Greg Barison e l'Odore del Piacere. cap.8

di
genere
dominazione

NELLE PUNTATE PRECEDENTI Greg Barison è incaricato da Antonella Librandis di indagare sui tradimenti del marito, Giorgio, con tale Sonia Orici. Durante le indagini finisce in un bar a impalare bicchieri di white russian vuoti e si trova a difendere difendere Cinzia, una cameriera, dagli insulti del proprietario. Ne deriva una rissa e dopo la fuga, Cinzia racconta di essere una somala adottata da bambina e di come, per poter continuare gli studi in barba ai genitori possessivi, se n'è andata di casa appena maggiorenne trovando lavoro in un negozio e diventando l'amante di Gilberto, il suo principale.
Le indagini continuano e Barison scopre diverse cose sul rapporto che legano Antonella Librandis, suo marito Giorgio e Sonia Orici, che Barison riesce ad interrogare con uno stratagemma. Ma non tutto quadra...

Cap.8
A casa, disteso sul letto sfatto, guardo i nodi delle perline del soffitto di legno. Ho anche fatto una doccia. La mano destra carezza Penelope, la sinistra regge un lattina di Union. Io medito così.
All’università Antonella incontra Sonia Orici, lesbicano d’amore e d’accordo finché a Sonia Orici manca troppo la bestia e convince Antonella a catturarne una. Il portatore di bestia è Giorgio Librandis, ragazzo in forma e di ottima famiglia, procurato da Sonia. Deflora la vergine Antonella ma di seguito si lascia cavalcare anche da Sonia provocando lo psicodramma di Antonella che si sente tradita dalla sua amante. In seguito i tre si accordano per un matrimonio tra Antonella e Giorgio che sia cosa buona e giusta e lasci a tutti la massima libertà. La cosa funziona. Passano gli anni ma ad un certo punto la signora Librandis si presenta da me, un investigatore specializzato in corna e affini, e mi dice che suo marito la tradisce con una sua vecchia compagna di scuola. Solo che poco dopo scopro che alla vecchia compagna di scuola la signora Librandis lecca, ricambiata, la fica per ingannare il tempo mentre aspetta il ritorno della la figlia da scuola. Quando chiedo alla signora Librandis di chiarirmi la faccenda, lei cambia versione, mi dice che Sonia era la sua amante ma che una volta conosciuto il professor Librandis si sono lasciate e perse di vista. Di nuovo si dice gelosa del suo Giorgio e mi dice di sorvegliare Sonia, sostenendo che è venuta a riprenderselo. Solo che io ho visto come la figlia dei Librandis ha riconosciuto la presunta vecchia compagna scomparsa e non le credo. Allora interrogo Sonia e scopro il rapporto che lega i tre. Inoltre Sonia mi chiarisce che è lei stessa l’oggetto della gelosia di Antonella, e che Giorgio è poco più di un prestanome. Mi convince che tra lei e Giorgio non c'è nulla.
Ciò che mi manca è capire il motivo della paranoia della signora Librandis, poiché due corna si possono provare, ma la fedeltà, invece, no.

Ma in realtà penso al caso solo a tratti, poiché il pensiero fisso di tutto il pomeriggio è un altro. Allora mi decido a chiamarla.
– Cinzia? Sono Greg.
– Ciao bell’uomo. Non ci speravo.
– Beh, sono qui.
– Sei già per strada?
– No.
– E che aspetti?

È più bella di come la ricordavo. Ha le labbra più morbide, il seno più sodo, il culo più alto e tondo, gli occhi più profondi e allegri, la risata più sincera. Cavalca come un valchiria, si lascia fare come una pianura al fiume che la feconda. Le piace farsi prendere da dietro, ma senza strani rimandi freudiani. Le piace e basta, le piace come la prendo carezzandole la schiena ed i fianchi, mi piace come spinge in fuori il sedere per aprirsi e come lo stringe per trattenermi. Le piace guardarmi negli occhi mentre vengo, ma prima è toccato a lei ed è stato meraviglioso. Alla fine io faccio il salto del coniglio (cioè mi defilo e cerco di dormire) e lei me lo impedisce ridendo e mi tempesta di baci minuscoli e schioccanti, ma poi mi tira a sé e, per solidarietà, sonnecchia anche lei.
