Al bar

di
genere
tradimenti

Sara, una giovane diciannovenne dai riccioli castani e dal corpo atletico, era sempre piena di energia. Anche se non era particolarmente alta, il suo portamento sicuro e il sorriso radioso le permettevano di farsi notare facilmente. Lavorava come barista nel fine settimana, un impegno che le piaceva molto, anche se a volte significava rimanere sveglia fino a tardi.

Una sera di sabato, mentre il locale iniziava a svuotarsi e la notte si faceva più profonda, la sua collega, Marta, una ragazza più grande che Sara considerava un'amica, si avvicinò con un'espressione stanca sul volto.
"Mi sento proprio male, Sara. Non so se ce la faccio ad andare avanti," disse Marta, appoggiandosi leggermente al banco.
Sara guardò la sua amica con preoccupazione. Non era mai successo che Marta si sentisse così, ma capiva subito che doveva essere qualcosa di serio.
"Va bene, non preoccuparti. Faccio io. Vai a casa e riposati, ti faccio vedere che va tutto bene," rispose con un sorriso rassicurante.

Marta sembrò sollevata e, dopo averle dato un rapido abbraccio, lasciò il bar, mentre Sara si preparava a chiudere il locale. Di solito, non c'erano mai stati problemi, e quella sera sembrava tutto sotto controllo: la clientela era composta da uomini anziani che erano già pronti a fare ritorno a casa.
Sara spense le luci del bar e iniziò a sistemare, tranquilla. La routine serale era un po' monotona, ma non le dispiaceva. Il locale, che si trovava in una zona centrale e ben frequentata, non dava mai particolari fastidi, e Sara si sentiva sicura.
Lo spazio si svuotava rapidamente, e l'atmosfera diventava sempre più calma e silenziosa. Non c'erano più clienti da servire, e Sara si concentrò sulle pulizie, con la mente che vagava tra i pensieri della giornata. Mentre passava con il panno umido sopra i tavoli, si sentiva rilassata. Il suono della musica in sottofondo era ormai solo un lieve sottofondo, e il bar cominciava a sembrare una piccola oasi di tranquillità, lontano dal caos del resto del mondo.

Sara stava finendo di sistemare dietro il bancone, quando improvvisamente sentì un bussare leggero alla porta del locale. Solitamente, non c'era mai alcun motivo di preoccuparsi a quell'ora della notte, ma qualcosa in quel suono la fece fermare. Si avvicinò cauta alla porta e vide un uomo, uno dei pochi clienti rimasti qualche minuto prima. Era un uomo più grande, probabilmente sulla cinquantina, con un'espressione seria sul viso.
Sara provò a ignorarlo per un attimo, sperando che se ne andasse. Il bar era ormai chiuso, e lei voleva solo concludere le pulizie in tranquillità e tornare a casa. Ma l'uomo continuava a gesticolare per attirare la sua attenzione, batteva delicatamente il palmo della mano contro la porta, cercando di farsi notare. Non sembrava minaccioso, ma l'insistenza la fece sentire un po' a disagio.
Dopo qualche istante di indecisione, Sara decise di avvicinarsi alla porta. Sperava che si trattasse di una richiesta veloce, qualcosa che non l’avrebbe trattenuta troppo a lungo. Con un piccolo respiro, aprì la porta a metà.
"Mi scusi, ma credo di aver lasciato qualcosa dentro il locale," disse l'uomo, cercando di mantenere un tono gentile.
Sara lo guardò un po’ sorpresa. Non si ricordava di nulla che fosse stato dimenticato, ma forse era una piccola cosa che lui non voleva perdere. "Cos'è che hai lasciato?" chiese, senza nascondere un po' di esitazione nella voce.
"Una giacca, penso...," rispose l'uomo, facendo un piccolo gesto verso l'interno del locale.
Sara pensò per un momento, poi decise che non sarebbe stato complicato dare un’occhiata, anche se ormai la giornata stava per concludersi. Si fece da parte e lo invitò ad entrare, ma con un sorriso educato, quasi formale. L'uomo non sembrava avere cattive intenzioni, e Sara non voleva sembrare scortese, anche se dentro di sé sperava che tutto si risolvesse velocemente.
"Posso dare un'occhiata rapido," disse, mentre chiudeva la porta dietro di lui. Non c'era molta luce all'interno del bar, ma si ricordava di avere un angolo dove solitamente i clienti lasciavano borse o giacche.
L'uomo la seguì silenziosamente, facendo attenzione a non urtare nulla. Sara lo guidò verso l'area dove pensava potesse esserci la giacca, cercando di non farlo sentire troppo a disagio. Il locale ora sembrava deserto, l’atmosfera quasi irreale.
"Credo che potrebbe essere là." disse Sara, indicando l’area vicino alla porta. Sara, lo condusse verso un angolo del locale dove ricordava di aver visto oggetti lasciati dai clienti. Tuttavia, quando si avvicinarono, si accorse che la giacca era stata messa in uno sgabuzzino laterale e angusto, uno spazio stretto e poco visibile dal resto del locale. Sara si sentiva un po’ a disagio, ma cercò di non farlo trasparire, cercando di mantenere un comportamento professionale.
L’uomo si avvicinò a lei per prendere la giacca, ma nello spazio ristretto i loro corpi si sfiorarono involontariamente. Sara sentì un’immediata sensazione di imbarazzo, una sorta di lieve tensione nell’aria. Anche se non c’era nulla di inappropriato nel gesto, quel piccolo contatto fisico, per quanto casuale, la fece sentire consapevole della vicinanza tra loro.
Si scusò automaticamente, spostandosi un po' più indietro per dargli più spazio. "Ecco, la giacca," disse, cercando di mantenere la calma, ma con una nota di incertezza nella voce. L’uomo, però, sembrava non aver notato il suo imbarazzo, e con un sorriso le disse: "Grazie mille, mi dispiace per il disturbo."
Sara annuì, sorridendo a sua volta, anche se il suo volto tradiva una leggera sensazione di disagio. "Nessun problema," rispose in fretta, sentendo la tensione sciogliersi appena lui prese la giacca e si allontanò dallo sgabuzzino.
Sara stava facendo strada, all’improvviso l’uomo dietro di lei la ferma e le sue mani da dietro vanno a prendere e strizzare le sue tette.
Sara ci mette un po’ per rendersi conto e reagire, tempo sufficiente all’uomo per appoggiare il suo inguine con il pacco duro nei pantaloni al suo culetto.
Lei arrabbiata si gira pronta a tirargli uno schiaffo, lui con una mano le blocca lo schiaffo e con l’altra le prende la testa e la avvicina alla sua. La bacia con trasporto cogliendo al volo quella situazione sussuoriosa.
Sara si era lasciata con il suo ragazzo ormai da un mese, una decisione che aveva preso con una certa determinazione. Nonostante le difficoltà e i momenti di incertezza, aveva sentito che fosse la scelta giusta per entrambi. Non lo ammetteva facilmente, ma una parte di lei sentiva una mancanza, una sensazione che non riusciva a riempire con niente di concreto. Non era solo il bisogno di compagnia o di affetto, ma c'era un desiderio che non riusciva a ignorare, le mancava il cazzo. Sara cercava di non pensarci troppo, ma quelle riflessioni la rendevano vulnerabile. Era una sensazione che cercava di respingere, convinta che fosse solo una fase da superare, ma in quel momento il desiderio non pensare a nulla e lasciarsi trasportare era tanta.

