Bar-condicio

di
genere
dominazione

Anna è la proprietaria del bar dove lavoro per mantenermi agli studi universitari. Ha quarant'anni, è sposata ed ha un figlio di dodici che spesso si intrattiene nel locale quando torna da scuola, fa i compiti seduto sempre allo stesso tavolo ed aspetta che il padre, di ritorno anch'egli da lavoro, lo passi a prendere per rincasare. Di solito i due si avviano verso casa un po' prima per preparare la cena, così da potersi riunire tutti a tavola la sera.
Ma Rudy, suo marito, non immagina neppure cos'ha in corpo sua moglie. Anna, che a guardarla sembrerebbe una dea greca quanto è alta e possente, è una maledetta ninfomane. Durante la giornata è una barista professionale ed accorta alle esigenze dei clienti, ma la sera si trasforma in una schiavista sessuale. La sua famiglia sa che il locale chiude alle dieci, ma è una bugia. Alle otto Anna abbassa la serranda e per me iniziano i dolori. Dicevo, lei ha un fisico possente mentre io sono tutto allampanato; e forse per questo mi ha preso di mira, mi vede come un giocattolo, probabilmente. Il rituale inizia poco dopo le otto. Quando la vedo avvicinarsi alla porta so che devo sedermi dietro il bancone e devo cominciare a masturbarmi. Lei tiene un paio di riviste porno proprio accanto al frigo, nascoste sotto le fatture dei fornitori, che servono per eccitarmi. Non vuole che si perda tempo, su questo è stata chiara. Dunque arriva e comincia a preparare il caffè mentre mi guarda. Le prime volte provavo imbarazzo e il pene non ne voleva sapere di alzarsi. Poi ha saputo convincermi a suon di schiaffi e dalla terza sera in poi ho trovato la cosa naturale. Appena il caffè è pronto, esige che io sia lì per venire; guai a non rispettare i suoi tempi! Avvicina la tazza e guarnisco il caffè con la mia sborra. Gira il composto con il dito e poi sorseggia lentamente.
"Il caffè va bevuto caldo. Non è vero?"
"Sì" rispondo per riflesso condizionato. E mentre lei sorseggia io devo prepararmi al peggio. Mi metto nudo sulla pedana del bancone e aspetto. Lei si avvicina, si scalza e mi infila un piede in bocca mentre a sua volta comincia a spogliarsi. Il suo piede stasera puzza, si vede che ha tenuto le scarpe da ginnastica per tutto il giorno. Ma non oso dirglielo o per me sarebbero guai. Ora siamo entrambi nudi. Lei mi intimorisce con le sue tette enormi e con la sua fica molto folta. Il suo pelo è curato e questo lo apprezzo, è di un nero corvino quasi luccicante.
"Allora, dimmi" Ricomincia lei. "Quale cliente oggi ti ha fatto arrapare?"
Io tentenno perché oggi a dire il vero sono entrate ben poche donne, tutte grasse o troppo avanti con l'età.
"Sto aspettando"
Lei è impaziente e per me non si mette bene. Il piede che mi ha fatto leccare e succhiare ora sta massaggiando le mie palle ed il mio cazzo, che intanto ha ripreso a inturgidirsi dopo la sborrata del caffè. Dovrò inventarmi subito qualcosa.
"Quando sei andata in bagno... è entrata una coppia... lei era molto carina"
Affermo la bugia quasi frignando. Anna tiene le mani sui fianchi, secondo me non se l'è bevuta, lo capisco dalla pressione che col piede sta facendo sotto le palle.
"E fammi capire, com'era questa troia?"
Deglutisco, arrossisco, ormai non so più come fare per reggere la tensione.
"Beh... era carina"
Lei perde la pazienza e mi sferra un calcio e subito mi attorciglio dal dolore, ma lei afferra la mia testa e l'avvicina alla sua fica. Comincia a pisciare tenendomi il naso tappato con l'altra mano e mi obbliga a bere. Butto giù qualche sorso, il suo piscio è caldo e disgustoso, anche se noto che il mio cazzo è diventato di nuovo grosso. Completamente fradicio mi obbliga a pulirle la fica e le gambe, usa la mia lingua come una spugnetta. Provo un misto di piacere e disgusto, è una cosa davvero strana. Non vorrei essere qui e contemporaneamente vorrei che lei continuasse all'infinito.
Tiene la mia bocca aperta facendo pressione con le mani e ci sputa dentro. Poi mi lecca la faccia e mi spinge di nuovo giù. Sono avvinto da lei, non so che fare, anche se è un rituale che si ripete ogni sera seppur con qualche variante. Si abbassa su di me e comincia a spompinarmi. Il mio cazzo è grosso, insomma voglio dire ho poco più di vent'anni ed è bello duro. Vedo Anna ingoiare il mio pene, lo vedo sparire del tutto nella sua bocca. Sento la cappella toccare le sue tonsille ed immagino di penetrarle come fossero due grandi labbra supplementari. Va su e poi va giù parecchie, tante volte. Poi solleva le mie gambe, fin quasi a far toccare le ginocchia al mio petto e comincia a sputare nel mio buco del culo. Ci infila dentro un capezzolo: lo posso sentire, è duro e mi piace da morire. Mi schiaffeggia sulle chiappe e mi dice di darmi da fare; vuole godere e sarà bene che l'accontenti. Si mette a pecorina ed esige che io la prenda da dietro. Sono in balia delle sue voluttà. Non sento
più nemmeno l'odore di piscio, che intanto è asciugato. Allora comincio prima con piccoli colpetti, poi con movimenti pelvici sempre più decisi; la sento ansimare, sono sulla buona strada. Lei si muove con me, asseconda il mio moto e così mi accorgo di aver raggiunto una perfetta intesa sessuale. Poi d'improvviso la sento urlare e un caldo umore scivola tra le mie gambe.
Sto quasi per venire e lei ritorna ad essere la valchiria di sempre. Si volta con l'agilità di una pantera e mi ordina di venirle sui capezzoli. So già dove vuole andare a parare e mi preparo ad eseguire. La inondo con la sborra e subito lei strofina il mio latte sui suoi capezzoli. Poi avvicina la mia testa a lei e mi obbliga a succhiarle il seno.
"Sei solo uno stupido bambino viziato. Tu questo lo sai, non è vero?"
Annuisco senza emettere alcun suono, sono troppo impegnato a poppare. Restiamo così fin quando tutto il mio seme è sparito, poi mi lascia e si rialza. Senza più guardarmi si riveste, poi va in bagno a lavarsi le mani. Quando esce dal bagno mi trova ancora lì a terra. Non se ne stupisce. Dà un'occhiata all'orologio alla parete, che segna le dieci meno venti, poi recupera la sua borsetta e si avvia all'uscita. Prima di sparire si gira e mi guarda.
"Metti tutto a posto e domani passa tu ad aprire alle sei. Io devo andare a scuola da mio figlio, c'è la recita di fine anno."
Si volta e va via. Resto ancora un po' seduto a terra e mi guardo intorno, pensando alle pulizie che mi aspettano.
È uno sporco lavoro, è vero. Ma dopotutto qualcuno deve pur farlo.
scritto il
2016-05-13
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