Ho pianto anni su queste note, se sapete cos’è, senza cercarla online, fatemelo sapere. Ogni tanto con Stefano discutiamo di qualche dettaglio, un accordo, un verso, semplicemente la storia che c’è dietro. È bello avere qualcuno con cui condividere queste cose, quello che fa sentire davvero soli non è il non avere qualcuno accanto, ma il non poter condividere.
La bambina è sul tappeto che gioca con i lego, per fortuna ha finito di inseguire il gatto con l’archetto di un violino, è già qualcosa, adesso è il gatto che le ruba i mattoncini, e in questo c’è una specie di giustizia poetica.
Il tempo passa in modo strano non trovate?mi sembra un attimo fa che ero in camera mia, a casa dei miei, ad ascoltare lo stesso disco, e ora sono qui con un matrimonio e una bambina. Domani sarà mia figlia a ricordare quando giocava sul tappeto davanti al caminetto.
Ogni cosa è la somma di mille fattori precedenti, siamo il risultato di una complicatissima equazione con un numero infinito di incognite.
Sono sdraiata sul divano, mio marito è seduto, ho le gambe allungate appoggiate sulle sue, sotto una coperta nera. Allungo il piede sotto la coperta, finisce lì, tocco delicatamente, guardandolo. Sono in quelle serate in cui non so bene cosa voglio, farmi scopare come una puttana, abbracciarlo e basta, o qualsiasi cosa tra le due.
Il disco finisce, la puntina arriva sulla lacca morta, quel lieve rumore di fondo vuol dire che qualcuno si deve alzare e qualcun’altra deve andare a letto. Guardo Stefano con gli occhioni di cerbiatta “non oserai mica farmi uscire di qui vero?” Così con un sospiro si alza, mette via il disco e porta la bimba a nanna.
Quando torna, sotto la coperta, mi sono già tolta i pantaloni e le mutandine, se ne accorge quando si siede e appoggio di nuovo le gambe sulle sue. Allunga la mano, la sento scorrere sul polpaccio, sulla cosca, la accarezza, so che gli piace, anche se non può vederla in questo momento. Sale, arriva alla vagina, gioca con le labbra, attorno, sfiora, preme, poi arriva al clitoride. Sono bagnata, mi sfugge qualche mugolio ma cerco di fare silenzio, lui continua, con un dito preme sul clitoride, con l’altro mi penetra. Vorrei contraccambiare ma sono troppo presa per interromperlo, e so che a volte vuole solo vedermi godere.
Continua, insiste dove sa che cedo, arriva quasi in fondo per poi rallentare, senza mai fermarsi davvero, ogni volta è come sentire un’ondata calda e dolce, avvolgente,che mi pervade, finché non sento i muscoli contrarsi, l’orgasmo salire, diffondersi, raggiungere un suo apice per poi ritrarsi e morire, come una farfalla al primo freddo invernale.
Resto sdraiata lì a farmi accarezzare, coccolare, ci baciamo, e penso che alla fine quelle dieci buone ragioni per restare vivi si possono trovare.
Per contatti rebeccapallida@libero.it
Volevo scrivere qualcosa, raccontare qualche altro avvenimento, ma in realtà non mi viene in mente nulla, i ricordi sono tanti ma per un motivo o per l’altro li scarto tutti.
O non sono particolarmente interessanti per un lettore, o troppo personali per essere raccontati, o chissà, forse semplicemente non ne ho voglia. Come quasi ogni volta in cui scrivo sono in salotto, fa molto freddo e abbiamo acceso il camino, è vero, i termosifoni funzionano meglio, ma che vi devo dire, sono un’inguaribile romantica e il fuoco, il profumo della legna…sono tutta un’altra cosa. Stiamo ascoltando un disco a cui sono molto, molto legata, lo sento spesso, praticamente da quasi vent’anni ormai, eppure ogni volta è qualcosa che mi tocca il cuore.
Ten good reasons to stay alive
Ten good reasons that I can’t find
Ho pianto anni su queste note, se sapete cos’è, senza cercarla online, fatemelo sapere. Ogni tanto con Stefano discutiamo di qualche dettaglio, un accordo, un verso, semplicemente la storia che c’è dietro. È bello avere qualcuno con cui condividere queste cose, quello che fa sentire davvero soli non è il non avere qualcuno accanto, ma il non poter condividere.
La bambina è sul tappeto che gioca con i lego, per fortuna ha finito di inseguire il gatto con l’archetto di un violino, è già qualcosa, adesso è il gatto che le ruba i mattoncini, e in questo c’è una specie di giustizia poetica.
Il tempo passa in modo strano non trovate?mi sembra un attimo fa che ero in camera mia, a casa dei miei, ad ascoltare lo stesso disco, e ora sono qui con un matrimonio e una bambina. Domani sarà mia figlia a ricordare quando giocava sul tappeto davanti al caminetto.
Ogni cosa è la somma di mille fattori precedenti, siamo il risultato di una complicatissima equazione con un numero infinito di incognite.
Sono sdraiata sul divano, mio marito è seduto, ho le gambe allungate appoggiate sulle sue, sotto una coperta nera. Allungo il piede sotto la coperta, finisce lì, tocco delicatamente, guardandolo. Sono in quelle serate in cui non so bene cosa voglio, farmi scopare come una puttana, abbracciarlo e basta, o qualsiasi cosa tra le due.
Il disco finisce, la puntina arriva sulla lacca morta, quel lieve rumore di fondo vuol dire che qualcuno si deve alzare e qualcun’altra deve andare a letto. Guardo Stefano con gli occhioni di cerbiatta “non oserai mica farmi uscire di qui vero?” Così con un sospiro si alza, mette via il disco e porta la bimba a nanna.
Quando torna, sotto la coperta, mi sono già tolta i pantaloni e le mutandine, se ne accorge quando si siede e appoggio di nuovo le gambe sulle sue. Allunga la mano, la sento scorrere sul polpaccio, sulla cosca, la accarezza, so che gli piace, anche se non può vederla in questo momento. Sale, arriva alla vagina, gioca con le labbra, attorno, sfiora, preme, poi arriva al clitoride. Sono bagnata, mi sfugge qualche mugolio ma cerco di fare silenzio, lui continua, con un dito preme sul clitoride, con l’altro mi penetra. Vorrei contraccambiare ma sono troppo presa per interromperlo, e so che a volte vuole solo vedermi godere.
Continua, insiste dove sa che cedo, arriva quasi in fondo per poi rallentare, senza mai fermarsi davvero, ogni volta è come sentire un’ondata calda e dolce, avvolgente,che mi pervade, finché non sento i muscoli contrarsi, l’orgasmo salire, diffondersi, raggiungere un suo apice per poi ritrarsi e morire, come una farfalla al primo freddo invernale.
Resto sdraiata lì a farmi accarezzare, coccolare, ci baciamo, e penso che alla fine quelle dieci buone ragioni per restare vivi si possono trovare.
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