Tuo per sempre

di
genere
dominazione

“Bel ragazzo di belle speranze” è il parere di molte madri di mie amiche al mio riguardo. Non lo ritengo certo un assioma, ma non dispiace al mio narcisismo.
Così, quando vicino a me qualcuna pronunciò quelle due parole, le intesi come interrogazione che potesse riguardarmi in prima persona, pensai a una di quelle mamme e la frase - le due parole – furono: “La lecchi?”
Ero nei tunnel di accesso alla stazione della metro e non saprei se ero io che stavo superando lei o viceversa. Volsi subito lo sguardo intorno, rispondendo “Ssi!” al semplice suono di quelle parole, poco più di un sussurro, ma ingolato, profondo, con dentro qualcosa di conturbante.
Era lei, ne fui sicuro perchè mi parve ferma, in attesa... una donna...una bella donna...matura...forse anche leggermente sfiorita, forse cinquantacinque... sessanta, viso segnato, ma sguardo sicuro, tagliente, sensuale, gambe lunghe, nervose; seno pesante, morbido, come il resto del corpo. La fissai deciso e incontrai il suo sguardo: si, la frase era rivolta a me. Ripetei “Si, certo!”. Stavamo arrivando al tratto servito dal tapis-roulant e la donna si aggrappò al mio braccio e potei sentire la sua coscia strusciare la mia. Avvertii una sorta di scossa ed entrai in una specie di trance erotica ad erezione istantanea.
“Vuoi venire a casa mia...cena e dopocena?”
“O.K., certo, si!” Avevo la lingua un po' impastata e una voglia matta di sentire il suo corpo pesarmi addosso, aderire al suo corpo, senza parlare.
Una volta in moto le oscillazioni del vagone e del suo corpo sul mio, il suo abbandono alla richiesta non formulata, mi permisero di trasmettere tutta la mia eccitazione e ricevere tutta la sua disponibilità alle mie fantasie più sfrenate...o ero io -pensai poi- ad aderire alle sue fantasie?
E questo pensiero divenne caricatore e detonatore di un delirio che crebbe impercettibilmente, ma in modo verticale, fino al nostro ingresso nel suo appartamento.
Mi inginocchiai e lei alzò la gonna. Non aveva mutandine o slip. Solo pelo e profumo che vennero subito a prendere la mia bocca e dilagare in tutti e cinque i sensi.
“I miei desideri ed i suoi, era l'alba del mondo”- pensai. Il suo vestito leggero, la sottoveste impalpabile caddero subito: il reggiseno restò, risalii con la lingua il profilo di una coscia fino alla fonte del piacere richiesto e accettato.
La mia lingua divenuta serpente accarezzò le labbra delicate cominciando a suggere gli umori conturbanti, pesanti, della donna in piena eccitazione, già fradicia, aperta: morbida conchiglia stillante perle di sali ed essenze.
Succhiare quella conchiglia come un frutto meraviglioso, scavarne la morbida polpa, sempre più dentro, soffocare nei suoi umori, lasciarsi fradiciare il viso e perdersi nel flusso ristoratore, oblio di se e memoria della nascita, mentre il suo corpo suonava come uno strumento perfettamente accordando i ritmi del mio e del suo sangue.
La sua mano si impadronì del mio pene e tirò indietro crudelmente la pelle, come si sbuccia premendo, un baccello, strappandomi un gemito. Lo impugnò e con il pollice sul glande iniziò una perversa stimolazione del foro uretrale, poi con la punta della lingua cominciò a penetrarlo a mo' di catetere.
Ora le due bocche suggevano il reciproco miele in una sfiancante gara a far durare l'orgasmo.
Mi sentivo manipolato come uno strumento chirurgico direzionato dal moto tellurico del suo corpo sopra di me e quando con due dita si insinuò nel mio ano, mentre io mi abbandonavo completamente al bagno dei suoi umori, non potei più trattenere la lava che stava risalendo dai miei testicoli. Eiaculare sulla sua ligua, sentire il piacere ribollire mentre due dita sfrenate permettevano alla mia prostata di massimizzarlo, il getto di sperma fu talmente sfrenato che il suo viso ne fu completamente spalmato, aveva gli occhi chiusi, quando la guardai e le palpebre che gocciolavano sperma.
Mi rivoltai, mentre anche lei si rialzava e ci avvinghiammo naturalmente in un bacio che mescolava divinamente gli umori di cui eravamo e fummo affamati per lunghi, estatici istanti.
Lo spegnersi del flusso di lava non esaurì la passione dei corpi e la sera calò dietro il velo trasparente delle vetrate e sul pallore dei nostri corpi incapaci di scioglirsi e smettere di succhiarsi.
La sopraggiunta coperta del buio fu lacerata dall'improvviso accendersi della luce elettrica e Dora – il dono – tornò ad offrirsi ai miei occhi, alle mie mani che non riuscivano a stancarsi di percorrere la sua carne: le sue anse materne, le sue morbide alture, il suo offrirsi senza stanchezza alla mia adorazione, senza pudore all'insistenza della mia lingua insaziabile.
….E oscillare sopra di me quando da sola si impalava sul mio sesso incapace di flettersi, incapace di retrocedere, se solo lei lo toccava o lo guardava.
….Schiavi di un breve “per sempre”, ma padroni per sempre di una voluttà goduta fino in fondo.
scritto il
2014-08-25
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