Un felice malinteso

di
genere
incesti

Per un esperimento di chimica (frequentavo l’ultimo anno dell scientifico), mi ero procurato una siringa e l’avevo lasciata tra i libri di scuola, senza curarmi di nascoinderla, perché non ce n’era motivo. Così, rientrando un sabato dalle lezioni, trovo mia madre (lei il sabato non lavora) cadaverica. Mi sono subito preoccupato e le ho chiesto se si sentisse bene.
“Come potrei?” mi chiede. Il suo tono non è irritato: sa quasi di pianto e forse lo ha fatto.
“Cosa vuoi dire?” le chiedo e lei mi fa segno di seguirla, fino in camera mia.
Ero sinceramente ignaro di cosa volesse mostrarmi: sono sempre stato un ragazzo a modo, nessun problema a scuola e neanche fuori. Non che fossi un santo, ma anche i video porno preferivo averli sul telefonino che porto sempre con me: quindi non credevo di aver lasciato in giro qualcosa di compromettente. Quando, con un dito tremante, mi indicò quella siringa, seminascosta tra i libri, mi scappò un sorriso, che lei non colse. Stavo per spiegarle il malinteso, ma una scintilla brillò nella mia mente di adolescente. Come tanti figli, anche io ero invaghito di mia madre: non è che fosse bellissima. aveva (ed ha ancora) un culo spropositato, un filo di pancetta ed un seno importante, ma un po’ cedente. Eppure, l’insieme o, forse, quel famoso complesso di Edipo l’avevano resa, ai miei occhi, la dea dell’amore, del sesso. Chinai la testa, come un colpevole colto in flagrante ed attesi la sua sfuriata. Invece, arrivò una semplice domanda, espressa con la voce sempre più tremula.
“Da quanto?” restai con la testa bassa, più per nascondere il sorriso che mi si apriva sulla faccia. “Da quanto?” ripetè lei, con forza mista, ora, ad una punta di rabbia, forse più verso il mondo che verso di me.
“Perché continui a chiedermi ed a chiederti da quanto? Che importanza ha? Dovresti chiederti perché. Ma pare non ti importi.”

Mi fissò negli occhi, cercando di capirmi meglio, poi raccolse le ultime forze che le restavano.
“Successo qualcosa?”

Ero bravo a recitare e lo stavo scoprendo in quel momento.

“Dimmi cosa ti turba: cercheremo di risolverlo insieme!”

“Sei successa tu!” quasi le urlai contro. Lei mi guardò seriamente meravigliata.

“Cosa vuoi dire?”

“Voglio dire che non ti sei accorta di quanto ti amo. E non come un figlio: non ti sei mai accorta che ti desidero come donna. Ecco cosa è successo!”