Poi si stufa e inizia a tormentarmi per farmi svegliare. Vuole sapere del mio lavoro e io non le dico nulla. È preoccupata per il casino dell’altra sera e io gli dico che un amico sbirro ha sistemato le cose. Quando le dico che ho un amico sbirro mi guarda stupita, poi turbata, poi sorride e mi dice “Buon per te”. “Già – le dico con la faccia di Cipriani davanti agli occhi – buon per me”. Stiamo un attimo in silenzio, abbracciati nel letto.
– Ce l’hai ancora? – le chiedo dopo un po'.
– Che cosa?
– Il completino che ti ha regalato quel tizio?
– Chi?, Gilberto? No, l’ho buttato per usura. Ne ho altri però, vuoi vederli?
Guardo il suo corpo completamente nudo, la sua pelle di cioccolato che risplende sulle lenzuola.
– No. Non voglio che tu ti copra. Magari un’altra volta.
– Ho ancora il tubino, quello sì. – Poi sorride.
“Dovevi vedere la faccia di Gilberto – inizia a raccontare – quando ha aperto la porta e mi ha vista messa a puntino. Ho davvero creduto che gli venisse un infarto. Peccato fosse un idiota, altrimenti avrei potuto davvero sistemarmi. Ogni volta mi lasciava le sue mance, anche se non erano più per il taxi, e mi diceva di comprarmi qualcosa di carino, ma era chiaro che ormai ero la sua amante, o la sua mantenuta. In compenso, quando c’era bisogno, non andavo a lavoro e stavo a casa a studiare, e lo stesso valeva per il giorno dopo le notti in cui lui veniva a scoparmi. La cosa in fondo mi piaceva, non mi ero mai sentita così… preziosa. Se non mi amava tanto da sposarmi, almeno ero la sua ossessione. Solo dopo capii quale era la sua vera ossessione.
L’appartamento, oltre che per scopare, gli serviva per certe partitelle a poker che organizzava con alcuni amici molto intimi. Mi aveva fatto comprare un vestitino da cameriera di quelli classici, bianchi e neri, piuttosto corto, e sotto voleva lingerie sexy. Pensa che credevo organizzasse le partite solo per farsi invidiare l’amante, visto che la cosa lo eccitava. Ma ciò che lo eccitava in realtà era il gioco stesso. Questo lo capii la sera in cui lo vidi perdere.
C’era un gioielliere, Maurizio Verron, tra gli amici di Gilberto. Era il più bello dei quattro sebbene portasse i capelli bianchi quasi rasati per minimizzare la stempiatura. Ed anche il più ricco. E affascinante. Gli altri due mi lumavano con la bava alla bocca, e poi li vedevo dare di gomito a Gilberto facendo battutacce appena andavo in cucina per prendere qualcosa. Lui invece mi guardava con più discrezione, elevandosi al di sopra dei due maiali, e dello stesso gongolante Gilberto. Ad esempio era l'unico che mi diceva grazie quando gli versavo da bere e nel farlo mi sorrideva guardandomi negli occhi, invece di occhieggiare nella scollatura come gli altri.
Inutile dire che tra responsabili di filiale, direttori di banca, dentisti e gioiellieri, sul tavolo c’erano solo banconote da 200. Quella sera erano quasi tutte ammonticchiate davanti a Maurizio. Gilberto invece era nel pallone. Sudava ed era sotto di 4 mila euro. Ad un certo punto mi dice di andargli a portare fortuna. Io mi avvicino e lui, da seduto, mi ficca la mano sotto la gonna per toccarmi il culo. Poi mi cinge i fianchi e punta le ultime tre banconote dei 4 mila che Maurizio gli ha appena prestato. I due maiali erano già fuori dal gioco, sul banco c’erano una trentina di bigliettoni e Gilberto sudava sentendosi la mano giusta per rimettersi in pari. Maurizio però lo guardava negli occhi, freddo come valutasse i carati di un diamante. Poi iniziò a contare bigliettoni e la smise solo dopo averne sfogliati 50 per posarli, ben impilati, sul banco. Sentii il braccio di Gilberto contrarsi.
– Maurizio, è troppo! – disse con un filo di voce.
– Che c’è, hai paura? – sorrise Maurizio togliendosi dalla tasca interna della giacca un portasigari.