Il non agire di Sara lasciava a quell'uomo spazio di manovra. Si era accorto che la ragazza non ricambiava appieno il bacio, ma non si opponeva. Senza troppi complimenti, lascia la mano che teneva dietro la sua testa alle sue gambe. Le slaccia il bottone dei jeans e la sua mano fa breccia tra le sue gambe. “Cazzo sei un lago!”

Sara sentiva il desiderio crescere. Era il desiderio carnale di farsi sbattere da quell'uomo che stava osando tanto, di "trasgredire" senza pensare alle conseguenze. “è da un mese che qualcuno non mi monta. Vuoi farmi sentire donna?”

Eccitato e quasi con la bava alla bocca: “Profumavi proprio da zoccola vogliosa - indicandole il pacco - fammi vedere cosa sai fare”

In Sara era scattato qualcosa, si era svegliata la sua voglia di cazzo e quella proposta non l’ha lasciata indifferente. Si toglie la felpa e canottiera rimanendo in reggiseno, gli dà un bel bacio sulle labbra: “Ho proprio voglia di cazzo!” Si inginocchia e in modo esperto le slaccia il pantalone e glielo abbassa. Sotto può intravedere un bel rigonfiamento. Lo guarda bramosa e gli abbassa gli slip.
Ne esce un salsicciotto esile, ma bello lungo. Lo bacia sulla cappella quasi per presentarsi e poi lo fa scivolare dentro alla sua bocca. Le mancava il gusto salato del cazzo in bocca e in modo quasi istintivo si toglie il reggiseno per toccarsi le tette mentre lo succhia.

Vederla così vogliosa lo fa eccitare alla follia e si immagina già la sua fighetta calda tutta da martellare. Lei sbava molto e lascia cadere la saliva sulle tette apposta per lubrificarle in modo da poter fargli una spagnola. Il suo cazzo accolto tra quei due morbidi cuscini… non avrebbe resistito molto. Entrambi lo sanno. Entrambi lo desideravano.

Il suo cazzo si ingrossa, lui con un verso gutturale esplode sulle sue tette riempiendole con il suo succo biancastro. Lei con sguardo malizioso, fissandolo, con un dito raccoglie parte di quel nettare e lo assaggia. Felice del risultato, ma non soddisfatta: “Spero abbia ancora energie per il bis…” dice mentre si dirigono verso la sala.
scritto il
2025-01-19
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