Le Barchesse 1
di
852202UK
genere
confessioni
Nell’ufficio della Madre Superiora era calato il gelo, come si dice. Da una parte la Direttrice del Convitto Femminile dall’altra i genitori di Sibilla e Sveva. Spiegò la Direttrice che le ragazze erano state trovate nello stesso letto da una istitutrice. I genitori non capivano però il provvedimento di espulsione dal Convitto. Le ragazze, precisò la Madre Superiora, avevano anche nel letto ‘un attrezzo con cinghie’. Non c’era altro da aggiungere. Lei raccomandava anche una visita ginecologica per le due sedicenni. Lasciando il Convitto le due madri continuavano a chiedersi cosa fosse questo ‘attrezzo con cinghie’. Il padre di Sibilla scandì a mezza voce “Xe un casso de plastica! Se sono sverginate a vicenda, boja de quel …”
A quell’età per le due fu facile buttarsi alle spalle anche un piccolo scandalo di provincia come quello. Sibilla e Severa passarono al Liceo statale e si maturarono. Certo, guadagnandosi anche il soprannome ironico di “barchesse”, grandi contenitori capaci di accogliere qualsiasi cosa. Nel liceo pubblico misto fu facile per loro selezionare i maschi più carini e arrapati da soddisfare. Fecero molte cose a tre. Erano sufficienti un letto di fortuna, il prescelto, Sibilla e Sveva. Le due barchesse facevano anche dei pompini con pratico ingoio nei bagni del liceo: bastava un water su cui sedersi e due ragazzi in piedi da pompare in tandem e in simultanea. Naturalmente continuarono le loro pratiche sessuali. Si scopavano reciprocamente con dei falli comprati per posta, ovviamente si leccavano le fiche, e tutto quello che si può immaginare.
Sui vent’anni Sibilla e Sveva andarono all’università in due città diverse. I genitori si erano sicuramenti consultati per separarle. Ma non fu sufficiente. Una mattina Sibilla telefonò a Sveva “Beh non puoi immaginare. Ieri notte gli ho dato il mio culetto. La sua sborra mi cola ancora ora dal buco. È un assistente del professore. Mi sa che ho già passato il prossimo esame. Mi ha fatto malissimo perché è un nerd. Ma almeno non dovrò studiare molto.” Anche Sveva si divertiva. Un giorno disse a Sibilla al telefono “Ho fatto l’odalisca per il mio Giorgio. Stai a sentire. Lui ha perso a poker con i suoi amici. Quindi, mi ha venduta a loro. Si intende per modo di dire e solo per pagare i suoi debiti. Ho dovuto passare le tre notti successive con ognuno di loro. Fichissimo sentirsi una puttana. Naturalmente non ho preso neanche una lira. Ma che scopate! Erano tutti arrapatissimi per la situazione. Mi hanno riempita come una vera barchessa. Il patto era che, dopo, ogni mattina al rientro dovevo fare anche un pompino al mio Giorgio che per l’occasione recitava la parte del magnaccia.”
A quell’età per le due fu facile buttarsi alle spalle anche un piccolo scandalo di provincia come quello. Sibilla e Severa passarono al Liceo statale e si maturarono. Certo, guadagnandosi anche il soprannome ironico di “barchesse”, grandi contenitori capaci di accogliere qualsiasi cosa. Nel liceo pubblico misto fu facile per loro selezionare i maschi più carini e arrapati da soddisfare. Fecero molte cose a tre. Erano sufficienti un letto di fortuna, il prescelto, Sibilla e Sveva. Le due barchesse facevano anche dei pompini con pratico ingoio nei bagni del liceo: bastava un water su cui sedersi e due ragazzi in piedi da pompare in tandem e in simultanea. Naturalmente continuarono le loro pratiche sessuali. Si scopavano reciprocamente con dei falli comprati per posta, ovviamente si leccavano le fiche, e tutto quello che si può immaginare.
Sui vent’anni Sibilla e Sveva andarono all’università in due città diverse. I genitori si erano sicuramenti consultati per separarle. Ma non fu sufficiente. Una mattina Sibilla telefonò a Sveva “Beh non puoi immaginare. Ieri notte gli ho dato il mio culetto. La sua sborra mi cola ancora ora dal buco. È un assistente del professore. Mi sa che ho già passato il prossimo esame. Mi ha fatto malissimo perché è un nerd. Ma almeno non dovrò studiare molto.” Anche Sveva si divertiva. Un giorno disse a Sibilla al telefono “Ho fatto l’odalisca per il mio Giorgio. Stai a sentire. Lui ha perso a poker con i suoi amici. Quindi, mi ha venduta a loro. Si intende per modo di dire e solo per pagare i suoi debiti. Ho dovuto passare le tre notti successive con ognuno di loro. Fichissimo sentirsi una puttana. Naturalmente non ho preso neanche una lira. Ma che scopate! Erano tutti arrapatissimi per la situazione. Mi hanno riempita come una vera barchessa. Il patto era che, dopo, ogni mattina al rientro dovevo fare anche un pompino al mio Giorgio che per l’occasione recitava la parte del magnaccia.”
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