– No, no di certo. È che non li posso coprire.
Maurizio estrasse un coltellino d’oro, tagliò la punta al sigaro. Se lo infilò in bocca e lo accese. Aspirò il fumo, si lasciò andare contro lo schienale e lo soffiò tra i denti.
– Giocati lei.
– Cosa? – fece Gilberto sbalordito, stringendomi a sé.
– Certo. E io mi gioco pure i 4 mila che mi devi. Ma se perdi… per una sola notte lei sarà mia.
Io mi sentii avvampare e non ti dico lo stupore nell’accorgermi che Gilberto esitava a mandarlo a quel paese. Tutt’altro, avvertii dalla sua presa attorno alla vita che ci stava pensando. Io lo guardai in faccia e vidi che gli tremava la bocca. Pensava solo alla sfida di Maurizio, non gli importava né dei soldi, né di me.
– Accetto – disse infine. Io feci per divincolarmi ma lui mi trattenne.
– Cinzia, stai tranquilla – mi fa. –Non posso perdere.
Maurizio sorrise, gli altri due parevano eccitati. Sghignazzavano in silenzio.
Quanto aveva aspettato quegli assi? Era passata da un bel po’ l’ora in cui di solito finivano la partita e per tutto il tempo lui aveva avuto sempre carte disastrose. Iniziò a calarli uno alla volta con fare soddisfatto. Poi mi guardò sicuro di sé come per dirmi “hai visto”. Io però ero furiosa. Poi iniziò Maurizio a calare la sua scala…
Allora io non ci vidi più. Mi tolsi la sua schifosa mano dai fianchi, gli dissi che era una stronzo e gli diedi uno schiaffo. Ma volevo di più. Volevo ferirlo davvero. Allora feci il giro del tavolo, mi avvicinai a Maurizio. Lui mi sorrise con il suo sguardo ironico, in attesa della mia mossa. Io lo fissai, mi passai una mano su una coscia sollevandomi la gonna fin sopra le calze, poi sollevai la gamba denudata e mi misi a cavalcioni sulle sue ginocchia, mettendogli le braccia al collo. Lui aveva il viso all’altezza della mia scollatura e mi guardava negli occhi, divertito dalla mia mossa. Volsi il capo di profilo senza guardare nessuno.
– Fuori di qui. Tutti – dissi.
– Cinzia, è un gioco. Pagherò a Maurizio il mio debito…–
– FUORI! – urlai. – VATTENE!
Lui non seppe più che dire.
– Ah, caro Gilberto, – disse Maurizio posandomi le mani sulle ginocchia – io non li voglio i tuoi soldi. Tu non ti rendi conto di cosa ti sei giocato.
Sentii le sue mani che mi risalivano le cosce. Gli sorrisi da porca e lo baciai con rabbia iniziando a strusciarmi sul suo cazzo che sentivo indurirsi sotto i pantaloni.
– Cinzia… – Gilberto aveva la voce rotta, pareva stesse per piangere. Io mi portai la bocca di Maurizio sul collo e sospirai ai suoi baci.
– Sei ancora qui? – gli chiesi senza guardarlo.
Se ne andò sbattendo la porta, completamente umiliato. Gli altri due raccolsero il loro denaro e se ne andarono ridendo come due iene. Maurizio si staccò da me quanto bastava per dirmi che non voleva costringermi, se io non volevo. Io mi alzai. Feci scivolare le mutandine a terra, come sempre indossate sopra il reggicalze. Poi mi sedetti sul tavolino ingombro di bicchieri, carte da gioco e denaro e mi lasciai andare all’indietro. Subito sentii la sua bocca sulla mia fica. Non era irruente come Gilberto, non aveva alcuna fretta, mi prese alla larga ma senza farmi aspettare nulla per troppo tempo. Seduto sulla sedia con la testa tra le mie cosce mi fece veramente godere, poi si alzò e me lo mise giusto sull’entrata, durissimo, e iniziò a forzarmi l’apertura piano, spingendo appena per poi ritrarsi. Intanto le sue mani mi esploravano il corpo, mi aprivano il vestito scoprendomi i seni per poi afferrarli e stringerli appena, le sue dita mi entravano in bocca, e io le succhiavo avida, come se fossero il suo cazzo. Oppure le sue mani mi correvano lungo le cosce, mi sollevavano il culo, o scendevano fino alle caviglie per portarsele alla bocca dove le leccava attraverso le calze, fino a dove i piedi scomparivano nelle scarpe con i tacchi a spillo. Io giacevo incurante dei bicchieri che cadevano a terra, con una mano che stringeva il gomito dell’altro braccio disteso sopra il mio capo. Ad un certo punto lo sentii tutto dentro, sentii che spingeva in modo più incalzante, lo incitai a schizzarmi addosso il suo piacere, volevo sentirmi coperta dal suo seme. Lui mi diede ancora un altro paio di spinte, poi lo tolse afferrandolo con una mano e prese davvero a schizzarmi sul ventre, fino ai seni. Mi infilai una mano nella fica e appena mi sfiorai il grilletto, venni anch’io di brutto, urlandogli in faccia il mio piacere, e poi rimasi allargata sul tavolino, sconvolta.
