Le Barchesse 3
di
852202UK
genere
confessioni
Era da molto tempo che Sveva non sentiva la sua amica Sibilla al telefono. Sicuramente per le confidenze imbarazzanti che Sibilla le aveva fatto sul proprio marito (v. Le Barchesse 2). Ma ad un certo punto Sveva la chiamò ”Ho bisogno di sfogarmi e capire. Il titolare dello Studio legale dove lavoro mi dà il tormento. Ogni tanto quando gli gira a metà pomeriggio mi chiama avvisandomi che quella sera avremmo dovuto fare tardi. Verso le 19, quando tutti sono andati via, viene nella mia stanza e incomincia a trattarmi come se fossi una bambola di pezza. Mi spiego. Mi si struscia addosso quando sono seduta alla mia scrivania, poi mi costringe ad alzarmi e incomincia a baciarmi sulle labbra, sul collo, lo lecca con lunghe slinguate, mi strizza le tette e le chiappe con quelle mani da maniscalco, mi abbranca e mi stringe bofonchiando arrapato forse perché sono alta un po’ più di lui, poi mi fa piegare a 90 gradi sulla mia scrivania sollevandomi la gonna e strusciandomi addosso i suoi pantaloni”.
Sibilla, razionale come al solito, reagì con un “Ma poi scopate?”. E Sveva “Ma no. Non ha mai tirato fuori l’uccello. Almeno, se lo facesse … “, “Da quanto dura questa cosa?”, “Da almeno due anni, prima ogni due o tre mesi. Ora che è tornato single, quasi ogni settimana”, “E poi? Dopo essersi strusciato e averti slinguazzato?”, “Se ne va nella sua stanza forse a farsi una sega”, “E tu?”, “Io vado in bagno a rimettermi a posto ovviamente”, “E il tutto finisce lì?”, “No, dopo un quarto d’ora torna nella mia stanza e mi allunga un astuccio o un cofanetto della maggiore gioielleria della città. Dentro ci trovo sempre una collana di perle, un paio di orecchini di brillanti, un bracciale importante aggiungendo che lui è un gentiluomo e che non mi vuole lordare”, “Lordare?”, “Si lordare. Nel suo gergo antiquato vorrà forse dire che non vuole compromettermi o inzozzare. Sai, ha quasi 30 anni più di me”, “E tu?”. “Io un po' me la rido un po’ piango. L’ultima volta, eccitata al massimo, mi sono fatta subito un ditalino con al dito l’anello di brillanti che mi aveva appena regalato”, “Regalato? No. Te lo sei guadagnato. Il mio consiglio? Uno ricco così sposalo”.
Negli anni successivi le telefonate tra le due Barchesse diventarono quasi mensili. Sveva aveva seguito il consiglio di Sibilla ed era diventata moglie dell’avvocato. Lui la fotteva regolarmente senza dover andare ogni volta in gioielleria. Le chiedeva però ogni tanto un piccolo piacere. Quello di andare a chiudere qualche dossier d’ufficio ancora aperto. Per Sveva di solito si trattava di andare in qualche banca, fare tanti sorrisi, qualche discorsetto pieno di doppi sensi, di mostrare cosce o al bisogno le tette quel tanto necessario al dossier. Raccontò al telefono all’amica Sibilla che una volta il marito avvocato l’aveva mandata da un funzionario di banca che doveva firmare una linea di credito pesante. Lei ci andò. Era fine giugno e faceva già molto caldo. Azzardò un “unica in questa stagione caro dottore è coprirsi poco. Pensi, detto tra noi, che ho rinunciato anche portare reggiseno e mutandine. Non ci crede? Faccia una verifica … bancaria”. Poi si alzò, fece il giro della scrivania del poveretto e ci si appoggiò. Le pareti del modulo erano abbastanza alte da nascondere agli altri colleghi dell’openspace la mano del bancario che entrava sotto il vestitino di cotone e più precisamente nella fica di Sveva. Lei mugolò per un po’, quello firmò. Sveva si sollevò dalla scrivania e salutò con un gran sorriso il bancario giusto in tempo per vederlo infilarsi in bocca la mano bagnata dall’umore di lei.
Sibilla, razionale come al solito, reagì con un “Ma poi scopate?”. E Sveva “Ma no. Non ha mai tirato fuori l’uccello. Almeno, se lo facesse … “, “Da quanto dura questa cosa?”, “Da almeno due anni, prima ogni due o tre mesi. Ora che è tornato single, quasi ogni settimana”, “E poi? Dopo essersi strusciato e averti slinguazzato?”, “Se ne va nella sua stanza forse a farsi una sega”, “E tu?”, “Io vado in bagno a rimettermi a posto ovviamente”, “E il tutto finisce lì?”, “No, dopo un quarto d’ora torna nella mia stanza e mi allunga un astuccio o un cofanetto della maggiore gioielleria della città. Dentro ci trovo sempre una collana di perle, un paio di orecchini di brillanti, un bracciale importante aggiungendo che lui è un gentiluomo e che non mi vuole lordare”, “Lordare?”, “Si lordare. Nel suo gergo antiquato vorrà forse dire che non vuole compromettermi o inzozzare. Sai, ha quasi 30 anni più di me”, “E tu?”. “Io un po' me la rido un po’ piango. L’ultima volta, eccitata al massimo, mi sono fatta subito un ditalino con al dito l’anello di brillanti che mi aveva appena regalato”, “Regalato? No. Te lo sei guadagnato. Il mio consiglio? Uno ricco così sposalo”.
Negli anni successivi le telefonate tra le due Barchesse diventarono quasi mensili. Sveva aveva seguito il consiglio di Sibilla ed era diventata moglie dell’avvocato. Lui la fotteva regolarmente senza dover andare ogni volta in gioielleria. Le chiedeva però ogni tanto un piccolo piacere. Quello di andare a chiudere qualche dossier d’ufficio ancora aperto. Per Sveva di solito si trattava di andare in qualche banca, fare tanti sorrisi, qualche discorsetto pieno di doppi sensi, di mostrare cosce o al bisogno le tette quel tanto necessario al dossier. Raccontò al telefono all’amica Sibilla che una volta il marito avvocato l’aveva mandata da un funzionario di banca che doveva firmare una linea di credito pesante. Lei ci andò. Era fine giugno e faceva già molto caldo. Azzardò un “unica in questa stagione caro dottore è coprirsi poco. Pensi, detto tra noi, che ho rinunciato anche portare reggiseno e mutandine. Non ci crede? Faccia una verifica … bancaria”. Poi si alzò, fece il giro della scrivania del poveretto e ci si appoggiò. Le pareti del modulo erano abbastanza alte da nascondere agli altri colleghi dell’openspace la mano del bancario che entrava sotto il vestitino di cotone e più precisamente nella fica di Sveva. Lei mugolò per un po’, quello firmò. Sveva si sollevò dalla scrivania e salutò con un gran sorriso il bancario giusto in tempo per vederlo infilarsi in bocca la mano bagnata dall’umore di lei.
1
8
voti
voti
valutazione
3.4
3.4
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Le Barchesse 2racconto sucessivo
Le Barchesse 4
Commenti dei lettori al racconto erotico