Balbettò qualcosa di incomprensibile anche per lei stessa. Mi diede un ultimo sguardo, nel quale potei leggere tutta la sua sofferenza e scappò via. La rividi solo all’ora di cena, a tavola, con mio padre e mio fratello. Cenammo, ascoltando i discorsi che facevano gli altri due, mentre noi restavamo immersi nel nostro silenzio. Allo stesso trascorse anche la domenica e poi ricominciò il tran tran della settimana. Tutto cambiò il giovedì sera: mio fratello andò a giocare a calcetto, mio padre a burraco coi suoi amici. Era dura affriontare la solitudine condivisa con mia madre, vista la cortina di imbarazzo che si era creata tra noi e di cui avverivo tutta la responsabilità, al punto che pensavo di rivelarle tutto e chiederle scusa. Ma proprio mentre mi accingevo a parlarle.
“No! Prima io! Non so cosa ho fatto per attirare la tua…. Attenzione. Ma qualcosa deve essere stato.” Balbettava “Non trovo parole migliori: se per avermi sei disposto a disintossicarti… sì, se per avere il mio corpo sei pronto a non drogarti più… eccomi!”
Avrei dovuto avere il coraggio di confessare, ma il pensiero che i miei desideri potessero concretizzarsi prevalse. Mi avvicinai e le presi il capo avvicinando la sua bocca alla mia.
“No! Prima devi giurami di non bucarti più!”
“Lo giuro, mamma! Non mi drogherò mai!” posai le labbra sulle sue, che tardarono a schiudersi, ostacolate da un ultimo rigurgito pudore. Poi finalmente la sua lingua ed il sapore fresco della sua bocca. Fuun bacio lunghissimo, che mi eccitò tremendamente, al punto che, quando lei fece scivolare la mano sul mio pacco, ebbe un moto di stupore. Anche io portai la mano tra le sue gambe: ancora una volta, la prima reazione fu dettata dalla morale e strinse le cosce, per poi allentare lentamente la morsa e permettermi di raggiungere una fica glabra, sormontata da un ciuffo di peli sul monte di Venere, ma soprattutto incredibilmente bagnata: anche lei, suo malgrado si stava eccitando. Tornai a baciarla, prima di spingerla lentamente verso il basso. Si lasciò guidare, fino a raggiungere il pube: la sua lingua saettò per ogni dove, senza mai lambire il mio cazzo. Era una piacevole tortura, che non mi aspettavo: non avrei mai pensato che mia madre fosse così esperta nel procurare piacere ad un uomo. La volevo sempre di più, volevo tornare ad essere carne nella sua carne e lei, ormai, aveva cessato ogni forma di resistenza .La sollevai e la penetrai lì, in soggiorno, con lei appoggiata con le braccia sulla spalliera del divano, le gambe divaricate ed io dietro di lei, a gustarmi lo spettacolo di quel culo che si muoveva ad ogni mio colpo come fosse un budino. Senza neanche chiederlo, passavo da un buco all’altro senza neanche chiedere: la mancanza di reazione da parte sua mi fece intuire che avesse una certa dimestichezza con quella pratica. Noi figli spesso idealizziamo i nostri genitori, al punto da dimenticare che sono uomini e donne con le stesse pulsioni di tutti gli altri. Lei godeva e non poteva trattenersi dal manifestarlo. Ed io credevo di sognare: stavo scopando mia madre, stavo realizzando il sogno covato per anni e compagno di tante seghe, nel chiuso del bagno o della mia camera. Venni sulla sua schiena, vomitando rutti di sborra calda.
Avrei ricominciato subito, ma la paura che tornasse mio fratello mi convinse a desistere. Ci ritrovammo seduti sul divano, composti, dopo esserci ripuliti: non volevo che il silenzio tornasse tra noi e non trovai di meglio da dire che:
“Ammettilo: hai goduto anche tu!”
“Credevi fossi di legno? Sì, mi è piaciuto: scopi bene. Non so dove hai fatto esperienza o se è un dono di natura, ma scopi bene. Questo non significa che sia felice di averlo fatto. Ora, però, devi mantenere la tua promessa.”
“Lo farò, se continuiamo come stasera!” Lei mi guardò, con lo sguardo dolce di madre e mi diede una silenziosa carezza sulla guancia, abbozzando un sorriso.
Trascorsero alcune settimane: mia madre assecondava le mie voglie ogni qualvolta ci fossero le condizioni giuste. Ormai ero preso da lei totalmente: la sentivo la mia donna e proprio questo mi faceva sentire un verme per quello che stavo facendo. Lei si concedeva a me per una sorta di ricatto senza motivo. Più volte mi ero ripromesso di confessarle tutto e chiederle scusa, ma sentivo davvero di aver bisogno di lei come amante. Non riuscivo a farne a meno. Con la morte nel cuore, una sera che eravamo rimasti soli e che, ancora una volta lei si era concessa alle mie voglie, mentre ancora la tenevo abbracciata, beandomi del contatto dei suo seno sul mio torace
“Mamma, devo confessarti una cosa!”
“Ti prego: non dirmi che ti sei bucato!”
“No, mamma, tranquilla! La verità è che non l’ho mai fatto e non ho mai avuto intenzione di farlo. È servito solo a soddisfare il mio desiderio più grande: quello di fare l’amore con te! Sono…” un ceffone in pieno viso mi impedì di concludere la frase. Guardai il suo culo, che mi pareva sempre più bello, allontanarsi e capii che poteva essere l’ultima volta che lo vedevo senza veli.
Trascorsero quasi due mesi: anche quando saremmo potuti rimanere soli, avevamo trovato delle scuse per non farlo, anche se lei aveva ripreso a trattarmi come il suo bambino, riversandomi tutto l’affetto di cui avevo sempre goduto.
Ma un giovedì, uno di quelli soliti di calcetto e burraco, ci trovammo soli in casa, io e lei. Cercavamo di stare lontani, eppure ci trovavamo sempre troppo vicini. Talmente vicini che fatalmente la sua mano si trovò a contatto con il mio cazzo e la mia con il suo culo. Lei mi guardò e baciarci fu l’inevitabile conclusione di quello che entrambi, incofessabilmente, desideravamo.
“Non sarebbe mai dovuto succedere, ma ormai è successo. Scopare con te mi piace troppo e non ho voglia di rinunciarci… se anche tu lo vuoi!” la spogliai senza rispondere, prima di tornare a baciarla: se era un sogno, non volevo avesse più fine. Tornammo quel giorno a fare l’amore: tornai a poter contemplare il suo culo enorme, che per due mesi avevo solo potuto sognare.
Sono passati alcuni anni, sono cambiate tante cose, ma non la voglia di fare l’amore con mia madre. E pe lei quella di fare l’amore con il suo bambino.

di
scritto il
2025-01-31
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