Lui mi guardò finendo di spogliarsi. Era davvero uno di quei cinquantenni che non hanno mai toccato un attrezzo da lavoro ma che, tra piscina e tennis, mantengono un fisico invidiabile, con appena un accenno di pancetta. Mi prese tra le braccia e mi portò in camera posandomi delicatamente sul letto. Andò in bagno e tornò con un asciugamano. Mi pulì dal suo sperma e io gli sorrisi riconoscente. Poi mi baciò ancora sulle labbra, mi accarezzò finendo di spogliarmi del reggicalze e del reggiseno. Mi sciolse i capelli e mi passò le sue mani forti sul ventre, conscio del dolore che spesso provano le donne in quel punto dopo aver fatto l’amore. Mi trattò davvero come qualcosa di prezioso facendomi completamente dimenticare Gilberto. Quando fui riposata volli prendere io l’iniziativa e lo feci mettere sulla schiena. Il suo cazzo era di nuovo quasi duro e io lo presi in mano baciando Maurizio sulla bocca, poi scesi a succhiargli i capezzoli e giù fino a prenderglielo finalmente in bocca. Lui volle che mi mettessi in modo da poter vedere come lo lavoravo e presto sentii la sua mano di nuovo sulla fica. Il ritmo delle sue dita era lento, come lenta è la fellazio rispetto ad un ditalino, ma mi manteneva giusto alta l’eccitazione lasciandomi attenta alle reazioni del suo cazzo. Quando sentii che stava per venire, me lo tolsi di bocca, lo strinsi alla base continuando a menarlo e a leccarne la punta finché non sentii il primo schizzo che dalle labbra mi scendeva sulla guancia, allora lasciai la presa con la mano e lo inghiottii tutto, succhiando il suo sperma. Quando alzai gli occhi lui mi guardava beato e mi sorrideva.
– Non voglio che tu torni da lui – mi disse. – Tu da stasera sei mia. Non devi più preoccuparti di nulla. Dimentica il lavoro e fa solo ciò che ti piace. Io ti farò felice.
– Va bene – gli dissi, tanto mi pareva sincero.
Si fermò a dormire da me e mi addormentai di fianco con la schiena contro di lui, felice perché nessun uomo aveva mai dormito con me, prima di allora. Credo di avere dormito così per delle ore. Poi mi sono svegliata sentendo che ce l’aveva di nuovo duro e mi premeva contro il sedere. C’era poca luce che penetrava dalla persiana ed io ero ancora mezza addormentata. Con la mano tra le cosce lo guidai di nuovo tra le mie labbra e lui scivolò subito dentro di me. Una della sue mani, quella contro il materasso mi prese la nuca, mi teneva le spalle, mi penetrava la bocca per venire succhiata, l’altra, quella libera, mi passava lungo il fianco, mi cercava i seni afferrando entrambi i capezzoli inturgiditi. Sentii questa mano cercare la mia, stringerla, poi accompagnarla al mio sesso, guidarla verso il grilletto. Iniziai a toccarmi amplificando il piacere che la mia fica, troppo allargata, non sentiva quasi più. Poi la sua mano risalì il mio fianco per arrivare fino in bocca. Si fece succhiare il dito medio poi lo tolse ben insalivato e scese verso il mio sedere. Sentii che si staccava leggermente da me senza smettere di scoparmi, poi sentii il suo dito inumidito che mi entrava in culo.
Per me era la prima volta, ma il dito inumidito di saliva mi scivolò dentro senza darmi alcun dolore. Maurizio iniziò a fare avanti e indietro nel mio culo seguendo il ritmo che teneva con il cazzo nella mia fica, mentre io continuavo a masturbarmi con foga maggiore, al pensiero di quello che mi stava facendo e per le sensazioni nuove che mi dava quando lo stringevo attorno al suo dito. Ad un certo punto sentii il dito uscire, poi sentii il cazzo sfilarsi dalla mia fica zuppo di umori e premermi con lo stretto ano. Gli dissi che era troppo grosso, che non volevo ma lui mi venne sopra premendo più forte, iniziai a dirgli di no, ma intanto non la smettevo di toccarmi perché la cosa mi eccitava. Sentii il mio ano cedere, già allargato dal dito, e la cappella fu dentro. Prese a incularmi piano, ma era durissimo e un po’ di male me lo faceva. Ben presto però prese a scorrere bene, e io sentivo l’orgasmo avvicinarsi ed essere diverso da sempre, con quell’affare duro in culo. Sentii che anche lui stava per venire e affrettai i miei gesti. Maurizio ansimava come un pazzo e mi diceva che ero magnifica, che avevo un culo da favola, che ero la cosa migliore che gli fosse mai capitata, che ero la sua puttana, che lo facevo godere e mentre me lo diceva la voce gli si strozzò e lo sentii rantolare. Il cazzo iniziò a scorrere come nulla fosse e allora seppi che mi era venuto in culo e quel pensiero osceno fece venire anche me.”
Cinzia ha finito di raccontare e io la guardo perplesso.
– E com’è che sei finita a vivere qui?
– Il giorno dopo mi sono svegliata e ho visto che si stava vestendo. C’erano 400 euro sul comodino. Lui mi sorrise e si sedette sul letto. Disse che doveva andare ma che tutto quello che mi aveva detto durante la notte era vero, che mi avrebbe trovato un altro appartamento, che non dovevo più lavorare da Gilberto, se non volevo.
– E invece si è rimangiato tutto!
– No, affatto. L’avevo fatto sballare davvero. Solo che prima di sera mi ero già trovata questo buco ed entro una settimana facevo da badante all'insopportabile nonna di una compagna di corso. Poi la vecchia è morta e io ho trovato lavoro in un fast-food. Poi l’ho lasciato per una cooperativa legata ai servizi dell’università che poi ha perso l’appalto lasciandomi nella merda. Quindi sono andata fare la cameriera nel bar di un maniaco dei cucchiaini e ho dovuto fargli spaccare un braccio da un investigatore privato. Gilberto e Maurizio non li ho più rivisti. Pensa che non sono nemmeno andata a ritirare l’ultimo stipendio in negozio. E mi avrebbe pagato, altrimenti la moglie...!
– Ma Maurizio? Sembrava… innamorato.
Cinzia ride di cuore.
– Innamorato? Che sciocchezza. No. Il fatto che mi ritenesse molto più preziosa di quanto facesse Gilberto non significa che mi amasse. Mi amava come un’auto d’epoca: magari per lui ero unica, insostituibile, forse. Ma comunque per lui avevo un prezzo. Mi aveva vinta a carte.
– Ci sarà rimasto male.
– Certo che c’è rimasto male. Come un bambino viziato cui togli il giocattolo nuovo. Mi ha fatto anche rintracciare da un tuo collega. Mi ha supplicato, proprio non capiva, credeva volessi più soldi!
– E ora che farai?
– Ora ho voglia di uscire. Andiamo a prendere un gelato.
Scende dal letto e la guardo mentre si veste canticchiando.

Dopo il gelato la riaccompagno a casa.
– Vuoi salire?
Scuoto la testa. Lei mi si struscia addosso.
– Non posso fare niente per convincerti?
Scuoto di nuovo.
– Va bene – dice. – Allora grazie della visita e arrivederci.
– Cinzia…. È che….
Non so dire altro.
– Va bene Greg. Grazie davvero di essere venuto. Non devi dirmi nulla.
Mi saluta con un bacio, sorride e vola via. Sembra una ragazzina quando è così felice.
CONTINUA...
scritto il
2010-07-08
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